
Il mondo è destinato a continui cicli di conflitti e guerre? Le nazioni rivali possono mettere da parte le ostilità e stabilire una pace duratura? "Come trasformare i nemici in amici" indica in modo coraggioso e innovativo la strada che le nazioni possono percorrere per sfuggire alla competizione geopolitica e passare dal conflitto alla collaborazione. Attraverso un'analisi avvincente e una serie di esempi storici, attinti da ogni angolo del globo e in un arco di tempo che va dal tredicesimo secolo ai nostri giorni, l'esperto di relazioni internazionali Charles Kupchan sfata alcuni miti sulla costruzione della pace. Kupchan sostiene che l'impegno diplomatico è decisivo per la riconciliazione con gli avversari. E la diplomazia, e non l'interdipendenza economica, la strada maestra per la pace: le concessioni e gli accordi strategici promuovono la fiducia reciproca necessaria per la costruzione di una società internazionale. Per Kupchan, anche se la pace duratura si raggiunge più facilmente tra società, etnie e religioni simili, le democrazie devono saper trattare anche con gli Stati autoritari. Il libro prende in esame successi e fallimenti storici, come l'inizio dell'amicizia tra USA e Gran Bretagna agli albori del XIX secolo, il Concerto europeo che garantì la pace dopo il 1815 ma non riuscì a resistere alle rivoluzioni del 1848, e la stretta relazione allacciata negli anni Cinquanta tra Unione Sovietica e Cina.
Nel 1936 Dale Carnegie pubblicava "Come trattare gli altri e farseli amici", oggi la realtà è molto cambiata, le relazioni personali corrono alla velocità della rete e ogni giorno entriamo potenzialmente in contatto con migliaia di persone. Ma gli insegnamenti di Dale Carnegie continuano a essere attuali: i mezzi sono cambiati - comunichiamo con Facebook, Twitter, e-mail ed sms più che di persona - la chiave del successo rimane la capacità di ottenere la fiducia degli altri. In un'era dominata dalla promozione di se stessi, concentrarsi sui bisogni altrui può fare la differenza, e questo libro svela i segreti dei professionisti nella comunicazione on line. Con piccoli e semplici accorgimenti, ognuno di noi può imparare a lasciare una migliore impressione di sé, trasformando un'e-mail in un dialogo prolifico, scegliendo con cura gli argomenti per un post o sorprendendo l'interlocutore con un messaggio appropriato. Se è vero che l'era digitale ha trasformato la comunicazione in business, la sfida per la leadership si consuma oggi più che mai sul terreno dei rapporti personali. E quale successo non inizia con una relazione
Partendo da un'idea di Maurizio Costanzo, lo psicologo e psicoterapeuta Raffaele Morelli spiega come conquistare l'armonia interiore, sconfiggendo stress e ansie. Un volume agile, ricco di informazioni, di consigli e di indicazioni pratiche: uno strumento efficace per imparare a vivere bene sul posto di lavoro, per mantenere giovane il cervello, per rimanere in forma fisica e psichica senza inutili sofferenze. E per acquistare fiducia in sé stessi e sicurezza nelIa vita, riuscendo ad apprezzare al meglio i piccoli grandi piaceri che essa offre e trovando all'interno di se stessi le risorse per essere felici.
Dice Carcarlo Pravettoni: "L'azienda è come tua sorella: tutti se la sono fatta tranne te". È giunto quindi il momento di rimediare e buttarsi nel mondo degli affari. Non c'è nulla di più facile, basta seguire i preziosi consigli di Carcarlo, un uomo che non ha bisogno di presentazioni: la sua fedina penale parla per lui. Un genio della finanza che nella sua carriera ha collezionato successi e soprattutto avvisi di garanzia. "Come truffare il prossimo e vivere felici" è la guida indispensabile per uscire dalla crisi e affrontare le sfide della società globalizzata. Le tasse ti strangolano? Sono un falso problema: basta non pagarle. La disoccupazione è in crescita? Non c'è da preoccuparsi: è tutto tempo libero in più, da godersi giocando a golf o al largo su qualche yacht... Con questo libro, che contiene anche indicazioni su come arredare l'ufficio, scegliere la segretaria e educare i propri figli, scoprirete le meraviglie del capitalismo e le piccole gioie quotidiane del raggiro e della falsa fatturazione e potrete cullarvi nell'intima, profonda soddisfazione di affidare le vostre fortune "all'antica arte dell'abuso e del sopruso che da sempre ci vede maestri nel mondo (sia detto con malcelato orgoglio!)". In compagnia di quel simpatico farabutto di Carcarlo Pravettoni essere disonesti non è mai stato così divertente. Con lui la vita diventa un paradiso. Fiscale, ovviamente.
