
L'impulso a conservare e venerare le parti del corpo dei santi defunti ha caratterizzato l'esperienza umana sin da quando Buddha perse il suo primo dentino e Giovanni Battista la propria testa. "La bottega delle reliquie" di Peter Manseau, con i suoi racconti su Gesù, Buddha, Maometto e una folla di altre anime sante, narra le storie nascoste di quei corpi che, nei secoli, hanno significato così tanto. Lungo questo viaggio incontriamo una californiana attirata in un convento di Gerusalemme dalla mano recisa di una suora, un esperto forense francese che gira per il metrò con la presunta costola di Giovanna d'Arco, due giovani fratelli siriani che imparano l'inglese nel cortile della moschea dove si conserva il pelo di barba di un profeta, scoprendo così molti particolari delle popolari e dubbie leggende sui santi defunti. Manseau ha scritto un libro toccante sulla vita, sulla molteplicità delle fedi e su come vita e fede si sostengano a vicenda. "La bottega delle reliquie" è un grande viaggio, che attraverso la profonda curiosità dell'autore e l'incontro con chi si prende cura dei morti, mette insieme un affresco delle religioni del mondo. Dietro un tono leggero e ironico emerge una profonda riflessione sull'indissolubile nesso tra dimensione spirituale e materiale: necessitiamo di simboli per sopravvivere e siamo noi stessi simboli.
Per chi è stufo di avventure, serate in solitudine, cacce estenuanti alla ricerca dell'anima gemella, o per chi, più semplicemente, è incappato nel nuovo, ennesimo innamoramento, un prontuario di facile e piacevole consultazione per affrontare le tappe che dal primo incontro portano al primo viaggio insieme fino a eventi più traumatici come la convivenza e - per i più coraggiosi - il matrimonio. Un libro ironico, caustico, a tratti spiazzante, sulla difficoltà (nonostante tutto) di restare single godendosi la vita in santa pace.
I ricchi sono sempre più ricchi. I poveri sempre più poveri. Come ricorda Robert Reich, "all'inizio del 2010, a poco più di un anno dal crollo, Wall Street ha elargito pacchetti retributivi a banchieri, trader e facoltosi dirigenti come se la crisi non ci fosse mai stata". Nel nostro paese, è accaduta la stessa cosa: il gotha dell'economia si è spartito, e continua a farlo, liquidazioni e stipendi milionari, mentre il ceto medio si sente più insicuro e vulnerabile di prima. L'Italia, infatti, tra le economie avanzate, è divenuto il terzo paese con il maggior livello di diseguaglianza dei redditi. Se la politica tradizionale è incapace di risolvere i problemi dei cittadini e di attenuare il divario di ricchezza, saranno i demagoghi ad avere il sopravvento alimentando le preoccupazioni e le frustrazioni delle persone e incitandole a dare la colpa dei problemi economici agli stranieri e agli immigrati. Che fare allora? Robert Reich propone un nuovo patto di base in grado di coinvolgere lavoratori, Stato e imprenditori. Un patto che affronti le riforme strutturali, difenda i salari rimettendo al centro la questione del lavoro e lotti contro le iniquità determinate dal "grande business". Con una lucidità e una capacità d'analisi fuori dal comune, l'autore ripercorre la storia, le idee e gli uomini che hanno portato al cosiddetto "svuotamento" del ceto medio e rivendica come necessaria una nuova stagione di trasformazioni e cambiamenti. Postfazione di Michele Salvati.
Un approfondimento sulla crisi internazionale e sul ruolo della finanza di Wall Street, a partire dalla storia recente americana. Elido Fazi riprende i fili del suo racconto sulla crisi economica del 2008 e ne spiega gli effetti e le conseguenze ancora in corso. L’analisi si concentra sulla figura di Obama, il quale, nonostante le dichiarazioni fatte durante la campagna elettorale, ha privilegiato la continuità con il sistema di potere precedente, confermando l’establishment responsabile della crisi, legato a doppio filo al “sistema” Goldman Sachs. Dal salvataggio incondizionato delle banche alla scelta dei consiglieri economici della Casa Bianca, Elido Fazi riflette sulle misure, poche e inadatte, messe in campo dall’amministrazione Obama per far fronte al crac finanziario di Wall Street e per regolamentare il sistema delle grandi banche d’affari.
