
Carl Schmitt è il più celebre e controverso rappresentante in epoca recente della Teologia politica, vale a dire di una Teoria politica che pretende di fondarsi sulla fede nella Rivelazione divina. Una pretesa che questo libro prende sul serio, andando alla ricerca del nucleo religioso che dà unità e coerenza alla sua labirintica opera. Lontana dall’indignazione morale quanto dall’ammirazione apologetica, questa interpretazione ha infiammato un dibattito da sempre acceso sul suo pensiero. Ma è in vista di una fondazione filosofica e non teologica della vita politica che al suo nome assegna un posto paradigmatico nella tradizione di un concetto che ritorna inesorabilmente d’attualità.
Grazie all’analisi del pensiero che si fonda sulla Rivelazione può delinearsi per differenza quello fondato al contrario sulla Ragione. All’opposta autorità riconosciuta come sovrana corrispondono antitetiche comprensioni di sé. Un pensiero che si sottragga al confronto con tale distinzione rischia di presupporre in maniera inconsapevole un senso della vita e della storia analogo a quello teologico, quand’anche nell’epoca della secolarizzazione escluda dalla sfera pubblica ogni religione o si opponga all’obbedienza della politica ai comandamenti di una Rivelazione.
Come confutazione della controparte prende forma questa logica del riconoscimento della propria identità per mezzo della determinazione del proprio nemico, profilandosi come soluzione all’insuperabile contrapposizione dialettica una più chiara conoscenza di sé.
È sulla distinzione tra Teologia politica e Filosofia politica che si fonda una differenza tra opposti modi di vivere esposta nei quattro capitoli di questo volume, che porta a conclusione quella critica della Teologia politica avviata dal precedente libro su Carl Schmitt e Leo Strauss al servizio di una fondazione della Filosofi a politica.
Il Rapporto di quest'anno è incentrato sul tema: Europa: la fine delle illusioni. I redattori del Rapporto sono convinti che il processo di unificazione economica e politica dell'Europa, così come è stato inteso e attuato finora, sia in fase terminale. E non solo per inconvenienti di percorso, ma anche proprio per il modello culturale di origine: quella del manifesto di Ventotene e quella della Dottrina sociale della Chiesa sono due visioni dell'Europa molto diverse tra loro. In Europa c'è un neo-rinascimento religioso che non accetta l'ideologia europeistica di relegare la religione nell'ambito del privato e del devozionale e tantomeno di indurre irreligiosità. La presenza islamica in Europa è già ora un serio problema politico e lo diventerà ancora di più in futuro, ma le istituzioni europee non pensano ad affrontarlo, illudendosi che una vuota tolleranza possa vincere e convincere tutte le forme di integralismo. L'Unione Europea ha sposato in passato e sposa tuttora il progressismo della neo-borghesia disincantata che col popolo non vuole mischiarsi perché ritiene di avere la missione di condurlo per emanciparlo. Essa esporta individualismo e vuoto esistenziale^ quello stesso cui intende educare i suoi giovani, viste le pressioni sugli Stati membri perché cambino le leggi e l'insegnamento scolastico.
Testimone e attore privilegiato di un periodo di profondi cambiamenti sia per la Chiesa del XII secolo sia per la società civile del suo tempo e per la vita politica del suo paese, Aelredo di Rievaulx (1110-1167) – che i suoi contemporanei non esitarono a paragonare a san Bernardo – si trovò ad affrontare le principali linee di frattura che contribuirono in Inghilterra a fare del XII secolo un periodo particolarmente travagliato e caotico.
Nato nel 1110 a Hexhamin Northumbria, nel nord dell’Inghilterra, da una famiglia in cui si era preti di padre in figlio da diverse generazioni, Aelredo fu introdotto, a partire dal 1124, alla corte reale di Scozia, dove molto rapidamente strinse una profonda amicizia con i figli del re (specialmente Valteno ed Enrico, il principe ereditario, di quattro anni più giovane di lui). Si guadagnò anche la stima del re Davide che gli ha affidò, probabilmente intorno al 1130, l’ufficio di intendente generale del regno. Che cosa spinse allora questo giovane, dotato e brillante, a rinunciare, quattro anni più tardi, a una carriera politica o ecclesiastica (che si annunciava peraltro molto promettente), per entrare nel 1134 a Rievaulx, quel monastero cistercense che era appena stato fondato (nel 1132) da san Bernardo nello Yorkshire? Allo stesso modo, una volta diventato abate del suo monastero d’origine, che cosa lo indusse, soprattutto a partire dal 1153, ad impegnarsi nella vita politica del suo paese e voler diventare lo storico? È a queste domande, ma anche a molte altre, che questa straordinaria biografia di Aelredo cerca di rispondere. Essa permette anche di rivalutare positivamente il senso e la portata della Vita Ailredi, racconto agiografico composto, poco tempo dopo la morte di Aelredo, da Walter Daniel che fu suo segretario e infermiere. Infine, getta una nuova luce sull’importanza dell’amicizia spirituale come chiave principale per l’interpretazione della vita e della dottrina di colui che è stato chiamato il «dottore dell’amicizia».
