
Anche in questo testo, V. Albisetti esprime la sua passione per la vita e i suoi valori. Con l'abituale stile confidenziale, egli, partendo dalla recente esperienza di un malessere cardiaco che lo ha colto di sorpresa, fa riflessioni variegate sulla vita, l'amore, la sessualità, il celibato, la malattia e il coraggio di affrontarla, la morte e la speranza cristiana nell'aldilà?Il tema della morte ritorna spesso nel libro, ma come realtà della vita. Per questo l'Autore suggerisce, a chi "rimane" come elaborare il lutto, per continuare a vivere cogliendo dalla vita aspetti nuovi e forse inattesi che la nuova esperienza può offrire. Alcuni temi, pur ricorrenti nei testi di Albisetti, sono espressi in modo inedito, affascinante. Come risulta sempre interessante il particolare modo di raccontarsi che questo Autore ha.
"Non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio" (Rm 7,19), scrive san Paolo. Come scegliamo il modo di comportarci? La psicologia dello sviluppo morale e la neuroetica indagano la condotta umana: il complesso intreccio tra capacità di ragionamento, emozioni e sentimenti che sostengono la nostra vita morale. Le emozioni hanno un ruolo fondamentale nel guidare le nostre decisioni. Ne siamo consapevoli? Viviamo in una società emotivamente analfabeta, alla ricerca di sensazioni a tutti i costi e poco abituata ad ascoltare le emozioni. La conoscenza di noi stessi - "cuore", "mente", dinamismi - ci aiuta a scoprire quello che realmente desideriamo e non soltanto quello che crediamo di desiderare. Gli autori ci accompagnano in un viaggio affascinante alla scoperta delle fonti motivazionali dell'agire morale, dimostrando come emotività ed affettività costituiscano leve formidabili per comportarci in modo moralmente corretto. Un percorso che non si ferma al piano morale ed indaga come sia possibile amare il prossimo "con tutto il cuore" nel proprio matrimonio, ministero, consacrazione. L'amore è un sentimento insito nella natura umana, è una realtà con diverse dimensioni, eros e agápê, è un "frutto" dello Spirito Santo, che porta a preferire in maniera costante, per tutta la vita, il bene dell'altro a quello proprio.
Che cosa significa, in concreto, amare? Perché spesso è così faticoso vivere la relazione con gli altri? Quali sono i meccanismi che compromettono le nostre relazioni? Un testo di piccole dimensioni di V. Albisetti, che affronta un tema sempre attuale e da cui dipende molto spesso la nostra serenità: i rapporti interpersonali e la necessità di gestirli correttamente.
Spesso cerchiamo la felicità rivolgendoci all’esterno di noi stessi, anziché guardarci dentro, ascoltarci, sentirci, emozionarci e apprezzare appieno come siamo: persone create per vivere in modo amorevole la propria esistenza nel momento presente, nel «qui e ora».
Gli strumenti forniti nel libro sono rivolti a tutti coloro che sono interessati al proprio benessere personale: si ha necessità di «nutrire» il bisogno di amare la vita, di riscoprire il bello che c’è in sé. Le emozioni represse possono essere recuperate proprio come un reperto archeologico, per essere valorizzate.
Attraverso la lettura di brevi frammenti di storie si possono risvegliare in noi le parti vitali e creative a cui non abbiamo dato ascolto. Pur non essendo nello studio dello psicoterapeuta, il lettore potrà vivere l’esperienza dell’analisi, sarà lui a decidere se abbandonarsi all’introspezione spontanea per ascoltare i propri ricordi e i propri vissuti. Potrà, con delicatezza, ascoltare cosa accade dentro di sé, cogliere le similitudini delle storie riportate e scoprire come alcuni processi di ricerca interna siano somiglianti ai propri, rafforzare l’idea che anche nei momenti più difficili si possa fare qualcosa per vivere meglio. Il libro guida alla riscoperta di una dimensione umana, proponendosi di stimolare lo sviluppo della capacità di cogliere in sé e negli altri il «bello» dell’esistere in modo amorevole, solidale e interdipendente.
