
Nelle omelie di Santa Marta, divenute ormai il luogo di un magistero umile e feriale, ma anche nell'Evangelii gaudium e nella Gaudete et exsultate, papa Francesco spesso ci mette in guardia dalla tentazione di essere oggi un po' "pelagiani" o meglio "neopelagiani". Cosa vuole dire il Papa con il richiamo a questa antica eresia? Pelagio, monaco cristiano vissuto tra il IV e il V secolo, riteneva l'uomo capace di meritare la salvezza con le sue sole forze, senza l'ausilio della grazia. Rapportata al vivere ecclesiale odierno, questa concezione dell'uomo e del suo rapporto con Dio potrebbe portare la Chiesa a confidare più nelle sue strutture che nel primato della grazia, a cui Francesco ha dato il nome di «misericordia». A questa riduzione del cristianesimo antica, ma sempre nuova, il Papa, come ben dimostra il presente volume, contrappone la centralità del compito «pastorale», con una Chiesa chiamata a favorire in tutti i modi possibili l'incontro fra Cristo e l'uomo e non semplicemente a «regolarlo» con delle norme.
L’immagine della carovana, che la creatività di papa Bergoglio aggiunge alle altre sue metafore ecclesiologiche ormai note, si trova nella II sezione del capitolo II di Evangelii gaudium a cui è dedicato questo volume. In quelle pagine papa Francesco si sofferma sulle ormai famose «tentazioni degli operatori pastorali»: eccessiva ricerca di spazi personali di autonomia e distensione, individualismo, crisi di identità e calo di fervore; complesso di inferiorità; relativismo pratico; accidia pastorale; mummi cazione e tristezza dolciastra; pessimismo sterile; fede senza carne né ossa; fuga dall’incontro con l’altro; mondanità spirituale; gnosticismo e neopelagianesimo; invidie, gelosie e ricerca di potere nella comunità.
Come rimedio il Papa propone la «“mistica” di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un
po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza
di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio. In questo modo, le maggiori possibilità di comunicazione si tradurranno in maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti. Se potessimo seguire questa strada, sarebbe una cosa tanto buona, tanto risanatrice, tanto liberatrice, tanto generatrice di speranza! Uscire da se stessi per unirsi agli altri fa bene. Chiudersi in se stessi signi ca assaggiare l’amaro veleno dell’immanenza, e l’umanità avrà la peggio in ogni scelta egoistica che facciamo» (EG 87).
Il termine reciprocità ricorre spesso nei pronunciamenti magisteriali di Francesco, o nei suoi scritti di vario genere. E numerosi sono anche i sinonimi, le perifrasi e le metafore che ne enfatizzano le diverse semantiche. L'insistenza della terminologia che esprime e declina la reciprocità nell'insegnamento del pontefice, produce una serie di conseguenze teologiche, dando adito al ripensamento - in prospettiva sistematica, ma anche pastorale e spirituale - di alcuni temi importanti, come l'ontologia agapico-trinitaria, la fraternità ecclesiale, l'amore coniugale e la vita familiare, il dialogo interreligioso ed ecumenico, nonché una visione cristiana del mondo ricompresa nei termini di quella che papa Bergoglio chiama «ecologia integrale». La lezione sulla reciprocità, in questo articolato orizzonte, può far maturare l'attitudine pro-esistenziale - che dev'essere sostenuta anche da una lucida consapevolezza teologica - a portarsi dentro l'altro e a portarsi l'altro dentro.
Un nuovo volume che si aggiunge alla collana sull’Evangelii gaudium. Un testo semplice e molto propositivo che affronta il tema della povertà partendo da importanti interrogativi: Siamo una Chiesa capace di prendere l’iniziativa, di coinvolgersi, accompagnare, frutti care, festeggiare?
La comunità evangelizzatrice si mette, mediante opere e gesti, al servizio dei poveri?
Affermiamo senza giri di parole che esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri?
Siamo convinti che per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica?
Prestiamo attenzione alle nuove forme di povertà e di fragilità in cui siamo chiamati a riconoscere Cristo sofferente (cfr. Mt 25,40)?
Davanti a questi interrogativi ci chiediamo in che direzione dovrà andare la Chiesa.
La pubblicazione periodica (trimestrale) della rivista rientra nelle
iniziative di promozione di attività di studio e ricerca della Facoltà.
Costituisce, infatti, l'ordinario canale di pubblicazione delle molte
ricerche analitiche avviate nel quadro della scuola di teologia.
I filoni più frequentati dai contributi di carattere monografico sono
certamente quelli relativi alla riflessione teologico-fondamentale,
alla dogmatica, alla spiritualità ed alla pastorale.
