
L’affermarsi del nuovo ecosistema digitale sta aprendo la strada a una moltiplicazione dei canali di distribuzione dei contenuti facilitando l’emergere di nuove forme di accesso e fruizione, personalizzate, flessibili e in mobilità. Il settore audiovisivo diventa sempre più il cuore pulsante della nuova filiera dei contenuti mentre cresce la pressione competitiva tra soggetti tradizionali e nuovi operatori globali: non esistono più rendite di posizione, il perimetro di gioco si estende a dismisura, e si assiste a una rapida ridefinizione dei modelli di business e a un riposizionamento dei vari player all’interno del mercato della produzione e distribuzione dei contenuti. Il nuovo panorama può offrire grandi opportunità al mondo della creatività e della produzione indipendente, tenendo conto che i volumi di consumo audiovisivo non hanno mai registrato tassi di crescita così elevati come in questi anni. D’altra parte, il complesso scenario in forte trasformazione descritto pone due importanti sfide: da un lato l’industria dei contenuti audiovisivi dovrà sperimentare con coraggio nuovi modelli commerciali e distributivi e strategie di ampliamento di un pubblico diversificato e sempre più esigente; dall’altro le istituzioni dovranno essere capaci di elaborare politiche pubbliche a livello regionale, nazionale ed europeo più appropriate al nuovo contesto per valorizzare la produzione originale e stimolare la creatività e l’innovazione dei linguaggi. Queste le premesse sui cui poggia l’impianto concettuale di questo lavoro, che tenta di fornire un contributo di riflessione e di approfondimento di natura trasversale sulle dinamiche evolutive del settore audiovisivo con l’intento di disegnare un quadro di insieme delle varie componenti della filiera e della domanda, quindi di declinarle sotto il profilo normativo, tecnologico ed economico e infine di proporre chiavi di lettura e di analisi capaci di interpretare i cambiamenti in atto.
Fino al Novecento il progresso economico mondiale era indagato quasi solo dal punto di vista della storia europea e delle sue appendici di successo (Stati Uniti); oggi, di fronte ai fenomeni di globalizzazione, nuove domande vengono rivolte alla storia. Perché non furono l'Asia o il mondo islamico a produrre la rivoluzione industriale? Nel descrivere le strutture portanti dello sviluppo europeo, il volume mostra come le peculiarità della civiltà europea sul piano delle istituzioni sociali ed economiche, e soprattutto su quello dei valori, hanno saputo innescare il progresso in quanto la competizione è stata giocata insieme alla giustizia sociale (diritti) e alla solidarietà (welfare).
Saggezza, capacità di governare le passioni e di orientare l'azione al perseguimento di un bene comune di tipo universale: è l'idea di prudenza che ci hanno trasmesso i classici e di cui oggi abbiamo più che mai bisogno. Il pensiero economico dominante concepisce erroneamente la prudenza solo come avversione al rischio; mentre in realtà il problema è vedere al di là dei vantaggi a breve termine e agire secondo una visione di lungo periodo. Ecco allora che la vera sfida è trasferire il principio di prudenza alla sfera collettiva e farlo vivere all'interno del disegno delle istituzioni e dei sistemi di governance delle imprese.
Un testo di psicoanalisi. L'impostazione di ricerca di Saltzman si contraddistingue per la tenacia con cui vengono enute insieme ed articolate le due dimensioni dell'individuale e del collettivo/culturale, a cui forse troppo spesso la psicoanalisi contemporanea ha rinunciato...
Il virus, per il momento, ha ridotto drasticamente i nostri orizzonti. Ogni giorno i nostri movimenti sono limitati. Lavoriamo da casa, dobbiamo mantenere la distanza dagli altri, siamo separati da amici e famigliari. Per la prima volta facciamo esperienza della solitudine. È difficile guardare al futuro in un momento nel quale la nostra sicurezza economica, le libertà personali e la nostra salute sono precarie come non lo erano mai state. E c'è un senso crescente di disgregazione globale. Nell'anno in cui la democrazia statunitense è stata in bilico, in tempo reale Zakaria ha costruito una mappa del nostro futuro, perché una cosa è sicura: è già cominciato. Il Covid-19 non ha stravolto il mondo che conosciamo, piuttosto sta accelerando processi che già erano in atto. Le contraddizioni si spalancano, le soluzioni da perseguire diventano più chiare. L'eredità della pandemia sarà dolorosa, turbolenta e tutt'altro che uniforme tra i diversi Paesi. Siamo già entrati in un mondo nuovo, ma è un mondo più difficile da ordinare di quello che conosciamo, soprattutto se vogliamo renderlo più giusto. Abbiamo bisogno di liberarci dei dogmi del neoliberismo sfrenato, che hanno impoverito lo stato sociale e ci hanno fatto trovare impreparati di fronte alla calamità della pandemia. D'altra parte, oggi siamo tutti più connessi. La corsa al 5G, l'economia digitale globale, l'autorità decrescente degli Stati Uniti: queste trasformazioni sono state accelerate dal coronavirus e sono destinate a portare una rivoluzione nella nostra vita in comune e nelle istituzioni, nei nostri valori, nei nostri desideri e nelle nostre priorità personali - probabilmente per sempre. Un'analisi che tiene assieme la politica, l'economia e la tecnologia per costruire una visione di questo futuro, che già oggi è la nostra nuova realtà.
