
Un giovane della buona borghesia abruzzese, diventato comunista in seguito all'emanazione delle leggi razziali nel 1938 ad opera del governo fascista, partecipa attivamente alla Resistenza e dopo la guerra si laurea in medicina, dedicandosi alla sua professione con impegno totale, servendo l'uomo sofferente senza distinzioni di condizione sociale, di pensiero o di appartenenza politica: così Mario Spallone finisce per avere, tra i suoi pazienti, importanti personalità della diplomazia di oltre cortina, del Partito comunista italiano, accanto a un Governatore della Banca d'Italia (Guido Carli), a ministri democristiani (Carlo Donat-Cattin), ai Gesuiti de "La Civiltà Cattolica" e della Radio Vaticana (non senza curiose "coincidenze" nei momenti cruciali della guerra fredda), e addirittura al "Governatore" dello Stato della Città del Vaticano, il cardinale Canali. Un comunista anomalo, dunque, diventato un ricco imprenditore e protagonista recente di una "joint venture" che ha portato alla realizzazione di un'imponente struttura sanitaria privata a Mosca, ma con l'occhio a quel bene comune che egli considera sempre e comunque preminente. Angelo Montonati, nato a Varese nel 1931, è giornalista professionista dal 1958. Ha cominciato nel quotidiano locale La Prealpina, passando poi al radiogiornale della Radio Vaticana e quindi, dal 1969 al 1980, a Famiglia Cristiana come "vaticanista" e successivamente come redattore capo del mensile Jesus.
Un libro che parla dei bambini in psicoterapia, per capire cos'e la psicoterapia di un bambino e cosa vi accade. Un viaggio" speciale, quello analitico. Non e possibile pensarne un'unica versione, come fosse un itinerario organizzato e collaudato che si realizza secondo un modulo costante: stesse strade, stessi mezzi di spostamento, stesse soste, stesse mete. Si dovra parlare di tanti "viaggi", con tanti bambini, per far intuire cosa puo essere un Viaggio analitico. Di tanti momenti, per far immaginare le tante cose che vi possono accadere. Di tanti modi di procedere e di concludere. Perche ciascuno procede a misura delle proprie risorse. E soprattutto della propria sofferenza. Il libro vuole tentare di far intuire a chi e fuori, genitori, insegnanti ed educatori, il senso di quanto succede dentro, durante quel Viaggio in cui direttamente o indirettamente si potrebbe essere o si e gia coinvolti. "
Quinta edizione di un libro alla base della tecnica di psicoterapia della persona e delle relazioni. Aggiornata nella bibliografia e nell'elenco delle Associazioni di Analisi Transazionale in Italia. Il volume, un vero e proprio manuale di Analisi Transazionale, (AT), comprende una descrizione completa delle diverse scuole e orientamenti di A.T. E un'accurata descrizione, sia tecnica che pratica, dei diversi momenti di un processo terapeutico: analisi della struttura della personalita, delle transazioni, dei giochi psicologici, dei sentimenti parassiti" e del copione di vita. L'Analisi Transazionale e stata elaborata con l'intenzione di rendere trasparente il funzionamento intrapsichico e interpersonale anche a chi non sia dotato dello strumento fornito dalla psicologia accademica. Si serve di un solo linguaggio che riduce i tecnicismi al minimo, privilegiando invece le locuzioni della vita quotidiana. "
Come costruire l'autostima e la capacita di relazione sociale. Perche non sono assertivo?". Ecco una delle domande che si presentano con maggior frequenza durante le sedute dallo psicologo. L'assertivita, come dimostra la calorosa accoglienza riservata al precedente libro di Olga Castanyer pubblicato in questa collana - L'assertivita. Espressione di una sana stima di se - e diventato il cavallo di battaglia di molte persone tra cui molti psicologi. Questo libro, continuazione di quello sopra citato, cerca di dare risposte chiare e soprattutto pratiche ai problemi collegati all'assertivita: autostima, autoaffermazione, capacita sociali e relazionali, che generano tante aspettative nella societa odierna. "
la vita secondo la psicologia positiva
Un libro di un cristiano combattente nel primo conflitto mondiale. Interrogativi provocatori e temi di estrema attualita, tra tensioni e affanni che si respirano ancora in questi giorni.
