
Il teologo Karl Barth rende omaggio al genio di Salisburgo con parole di stima, affetto e riconoscenza. Gli angeli quando devono rendere omaggio a Dio suonano Bach, ma quando sono tra di loro suonano Mozart, e anche Dio se ne compiace". "
Il libro raccoglie due testi sui limiti e le ragioni dell'impegno politico di fronte a quello assoluto e trascendente rappresentato dalla fede. Il cristiano può - e in determinate circostanze, deve - accettare lo Stato, ma mai incondizionatamente, in quanto egli appartiene a uno Stato superiore e la sua libertà si fonda sull'indipendenza da qualsiasi ideologia o peculiare forma di governo. Prendendo le distanze dalla tentazione di ogni "Cristianesimo sociale", Barth ribadisce la necessità di una formazione politica della coscienza, unita al dovere del credente di lottare per la salvezza dell'umanità, interrogando sempre il rapporto perennemente in tensione tra fede e potere politico. La riflessione su questi temi trova forma nel commento al capitolo 13 della «Lettera ai Romani» di san Paolo (1919, poi rielaborato nel 1922) e nella conferenza del 1933, in cui l'autore si oppone radicalmente alla nascita in Germania di una Chiesa di regime sottomessa al culto del Führer, e afferma che è venuto il tempo di una "decisione politica" fondata sulla libertà del Vangelo.
Se il telefono suona, siamo di fronte a due possibilità: James Bond può alzare il ricevitore oppure no, e questo naturalmente può indirizzare il racconto in due direzioni completamente diverse. In questa conversazione inedita con Paolo Fabbri, registrata a Firenze nel dicembre del 1965, Roland Barthes affronta il tema dell'analisi strutturale dei racconti a partire dalle intuizioni di Vladimir Propp, che suscitarono un dissidio teorico tra Claude Lévi-Strauss e Algirdas J. Greimas. E così, dall'Odissea a Sherlock Holmes, da Don Chisciotte a Madame Bovary, il racconto viene esaminato come un'architettura e una stratigrafia di sequenze. Postfazione di Gianfranco Marrone.
"Il linguaggio amoroso, 'altro linguaggio' [...:] attrito, frizione insopportabile che l'innamorato avverte tra il suo linguaggio amoroso (per lui: il linguaggio giusto) e ogni altro linguaggio: linguaggi costituiti dalla mondanità, dalla scienza, dalla moda, dalla generalità, avvertiti con orrore come artificiosità. [...] Artificiosità, sensazione della inversione del reale. Il mondano, lo scientifico, la generalità: falsa realtà. Veramente reale è l'Amore 'artificiosità'). Sensazione del soggetto innamorato: che l'Amore faccia vedere lucidamente la futilità, la vanità dei linguaggi non amorosi. L'Amore è mediatore di verità. Allargamento filosofico del sentimento amoroso. [...] Divergenza dei sistemi, l'altro linguaggio rinvia alla divergenza dei campi, dei sistemi. Due sistemi divergenti: l'Amoroso e il Mondano. Ogni accavallamento è intollerabile. Quindi: la nudità della relazione col mondo (di esclusione, di separazione). Ma la separazione (che è di fatto una valutazione) incontra codici culturali che l'alimentano e le servono da alibi. [...] All'innamorato in rottura con la mondanità, la socievolezza, la generalità, la conformità corrisponde un'estetica della dissimmetria, dell'inversione, dell'asindeto, della irregolarità. È almeno così che il soggetto innamorato si dice". Roland Barthes, 'Figura 8: Altro linguaggio', Seminario, 30 gennaio 1975
Ormai si era sparsa la voce: nel Luogo, a casa del Grande Vecchio, c'era la possibilità di fare incontri sbalorditivi, rivivere emozioni indimenticate, provare sentimenti autentici. E seppure Francangelo, il suo assistente, faceva buona guardia, il senso dell'amicizia e il desiderio di calore umano alla fine avevano avuto il sopravvento. Ed ecco allora varcare quell'uscio personaggi spesso "distanti" fra loro, a volte persino con fama di "peccatori". Tutti egualmente grandi, e accomunati, forse, dalla mancanza di un'ultima carezza non ricevuta: il fuoriclasse che se n'era andato in una disperata solitudine, il campione garbato che aveva riunito un Paese nella gioia, la sublime cantante piegata dalle calunnie, il maledetto poeta della musica, la biondissima star dalla micidiale simpatia adorata in due continenti... Per qualcuno di loro c'era anche in serbo un'opportunità non solo assolutamente inattesa, ma quasi miracolosa! A Pablito sarebbe stato concesso di tornare sulla Terra per contribuire a un'indagine delicata; Diego avrebbe avuto la gioia di rivedere Napoli...