Partito politico, movimento religioso, centro di potere economico e finanziario, "stato dentro lo stato", ente a fini assistenziali e caritatevoli, istituzione per la formazione e promozione culturale, forza di sicurezza pubblica, longa manus della politica estera iraniana, fazione armata, gruppo terroristico e organizzazione criminale: che cosa è davvero Hezbollah? Il libro analizza tutte le molteplici attività del movimento sciita libanese, sulla base di documenti e testimonianze esclusive, giungendo alla conclusione che, in realtà, Hezbollah riesce ad essere tutte queste cose assieme, dando vita a un modello politico senza precedenti.
Una critica serrata ed acuta allo star system del mercato culturale globale
I personaggi della vita pubblica modellano la loro figura sociale per attirare le luci dei riflettori proiettando un’immagine attraente. Gli esperti di public relations vendono segreti per diventare famosi e trovare un posto nello star system. Ciononostante, il segreto ultimo della fama sta nel ridursi a oggetto. Un oggetto di richiamo, identificabile e universalmente conosciuto. Le stelle del cinema creano con il loro corpo i personaggi che interpretano, e a loro volta sono creati come personaggi pubblici dai loro registi e dai loro agenti. Si trasformano in oggetti, sculture viventi. Curiosamente, anche uno scultore famoso può finir trasformato in statua. «La fama è un accumulo di malintesi» che poco a poco cesella il monumento pubblico - come diceva Rilke di Rodin. Le prime opere letterarie (i detti, le canzoni) furono anonime perché l’attenzione si concentrava sul segreto delle parole memorabili. Circolavano di bocca in bocca e l’autore si perdeva di vista. Oggi abbiamo raggiunto l’estremo opposto: i nomi degli autori e gli aneddoti delle loro vite coagulano l’attenzione, mentre l’opera e i suoi miracoli si perdono di vista. Parlare degli autori è più interessante che leggerli.
«Mi definisco “amministratore” perché tale mi sento. Non mi sono mai nascosto: ho avuto anch’io paura, soprattutto nei primi giorni della pandemia; l’ho condivisa con tutti i cittadini e abbiamo capito insieme, strada facendo, che le “istruzioni per l’uso” non le conoscevamo semplicemente perché non c’erano». Il ragazzo della Marca trevigiana diventato ministro delle Politiche agricole a soli quarant’anni è cresciuto. È l’uomo riconfermato alla guida della Regione Veneto per il terzo mandato consecutivo. Riflettere sulle scelte compiute nelle drammatiche ore dell’emergenza Covid-19 gli ha fornito lo slancio per ripercorrere le tappe fondamentali in cui si sono formati e consolidati valori e principi della sua attività istituzionale. Luca Zaia si confronta con le sue umili origini, in una famiglia segnata dall’esperienza dell’emigrazione e del duro lavoro, racconta gli anni degli studi e la scoperta della vocazione al servizio delle istituzioni come riscatto per la sua gente, dall’incontro con la Liga al legame con il territorio, dai successi delle Colline del Prosecco patrimonio Unesco al confronto serrato con le catastrofi climatiche, fino alla gestione di un sistema sanitario d’eccellenza, che ha dato il massimo davanti alle sfide della pandemia ed è stato indicato in ambito internazionale come un esempio da imitare. Infine, ritornando sulle lezioni apprese e sul ruolo trainante del Veneto come laboratorio di buone pratiche e innovazioni, fa il punto sui più importanti cambiamenti in atto, dalla semplificazione amministrativa alla collaborazione tra sindaci e governatori, fino alla madre di tutte le riforme, quell’autonomia che è la chiave per la transizione verso un federalismo regionale e che appare ancora più urgente oggi, per ridare speranza alla comunità e non sprecare una preziosa occasione di rinascita.