Domani, chi governerà il mondo? Gli Stati Uniti, la Cina, l'India, l'Europa, il G20, l'ONU, le multinazionali, le mafie? Quale paese, quale coalizione, quale istituzione internazionale avrà i mezzi per fronteggiare le minacce ecologiche, nucleari, economiche, finanziarie, sociali, politiche e militari che pesano sul futuro del mondo? Chi saprà valorizzare il formidabile potenziale delle diverse culture? Bisogna lasciare le redini del mondo alle religioni? Agli imperi? Ai mercati? O forse andrebbero restituite alle nazioni, chiudendo di nuovo le frontiere? Un giorno l'umanità capirà che la strada più vantaggiosa è quella di costituirsi in un governo democratico del mondo, che superi gli interessi delle nazioni più potenti, protegga l'identità di ogni cultura e l'interesse generale dell'umanità. Cogliendo le difficoltà di un sistema sempre più incapace di gestire le crisi economiche e le grandi questioni internazionali, Attali lancia la proposta di un "governo mondiale" a partire da dieci "cantieri" concreti: da un'alleanza per la democrazia a un codice mondiale. Un governo del genere esisterà un giorno. Dopo un disastro, o nel migliore dei casi al suo posto. È urgente iniziare a pensarci, per il bene del mondo.
Kapuscinski è stato il più importante reporter del Novecento, esempio di un grande giornalismo improntato a una scelta etica, volto a dare voce a chi non l'ha e a produrre una qualche forma di cambiamento nel mondo. Tenace demolitore di luoghi comuni, con la sua vita il "maestro Kapu" ha testimoniato l'indipendenza del reporter, seguendo per mezzo secolo guerre e conflitti in vari continenti, dalla Polonia comunista all'Africa postcoloniale, dall'Iran di Khomeyni alla Russia sovietica. A rischio della propria vita. Biografia riccamente documentata, "La vera vita di Kapuscinski" ha dato adito a forti polemiche per aver insinuato un pesante dubbio: Kapuscinski è stato un grande reporter o un grande narratore? Ebbe mai la tendenza a esagerare, se non addirittura a inventare i fatti? Ha davvero incontrato di persona Che Guevara o il leader rivoluzionario del Congo Patrice Lumumba? Da questo spunto derivano quesiti di metodo di straordinario interesse: fino a che punto è lecito modificare lo svolgimento dei fatti per scrivere un reportage? Dove finisce il reportage e dove inizia la letteratura? Qual è la relazione tra la realtà e la parola, tra la storia e la letteratura?
Genuflessa De Benedictis è morta. Al suo funerale partecipano tutte le persone "per bene", quelle che più contano nel borghesissimo quartiere romano dei Parioli, dove la donna ha sempre vissuto. Immobili tra la folla ci sono il marito e i tre figli - Stefano, Aldo e Franco -, chiusi in un silenzio che cela, insieme al dolore, una sconcertante verità: dietro l'apparenza di madre totalmente dedita alla famiglia, Genuflessa è stata una donna tirannica ed egocentrica, capace di annientare le loro personalità. Solo il terzogenito, Franco, ha osato sfidarla sottraendosi alla sua ansia di controllo e sposando Marta, una ragazza di colore immigrata dal Brasile, alla quale la suocera ha dichiarato fin da subito una guerra senza quartiere. Scandito in capitoli che si richiamano nel titolo a un comandamento, "Nessun requiem per mia madre" è il monologo ossessivo e delirante di Genuflessa al quale si contrappone la coraggiosa difesa di Franco e Marta del diritto ad avere una propria vita. Ma è anche la crudele metafora di un paese che, dietro la retorica dell'integrazione e della scuola multietnica, nasconde gli egoismi di chi non paga le tasse, il razzismo di chi dice "negro", il materialismo di chi si prostituisce per fare carriera, continuando ad alimentare un'immagine placida e consolante di sé. Proprio come, fin dalla sua infanzia, fa Genuflessa, artefice e vittima di una rappresentazione falsa e intoccabile della sua vita, per difendere la quale ogni mezzo è lecito.
