
In questo nuovo libro Thich Nhat Hanh si rivolge ai cittadini di ogni tradizione, cultura e religione per porre le basi di una rinnovata etica capace di traghettare l'umanità verso un mondo di pace e di condivisione della ricchezza, in grado di superare le divisioni per vivere in totale armonia. Attraverso pratici esercizi di mindfulness ed esempi tratti dalla vita del Buddha, il monaco vietnamita indica un percorso interamente basato sulle Quattro nobili verità del buddismo: attraverso la consapevolezza dell'esistenza del dolore e la ricerca delle radici del male, si procede alla comprensione delle sue cause per poter finalmente intraprendere un sentiero verso la felicità e fondare un'etica globale basata sul rispetto reciproco.
Quando i ricordi ritornano alla mente, a volte non si è preparati ad accoglierli. Soprattutto se si è fatto di tutto per far tacere la loro voce, per nascondere le sensazioni che portano con sé. È cosi per Seda, che credeva di aver finalmente seppellito il passato per sempre. Ma ora è tornato e parla del paese da cui si è allontanata senza voltarsi indietro. Parla della Turchia dove affondano le sue radici, il paese di cui sente ancora il profumo delle spezie e il rumore dei telai al lavoro nell'azienda della sua famiglia. Da lì proviene il giovane Orhan, che adesso vuole delle risposte. Vuole sapere perché suo nonno, Kemal, ha lasciato la loro vecchia casa a Seda, una sconosciuta che vive in America. Lei capisce che è arrivato il momento di scendere a patti con la sua memoria e con quella colpa che non ha mai confessato a nessuno. Decide di affidare a Orhan la sua storia. La storia di lei ancora ragazzina che si innamora di Kemal all'ombra di un grande albero di gelso, i cui rami si innalzavano fino a voler raggiungere il cielo. Un amore spezzato dalle deportazioni degli armeni, all'alba della prima guerra mondiale. Un amore che ha costretto Seda a scelte difficili i cui rimpianti non l'hanno mai abbandonata. Solo con Orhan ha trovato il coraggio di riaprire quelle vecchie ferite. Di rivelare una verità da cui possa nascere una nuova speranza. Perché il passato, anche se doloroso, va ascoltato e deve insegnare a non dimenticare.
"Ho cominciato a scrivere a otto anni. All'improvviso, senza essere ispirato da esempi. Non avevo mai incontrato gente che scriveva; anzi, conoscevo poche persone che leggevano.. I primi racconti di un giovanissimo Truman Capote sono pagine che già contengono in nuce tutta l'originalità del grande scrittore americano. Pagine in cui Capote cerca la sua voce unica e piena di sensibilità. Un'adolescente che vive i suoi primi drammi d'amore. Un ragazzino che incontra a Central Park il cane dei suoi sogni. Una donna che lotta per salvare la vita di una bambina che ha gli occhi dello stesso colore di quelli del suo amante. Due amiche che discutono su quale sia il modo migliore per uccidere i mariti. Un'anziana signora ossessionata dalle camelie. Una ragazza mulatta che viene espulsa da un prestigioso collegio femminile. Questi piccoli gioielli sconosciuti erano nascosti negli archivi della New York Public Library. E sarebbero rimasti per sempre inediti se l'editore svizzero Peter Haag, mentre faceva ricerche sulle carte dell'autore a New York, non vi si fosse imbattuto per caso. Si tratta delle primissime storie immaginate da Truman Capote tra il 1935 e il 1943, nella sua adolescenza e prima giovinezza. E sono storie di crimini e ingiustizia, povertà e disperazione, ma anche di incredibile generosità e tenerezza, umanità ed empatia. I germogli di una genialità che ha segnato la storia della letteratura mondiale.
"L'Isis è appena entrato nel nostro villaggio! Ci stanno attaccando!" È il 3 agosto 2014 quando l'esercito dello Stato Islamico fa irruzione in un villaggio di yazidi al confine tra l'Iraq e la Siria. Decine di persone iniziano a sparare: l'ordine ricevuto dal califfo al-Baghdadi è di sterminare qualsiasi minoranza etnica e religiosa. Gli uomini vengono fatti prigionieri, mentre le donne sono messe in vendita come merce al mercato. Tra loro c'è la giovane Jinan: ha solo 18 anni, e quel giorno comincia per lei l'inferno della schiavitù. Con la collaborazione del reporter Thierry Oberlé, in questo libro toccante e coraggioso Jinan rivela i soprusi e la follia di aguzzini senza scrupoli, ma anche la straordinaria solidarietà che nasce tra le compagne con cui condivide quei mesi terribili, la loro capacità di aiutarsi sempre, di rimanere unite senza mai perdere la speranza. Ora che la loro avventurosa fuga le ha rese nuovamente libere, Jinan sceglie di raccontare la sua storia e di elevare - come scrive nella sua pefazione Barbara Stefanelli - "un grido di libertà e di protesta contro quell'eterno destino indicibile cricato come una pietra, da conquistatori e trafficati di guerra, sul corpo delle donne".