Nonostante il fallimento dei tentativi di revisione costituzionale del 2006 e del 2016, l'ossessione per la modifica della Costituzione torna a occupare la scena politica italiana. Contro la democrazia partecipata si pone il premierato proposto da Fratelli d'Italia: una visione nella quale la democrazia si riduce alla scelta, tramite plebiscito, del capo cui sottomettersi una volta ogni cinque anni, senza che, tra una votazione e l'altra, possano operare contropoteri o i cittadini far sentire la propria voce. Sarebbe la negazione del costituzionalismo e della democrazia. Contro l'indipendenza e l'autonomia della magistratura si pone una riforma della giustizia che prevede la separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri e la creazione di due Csm separati e di una Alta Corte per i procedimenti disciplinari, composti tramite sorteggio di tutti i membri. Misure che manifestano soltanto la volontà di controllo della magistratura da parte della politica, ottenuta per svuotamento e indebolimento del suo ruolo. Contro il principio di uguaglianza opera l'autonomia regionale differenziata voluta dalla Lega: un progetto volto ad aumentare poteri e risorse economiche a favore delle regioni più forti e più ricche, con il conseguente abbandono a sé stesso del resto del Paese. L'esatto contrario di ciò di cui l'Italia avrebbe bisogno perché segnerebbe la fine della solidarietà sociale e dell'unità della Repubblica. Se l'Italia soffre una crisi trentennale, la soluzione non è acuirne le cause, annichilendo il Parlamento, il potere giudiziario e l'idea della cittadinanza nazionale, ma difendere sopra ogni cosa l'equilibrio dei poteri e il valore di un'appartenenza comune nel pieno rispetto delle differenze alimentate dal pluralismo delle idee.
Pensi davvero che ci sia da temere per la democrazia, anche solo come forma politica? Non ti pare che ormai, nel mondo occidentale, nessuno oserebbe proclamarsi antidemocratico? Perfino i dittatori, quando prendono il potere, sciolgono il Parlamento e sospendono i diritti, dicono di farlo per restaurare la 'Vera democrazia'. La democrazia è l'ideale del nostro tempo. Ma la democrazia è un sistema di governo molto compiacente. Può ospitare tante cose, senza abbandonare il suo nome. C'è da preoccuparsi perciò della sua salute, cioè della sua efficacia, che è poi la sua capacità di mantenere le promesse. Non è strano infatti che alla massima estensione spaziale della democrazia corrisponda un'insicurezza, anzi uno scetticismo crescente, diffuso e diffusivo nei suoi confronti? Il disincanto democratico, si sta diffondendo sempre di più, non tra chi appartiene ai giri del potere, ma tra chi ne è escluso. È il segno che la democrazia, come ideale politico si sta appannando, anzi, sta facendo una semi-rotazione: dal basso all'alto. Ma se chi ne ha più bisogno rinuncia alla democrazia come ambito di libertà nel quale è possibile l'emancipazione, il cambiamento, la semplice affermazione di diritti, allora la democrazia è mutilata, perché parziale. E dove va chi è deluso dalla democrazia? Non va da nessuna parte, perché non ci si può astenere dalla democrazia come se fosse un'opzione politica. Il fatto è che la democrazia è fragile, è delicata, è manipolabile...
C'è vita nella democrazia, dunque è giusto e possibile cercarvi anche la felicità. Che viene dalla nostra normale condizione di cittadini fedeli e infedeli, uomini e donne, persone liberamente associate. Proprio qui sta la possibilità vera della felicità: nella condizione di libertà personale e civile che nasce dalla democrazia, nella consapevolezza che tutti – non io soltanto – esercitano quella libertà e ne riconoscono il limite.
La democrazia non mantiene le sue promesse, la democrazia può deludere quando non produce buona politica e buon governo, quando non risponde alle mie esigenze biografiche. E tuttavia, come si fa il saldo della partita democratica? Scrivi pure quelle poste al passivo, e concludi che viviamo in una fase di bassa qualità della democrazia. Ma tra gli attivi io scrivo la mia (e la tua) libertà, intatta, i miei diritti, i principi d'uguaglianza alla base del nostro ordinamento, la possibilità di informarmi e d'informare, di pregare o di non credere, di studiare e di lavorare, di intraprendere, di governare e di dissentire, in un sistema in cui questo vale per tutti. È difficile, molto difficile, ma l'avvenire contiene molte cose, molte. Queste cose sono atti e fatti. La democrazia chiede che dipendano da noi coscientemente, responsabilmente, attivamente, perfino felicemente quanto è possibile.