Inserito nell’ampio scenario degli studi sulle audiences, questo volume offre una chiave interpretativa della varietà di gusti, motivazioni e ‘letture’ di quel vasto pubblico italiano che quotidianamente si raccoglie di fronte alla televisione. La centralità attribuita all’appartenenza generazionale dei telespettatori e, quindi, all’esperienza di ambienti mediali che mutano nel tempo costituisce il filo rosso che attraversa e collega una serie di ricerche svolte nel triennio 1999-2001 dall’Osservatorio sulla Comunicazione dell’Università Cattolica su commissione della Struttura Scenari della Direzione Marketing RTI (Mediaset), condotte secondo una prospettiva capace di integrare approcci differenti: lo studio socio-storico dell’industria culturale, l’indagine qualitativa sul consumo, l’analisi semiotica dei testi. I risultati, frutto di un lavoro di confronto e interpretazione dei dati raccolti nel tempo, restituiscono i profili di quattro identità generazionali a cui è possibile ricondurre l’attuale pubblico televisivo, ciascuna caratterizzata da memorie mediali, aspettative e strutture di decodifica narrativa proprie. Tutto ciò costituisce il bagaglio esperienziale con cui ci si relaziona al medium televisivo e si costruiscono i significati di quanto si fruisce.
Piermarco Aroldi è ricercatore di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso la Facoltà di Scienze della formazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e vicedirettore dell’Osservatorio sulla Comunicazione presso la stessa Università. Ha svolto attività di ricerca sui temi dell’industria culturale e delle comunicazioni di massa per la Fondazione Agnelli, l’Istituto Gemelli - Musatti, la Rai, la Camera di Commercio di Milano. Su questi temi ha pubblicato, tra l’altro, “La fabbrica di Pinocchio. Le avventure di un burattino nell’industria culturale” (con Fausto Colombo e Barbara Gasparini, 1994), “La meridiana elettronica. Tempo sociale e tempo televisivo” (1999).
Fausto Colombo insegna Teoria e tecnica dei media e Linguaggi e strumenti della comunicazione presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università Cattolica di Milano ed è direttore dell’Osservatorio sulla Comunicazione. Tra le sue ultime pubblicazioni: “Le nuove tecnologie della comunicazione” (con Gianfranco Bettetini, 1993), “Dizionario della pubblicità” (con Alberto Abruzzese, 1994), “La cultura sottile. Media e industria culturale in Italia dall’Ottocento agli anni Novanta” (1998), “Il piccolo libro del telefono. Una vita al cellulare” (2001), “Il prodotto culturale. Teorie, tecniche, case histories” (a cura di, con Ruggero Eugeni, 2001).
Nella società dell’informazione le agenzie culturali si moltiplicano e ci investono con messaggi di ogni genere; i mass media sono veicoli di saperi di consumo più efficaci e accattivanti di quanto possano ormai rappresentare, soprattutto per i giovani, i tradizionali mezzi di trasmissione della cultura, ossia la scuola e il rapporto tra le generazioni. Ma si tratta davvero di trasmissione della cultura oppure di semplice comunicazione di contenuti? Là dove, infatti, la comunicazione comporta lo scambio di un messaggio, la trasmissione chiama in causa dinamiche più complesse, implica un processo di rielaborazione e di riappropriazione dei contenuti appresi e non un semplice accumulo di informazioni. Per questo, afferma Mathiot, si ‘comunica’ un messaggio, ma si ‘trasmette’ la vita. In tal senso vanno rivalutate le conoscenze ‘grezze’ trasmesse dalla famiglia e dalla saggezza popolare, ad esempio quelle relative alle previsioni del tempo oppure alle abilità culinarie. È urgente, allora, interrogarsi sul vero senso del trasmettere che non è riproduzione pedissequa di una tradizione o rottura con il passato. La trasmissione è separazione e continuità, distruzione e sopravvivenza: un movimento che punta a costituire l’autonomia di colui che ne è coinvolto, che lo invita ad acquisire una distanza critica da ciò che apprende; che, infine, è proteso verso il nuovo senza tradire la fonte da cui scaturisce.