Seguito di "Alice nel Paese delle Meraviglie", "Attraverso lo specchio" (1871) ne riprende i personaggi e le ambientazioni fantastiche, pur in una chiave meno trasognata e più malinconica. Nel mondo a rovescio che Alice trova al di là dello specchio di camera sua, sei mesi dopo il suo primo viaggio nel paese delle meraviglie, è valida una sola regola: credere all'impossibile. Le carte da gioco si tramutano qui nei pezzi di una scacchiera; la sequela di imprevisti e trabocchetti in una sfrenata corsa tra filastrocche, poesie, giochi. E mentre Alice si muove sulla scacchiera, di casella in casella, impara a difendersi, a dire la sua, a entrare nel gioco dell'eccentrico e dell'incredibile, a capire e a simpatizzare con gli esseri stravaganti che incontra, allucinati ma ricchi di umanità. Età di lettura: da 8 anni.
Sophie è figlia di un amore proibito. Di un amore impossibile. Perché suo padre è ebreo e sua madre palestinese. Entrambi hanno lottato contro tutto e tutti per restare insieme. Eppure solo la fuga ha permesso loro di non rinunciare a quel legame speciale che li unisce. Sono dovuti scappare negli Stati Uniti per diventare una famiglia. È lì che è nata Sophie. Ma proprio quando credevano di essere al sicuro, tutto cambia: la madre di Sophie muore all'improvviso e il nonno materno della bambina, che non ha mai accettato quel matrimonio, la rapisce per portarla in Palestina. C'è una persona che deve ritrovarla a ogni costo: suo padre. È pronto a tutto pur di poterla riabbracciare. Ed è allora che capisce che è un'impresa troppo difficile da affrontare da solo. Inaspettatamente un aiuto arriva da Catherine, che è avvocato, e da Liam, un investigatore privato. Solo loro credono in lui. Solo loro credono che l'amore sia un sentimento più forte dell'odio, della paura, della tradizione che diventa cecità. Un sentimento per cui nessuna sfida è mai troppo grande. Perché il destino sembra scritto, ma a volte ci vuole solo coraggio per cambiarlo, per scrivere una pagina nuova della Storia.
Un gesto, una parola, un'espressione del viso. A Vani bastano piccoli particolari per capire una persona, per comprenderne il modo di pensare. Una dote speciale di cui farebbe volentieri a meno. Perché Vani sta bene solo con sé stessa, tenendo gli altri alla larga. Ama solo i suoi libri, la sua musica e i suoi vestiti inesorabilmente neri. Eppure, questa innata empatia è essenziale per il suo lavoro: Vani è una ghostwriter di una famosa casa editrice. Un mestiere che la costringe a rimanere nell'ombra. Scrive libri al posto di altri autori, imitando alla perfezione il loro stile. Questa volta deve creare un ricettario dalle memorie di un'anziana cuoca. Un'impresa più ardua del solito, quasi impossibile, perché Vani non sa un accidente di cucina, non ha mai preso in mano una padella e non ha la più pallida idea di cosa significhino termini come scalogno o topinambur. C'è una sola persona che può aiutarla: il commissario Berganza, una vecchia conoscenza con la passione per la cucina. Lui sa che Vani parla solo la lingua dei libri. Quella di Simenon, di Vázquez Montalbán, di Rex Stout e dei loro protagonisti amanti del buon cibo. E, tra un riferimento letterario e l'altro, le loro strambe lezioni diventano di giorno in giorno più intriganti. Ma la mente di Vani non è del tutto libera: che le piaccia o no, Riccardo, l'affascinante autore con cui ha avuto una rocambolesca relazione, continua a ripiombarle tra i piedi. Per fortuna una rivelazione inaspettata reclama la sua attenzione: la cuoca di cui sta raccogliendo le memorie confessa un delitto. Un delitto avvenuto anni prima in una delle famiglie più in vista di Torino. Berganza abbandona i fornelli per indagare e ha bisogno di Vani. Ha bisogno del suo dono che le permette di osservare le persone e scoprirne i segreti più nascosti.
Eppure la strada che porta alla verità è lunga e tortuosa. A volte la vita assomiglia a un giallo. È piena di falsi indizi. Solo l'intuito di Vani può smascherarli.
