
E' la seconda estate che Maigret passa nella sua casa di Meung-sur-Loire. E' in pensione e si annoia. Perché mai accetterebbe, altrimenti, di indagare per conto di una imperiosa e anziana signora che gli piomba in casa la cui nipote è misteriosamente annegata? Lei, che odia il genero e disprezza la figlia, vuole vederci chiaro. Ma la vera ragione è un'altra: Maigret vuole mettersi ancora alla prova. Corre seri rischi questa volta, perché è solo, perché l'ambiente che lo circonda non è il suo, perché la gente è altezzosa e avida. Tutto ciò riesce però a scatenare la furia di Maigret, il suo desiderio di portare alla luce quel che si cela dietro la facciata.
Johannes Urzidil era il giovane scrittore a cui spettò il temibile compito di pronunciare alcune parole su Kafka alla cerimonia che ebbe luogo a Praga due settimane dopo la sua morte. Egli disse allora che in Kafka "l'altissima singolarità umana generava la sua fortissima magia poetica". Su tale "singolarità" poche testimonianze ci illuminano come questo libro. Anche perché Urzidil sa evocare, con la stessa precisione, la singolarità dello sfondo su cui trascorre l'ombra di Kafka: Praga, la città nera e magica, che Urzidil visse nel suo momento più glorioso, quando Kafka era uno, e curiosamente non il più noto, fra i centoquaranta scrittori di lingua tedesca della città.
A metà degli anni Trenta, uno scandalo travolse l'immenso impero commerciale dei due fratelli Ferchaux, arrivati in Africa alla fine dell'Ottocento come passeggeri clandestini. Simenon prende spunto da questa vicenda di cronaca per realizzare il suo romanzo. Con quali mezzi era stata accumulata la fortuna dei Ferchaux? Quali complicità avevano avuto i fratelli nelle autorità coloniali? Che fine aveva fatto il primogenito, il vecchio Dieudonné? E' qui che ha inizio il libro ed è qui che Simenon fa entrare in scena un personaggio decisivo: il giovane Michel Maudet.
L'ipotesi del "principio antropico" venne proposta da Barrow e Tipler in questo libro apparso negli Stati Uniti nel 1986. Secondo questa teoria tutto ruota intorno a un nucleo ineludibile: se non si presentassero un numero allarmante di straordinarie coincidenze nella forma delle leggi fisiche e nei valori delle costanti di natura, la biochimica, la vita e la vita intelligente non sarebbero possibili. Non solo un universo preso a caso non consentirebbe la vita, ma non vi sarebbero possibili neppure gli oggetti astronomici comuni e la materia ordinaria. Muovendo da questa constatazione si giunge alla conclusione che vi sia una necessità, e il principio antropico debole, che si arresta al riconoscimento dei fatti, evolve in quello forte.
Jacques Austerlitz è un professore di storia dell'architettura, studioso di quei luoghi che, soprattutto nell'Ottocento, tendevano ad assumere forme involontariamente visionarie. Alto, dinoccolato, molto somigliante a Wittgenstein cui lo accumuna un vecchio zaino che costantemente porta in spalla, Austerlitz vive a Londra in un appartamento spoglio, privo di affetti e povero di amicizie. Dietro la sua dottrina si spalanca il vuoto. Austerlitz semplicemente non sa chi è e a un certo punto si mette alla "ricerca delle proprie tracce". Il passato riemerge lentamente ed è lacerante: tutta la sapienza dell'autore sembra concentrarsi in questo itinerario di ricerca assolutamente angosciante.
E' il destino, ancora una volta, a dare le carte: proprio al giudice Kristóf Kómives, cittadino integerrimo, tocca sciogliere dal vincolo matrimoniale Imre Greiner, un medico che è stato suo compagno di collegio e Anna Fazekas, che Komives aveva incontrato qualche volta, molti anni prima. Ma la sera che precede l'udienza Kómives, rincasando a tarda ora, trova ad aspettarlo Greiner, e da lui apprende che un evento atroce è sopravvenuto a rendere inutile la sentenza. Nel corso di un tormentato faccia a faccia Greiner racconterà a Kómives la sua storia con Anna e soprattutto pretenderà da lui una risposta, prima che sia tutto finito. A sua volta Kómives scoprirà le verità che i sogni della notte svelano e le luci del giorno occultano.
Questa di Pericle è un noir, girato come un buon film americano degli anni Quaranta, con un ritmo secco, un plot che non perde un colpo e personaggi che hanno uno spessore del tutto ignoto ai cliché imposti dal genere: Pericle, l'uomo-cane che diventa uomo e acquisisce consapevolezza di sé attraverso il rifiuto delle regole del suo mondo e l'incontro con una strana donna; e questa donna, Nastasia, la polacca finita a lavorare a Pescara in una fabbrica di copertoni, che se lo porta a casa e se lo porterà, forse, anche più lontano.
Una passione breve e bruciante dalle immani conseguenze. Le vicende di un'intera famiglia, tra incesti e santità, delitti e prostituzione, atrocità e meraviglie, su un fondo che sembra avere la sostanza terribile e raggiante dei sogni.