
Cosa succede a un gruppo di studenti che accettano di essere rinchiusi per due settimane in una prigione simulata? Quale la condotta di chi veste i panni dei carcerieri e di chi assume le vesti dei prigionieri? È quello che emerse durante il controverso esperimento svolto nel 1971 da Philip Zimbardo a Stanford. La ricerca venne interrotta dopo solo sei giorni a causa dell'atteggiamento aggressivo dei carcerieri e quello apatico dei prigionieri, ma dimostrò il potente effetto dei ruoli sociali sul comportamento umano. Legando questi avvenimenti a quelli che si verificano in altri luoghi dell'oppressione, come la prigione di Guantanamo, l'autore indaga le dinamiche tipiche dei luoghi in cui un gruppo di persone esercita potere su un altro.
La società attuale appare ai più popolata di passanti distratti e noncuranti, affetti dall'indifferenza dell'uomo verso l'uomo, dotati di una moralità precaria e asservita all'interesse personale. Lasciando dietro di sé la visione dell'indifferenza come malattia psicologica, il libro devia dagli usuali sentieri d'indagine per risalire alle spalle dell'indifferenza. In particolare, attraverso un'approfondita ricognizione nel mondo dei sentimenti, analizza la disciplina socio-normativa delle emozioni come produttore di indifferenza. Una prospettiva da cui emerge il ruolo della dissidenza emozionale come forma di trasgressione rispetto all'imperativo dell'indifferenza. Lungi dall'essere una mera trattazione teorica, il saggio è impreziosito da storie di vita.
Torturare un prigioniero in guerra, incendiare automobili, rompere vetrine durante una manifestazione, sparare sui compagni di scuola. Eventi diversi accomunati dall'idea che dentro gli esseri umani vi sia una bestia sempre pronta a esplodere, l'aggressività. Ma esistono istinti omicidi e pulsioni distruttive? La biologia umana è davvero irrimediabilmente maligna? O si tratta di stereotipi, come dimostra il libro? Non è affidandoci a una concezione universale e pessimistica dell'aggressività, o all'idea di una separazione tra natura e cultura e tra individuo e società che possiamo comprendere la violenza e i conflitti umani, bensì cogliendo le ricchissime compenetrazioni che esistono tra organismo e ambiente.
I giovani sono un problema. Ormoni fuori controllo, irresponsabili, indifferenti, bamboccioni. Inutile negarlo, questi ritratti di negatività spaventano e preoccupano. Alimentando la diffusa immagine di una “gioventù sregolata”, e quindi bisognosa di controllo. Soprattutto per quanto attiene alla salute. Inoltre, grazie alla logica del rischio e della responsabilità individuale, si è ormai affermata l’idea di un “dovere di benessere”. Un simile scenario induce a misurare l’ignoranza di chi vive male, applicando punizioni nei confronti dei trasgressori, e ovviamente ricompensando gli obbedienti. L’autore, interrogando la psicologia e le politiche della salute, mette in crisi questo modo abituale di guardare ai giovani. Per poi soffermarsi accanto a loro, dentro situazioni dilemmatiche. Dove l’impegno esistenziale per sentirsi bene sovverte alcune norme sociali – nel caso di giovani lesbiche diventate madri –, si espone allo stigma collettivo – parlando di ragazze che si rifanno il seno –, e si scontra con una cultura respingente – a proposito di giovani migranti che vogliono farcela. Di tutti emergono paure e gioie, credenze e pregiudizi, slanci e ritirate, aspirazioni e delusioni, agio e disagio. Dimostrando un modo di esistere creativamente versatile, e ben distante dalle tinte fosche con cui vengono solitamente dipinti.
Quali sono gli effetti di ogni nostra interazione con Facebook, Google o Amazon? Cosa ci rubano gli algoritmi? Quali porzioni di noi stessi stiamo cedendo? Esiste un modo per difendersi? Manuale di disobbedienza digitale racconta la genesi culturale delle techno-corporation, le multinazionali che grazie alla tecnologia dominano la nostra vita quotidiana. Burning Man, un festival di arti nel deserto del Nevada, ha conferito alle aziende della Silicon Valley l’infrastruttura ideale su cui edificare un’inarrestabile crescita. Il libro ne narra la storia, analizzando lo snaturamento che gli algoritmi hanno provocato su alcune dimensioni centrali della nostra esistenza: dall’amicizia alla memoria, dalla nascita alla morte. E propone anche una via d’uscita dalla gabbia digitale in cui siamo rinchiusi: un “ennalogo” di azioni pensate per attuare una sorta di disobbedienza e provare a fuggire dal rischio predittivo delle nostre azioni, funzione ultima di ogni algoritmo.
“La strada educativa”, pertanto, può essere vista, oggi, come spazio di protagonismo sociale, di cittadinanza attiva, di costruzione e sperimentazione di appartenenza, di reciprocità, di promozione di benessere e di capitale sociale.
La strada, oggi, appare come una grande opportunità che viene valorizzata per una esperienza sociale che riscopre il valore antico dell’appartenenza e della comunità. Non si può, tuttavia, trascurare o dimenticare un altro aspetto, un’altra immagine del vivere sociale odierno che la strada non può nascondere. In molti contesti sociali, quelli che maggiormente esprimono le contraddizioni della società del mercato e del capitalismo odierno, la strada è luogo che rivela il profondo disagio e il rischio di emarginazione. Non è luogo di transito, di passaggio, di incontro, di condivisione, di reciprocità e solidarietà, ma una “casa” senza ponti né protezioni, luogo di sfruttamento e di accumulo di “scarti”. Questa situazione può riguardare soggetti diversi, che hanno estremo bisogno di essere aiutati per un recupero di dignità e di speranza. Gli abitanti di questa strada, priva di ogni vitalità, hanno bisogno di non rimanere fuori di qualunque prospettiva di recupero e di reintegrazione sociale.
