
Gli schiavi di un dio minore vivono tra noi, anche se non li vediamo, e rimangono tracce sui giornali: il trafiletto su un bracciante morto di stenti in un campo di raccolta, l'editoriale sui magazzinieri che collassano a fine turno. Quelli che invece vivono lontani sono ridotti a numeri, statistiche: il tasso di suicidi nelle aziende asiatiche dove si producono a poco prezzo i nostri nuovi device, la paga oraria delle operaie cinesi o bengalesi che rendono così economici i nostri vestiti. D'altra parte si sa, l 'abbattimento dei prezzi, senza intaccare i guadagni, si ottiene sacrificando i diritti e a volte la vita dei lavoratori, a Dacca come a Shenzhen o ad Andria. Ma non si tratta solo di delocalizzare o impiegare manodopera immigrata. La schiavitù si insinua nelle pieghe della modernità più smagliante: non c'è in fondo differenza tra i caporali dei braccianti e i braccialetti elettronici, i microchip, le telecamere e le cinture GPS, strumenti pensati per la sicurezza ma votati al controllo. Per non parlare della mania del feedback, del commento con le stellette, l'ossessione per il costumer care che mentre coccola il cliente dà un altro giro di vite alla condizione dei lavoratori. E dove manca il padrone, c'è lo schiavismo autoinflitto dei freelance, che sopravvivono al lordo delle tasse, senza ferie pagate, contributi, tempo libero. In questo libro, gli autori smascherano gli inganni del nostro tempo, in cui la vita lavorativa si fa ogni giorno più flessibile, liquida, arresa.
Bella d’un fascino che ammaliava chi la incontrava, tanto colta e poliglotta da poter offrire una compagnia irresistibile a chi le parlava, estroversa coraggiosa intelligente e astuta, spregiudicata e saggia, scandalosa e disperata, fragile e spietata, maestra nei trucchi della seduzione, madre premurosa nella cura dei figli, pronta allo scherzo quanto alla guerra, allo stratagemma e al gioco, alla minaccia come alla promessa, così la presentano gli antichi: è Cleopatra, ultima Lagide sul trono d’Egitto, la regina “inimitabile”, la più grande del mondo antico. Il libro racconta la sua vita e soprattutto la storia dei ventuno anni che la impegnarono prima nella lotta per il potere contro gli intrighi di palazzo e quindi nei rapporti con la sua gente e i Romani, a difesa dell’indipendenza del suo regno e della gloria dei Tolomei, nel gioco d’amore e guerra che la fece, unica donna in un mondo di uomini, protagonista del suo tempo.
Don Luigi Orione, canonizzato nel 2004 da papa Giovanni Paolo II, ha fondato la Piccola opera della Divina Provvidenza, che ancora oggi continua il suo servizio di carità e umanità. Nel 2022 si celebrano i 150 anni dalla nascita e la famiglia da lui creata intende dare all'evento il giusto risalto. Per presentare in modo originale al pubblico la figura di questo santo della carità, l'autrice racconta qui la collaborazione tra don Orione e un medico, laico e sposato, che seppe comprendere l'alto valore dell'azione del sacerdote e gli fu esperto aiuto nelle sue più importanti realizzazioni. Si tratta del dottor Domenico Isola, splendida figura di uomo di fede, oltre che di dottore e scienziato.
Un libro di fatti e di rivelazioni che getta una luce inquietante sui meccanismi profondi dei vertici del berlusconismo. La P3 si rivela come un vero e proprio sistema di potere, con i suoi capi, i suoi manovali, la sua storia e i suoi metodi. Fino all'inquietante ipotesi conclusiva: Silvio Berlusconi, alias "Cesare", capo di un'associazione segreta, la vera cupola della politica italiana, versione più potente e moderna del progetto strategico di Licio Gelli.
Questo libro è stato scritto per tutti quelli che vorrebbero fare qualcosa per il proprio Paese ma non sanno da dove cominciare. E propone loro un modo di essere cittadini finora irrealizzabile, perché l'idea che un semplice cittadino potesse avere la voglia e le capacità di prendersi cura dei beni comuni insieme con l'amministrazione era considerata del tutto assurda. Oggi invece questa idea assurda sta scritta nella Costituzione, nell'ultimo comma dell'art. 118. Si chiama sussidiarierà. Gregorio Arena, professore di Diritto amministrativo nell'Università di Trento, è presidente nazionale di Cittadinanzattiva e presidente del Laboratorio per la sussidiarietà (www.labsus.org).
In "andare oltre il male banale", l'autrice ci conduce in un viaggio intraprendente nell'oscurità dell'animo umano. Attraverso una prosa acuta e riflessiva, l'opera evidenzia in modo impavido come il male si nasconde dietro le facciate ordinarie della vita quotidiana. Questo libro è un'invocazione alla consapevolezza, una chiamata alla riflessione sulle nostre azioni e sulle conseguenze dei nostri comportamenti. L'autrice ci sfida a esplorare il buio interiore e a cercare la luce della comprensione e della redenzione. Ci conduce in una lettura intensamente profonda e penetrante, che ci ricorda che il male è una parte intrinseca della condizione umana, ma che possiamo scegliere di affrontarlo con coraggio e compassione. È un invito a scrutare l'abisso interiore con occhi aperti, pronti a superare il male banale e a scoprire la bellezza che può emergere dalla sua ombra.