Pascal Mathiot, docente di lettere alle scuole superiori, è autore di saggi su Molière, Montaigne e Buzzati.
Poco più di dieci anni trascorsi tra la caduta del muro di Berlino, nel novembre 1989, e il crollo delle Twin Towers, nel settembre 2001, rappresentano una lunghissima cesura tra due epoche che si direbbero irriducibilmente opposte. Il mondo è cambiato dopo il 1989, con la fine del comunismo e l’avvento dell’era della globalizzazione e, ancora una volta, in modo assai più imprevedibile e meno rassicurante dopo l’11 settembre 2001. Quel giorno, un soggetto privato e non territoriale - l’organizzazione terrorista di Bin Laden - ha colpito duramente il più forte soggetto pubblico territoriale del pianeta - gli Stati Uniti - vanificandone il poderoso apparato di sicurezza e irridendone la sovranità. Da allora, antiche alleanze e sperimentate solidarietà si sono avvitate in una spirale di crisi dalle conseguenze ancora difficilmente prevedibili e nuove amicizie ridisegnano la carta geopolitica del pianeta. Mentre l’Atlantico si fa sempre più largo, gli Stati Uniti preferiscono affidare la propria sicurezza e l’ordine mondiale al concetto, rivoluzionario e controverso, di guerra preventiva, anche a costo di inasprire il proprio isolamento. Alcuni tra i più affermati e promettenti studiosi americani e italiani si interrogano su quanto profondamente sia cambiato il mondo da quella tragica mattina dell’11 settembre 2001.
Vittorio Emanuele Parsi è professore associato di Relazioni internazionali nella Facoltà di Scienze politiche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ed è direttore del Master in Mercati e Istituzioni del Sistema globale presso l’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali (ASERI) di Milano. Con G. John Ikenberry ha curato la pubblicazione dei volumi “Manuale di Relazioni Internazionali. Dal sistema bipolare all’età globale” (Roma-Bari 2001) e “Teorie e metodi nelle Relazioni Internazionali. La disciplina e la sua evoluzione” (Roma-Bari 2001).
Questo volume di studi in onore di Gianfranco Bettetini raccoglie testi di alcuni fra i suoi allievi più diretti, offrendo una prima e parziale testimonianza delle molte strade aperte dal suo magistero intellettuale, che va dalla semiotica dell’audiovisivo all’etica dell’informazione, dalla storia – e pratica – del cinema alla sociologia dei processi culturali, dalle riflessioni sui nuovi media agli studi sulla comunicazione interculturale, dal teatro alla comunicazione d’impresa.
La realtà dell’immaginario è quindi sia un omaggio affettuoso a un Maestro che è stato ed è un pioniere degli studi sulla comunicazione in Italia, sia un’aggiornata e innovativa riflessione su alcune frontiere della comunicazione stessa, fra ‘vecchi’ e nuovi media.