Per tutto questo, la presente opera di Andrea Zampetti potrà offrire stimoli, orizzonti e supporto efficace a quanti scommettono ancora sull’educazione come risorsa e “utopia necessaria” per una qualità di vita umana rispettosa della dignità da riconoscere e far godere a tutti.
Dalla Prefazione di Vito Orlando
Dedicato a tutti coloro che vivono e lavorano a contatto con i bambini, questo libro apporta un contributo originale affrontando il tema della sessualità nell'età evolutiva. Raccogliendo i vissuti e le testimonianze dei bambini riguardo alla loro sessualità intesa come espressione globale della personalità dell'individuo, si vuole stimolare la riflessione nell'iter della crescita infantile affinché si stabilisca una relazione e una comunicazione positiva tra il mondo del bambino e quello dell'adulto.
Il volume fornisce una serie di elementi sufficienti per valutare senza preconcetti e pregiudizi un fenomeno dalle dimensioni imponenti che riguarda tutti, con un occhio di riguardo alle esigenze educative che ne scaturiscono per la scuola e la famiglia.
La pubblicità è troppa. E' invadente. E' fastidiosa. E' ingannevole, molte volte occulta. E' banale, ripetitiva, spesso stupida, volgare, anche violenta. Condiziona i mezzi di comunicazione. Corrompe i bambini... Accuse frequenti: tutte vere? Questo libro mette a nudo uno dei fenomeni più pervasivi e influenti del mondo moderno, estremamente complesso, che coinvolge enormi interessi economici, culturali, educativi, politici. Ricco di casi e di dati, racconta e documenta tutto ciò che è stato detto e scritto contro la pubblicità: la sua tirannia, la sua tendenza a coglierci di sopresa, a catturare con ogni sotterfugio possibile la nostra attenzione, a sollecitare artificiosamente i nostri desideri, a condizionare pesantemente i mezzi di comunicazione, a imporre una visione della vita che presenta come valori supremi il consumo, il possesso, l'emulazione, l'edonismo. E' rivolto naturalmente ai consumatori, ai genitori, ai politici. Ma anche a chi commissiona e a chi realizza la pubblicità. Soprattutto a coloro che, volenti o nolenti, sono raggiunti quotidianamente da una miriade di messaggi carichi di suggestione, sfacciatamente intrusivi, spesso portatori di sollecitazioni pericolose. La cattura dell'attenzione, la promozione di prodotti "a rischio", la deformazione della realtà, la degradazione della donna e altre volgarità, l'influenza su bambini e adolescenti, il condizionamento dei media. Ma anche l'esperienza dell'autoregolamentazione, gli interventi dello Stato, i compiti dell'educatore.
Adriano Zanacchi
ha lavorato per quasi 40 anni alla Rai, occupadosi in particolare di pubblicità. Ha fatto parte per molti anni del Consiglio direttivo dell'Istituto di Autodisciplina pubblicitaria. Ha fondato e diretto la collana Quaderni di documentazione pubblicitaria edita dalla Sacis ed è autore di numerose opere in materia di comunicazione, tra le quali: La Pubblicità. Potere di mercato. Responsabilità sociali (1999); Convivere con la pubblicità (1999); Pubblicità: effetti collaterali (2004); Relazioni pubbliche (2004); Opinione pubblica, mass media, propaganda (2006); Carosello Story. La via italiana alla pubblicità televisiva in collaborazione con Laura Ballio (nuova edizione con dvd 2009).
"E adesso sotto con il resto." Terminava così il primo libro di Alex Zanardi, del 2003. Allora sembrava una boutade perché Alex, dopo il terribile incidente automobilistico del Lausitzring in Germania, era sopravvissuto contro le previsioni di tutti (gli avevano persino dato l'estrema unzionel) e aveva perso le gambe. Già, il resto. Ma quale resto? Al suo posto, molti si sarebbero "accontentati" di essere ancora a questo mondo. Invece, Alex si è inventato una nuova vita che, se possibile, è più elettrizzante della prima. Lo ha fatto grazie al suo spirito, un prodigioso, indefinibile cocktail di serenità e ironia, forza incrollabile e voglia di divertirsi. II tutto annaffiato da una straordinaria dose di umiltà. In queste pagine si scoprono, episodio dopo episodio, tutte queste doti che infondono in chi legge entusiasmo e speranza. Qualche esempio? Alex riesce a costruirsi una nuova carriera sportiva semplicemente perché... si ferma all'autogrill. Vede per puro caso una handbike legata sul tetto di un'automobile e via... E ancora: affrontando I'lronman delle Hawaii, la gara di triathlon più sfiancante del mondo, sostiene - con un'onestà oltre ogni limite - di essere "avvantaggiato" perché la maratona è più pesante per chi ha le gambe. "Volevo solo pedalare" ripercorre tredici anni di vita eccezionale, raccontata come se si trattasse della normalità, ma affrontata sempre con il sorriso sulle labbra e la passione nel cuore.