Otto Adolf Eichmann, figlio di Karl Adolf e di Maria Schefferling, catturato in un sobborgo di Buenos Aires la sera dell'11 maggio 1960, trasportato in Israele nove giorni dopo e tradotto dinanzi al Tribunale distrettuale di Gerusalemme l'11 aprile 1961, doveva rispondere di 15 imputazioni. Aveva commesso, in concorso con altri, crimini contro il popolo ebraico e numerosi crimini di guerra sotto il regime nazista. L'autrice assiste al dibattimento in aula e negli articoli scritti per il "New Yorker", sviscera i problemi morali, politici e giuridici che stanno dietro il caso Eichmann. Il Male che Eichmann incarna appare nella Arendt "banale", e perciò tanto più terribile, perché i suoi servitori sono grigi burocrati.
Si tratta di una selezione di scritti su alcune figure chiave della letteratura tedesca. Scritti durante l'esilio americano, i saggi scoprono una tradizione diversa da quella fissata dalla letteratura nazionale. La maliziosa ironia di Heinrich Heine, la lotta esistenziale di Franz Kafka con le idee del mondo della vecchia Europa, si ricompongono lungo la corrente della "tradizione nascosta" che è quella della coscienza ebraica, della esclusione che non rinnega la propria storia in cui il futuro era precluso dal passato. Accanto ad essi, altre figure che hanno illuminato con il loro scrivere i tempi oscuri della loro epoca: l'intelligenza erudita e ribelle di Walter Benjamin, il poeta e politico Bertolt Brecht e un piccolo e gustoso ritratto di Charlie Chaplin.
Torna di attualità in questi mesi un testo scritto da Hannah Arendt negli anni Settanta. Si tratta di un'originale riflessione sulla natura della politica e sul suo rapporto con la verità. Il libro - qui proposto con il testo originale a fronte - prende spunto dalla vicenda dei Pentagon Papers, documenti riservati del Dipartimento della difesa USA: nel 1971 alcuni stralci di quelle relazioni coperte da segreto di Stato furono trafugati e pubblicati sulle pagine del New York Times, rivelando all'opinione pubblica l'ammissione da parte del Pentagono dell'assoluta inutilità strategica dell'impegno americano in Vietnam.
"Anche nei tempi più bui abbiamo il diritto di aspettarci un po' di luce." In questi saggi, Hannah Arendt ripercorre le esistenze di dieci intellettuali che hanno conosciuto le tenebre del proprio secolo. Queste personalità illuminate hanno vissuto gli orrori ricorsivi dei "tempi bui", tentando di contrastarli. Per quanto diversi tra loro, Karl Jaspers, Rosa Luxemburg, Bertolt Brecht, Papa Giovanni XXIII, Walter Benjamin e tutti gli altri protagonisti del volume sono accomunati dall'aver combattuto in prima linea, non cedendo mai alla tentazione delle retrovie o di una ritirata nelle scorciatoie del disimpegno. Ogni ritratto è un esercizio di biografia filosofica, un elogio della pluralità e di chi ne è stato portatore.
Chi fu Walter Benjamin? A questa domanda poteva forse dare risposta solo Hannah Arendt. Lo aveva conosciuto e frequentato a Parigi, negli anni d'esilio dalla Germania nazionalsocialista, prima che ponesse fine alla sua vita in Spagna nella fuga verso gli Stati Uniti, diventando un simbolo del tragico destino dell'ebraismo tedesco nel Novecento. Quando pubblicò un celebre saggio sull'amico nel 1968 - qui per la prima volta tradotto dalla versione originale tedesca - molte pagine erano dedicate alla biografia non già per ricercare motivi all'origine del suo pensiero, bensì per risalire alle cause della sua fama postuma. Scritti su letteratura ed estetica venivano riletti alla luce della critica politica, scoprendo intenti maturati dal confronto col marxismo dietro agli aspetti filosofici e religiosi rilevati fino ad allora dagli interpreti. Un'accusa che all'epoca si trasformò in polemica sullo sfondo dell'antagonismo tra capitalismo e comunismo, che richiedeva nuove soluzioni al problema della libertà dell'uomo d'imprimere un senso alla sua storia di catastrofi e non di progresso tra politica e teologia. Quel saggio dal lapidario titolo "Walter Benjamin" contribuì come nessun altro alla fortuna di un pensiero che accoglieva impulsi dalla metafisica per affrontare questioni della politica, come abbozzato nella serie di tesi "Sul concetto di storia", tradotte qui dal manoscritto originale affidato all'amica e presto riconosciute come suo testamento spirituale. Oltre alle loro lettere (1936-1940) sono raccolti in questo volume anche i principali documenti sulle discussioni che si accompagnarono alla riscoperta di un autore che continua a rivelarsi nella sua inattualità perché guardò oltre ogni attualità.