
Il termine giubileo ha dentro di sé il suono del corno d'ariete che si udiva all'inizio di un anno particolare durante il giorno del Kippur. Esso rinvia a un rito, ma anche a qualcosa che si propone di incidere in modo profondo nell'esistenza del popolo ebraico evocando il riposo della terra, la remissione dei debiti, la liberazione degli schiavi, il pellegrinaggio, lo scandire del tempo e l'annuncio del Regno, cioè di un diverso ordine di rapporti. Il giubileo è per eccellenza la festa dei poveri, l'attesa dei diseredati e ha una delle sue insegne eccellenti nel tema del perdono. Assente dal Nuovo Testamento, il termine entra nella vita della Chiesa il 22 febbraio del 1300, quando Bonifacio VIII emana la bolla del primo anno santo, anche se la struttura fondamentale del rito viene definita nell'anno 1500 da papa Alessandro VI Borgia.
"Mi occupo di sondaggi dalla metà degli anni Ottanta. E se dovessi riassumere il senso del mio lavoro direi che cerco di "sentire il polso" del Signor Rossi, lo straordinario personaggio uscito nel 1960 dalla matita del fumettista Bruno Bozzetto. Pochi capelli, un accenno di baffi sotto un naso vistoso, giacca rossa, farfallino nero, paglietta, il Signor Rossi è stato il protagonista di cortometraggi, di film e di una serie televisiva in cui incarnava l'italiano medio dell'epoca. Il Paese viveva un boom economico senza precedenti, si facevano esperienze inedite per molti - l'acquisto di una macchina, le vacanze al mare, lo sci in montagna - ma si avvertivano anche i primi inconvenienti del progresso: la solitudine, il troppo lavoro, l'inquinamento. Anche se molte persone attribuiscono ai sondaggisti la sfera di cristallo e la capacità di anticipare il futuro - non diversamente da ciò che spesso accade ai meteorologi - fare rilevamenti statistici significa, in fondo, capire che cosa pensa il Signor Rossi e come nel corso del tempo ha cambiato - non sempre in meglio, non sempre in peggio - le sue abitudini e i suoi comportamenti". Prefazione di Giovanni Floris.
Per "comprendere l'incomprensibile del XX secolo" - i milioni di morti delle due guerre mondiali e lo sterminio del popolo ebraico nei campi nazisti serve, a giudizio di Michel Serres, un modello "antropologico e tragico" come quello elaborato da René Girard. Esso è incentrato sul carattere mimetico, cioè imitativo, del desiderio - un processo da cui derivano sia la trasmissione del sapere sia la violenza - e sul nesso che lega in modo inscindibile il sacro alla logica arcaica del sacrificio e al ruolo del "capro espiatorio". Sul filo che interseca il tragico e la pietà si svolge il discorso con il quale Serres accoglie l'amico Girard tra gli eletti dell'Accademia di Francia. Girard, a sua volta, secondo la tradizione della storica istituzione, fa il suo esordio ricordando il suo immediato predecessore defunto. È il domenicano Ambroise-Marie Carré, celebre predicatore che negli anni della guerra aveva svolto un ruolo importante nella resistenza ai nazisti. Girard si sofferma sul dramma spirituale che ha accompagnato la sua vita: una profonda e intensa esperienza mistica, avvenuta alla precoce età di quattordici anni, orienta tutte le sue scelte ma, nonostante le attese, non si ripeterà più generando un irrequieto senso di fallimento personale. A padre Carré serve tempo per comprendere che l'ambizione e l'orgoglio rischiano di travolgere la grazia e per convertire il suo progetto di santità in una resa alla misericordia divina.
Prima dell'avvento del monoteismo - sostiene Assmann - le religioni "pagane" avevano il loro centro in un culto spesso cruento e violento, ma non distinguevano gli uomini in amici e nemici e le guerre si combattevano per avidità, vendetta o paura, non per motivi religiosi. Il quadro è mutato con l'avvento della "religione totale", incarnata, per esempio, nell'ebraismo dai movimenti zeloti, nel cristianesimo medievale dal dominio del papa, nel cristianesimo riformato da Calvino e Oliver Cromwell e nell'islam odierno da gruppi fondamentalisti. "Il principio che relativizza, sia pure rispettandole, le differenze religiose e culturali è un principio non religioso, ma laico, e si appella non a Dio e alla rivelazione, bensì alla ragione e al discernimento. Ma queste non dovrebbero essere contrapposizioni", sostiene Assmann. "Nella misura in cui anche le religioni fanno propri questi obiettivi, non polarizzano, ma umanizzano".