Yusuf frequenta il Liceo Garibaldi. Pur nato in Italia, per la legge Italiana è uno straniero. La sua classe è andata a Parigi. Lui è il solo che non è partito poiché gli uffici preposti al rinnovo del suo permesso di soggiorno erano in ritardo sui rilasci. Chandra vorrebbe far giungere il suo bambino dallo Sri Lanka, ma il soffitto della casa dove abita dista dal pavimento 2 cm meno di quanto prescrive la disciplina sul ricongiungimenti, così il figlio resterà lontano dalla madre chissà ancora per quanto. Sharu è divenuto clandestino perché il suo datore di lavoro non ha voluto metterlo in regola. Da oltre un anno è recluso in un Cie (Centro identificazione e espulsione), mentre il padrone della ditta dove faceva l'operaio prosegue indisturbato a lucrare sul lavoro nero e schiavistico. A Lampedusa, durante il picco dell'emergenza nella primavera 2011, il governo ha tralasciato di aumentare la fornitura d'acqua e di inviare una cucina da campo per preparare il necessario numero di pasti, così i tunisini sbarcati sono rimasti sporchi e affamati. Per questi e per innumerevoli altri casi, alla domanda "l'Italia è un paese razzista?", questo libro risponde "sì", per la più pervicace e meno evidente forma di discriminazione, quella delle leggi e delle istituzioni. La disparità di trattamento tra autoctoni e popolazione di origine straniera rischia di gettare le basi di una società divisa e diseguale, i cui effetti possono essere di enorme portata e di lunghissima durata.
Questo volume esplora l'importanza dell'atteggiamento verso la vita, in un viaggio attraverso la psicologia, la filosofia e la scienza, per aiutare il lettore a diventare artefice della propria realtà. L'invito è a riflettere sul concetto di amore strategico, inteso non solo come amore romantico, ma come atteggiamento verso il lavoro, le relazioni e la propria esistenza. Diviso in tre parti, il libro affronta: il rapporto tra l'individuo e il suo ambiente; il modo in cui le persone tendono a subire la vita, bloccate da paure, procrastinazione, rimpianti; alcune tecniche per migliorare la performance e il benessere personale. Ama ciò che fai ci mostra come vivere con consapevolezza e passione, trasformando le difficoltà in opportunità per amare profondamente ciò che si fa e, soprattutto, ciò che si è.
Non è semplice mantenere la lucidità nei passaggi caotici della storia, compreso quello della pandemia. Paolo Bartolini (analista filosofo) e Lelio Demichelis (sociologo della tecnica e del capitalismo) prendono le mosse dal fenomeno del coronavirus per riconnettere le numerose istanze filosofiche, sociologiche e psicologiche oscurate da un'ipermodernità tragicamente unidimensionale. Il confronto tra gli autori - il libro è infatti un dialogo - vuole portare il lettore a identificare le coordinate principali degli odierni dispositivi di potere: da un lato l'estensione planetaria di una razionalità strumentale/calcolante e industriale che dis-anima il vivente, dall'altro una passione inconscia per la dismisura e per il godimento dissipativo. Osservando il proprio tempo con la lente di un nuovo pensiero critico, gli autori analizzano il nucleo del potere: quello che opera, al di là della violenza esplicita e della costrizione (il dominio), conquistando l'immaginario delle persone, plasmandolo (ingegnerizzandolo) e mettendolo al servizio dell'interesse di pochi (l'egemonia). La postfazione del libro è affidata a Miguel Bensayag.
Quando con il passare degli anni la debolezza del corpo si fa più evidente la Casa di riposo sembra essere l’unica soluzione... Una sorprendente alleanza tra generazioni.
«Non mi piace invecchiare, ma considerando l’alternativa…», dice Woody Allen in un’intervista. Oggi, in effetti, si vive di più e si vorrebbe vivere meglio; ma non sempre è così. Come nella storia di Gioia, nonna iperattiva che improvvisamente si trova a dover fare i conti con un corpo che non la segue più come desidererebbe. Una famiglia presente, con figli a loro modo affettuosi ma che talvolta non comprendono le esigenze e i desideri di chi è anziano. E quando la debolezza del corpo si fa più evidente, la casa di riposo sembra essere l’unica soluzione, la più normale, la più fisiologica; soluzione a cui Gioia, in modo delicato e originale, si oppone. Ne scaturisce una sorprendente alleanza tra generazioni da cui nascono nuove energie, nuove soluzioni, nuova voglia di vita Il saggio di Giantin evidenzia le criticità del soggetto anziano e indica possibili soluzioni assistenziali.