Il millenarismo è sempre stato un argomento suggestivo e stimolante. Tale dottrina scaturisce in maniera esaustiva dall’interpretazione letterale di Ap 20, indicante il millennio come misura temporale del ritorno alla splendente, mitica, età dell’oro, suscitando secolo dopo secolo l’irrefrenabile desiderio di datarne l’inizio. Il millenarismo si basa su una concezione del mondo dove pessimismo e determinismo si rincorrono in un ineluttabile cerchio: il mondo presente è tanto malvagio da non poter essere migliorato. Gli uomini non possono fare null’altro che attendere il nuovo mondo: spetta solo a Dio farlo emergere. Possono, tuttavia, mantenere una speranza, quella di assistere alla fine del vecchio mondo che, per quanto drammatica e sconvolgente, permetterà, tra le doglie di un parto cosmico, al nuovo mondo di nascere.
Per la maggior parte dei teologi cattolici, tali credenze sul futuro sono di solito abbastanza strane ed anche bizzarre. La maggior parte dei cattolici ha poca familiarità coi termini premillenarismo dispensazionale pretribolazionista. Eppure tale sistema teologico è la fonte comune per quei milioni di cristiani che credono nel rapimento, in sette anni di tribolazione e nei letterali mille anni di regno di Cristo. I presupposti teologici dispensazionali hanno permeato gran parte dell’evangelicalismo e fondamentalismo protestante americano e mondiale e hanno plasmato le prospettive conservatrici della cristianità protestante e del cristianesimo organizzato in misura enorme.
Quello che si vuole fare emergere nell’opera, evitando le interpretazioni fantasiose, è ciò che è possibile cogliere dalla Scrittura, tenendo presente il modo espressivo, umano e storico in cui la parola divina si concretizza.
Carlo Cioni, modenese, sposato e padre di cinque figli, è studioso di teologia. Ha già pubblicato Il Premillenarismo Dispensazionale Pretribolazionista nella Prospettiva dell’Escatologia Cattolica (Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, 2013).
Il volume contiene 17 studi presentati in occasione Dell 80 anniversario della morte di Pavel Florenskij (1882-1937) all’interno di un convegno internazionale che ha visto la partecipazione di alcuni tra i massimo studiosi del pensiero dl filosofo, teologo, scienziato e presbitero della chiesa Ortodossa Russa.
Questa miscellanea è dedicata all’esperienza religiosa nella letterature medievale, in modo particolare ai temi della salvezza e della santità. Si prende avvio dall’analisi del genere agiografico, mostrandone la funzione eversiva nella nascita delle letterature volgari e quella sociale di educazione popolare; si indaga, poi, la relazione tra la mistica cistercense e la lirica dei trovatori provenzali; si passa, quindi, allo studio delle opere dantesche: nella Vita Nova si vedono i tratti mariologici della figura di Beatrice, mentre la Commedia è letta come poema di conversione; infine, viene illustrata la rappresentazione letteraria di San Francesco lungo i secoli.
La ricerca di Biffi mette in luce un filo rosso di pensiero che attraversa la storia moderna e ci conduce al XIX secolo. Proprio la frequentazione della complessità tomistica e della creatività e dolcezza del pensare monastico hanno iniziato l’autore a cercare gli esploratori della fede in quel mondo moderno in cui sviluppano il pensiero scientifico e i sistemi filosofici. Questo libro c fa gustare la qualità e l’acutezza di pensatori da Maldonado a Rosmini che hanno mantenuto vivo il connubio tra l’entusiasmante procedere della ragione e le meraviglie dello spirito.
Le parole, le azioni, le scelte e perfino gli errori dei primi cristiani possono oggi illuminare il cammino dei credenti e della Chiesa? Gli Atti degli Apostoli raccontano la vita quotidiana di alcune tra le prime comunità cristiane; le azioni, le parole, le scelte di persone che costruiscono la Chiesa, che le danno un volto attraverso i loro volti. Non è un'immagine preconfezionata, una copia perfetta dell'idea che sta nella mente di Dio; Gesù all'inizio degli Atti dice a grandi linee qual è il progetto, ma come poi si è realizzato è dipeso dalle scelte di gente come Barnaba e Saulo, Pietro e Giovanni, Filippo e tanti altri di cui non conosciamo neppure il nome. Oggi come Chiesa ci troviamo a vivere in una realtà che cambia molto rapidamente e di fronte alla quale non è facile avere punti di riferimento; per questo continuiamo a leggere il libro degli Atti: perché le opere dei primi credenti sono per noi parola di Dio, una lampada che illumina, un punto di riferimento a cui guardare.
"Il libro di padre Martin è utile a favorire il dialogo, la conoscenza e comprensione reciproca, in vista di un nuovo atteggiamento pastorale da ricercare insieme alle nostre sorelle e fratelli Lgbt. Come ha già ben detto il cardinal Farrell, Prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la vita della Santa Sede, questo libro è "molto necessario" e "aiuterà vescovi, sacerdoti e operatori pastorali ad essere più sensibili verso i membri Lgbt della comunità ecclesiale cattolica" (Dalla prefazione di Matteo Zuppi)