
Alcide Degasperi è oggi un politico universalmente stimato. Difficile poter dire male dell'uomo che ha contribuito più di tutti a ricostruire un paese provato dalla guerra, povero e profondamente lacerato. Ma non è stato sempre così: in vita egli è stato per anni un lottatore indomabile, ma perdente: un cattolico vecchio stile, in un mondo dominato dalle nuove ideologie, il fascismo, il nazismo, il comunismo. Degasperi le ha conosciute tutte e tre e le ha combattute aspramente, come poteva, da subito. Padre dell'Italia repubblicana, del voto alle donne, della scelta atlantica, Degasperi è stato anche un fondatore dell'Europa unita, anche se oggi, forse, non la riconoscerebbe più. Ha condotto l'Italia fuori dalle secche del dopoguerra con decisione e coraggio. Ricordare oggi le sue battaglie, può essere un modo per indicare una possibile strada, per una rinascita che appare di nuovo necessaria.
Alcide De Gasperi che dismette i panni di statista e si rivela nell’insolita veste di fidanzato, marito e padre. Francesca Romani, sua moglie, che per la prima volta si presenta non solo come moglie, ma anche come donna intelligente, colta e coraggiosa. Sono semplicemente Alcide e Francesca: due vite intrecciate in una grande storia familiare capace di affrontare a viso aperto le onde alte del Novecento. Una vicenda che per la prima volta rivive grazie all’apporto di un’ampia documentazione epistolare inedita.
Paola De Gasperi è nata a Roma nel 1933 ed è la più giovane delle quattro figlie di Alcide De Gasperi e Francesca Romani. Da anni contribuisce alla memoria dei genitori portando la sua testimonianza in incontri e conferenze. Per la Fondazione Trentina Alcide De Gasperi ha scritto L’Accordo De Gasperi-Gruber nell’opera e nel pensiero di mio padre (2011), e con la sorella Maria Romana ha curato il volume De Gasperi scrive (San Paolo, 2018).
Marco Odorizzi è nato a Trento nel 1987. Dal 2016 è direttore della Fondazione Trentina Alcide De Gasperi, che a Pieve Tesino gestisce il Museo della Casa natale dello statista. Laureato in storia, è autore di vari saggi e articoli su riviste.
Alda Merini è la poetessa più amata del Novecento italiano, perché ha saputo sublimare la sua dolorosa esperienza biografica in poesia pura. Per questa ragione è stata elogiata da importanti critici letterari e insieme adorata da lettrici e lettori.
Una vita, la sua, appassionante e appassionata, drammatica ed eccezionale: il precoce talento e la frequentazione fin da giovanissima dei maggiori intellettuali, la malattia mentale e i ricoveri in manicomio, i due matrimoni e i grandi amori, la celebrità arrivata tardi, il quartiere-mondo dei Navigli a Milano...
In questo libro Emanuela, la figlia maggiore di Alda, per la prima volta ricostruisce la storia della madre, e la racconta nella quotidianità e nella dimensione domestica, con la sua generosità e le sue eccentricità; e nelle vicende letterarie ed editoriali, fatte di anni di silenzio e altri di successo.
Viene fuori un ritratto franco e intenso di una donna, una mamma, un'artista che, pur tra mille momenti bui, non si è mai data per vinta.
In questo libro l'autore spiega e commenta la sua quinquennale psicoterapia con Aldo Carotenuto, raccontando l'analista e l'uomo Aldo Carotenuto nel tentativo di offrire al lettore una visione globale, equilibrata, costituita dall'unione dei vari aspetti dell'uomo e del suo operato. Attraverso una lunga serie di aneddoti simbolici ed eloquenti, emerge la creatività e l'eroicità di un terapeuta costretto a venire a patti con i propri demoni interiori.
Volontario nella Prima guerra mondiale, aviatore, amico di D'Annunzio e suo compagno nel volo su Vienna del 1918, Aldo Finzi fu protagonista di varie imprese sportive e corridore motociclista. Fedelissimo di Mussolini, diventò sottosegretario agli Interni nel 1922, vicecommissario all'Aeronautica nel 1923 e quindi presidente del CONI. Nel momento di maggior fortuna, fu travolto nel 1924 dal delitto Matteotti. Era innocente, ma fu costretto dal Duce ad abbandonare ogni incarico. Internato perché contrario alla guerra, dopo l'8 settembre 1943 appoggiò le formazioni partigiane. Arrestato dai tedeschi il 28 febbraio 1944, fu rinchiuso a Regina Coeli. Dopo l'attentato di via Rasella, finì nella lista di Kappler e il 23 marzo fu trucidato alle Fosse Ardeatine.
Nel giudizio unanime degli ultimi cinque secoli le edizioni di Aldo Manuzio (1451 ca.-1515) si considerano la massima realizzazione della tipografia rinascimentale. Da un lato, i suoi testi diffusero i valori dell'Umanesimo italiano, costruendo, secondo una famosa frase di Erasmo, una «biblioteca senza pareti»; dall'altro, egli trasformò la natura stessa della comunicazione con innovazioni che si utilizzano ancora oggi, introducendo la forma moderna della virgola e il segno del punto e virgola, nonché il carattere corsivo e la rivoluzione grafica della mise-en-page. Il volume raccoglie la traduzione della monografia di Martin Davies apparsa nel 1995, aggiornata per questa edizione, e due saggi di Neil Harris, che presentano analisi, talvolta speculari, della figura di Manuzio come umanista, tipografo, editore e mito. Il libro è riccamente illustrato con esempi tratti dall'intera produzione aldina, fra cui i tre cataloghi di vendita pubblicati in vita.
