
Dal racconto della creazione come profezia alla "gioia materiale" del Qoèlet; dal valore teologico della nudità degli amanti nel Cantico dei cantici alla sofferenza dell'anziano Tobi, che chiede la morte ma scopre il sorprendente agire di Dio; dalla paura dei malvagi nel libro della Sapienza al rifiuto della violenza da parte di David. Le pagine dell'Antico Testamento consentono un viaggio nelle oscillazioni del sentire e sollevano interrogativi: in che modo il saggio può convivere con la consapevolezza che la vita è fugace? Si può accettare la finitudine dell'esistenza o, addirittura, riconciliarsi con essa? Il Dio di Israele, si legge nei Salmi, non si dimentica dei suoi poveri e si ricorda sempre della sua alleanza e del suo popolo. Perché se agli uomini è necessario il medico - come ricorda il Siracide - non smette di essere indispensabile il Signore, quel Dio che "non ha fatto la morte" ma "tutto per la vita".
Le preghiere eucaristiche nascono come "imitazione" di quanto Gesù fece all'ultima cena quando prese il pane e il calice, rese grazie e li distribuì ai discepoli. Tali testi che elevano a Dio un ringraziamento per l'opera della creazione e della salvezza in Cristo, chiedendo la discesa dello Spirito sull'assemblea, sul pane e sul vino, sono stati "riscoperti" e rivalutati solo negli anni '60 del secolo scorso. La riforma liturgica del Vaticano II ha messo in luce l'importanza dei dati storici dimostrando la possibilità di attingere ai testi arcaici delle anafore, soprattutto orientali, per ottenere una rinnovata "attiva partecipazione" all'eucaristia; sono state quindi composte nuove preghiere, rielaborando quelle arcaiche della tradizione, e sono state inserite nel nuovo Messale romano di Paolo VI. La nuova edizione dell'opera di Enrico Mazza, che riunisce in un solo volume il commento alle preghiere eucaristiche e il materiale documentario, si propone di approfondire la conoscenza di una parte fondamentale dell'eucarestia e di accompagnare il lettore alla scoperta di un prezioso capitolo della preghiera cristiana.
Il volume raccoglie i commenti ai Vangeli festivi nati dall'esperienza pastorale e dalla predicazione di un parroco biblista. L'intento è coniugare l'attenzione al testo originale greco e la struttura narrativa che unisce le sequenze dei brani, in modo che l'omelia di una singola domenica non risulti un discorso a sé stante, ma diventi parte di un più ampio contesto. I commenti non trascurano l'attualizzazione, che viene orientata alla concretezza della realtà ecclesiale, familiare e sociale di una parrocchia. Oltre ai testi domenicali, l'opera prende in esame i Vangeli di particolari ricorrenze liturgiche, come il Triduo pasquale, la messa di Natale della notte e del giorno, Santo Stefano e il lunedì dell'Angelo, oltre alla celebrazione di matrimoni ed esequie.
Il cimitero è un luogo fisico che conserva le spoglie dei defunti e ne perpetua la memoria, ma anche un luogo simbolico costruito per consentire ai viventi di esprimere il dolore e di coltivare la speranza. Oggi relegato quasi esclusivamente alla competenza civile e amministrativa, questo spazio richiede una particolare attenzione pastorale capace di rievocare la tomba vuota che si trova al principio della narrazione cristiana. Il libro delinea le caratteristiche del cimitero a partire dall'Antico e dal Nuovo Testamento, ripercorre le trasformazioni che ha subìto in epoca medievale e moderna, ricorda riti e preghiere, si sofferma sulla cremazione e la dispersione delle ceneri. Inoltre, esamina le concezioni del cimitero nelle grandi culture religiose e le tradizioni funerarie di alcune comunità europee emigrate negli Stati Uniti.
Il tema dei fedeli divorziati e risposati ha acquisito negli ultimi decenni un significativo rilievo pastorale e molte diocesi hanno elaborato percorsi di ascolto, di accoglienza e di coinvolgimento in cammini di fede. Il libro offre un quadro d'insieme delle buone pratiche e delle esperienze utili che si svolgono in Italia, portando a sintesi le caratteristiche dei diversi approcci e soffermandosi sul ruolo, la preparazione e l'atteggiamento concreto degli operatori e delle comunità. L'obiettivo è individuare le coordinate di un valido criterio pastorale, cercando un punto di equilibrio tra le indicazioni del magistero e l'accoglienza dei fedeli divorziati nelle comunità cristiane. Prefazione di mons. Enrico Solmi.