Gianfranco Bettetini (Milano, 1933), laureato in Ingegneria presso il Politecnico di Milano nel 1956, fra i primi studiosi delle comunicazioni di massa in Italia, svolge dagli anni Sessanta la sua opera accademica in prevalenza presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, dove – dietro impulso di Mario Apollonio – è stato fra gli iniziatori della Scuola Superiore di Comunicazioni Sociali, oggi Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo, che tuttora dirige. Fondatore e primo direttore dell’Istituto – oggi Dipar-timento – di Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo presso questa Università, ordinario di Teoria e tecniche delle comunicazioni di massa, è stato per molti anni dirigente Rai, ha compiuto numerose ricerche e ha al suo attivo una vasta bibliografia scientifica su molti aspetti delle comunicazioni di massa, con volumi tradotti in varie lingue. Fra i fondatori degli studi semiotici in Italia, regista televisivo e cinematografico, ha pubblicato anche quattro romanzi.
Hanno collaborato al presente volume: Piermarco Aroldi, Maria Bettetini, Antonino Buttitta, Francesco Casetti, Fausto Colombo, Marco Deriu, Umberto Eco, Ruggero Eugeni, Armando Fumagalli, Chiara Giaccardi, Aldo Grasso, Anna Manzato, Silvano Petrosino, Gianni Sibilla, Giorgio Simonelli, Marina Villa, Nicoletta Vittadini, Ugo Volli.
Negli anni Novanta era opinione diffusa che la caduta del muro di Berlino avesse decretato il trionfo della democrazia liberale e del capitalismo di mercato, cancellando l’ultima grande linea di demarcazione ideologica. Cominciava un’era di prosperità economica e di pace stabile, sotto l’egida dell’unica superpotenza planetaria rimasta: gli Stati Uniti. In questo libro avvincente e di grande visione prospettica, Charles A. Kupchan mette in luce l’inadeguatezza e i rischi di tale convinzione, come peraltro gli eventi di questo inizio secolo stanno mostrando. La fine della Guerra fredda ha segnato paradossalmente non la vittoria definitiva dell’America, ma l’avvio del suo declino e un periodo di forte instabilità. La tesi controcorrente sostenuta da Kupchan è che l’attuale ordine internazionale non durerà a lungo. In questa direzione preme l’avversione interna degli USA nei confronti del gravoso compito di guardiano globale. Se la lotta al terrorismo dopo l’11 settembre ha sospeso la storica tendenza isolazionista americana, essa tuttavia è destinata a riacquistare vigore nel tempo. Ma la sfida all’egemonia di Washington non è costituita dall’estremismo islamico, che oggi sta assorbendo le energie della sua politica estera. Va piuttosto profilandosi un ritorno della rivalità tra i maggiori soggetti dello scacchiere mondiale, con l’ascesa della Cina, aggressiva nel suo sviluppo economico, e soprattutto con il processo di integrazione dell’Europa che, dopo decenni di partnership, si pone come concorrente di pari forza, non solo sotto il profilo economico, ma anche, in prospettiva non remota, sul piano geopolitico. L’amministrazione americana – avventuratasi con la guerra all’Iraq nel pericoloso vicolo cieco dell’azione unilaterale – non mostra finora adeguata consapevolezza dei movimenti carsici che, sotto un’illusoria superficie di stabilità, stanno trasformando il contesto globale. Se si vogliono evitare rischiose derive, «la priorità americana dev’essere di preparare se stessa e il resto del mondo a questo futuro incerto. Gli Stati Uniti devono progettare ora, finché se lo possono permettere, una grande strategia per la transizione a un mondo fatto di molteplici centri di potere».
Charles A. Kupchan è associate professor alla Georgetown University di Washington e senior fellow presso il Council on Foreign Relations. È stato membro del Policy Planning Staff al Dipartimento di Stato degli Stati Uniti e, durante la prima amministrazione Clinton, Director for European Affairs presso il National Security Council. In passato ha collaborato con importanti centri di ricerca, tra cui il Center for International Affairs di Harvard, l’International Institute for Strategic Studies (Londra), e il Centre d’Etudes et de Recherches Internationales (Parigi). Tra le sue principali pubblicazioni: Atlantic Security. Contending Visions (New York 1998), Nationalism and Nationalities in the New Europe (Ithaca 1995) e The Vulnerability of Empire (Ithaca 1994).