La mattina del 16 marzo 1978 Corrado Guerzoni, giornalista tra i più stretti collaboratori di Aldo Moro, telefonò a casa del presidente della Democrazia cristiana. Voleva tranquillizzarlo su alcuni attacchi della stampa, ma gli dissero che era appena uscito. Pochi minuti dopo Moro veniva rapito in via Fani da un commando brigatista che sterminava i cinque agenti di scorta. "La notizia me la diede un mio ex redattore del "Radiocorriere". Ebbi una sensazione di gelo, come se fossi entrato in una stanza ghiacciata". Trenta anni dopo Corrado Guerzoni racconta la vita di Aldo Moro, gli studi giuridici, l'ingresso in politica, il suo percorso istituzionale. E soprattutto si interroga su i motivi di quel rapimento, sul perché non si riuscì, non si volle, salvarlo. "Qualcuno decise che Aldo Moro doveva morire e morire in quel modo stupido e straziante". C'è ancora molto da capire di quel rapimento, sono rimasti tanti punti oscuri. Su alcuni, ora che sono trascorsi trent'anni, dovrebbe essere tolto il segreto di Stato. Altre domande sono ancora senza risposta: quanto contò l'ostilità di Kissinger, quanto quella di una parte della Chiesa, del cardinale Siri in particolare che, informato del rapimento, esclamò: "Ha avuto quel che si meritava".
Il libro raccoglie contributi sulla figura di Aldo Moro, in gran parte inediti, prodotti nell'arco di trent'anni da personalità di primo piano della cultura e della politica, quali, tra gli altri: Tina Anselmi, Giuliano Amato, Ugo De Siervo, Francesco D'Onofrio, Giovanni Gentile, Massimo Severo Giannini, Mino Martinazzoli, Sergio Mattarella, Giancarlo Quaranta, Roberto Ruffilli, Aldo Tortorella e Giuseppe Vacca. Tutti gli interventi sono stati presentati in iniziative promosse dall'Accademia di studi storici Aldo Moro nell'intento di mantenere aperto un canale di confronto sul pensiero e l'opera dello statista, anche durante il lungo periodo in cui l'attenzione del mondo politico e dei media era concentrata solo sulle vicende del suo assassinio. Nel loro insieme, i testi delineano un percorso interpretativo che ha per oggetto, non solo Aldo Moro, ma anche alcuni importanti aspetti dell'evoluzione della democrazia italiana dalla seconda metà del secolo scorso fino a oggi.
Nell'agosto del 1983 a Brentonico, in Trentino, nell'ambito della "scuola estiva" di formazione politica organizzata dalla Lega Democratica e dalla Rosa Bianca, quattro importanti intellettuali, fra i principali animatori del cattolicesimo democratico italiano (il sociologo Achille Ardigò, gli storici Roberto Ruffilli e Pietro Scoppola, il giornalista e scrittore Paolo Giuntella), ricordavano Aldo Moro e Vittorio Bachelet - due grandi personalità assassinate dai terroristi delle Brigate rosse - presentando due loro raccolte di scritti. Le brevi ma intense relazioni di quell'incontro non furono mai pubblicate, se non quella di Roberto Ruffilli, che la rivista mensile "Il Margine" pubblicò cinque anni dopo, all'indomani del suo assassinio avvenuto il 16 aprile 1988. Anche Ruffilli, infatti, venne ucciso dalle Brigate rosse. Memoria e futuro si intrecciano in queste pagine, dove tanti potranno ritrovare non solo il ricordo indelebile di chi non c'è più, ma anche riflessioni e orientamenti oggi necessari come ieri.
«Molto è stato scritto e continuerà di certo ad essere scritto intorno alla vicenda umana e al contributo scientifico di Aldo Moro. Ciò non deve sorprendere, perché siamo di fronte ad una figura davvero privilegiata di maestro insigne e di esemplare leader politico. Il tema centrale dell'opera che ora viene portata all'attenzione del lettore è una ricostruzione razionale del pensiero dello statista pugliese in ambito sia politico sia filosofico-giuridico. Duplice l'intento perseguito. Per un verso, rinverdire la memoria del Moro uomo politico, riattualizzandone il messaggio. Per l'altro verso, riportare in superficie la specificità dell'apporto scientifico di Moro alla teoria del diritto. In questo lavoro di ricostruzione, Brancaccio fa propria la celebre tesi di Wittgenstein secondo cui le idee, al pari delle parole, sono anche azioni, per significare che la ricerca teorica deve sempre avere una qualche rilevanza pratica; deve non solo illuminare, ma anche guidare» (dalla prefazione di Stefano Zamagni). Postfazione di Gero Grassi.