Quante volte leggiamo sui giornali che i disagi e i crimini tra le mura di casa derivano dalla crisi della famiglia, una crisi tutta moderna? Come se la famiglia fosse sempre stata un luogo di riparo, di protezione da una società ostile. Ma è davvero così? Dopo lo studio sul mondo greco di «Non sei più mio padre», Eva Cantarella ritorna sul tema centrale della famiglia e indaga le regole e la quotidianità della vita familiare nel mondo romano, per verificare attraverso le fonti l'ipotesi secondo la quale la famiglia infelice nascerebbe solo con la modernità. Con gli strumenti di studiosa del diritto e della storia antica ricostruisce costumi e abitudini delle famiglie romane, risalendo fino alle origini della civiltà che ha creato i fondamenti della nostra cultura giuridica. Dimostra così che, a partire dai Sette re di Roma, a metà dell'VIII secolo a.C., fino al VI secolo d.C. e alla stesura del Corpus iuris civilis di Giustiniano, il potere di vita e di morte dei padri sui figli è assoluto e l'uccisione del padre appartiene con impressionante frequenza alla realtà sociale di ogni famiglia romana. Cantarella si interroga sulla natura ansiogena e conflittuale dei rapporti tra padri e figli nell'antica Roma e, con una ricerca che guarda al passato per parlare del presente, mostra che le famiglie infelici non appartengono solo al nostro tempo. Da Cicerone a Ovidio, da Seneca a Giustiniano, racconta le norme che regolavano l'abbandono dei figli, la facoltà di venderli come schiavi o addirittura di ucciderli, evocando episodi di sconcertante violenza. Quella che svela è una storia tanto sconosciuta quanto decisiva per le nostre radici culturali, che ci spinge a riflettere sul carattere atavico e profondamente umano dello scontro tra le generazioni.
Il problema non è Berlusconi, ma abbiamo fatto finta di dimenticarcelo: il problema è l'Italia, le forme che qui da noi assume il potere, la sua natura grottesca, le sue maschere eterne e le sue distorsioni postmoderne. Da anni Filippo Ceccarelli annota i detriti della cronaca, le note di colore, le comparsate ai margini o al centro dell'agone; ritaglia i giornali, spigola sui blog, colleziona il gossip; e ora è pronto per metterci davanti agli occhi il carnevale senza fine dell'Italia prima ottimista e poi austera, ma sempre buffa e repellente allo stesso tempo. Ci vuole davvero lo sguardo di un gufo che si aggira tra le rovine per mettere in fila i fatti minuti, le improvvise epifanie, le dichiarazioni ingenuamente rivelatorie, le inconsapevoli figuracce, le battute e le offese, i rifiuti, i frammenti e le frattaglie degli ultimi anni di questa sciagurata Seconda repubblica. Un arazzo intessuto di crudeltà, pietà e humour nero, in cui ogni brandello è una sorpresa, oppure il soprassalto di un ricordo, o l'anacronistica rivelazione di ciò che poi sarebbe inesorabilmente accaduto.
Dante e Beatrice attraversano la luna senza scompaginarla, come un raggio di luce entra nell'acqua senza turbarla. Un'immagine che diventa il modello della relazione tra individui. Certo, Dante intende riformare l'umanità degenerata e combattere gli eretici, ma nella terza cantica ci consegna un'altra verità, più nascosta e apparentemente impolitica, racchiusa in quella abbagliante epifania lunare. Attorno alla sacralità e inviolabilità dell'altro vengono convocate alcune "guide novecentesche" (Stein, Arendt, Zambrano, Levinas), capaci di ispirare un modello di conoscenza non più fondato sul dominio, ma su una passività ricettiva. La "mitezza", elogiata da Norberto Bobbio, ci ricorda che l'imperativo morale più alto non è tanto aiutare il prossimo quanto lasciarlo essere quel che è. In questa etica del rispetto - unico modo per dare realtà all'altro - sta la lezione sempre attuale di Dante, che dalla sua "distanza" giudica il nostro presente premendo su di noi con gli interrogativi più urgenti. Solo se ci accostiamo a lui come se la "Commedia" fosse stata scritta per noi, potremo ricavarne ragioni di vita.
Come un videogioco è la traduzione italiana di un classico della letteratura educativa, in cui uno dei più insigni linguisti americani propone una provocatoria analisi degli effetti positivi dei videogiochi sull’apprendimento. Gee considera il videogioco il banco di prova delle nuove teorie dello sviluppo cognitivo: studiando come funziona si comprende come gli individui valutino e seguano un comando, assumano ruoli, percepiscano il mondo. Nel dibattito attuale sull’introduzione della tecnologia nella scuola, il volume indica nel videogioco un esempio di come uno strumento didattico debba essere progettato per produrre apprendimenti efficaci. L’approccio di Gee al videogioco è originale nella misura in cui sposta l’attenzione dalla tecnologia al linguaggio, identificando l’aspetto interessante del videogioco non tanto nel dispositivo (lo schermo, la grafica, il joystick o gli altri strumenti di interfaccia), quanto piuttosto nel sistema di comunicazione. Gee lo studia per comprendere quali siano gli elementi grazie ai quali il giocatore apprende in maniera efficace, spontanea, motivata, applicandosi per ore, provando e riprovando fino a quando non trova una soluzione: esattamente quello che si auspica facciano gli studenti a scuola.