L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome è stato uno degli esordi più amati dai lettori e dalla stampa più autorevole. Lo stile unico e la forza narrativa di Alice Basso hanno conquistato tutti. Come la sua esilarante protagonista, Vani, che torna con un nuovo libro da scrivere, un nuovo caso da risolvere e un nuovo inaspettato nodo sentimentale da sciogliere.
Abramo Ferrascini, quello della ferramenta di Bellano, è un giocatore di bocce. Come individuale non va bene, ma boccia come dio comanda e in coppia con un buon accostatore diventa imbattibile. È stato tirato su a puntino dal gestore del Circolo dei Lavoratori, Mario Stimolo, allenatore per passione e perché tre anni fa, nel 1955, ha perso il braccio destro sotto una pressa e perciò di giocare non se n'è più parlato. Ora il Ferrascini ha tutte le carte in regola per vincere le semifinali del Campionato provinciale in programma a Cermenate domenica prossima. Ma c'è un intoppo. Suo cognato, l'Eraldo, quello che vive a Lucerna, sta male. Quarantotto ore gli hanno dato i medici di là, svizzeri, precisi. E adesso la moglie di Abramo, Rosalba, vuole a tutti i costi raggiungere la sorella, ma soprattutto dare all'Eraldo un ultimo saluto, magari un ultimo bacio. Ma ce la faranno ad andare e a tornare in tempo per le semifinali? Dipende. Se l'Eraldo muore entro martedì, mercoledì al massimo, si può fare. Bon, via allora. Un'occhiata al 1100, olio freni gomme; carta d'identità rinnovata all'ultimo minuto; prima tappa il passo del San Bernardino, poi giù dritti fino a Lucerna: basta seguire i cartelli, anche se sono in tedesco, perché il nome di quella città lì si capisce lo stesso. Ispirato da un aneddoto legato a un soggiorno a Lucerna del grande scrittore praghese, "Le mele di Kafka" mette in scena il meglio dei personaggi di Andrea Vitali.
Il mare è agitato e le bandiere rosse sventolano sulla spiaggia. Il piccolo Michele ha corso a perdifiato per tornare presto da scuola, ma quando apre la porta della sua casa, nella piccola stazione di Miniera di Mare, trova sua madre di fronte a una valigia aperta. Fra le mani tiene il diario segreto di Michele, un quaderno rosso con la copertina un po' ammaccata. Con gli occhi pieni di tristezza la donna chiede a suo figlio di poter tenere quel diario. Lo ripone nella valigia, promettendo di restituirlo. Poi, sale sul treno in partenza dalla banchina. Sono passati vent'anni da allora. Michele vive ancora nella piccola casa dentro la stazione ferroviaria. Addosso, la divisa di capostazione di suo padre. Negli occhi, una tristezza assoluta, profonda e lontana. Perché sua madre non è mai più tornata. Michele vuole stare solo, con l'unica compagnia degli oggetti smarriti che ritrova ogni giorno nell'unico treno che passa da Miniera di Mare. Perché gli oggetti non se ne vanno, mantengono le promesse, non ti abbandonano. Finché un giorno, sullo stesso treno che aveva portato via sua madre, Michele ritrova il suo diario, incastrato tra due sedili. Non sa come sia possibile, ma sente che è sua madre che l'ha lasciato lì. Per lui. Ora c'è solo una persona che può aiutarlo: Elena, una ragazza folle e imprevedibile come la vita, che lo spinge a salire su quel treno e ad andare a cercare la verità. E, forse, anche una cura per il suo cuore smarrito.
A che serve il latino? È la domanda che continuamente sentiamo rivolgerci dai molti per i quali la lingua di Cicerone altro non è che un'ingombrante rovina, da eliminare dai programmi scolastici. In questo libro personale e appassionato, Nicola Gardini risponde che il latino è - molto semplicemente lo strumento espressivo che è servito e serve a fare di noi quelli che siamo. In latino, un pensatore rigoroso e tragicamente lucido come Lucrezio ha analizzato la materia del mondo; il poeta Properzio ha raccontato l'amore e il sentimento con una vertiginosa varietà di registri; Cesare ha affermato la capacità dell'uomo di modificare la realtà con la disciplina della ragione; in latino è stata composta un'opera come l'Eneide di Virgilio, senza la quale guarderemmo al mondo e alla nostra storia di uomini in modo diverso. Gardini ci trasmette un amore alimentato da una inesausta curiosità intellettuale, e ci incoraggia con affabilità a dialogare con una civiltà che non è mai terminata perché giunge fino a noi, e della quale siamo parte anche quando non lo sappiamo. Grazie a lui, anche senza alcuna conoscenza grammaticale potremo capire come questa lingua sia tuttora in grado di dare un senso alla nostra identità con la forza che solo le cose inutili sanno meravigliosamente esprimere.