Gli organi del gusto sono la lingua e il cervello. La prima sente i sapori, a valutarli è il secondo. Il meccanismo non è solo biologico, ma anche e soprattutto culturale: è una questione di abitudine, di apprendimento, di giudizio. Dunque, se ci chiediamo perché la sensibilità gustativa degli italiani è così attratta dall'amaro, la spiegazione non va cercata nella genetica ma nella storia. Ce lo spiega uno dei più grandi storici dell'alimentazione, scavando tra fonti letterarie e trattati di botanica, agricoltura, cucina, dietetica. Un sorprendente itinerario che mette a fuoco un aspetto affascinante e caratteristico della cultura italiana.
La necessità di tornare a formulare le esigenze etiche anche nel campo economico ha richiesto la rimessa in discussione della relazione tra etica ed economia. Un contributo significativo teso a conferire alla visione della «ricchezza» e dello «sviluppo» una declinazione antropologica ed etica è certamente quello di Amartya K. Sen, economista indiano, premio Nobel per l'economia nel 1998. Il confronto con la visione di Amartya K. Sen intende contribuire alla elaborazione di una proposta teorica in grado di rendere conto della prospettiva dello sviluppo umano sulla base di principi non esclusivamente economici.
Uno dei più raffinati maestri del pensiero contemporaneo, l’economista premio Nobel Amartya Sen, ha dedicato la sua attenzione, sin dalle prime opere, a ricostruire i capisaldi della disciplina economica intesa come “scienza dello statista e del legislatore”. Si tratta di un orizzonte etico prima ancora che politico che affonda le sue radici nei capolavori del padre dell’economia moderna Adam Smith: Teoria dei sentimenti morali e La ricchezza delle nazioni. In una prospettiva teorica che si richiama ai classici del pensiero politico antico e moderno – da Aristotele a John Stuart Mill, da Karl Marx a John Rawls, da Samuel Huntington a Martha Nussbaum, passando per gli indiani Ashoka, Gandhi e Tagore – prende vita la critica di Sen nei confronti dell’attuale concetto di PIL, considerato quale unico indicatore della ricchezza economica. Il libro evidenzia, infatti, come per l’economista indiano la ricchezza sia rappresentata principalmente dall’umanesimo dei valori e dall’impegno dei governi per promuovere benessere e capacità individuali, in un dialogo appassionato che può unire, anziché dividere, le tradizioni culturali del mondo di oggi.
Un libro che è una testimonianza d'amore per la lettura e lo scrivere da parte di una grande autrice. In questo libro nato dalla trasmissione televisiva "Io scrivo, tu scrivi", la Maraini ci conduce con leggerezza lungo i percorsi della scrittura. Ma non solo: oltre a analizzare i segreti dello scrivere, fa parlare autori come Isabel Allende, Andrea Camilleri, Maria Corti, Rosetta Loy, Mario Luzi, Elisabetta Rasy, Claudio Magris, chiamati a discutere sulla propria e altrui scrittura.
Nel vortice e nell'incanto di queste pagine si realizza al livello più alto il grande canto dell'Amazzonia di Márcia Theóphilo, che nei decenni ha composto un disegno epico articolatissimo, una narrazione in versi che è poesia di fantasmagorica atmosfera. Con strenua vitalità, ci parla di un mondo dove la natura - di cui gli umani sono semplice parte - «lavora senza posa», e dove agisce un'energia diffusa e inarrestabile, nel movimento di un continuo rinascere. La poesia di Márcia Theóphilo, nota fin dagli esordi in ambito internazionale, si impone per una rara ampiezza di respiro, che le consente di convocare sulla pagina umani personaggi e figure mitologiche, in un vorticare prodigioso degli elementi, dove «non solo gli animali ma tutto in natura ha un'anima», o dove operano senza sosta «memorie di verdi immensità». In questa esoticissima realtà troviamo la dea Giaguaro, che «si trasforma in tutte le cose / che vivono sulla terra / piante e animali / fiumi e piogge», mentre anche «gli alberi raccontano la loro storia». Ma è l'io stesso dell'autrice a mescolarsi alle molteplici presenze di un reale magico e immenso, fatto di «impensate foreste senza fine / di fiori e frutti tropicali / e cuori di antichi animali», su cui la nostra ormai plurisecolare "civiltà" opera con colpevole indifferenza o ottuso disprezzo. Ed ecco, allora, il suggestivo spargersi di Márcia Theóphilo nei suoi versi e il continuo rigenerarsi della sua opera, in simbiosi intatta con l'habitat delle sue radici, con l'orizzonte naturale in cui da sempre si esprime e ci comunica la sua inconfondibile, preziosissima, testimoniale presenza poetica.