L’esortazione apostolica Amoris laetitia, cogliendo le problematiche delle famiglie ci ha offerto la preoccupazione della Chiesa e ha indicato uno stile pastorale da mettere in campo al fine di rileggere la bellezza e la dignità del matrimonio, sia naturale che sacramentale, senza disattendere le fragilità e gli strappi all’indissolubilità e fedeltà coniugale. La Chiesa, che non è padrona ma dispensatrice dei sacramenti e presenza di salvezza per ogni persona che li desidera e li chiede con fede, offrirà ciò di cui quella persona e quella situazione hanno necessità per riparare e rimettersi alla scuola di Cristo.
Le troppe facili semplificazioni rigoriste e lassiste non aiutano chi ricerca quel senso che ha smarrito o abbandonato lungo le varie scelte della propria vita. La pastorale degna di una Chiesa, voluta per offrire salvezza e redenzione, ha bisogno di accoglienza, cuore, pazienza, correzione e fedeltà a Dio e all’immagine sua, anche quando questa è sbiadita.
Cinquant'anni dopo la pubblicazione di Humanae vitae, il suo messaggio profetico rimane più attuale che mai. Tra i primi ad aver capito il significato profondo del documento di Paolo VI e ad averlo spiegato in modo coerente e convincente era la discepola di Ludwig Wittgenstein e autorevole filosofa di Oxford e Cambridge, Gertrude Elizabeth Margaret Anscombe. Il volume raccoglie quattro dei suoi interventi più incisivi che aiuteranno il lettore a scoprire le intenzioni profonde e il significato perenne del testo magisteriale pubblicato ormai mezzo secolo fa.
Il presente volume si propone di esaminare l’impatto della religione e della cultura musulmane sul modo di intendere e vivere il matrimonio e la famiglia in Italia e in Europa.
L’Autore ha raggruppato i testi dell’area paolina che testimoniano un forte interessa per il tema della generazione dell’uomo nuovo. Di alcune lettere si propone lo studio delle pericoli dedicate al rinnovamento del corpo e della mente.
In che cosa consiste il problema che molti teologi cattolici, anche fedeli al Magistero, continuano a manifestare? Se una questione rimane attuale in un così grande spazio di tempo, non può essere trascurata e vale la pena di prenderla sul serio. Recentemente il Papa emerito Benedetto XVI, nella sua intervista con Peter Seewald, ha schiettamente rivelato la sua personale difficoltà ed anche il modo in cui fu poi da lui superata. Alla domanda del giornalista di come giudicò l’enciclica, egli rispose: «Nella mia situazione, nel contesto del pensiero teologico di allora, l’Humanae vitae era un testo difficile. Era chiaro che ciò che diceva era valido nella sostanza, ma il modo in cui veniva argomentato per noi, allora, anche per me, non era soddisfacente. Io cercavo un approccio antropologico più ampio. E in effetti papa Giovanni Paolo II ha poi integrato il taglio giusnaturalistico dell’enciclica con una visione personalistica» (Benedetto XVI, Ultime conversazioni). Ecco dunque un’indicazione autorevole e feconda di ricerca: la risposta a tante difficoltà può essere trovata nella visione personalistica di Karol Wojtyła / papa Giovanni Paolo II, che offre un approccio antropologico più vasto. Il libro sarà di aiuto a tutti quelli che vorranno comprendere più a fondo l’etica della vita matrimoniale e imparare a guardare in modo più adeguato la persona umana.
L'Istruzione della Sacra Congregazione del Culto Divino Memoriale Domini del 1969 aveva solennemente stabilito che la pratica della Comunione sulla lingua doveva essere conservata e che ogni cambiamento di disciplina in merito avrebbe portato delle conseguenze negative. Nonostante ciò la pratica della Comunione sulla mano si è imposta come il modo abituale di ricevere l'Eucaristia e da eccezione è divenuta la regola. Il volume mostra come ciò sia potuto accadere, portando alla luce un'ampia documentazione rimasta finora inedita, che fa comprendere le dinamiche non proprio limpide che hanno prodotto questo risultato. Con approfondimenti storici, giuridici e pastorali si mostra come tale cambiamento abbia contribuito non poco ad un affievolimento della fede nella presenza reale di Cristo nell'Eucaristia.
Su Benedetto XVI, come per ogni Papa, è stato scritto molto su ogni ambito del suo Magistero e dei suoi insegnamenti ma poco sulla politica. Eppure lungo il suo pontificato, è stato chiamato a confrontarsi con leader politici di numerosi Stati ed istituzioni internazionali. Da questi incontri è emerso un complesso di riflessioni sull’ordinamento politico e giuridico, tra fede e ragione, tra giustizia e libertà religiosa. Questo libro ha l’ambizione di portare alla luce l’insegnamento di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI sul rapporto tra Chiesa e Politica. I tre capitoli del libro: Chiesa e mondo contemporaneo, Chiesa e Politica, il ruolo della Chiesa e della Politica nelle encicliche e negli insegnamenti di Benedetto XVI vanno in questa direzione. Il volume è corredato da un’appendice, che è una vera pillola di saggezza, sui principi fondamentali della politica e da alcuni discorsi che egli ha fatto in occasione di incontri ufficiali.