Quando Pietro Bartolo, medico di Lampedusa, vide Anila per la prima volta rimase di sasso. Quella bambina non avrà avuto più di dieci anni. Che cosa ci faceva una creatura così piccola, da sola, in una nave piena di naufraghi disperati? Di solito, ragionò, i bambini di quell'età arrivano qui in Italia accompagnati dai genitori, o da un amico di famiglia o da qualche altro adulto conosciuto lungo il viaggio. Allo stupore di quel primo istante seguì una certezza: l'arrivo a Lampedusa per Anila non era la fine di un lungo viaggio ma solo una tappa intermedia, un nuovo punto di partenza verso il suo vero obiettivo, trovare la mamma «da qualche parte in Europa» e salvarla. Da tutto. Dalla prostituzione, dal vudù africano che la teneva in scacco, dalla non meno malefica burocrazia occidentale, ma soprattutto dai suoi stessi sensi di colpa. Pietro Bartolo accetta di accompagnare Anila lungo questo suo nuovo percorso. E, attraverso i suoi occhi neri e profondissimi, si proietta dentro l'interminabile incubo dei tanti migranti bambini che negli anni sono arrivati - da soli - sulle coste italiane: la miseria di Agades, la traversata del deserto, gli orrori delle carceri libiche, il terrore del naufragio nelle acque gelide di un Mediterraneo invernale e ostile. A metà strada esatta tra un romanzo di formazione e un documentario, queste pagine ci permettono di toccare con mano, di scoprire in prima persona che cosa c'è davvero dall'altra parte dell'«allarme immigrazione», quello che troviamo rilanciato negli slogan più beceri di questo medioevo permanente in cui la politica ci ha catapultati. Un libro per capire l'importanza di essere testimoni. Perché, alla fine, l'unico pericolo che corre davvero la nostra civiltà davanti al tumultuoso flusso migratorio di quest'epoca è quello dell'incomprensione e della stupidità.
Quando Pietro Bartolo, medico di Lampedusa, vide Anila per la prima volta rimase di sasso. Quella bambina non avrà avuto più di dieci anni. Che cosa ci faceva una creatura così piccola, da sola, in una nave piena di naufraghi disperati? Di solito, ragionò, i bambini di quell'età arrivano qui in Italia accompagnati dai genitori, o da un amico di famiglia o da qualche altro adulto conosciuto lungo il viaggio. Allo stupore di quel primo istante seguì una certezza: l'arrivo a Lampedusa per Anila non era la fine di un lungo viaggio ma solo una tappa intermedia, un nuovo punto di partenza verso il suo vero obiettivo, trovare la mamma «da qualche parte in Europa» e salvarla. Da tutto. Dalla prostituzione, dal vudù africano che la teneva in scacco, dalla non meno malefica burocrazia occidentale, ma soprattutto dai suoi stessi sensi di colpa. Pietro Bartolo accetta di accompagnare Anila lungo questo suo nuovo percorso. E, attraverso i suoi occhi neri e profondissimi, si proietta dentro l'interminabile incubo dei tanti migranti bambini che negli anni sono arrivati - da soli - sulle coste italiane: la miseria di Agades, la traversata del deserto, gli orrori delle carceri libiche, il terrore del naufragio nelle acque gelide di un Mediterraneo invernale e ostile. A metà strada esatta tra un romanzo di formazione e un documentario, queste pagine ci permettono di toccare con mano, di scoprire in prima persona che cosa c'è davvero dall'altra parte dell'«allarme immigrazione», quello che troviamo rilanciato negli slogan più beceri di questo medioevo permanente in cui la politica ci ha catapultati. Un libro per capire l'importanza di essere testimoni. Perché, alla fine, l'unico pericolo che corre davvero la nostra civiltà davanti al tumultuoso flusso migratorio di quest'epoca è quello dell'incomprensione e della stupidità.
"È gelida l'acqua. Mi entra nelle ossa. Non riesco a liberare la stazza dall'acqua. Uso tutta la mia forza e la mia agilità ma la lancia resta piena. E cado. Ho paura. È notte fonda e fa freddo. Siamo a quaranta miglia da Lampedusa e, se non riesco a farmi sentire subito, mi lasceranno qui e sarà la fine. Non voglio morire così. Non a sedici anni. Il panico sta per impadronirsi di me e comincio a urlare con quanto fiato ho in gola, cercando di rimanere a galla e di non farmi trascinare giù da questo mare che ci consente di sopravvivere ma che può anche decidere di abbandonarci per sempre. "Patri" urlo. "Patri." Lui è al timone e non mi sente. La fine si avvicina, penso. Poi qualcosa accade... Ciò che non potevo sapere allora è che non solo quella notte sarebbe rimasta per sempre impressa nella mia mente ma che la mia esistenza sarebbe stata segnata da un mare che restituisce corpi e vite e che sarebbe toccato proprio a me salvare quelle vite e toccare per ultimo quei corpi." Pietro Bartolo è il medico che da oltre venticinque anni accoglie i migranti a Lampedusa. Li accoglie, li cura e, soprattutto, li ascolta. Queste pagine raccontano la sua storia: la storia di un ragazzo mingherlino e timido, cresciuto in una famiglia di pescatori, che si è duramente battuto per cambiare il proprio destino e quello della sua isola. E che, non dimenticando le difficoltà passate, ha deciso di vivere in prima persona quella che è stata definita la più grande emergenza umanitaria del nostro tempo.