Antiche parole ebraiche sono chiamate a parlare di questioni attuali. Mentre fa emergere il nesso tra economia, etica e politica, l'autrice segue il cammino dell'ebraismo odierno che sa dar voce alla propria saggezza millenaria per accogliere le nuove sfide del tempo globale. Le questioni della cittadinanza e dell'esilio, del rifiuto dell'altro e dei diritti, si alternano ai temi di ecologia e di bioetica. Ogni aforisma, ogni paragrafo, si offre separatamente alla lettura. Sta qui il fascino di queste pagine, scandite con ritmo quasi poetico, dove la passione si accompagna al rigore. Sullo sfondo di una lontananza quasi desertica, dove tutto assume contorni più precisi, risuonano le parole dei filosofi, di Spinoza e Wittgenstein, Arendt e Benjamin, Maimonide e Lévinas, che si coniugano con quelle di rabbini, poeti e kabbalisti, in una polifonia che restituisce il grande dialogo della tradizione ebraica.
Quando il 10 aprile del 1912 si imbarca sul Titanic, Morgan ha poco più di vent'anni, un'infanzia trascorsa con un zio ricco e dispotico, armatore del transatlantico, un futuro incerto davanti a sé. Diviso tra un sentimento sottilmente snob della vita e un desidero indefinito di fare grandi cose, Morgan affronta il viaggio inaugurale del Titanic verso New York con l'animo pieno di speranze e progetti ambiziosi. L'incontro con alcuni amici di famiglia, tra cui la bella e distaccata Wallis di cui si scopre innamorato, e il misterioso Scurra, un affascinante avventuriero dal passato oscuro, lo porterà a mettere in discussione se stesso fino a perdere ogni punto di riferimento.
Che cosa è più importante nella vita di un essere umano, l’obbedienza o la libertà? Questo testo intenso e coraggioso affronta il “tragico paradosso” della coscienza cristiana, oggi inquieta come non mai, perché divisa tra queste due polarità apparentemente opposte.
Il nuovo libro di Vito Mancuso propone un “discorso sul metodo” in presa diretta, fondato non più sul principio di autorità, ma sul più esigente principio di autenticità. Nella luce del delicato rapporto con il potere ecclesiastico, i grandi temi della riflessione umana vengono declinati in modo inedito, coinvolgente, talora entusiasmante e sempre con la consueta chiarezza.
La verità e il potere a partire dalla teologia politica del Grande Inquisitore, la religione contaminata da politica e laicità, l’identità umana tra anima e coscienza, il destino finale o come nulla o come eternità, il dialogo tra le grandi religioni mondiali e una bellissima meditazione sul motto episcopale del cardinal Martini.
La posta in gioco è particolarmente alta: una fede all’altezza dei tempi, una concezione dinamico-evolutiva della verità. Vero e proprio manifesto della teologia di Vito Mancuso, Obbedienza e libertà lancia un messaggio forte e chiaro: da un lato la Chiesa deve liberarsi della superata visione del mondo insita nella sua dottrina, dall’altro il mondo laico deve tornare a interrogarsi sui grandi orizzonti della ricerca spirituale, perché la spiritualità, scrive Mancuso, «è una particolare gestione della libertà».
«In questo mondo che passa, e passando consuma ogni cosa; in questo mondo che ora fa gioire per il semplice fatto di esserci, ora gemere di rabbia e di dolore come schiavi alla catena; in questo mondo teatro dell’essere e del nulla, libera scelta e cieco destino, allegria della mente e disperazione dell’anima; in questo mondo di fantasmi e di poesia, io non conosco nulla di più grande del bene». Vito Mancuso
Vito Mancuso, teologo, docente ed editorialista de “la Repubblica”. Oltre ad articoli su riviste specializzate, alla partecipazione ad opere collettive (tra cui: Che cosa vuol dire morire. Sei grandi filosofi di fronte all’ultima domanda, a cura di Daniela Monti, Einaudi 2010, con R. Bodei, R. De Monticelli, G. Reale, A. Schiavone, E. Severino), tra le sue opere più recenti ricordiamo i bestseller L’anima e il suo destino, con la prefazione di Carlo Maria Martini (Raffaello Cortina, 2007), La vita autentica (Raffaello Cortina, 2009/Emons 2010, con prefazione di Lucio Dalla), Disputa su Dio e dintorni, con Corrado Augias (Mondadori, 2009) e Io e Dio. Una guida dei perplessi (Garzanti, 2011). Con Elido Fazi dirige la collana di libera ricerca spirituale “Campo dei fiori”. Presso una delle più prestigiose case editrici accademiche tedesche è stato pubblicato di recente un saggio sul suo pensiero: Corneliu C. Simut, Essentials of Catholic Radicalism. An Introduction to the Lay Theology of Vito Mancuso (Peter Lang, 2011).