La fase di transizione alla seconda metà della vita è un momento critico. Si è normalmente impreparati e si rischia di esserne travolti fino a smarrire il filo unitario della propria esistenza. Per poter affrontare e attraversare questo periodo di passaggio occorre dunque riconoscere i sintomi e nominare i disagi che lo caratterizzano. Solo così esso potrà rivelarsi non solo come oscurità, ma anche come luce, non solo come minaccia e pericolo, ma anche come opportunità di crescita e di maturazione. La crisi dell'età di mezzo segna l'irrompere della morte nella vita: conoscerne i sintomi e individuare le reazioni che può suscitare aiuta a coglierla positivamente come passaggio vitale a una fase più matura dell'esistenza.
L'atto di nutrire e ricevere nutrimento è primordiale, originario, segna gli inizi di ogni vita, umana e animale. È un gesto della cura spesso associato a una serie di attenzioni che rendono possibile non solo il venire al mondo, ma anche la successiva sopravvivenza e la crescita, la possibilità di raggiungere fasi ulteriori dell'autonomia e della cura di sé. Il libro prende in esame quattro stadi della vita alla luce dell'esperienza del nutrimento: l'infanzia, che esprime l'apice dell'esigenza di essere nutriti per sopravvivere, l'adolescenza, in cui ci nutriamo da soli, l'età adulta in cui siamo chiamati a nutrire gli altri, e la maturità, in cui dipendiamo nuovamente dagli altri, ma con consapevolezza.
Il volume tiene come sottofondo la vita di Gesù. Ogni episodio è organizzato sulla doppia pagina: la vicenda esaminata è raccontata e spiegata sulla pagina di sinistra, affiancata a destra da una frase di papa Francesco e da un insegnamento per i bambini. Età di lettura: da 6 anni.
I nuovi media, in particolare Internet e il cellulare, svolgono un ruolo importante nella vita dei giovani e aprono a un mondo di relazioni che offre opportunità di crescita senza precedenti. Un territorio affascinante, sconfinato e facilmente accessibile dove, tuttavia, possono trovare spazio anche contenuti e comportamenti potenzialmente dannosi. Se da un lato la rete dà spazio allo scambio, dall'altro rischia di divenire luogo della solitudine che relega in secondo piano la dimensione fisica, il dialogo verbale e non verbale, la trasmissione delle emozioni tipica dei veri rapporti interpersonali. Nascono al contempo nuovi fenomeni come il cyber bullismo, le molestie, le "droghe sonore", che sono frequenze scaricabili da Internet a basso costo capaci di agire sul cervello sollecitando l'attività cerebrale in modo simile alle sostanze stupefacenti. Oppure la diffusione di siti, blog e forum di persone accomunate dalla stessa ossessione per il cibo e colpite da anoressia o bulimia. Siamo di fronte a nuovi modi di apprendere: più per immagini che per concetti, più attenti al concreto che a ciò che sembra astratto, più per logiche binarie che razionali. Prefazione di Luca Pisano.
Nei primi secoli del cristianesimo era diffuso il convincimento che il Vangelo di Marco fosse un riassunto di quello di Matteo e solo nel XX secolo le peculiarità di questi antichi scritti sono state evidenziate e approfondite. Se nel secondo evangelista la vita di Gesù e la fede sono legate al "paradosso" e al "mistero", due termini che danno coerenza all'intera struttura del testo, nella narrazione di Luca, composta da Vangelo e Atti degli apostoli, la grande metafora di riferimento è il viaggio di un Dio che si mette sulla strada dell'uomo fino alla meta finale. Gli stessi Atti non si configurano come una "biografia di personaggi eminenti della Chiesa primitiva", ma come il racconto del viaggio - geografico e soprattutto teologico - che la Parola di Dio compie tra Gerusalemme e Roma. Il volume presenta e commenta i vangeli di Matteo e Marco, nonché tutta l'opera lucana e raccoglie i contributi che l'autore ha già offerto separatamente per ogni libro biblico.
Già a partire dalla fine del II secolo la tradizione cristiana attribuisce il terzo Vangelo a Luca, colto medico proveniente dal mondo ellenista e nativo della città di Antiochia, in Siria.
La composizione del testo, avvenuta probabilmente in Grecia, è tardiva.
Quando l'evangelista scrive, già "molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti" e la descrizione lucana della distruzione di Gerusalemme, coincidente con quella proposta dagli storici del tempo, fa pensare che il terzo Vangelo sia stato scritto dopo la caduta della città, quindi tra il 70 e l'80 d.C. I destinatari sono cristiani di mentalità greca ai quali Luca spiega le consuetudini giudaiche, omettendo sistematicamente parole dure nei confronti dei pagani e ponendo in evidenza la portata universale della buona notizia.