Come si presenta ai nostri occhi quella che oggi chiamiamo "sessualità" quando la osserviamo nei discorsi prodotti dalle istituzioni religiose in età moderna? L'oggetto ha contorni sfuggenti. Al suo interno si collocano, in maniere e misure mutevoli, aspettative e rinunce, possibilità e divieti, ragioni del corpo e dell'anima, dell'individuo e della collettività. Il saggio presenta un piccolo ventaglio di sessualità possibili "messe in parola" nei decenni che seguono due momenti cruciali della storia religiosa e sociale dell'Europa: la centralizzazione romana dell'Inquisizione e la sua dotazione di una capillare rete di organismi locali, a partire dal 1542, e la grande risistemazione dottrinale e istituzionale operata dalla Chiesa cattolica con il Concilio di Trento, fra il 1545 e il 1563. A partire dalla seconda metà del Cinquecento, sui comportamenti che implicano un uso della corporeità connessa con le tensioni desideranti e la generazione, già tradizionalmente oggetto di osservazione e di controllo, sembra accentuarsi, facendosi sistematico, l'interesse delle istituzioni religiose, impegnate in un'impresa di definizione dell'ortodossia e dell'eterodossia. In ogni ambito del vivere si rintraccia sia un potenziale luogo di realizzazione della perfetta cattolicità che uno spazio di annidamento dell'eterodossia. Il corpo chiuso del clero deciderà dei corpi moderatamente aperti dei coniugati e di quelli pericolosamente sciolti delle nubili e dei celibi.
C'è una dimensione del futuro che, a partire da Agostino, vanta una lunga tradizione nel pensiero occidentale. Essa riguarda la vita interiore, risorsa disponibile solo se si osa l'avventura della conoscenza di sé, dell'educazione, del primato accordato ai valori umani. L'inefficacia del discorso moralistico e impositivo e il logoramento di quello esortativo e paternalistico confermano l'esigenza di cercare altrove le risposte e le indicazioni di futuro. Questa tradizione ci dice che il futuro nasce anche dall'interiorità. In tale contesto svolge un ruolo fondamentale una facoltà solitamente tenuta in sospetto, l'immaginazione. Movimento interno alla creatività, essa non è riducibile a illusione o a fuga dal reale, ma è un atteggiamento esistenziale che apre una strada al futuro e pensa che ciò che non è possibile oggi lo potrà essere domani.
Nell'ultimo mezzo secolo, innumerevoli pubblicazioni hanno messo in risalto l'importanza delle correnti profetiche e dei movimenti messianici nella storia dei Paesi del terzo mondo in epoca coloniale e postcoloniale. Le ricerche hanno contribuito a spostare l'accento dalla figura del profeta - essenziale in Max Weber e Norman Cohn - al profetismo nel suo aspetto collettivo, così come appare nelle correnti carismatiche o messianiche. Finita l'epoca nella quale si consideravano i leader di questi movimenti come persone psicologicamente squilibrate capaci di trasformare, grazie al carisma, folle disorientate in eserciti di fanatici, oggi si tende a vedere nei profeti coloro che, in una situazione di crisi, indicano nuove strade richiamandosi a esperienze soprannaturali o a esigenze della coscienza morale per modificare lo svolgimento della storia aprendola a un avvenire migliore. Dalla profezia biblica a Tommaso Moro, dal Rinascimento ai socialismi utopici del XIX secolo, questa aspirazione al rinnovamento assume tre forme principali - escatologia, millenarismo, utopia - che si configurano come costruzioni culturali, dotate di forte carica simbolica, in grado di illustrare il ruolo dell'immaginario nella storia delle società umane. Tali fenomeni non riguardano solo epoche o popolazioni considerate superstiziose, ma il presente stesso dell'Occidente, che deve poter fare posto, nella "grande storia" dell'Europa e dei continenti da essa colonizzati, a tutte le forme dell'attesa...
L'universo delle relazioni con se stessi e con gli altri arricchisce o impoverisce le nostre vite? Dona senso o inaridisce? Guida alla libertà o rinchiude in prigioni invisibili? Il volume cerca risposte costruttive al crescente senso di disagio, di isolamento, di separazione dagli altri che affligge molte persone rivestendo le relazioni di passività. I cinque capitoli in cui si articola il testo prendono spunto dalla storia di san Francesco d'Assisi e del primo francescanesimo per approfondire temi che riguardano la sfera emotiva; esercizi di auto ascolto e schede di lavoro articolate in domande completano la riflessione. "Ci dimentichiamo che l'essere umano è un essere relazionale e non può prescindere dalla responsabilità verso l'altro", spiega l'autore. "Solo orientandoci al "noi" possiamo compiere l'io. Abbiamo bisogno di ridare vita a due termini: "innocente" e "ingenuo". Tornare come bambini non nella inconsapevolezza, ma nella capacità di accogliere e di stupirsi, di orientarci al positivo dopo avere tutto considerato, almeno per quanto ci è possibile. Abbiamo bisogno di assumere lo sguardo non di bambini dipendenti da tutto e da tutti, ma di adulti-bambini che sanno meravigliarsi, vedere oltre e godere la vita".
Dei quattro Vangeli e del libro degli Atti il volume propone: - il testo greco: è tratto dall'edizione interconfessionale The Greek New Testament (GNT), basato prevalentemente sul codice manoscritto B (Vaticano), risalente al IV secolo; - la traduzione interlineare: eseguita a calco, cerca di privilegiare il più possibile gli aspetti morfologico-sintattici del testo greco, anche a scapito, in alcuni casi, della semantica; - il testo della Bibbia CEI a piè di pagina con a margine i passi paralleli. Non si tratta di una 'traduzione', ma di un 'aiuto alla traduzione': un utile strumento di facilitazione e sostegno per affrontare le difficoltà del greco e introdursi nel testo biblico in lingua originale.