L'autore
James Paul Gee, fra i più insigni linguisti statunitensi, insegna Literary Studies alla Arizona State University. Svolge attività di ricerca presso il Games, Learning, and Society Group della University of Wisconsin-Madison ed è membro della National Academy of Education. Recentemente ha pubblicato (con Elisabeth Hayes) Language and Learning in the Digital Age (2011).
Storie d'analisi di grandi e di bambini, racconti che parlano utilizzando la metodica del "Gioco della sabbia": un mondo in miniatura, un'Arca di Noè per salvare immagini interiori, frammenti di vita, sogni. È la visione, non la parola, a dominare la scena, e questo ci rimanda alla profondità dell'inconscio, al radicamento del nostro piccolo mondo interiore dentro le grandi immagini del mondo, ben prima della parola. Il mondo che ci viene raccontato dal "Gioco della sabbia" è ricco e prezioso, insaturo, inconcluso, come le grandi visioni degli artisti o, più umilmente, come i "mandala" di sabbia che i monaci buddisti compongono e poi lasciano andare al vento e all'acqua: impermanenza. Ecco allora che questo libro è fatto di pietre pesanti, di sabbia lieve e di vento leggero, per ricordarci che il gioco è una realtà che aiuta a curare la vita.
La ragazza che al fidanzato in mostruoso e reiterato ritardo risponde con nonchalance: «Oddio, scusami, non sono ancora pronta, mi dai cinque minuti?» sta affermando la superiorità dell’essere umano su quello che gli capita. In poche parole, sta facendo dell’ironia invece di usare un qualunque oggetto contundente. È molto più pulito, dignitoso e decisamente liberatorio.Lella Costa, liquidatrice del suddetto fidanzato e oggi, non per caso, signora dell’ironia, ci racconta come mai questa arte dello sguardo obliquo sia indispensabile per affrontare con leggerezza gli sgambetti della vita. Attingendo ai classici della letteratura e della musica, da Socrate all’immenso Shakespeare, da Lewis Carroll al Signor Bonaventura, da Paolo Conte a De André, e dal proprio repertorio, ci fa scoprire che l’ironia è un filo rosso, probabilmente il vero talismano che nei secoli ha protetto l’umanità da adolescenze inquiete, cuori infranti, rughe precoci, su su fino a guerre, dittature vere e democrazie da operetta. E benché l’ironia sia difficile da spiegare (esistono fior di saggi per quello), forse impossibile da insegnare e da imparare (diffidare di chi si autoproclama ironico), si può pur sempre viralizzare, sin dalla più tenera età. Anche il sorriso, come lo sbadiglio, è contagioso.
L'uso del computer, di Internet, aiuta o riduce la memoria? Migliora o ostacola le capacità d'imparare dei nostri figli a scuola? Cosa comporta l'uso simultaneo di più dispositivi? Fare i compiti, leggere, parlare interagendo con le sollecitazioni del cellulare è deleterio o semplicemente normale? Valutando gli effetti che l'uso quotidiano di tablet, smartphone e computer esercita su alcune funzioni cognitive fondamentali del nostro cervello - attenzione, memoria, apprendimento, controllo sulle scelte, gestione del tempo e socialità -, l'autrice costruisce una piccola guida scientifica utile a sviluppare un uso consapevole e intelligente delle tecnologie digitali, preziosa nell'educazione dei nostri figli e - perché no -anche per noi.
"Nel 2009 mi chiesero di tenere una conferenza a Budapest. Su quale argomento? A mia libera scelta. Una cosa che detesto. Non sono un missionario e non mi va di fare sermoni a Budapest. Una possibilità, dissero, era quella che chiamavano ego-histoire". Un'autobiografia? No, piuttosto il resoconto di una carriera intellettuale: i problemi studiati, le persone incontrate, le vicende capitate. Pensai che sarebbe stato divertente. E così fu: non solo mi divertii a fare la conferenza, ma anche il pubblico sembrò divertirsi molto. Tornato a casa, mi misi a scrivere un libro. Questo libro". In cui si parla di un soldato riluttante prima, e finto psicoterapeuta poi, che finisce casualmente per diventare sociologo, passando dal Greenwich Village al profondo Sud degli Stati Uniti, dalla Germania postbellica al Messico, dall'Estremo Oriente al Sudafrica, araldo di un'inedita "globe trekking sociology". Uno spirito sempre giovane e irriverente ci suggerisce le avventure possibili in una vita all'insegna della curiosità mai paga.