
Francesco d’Assisi, negli Scritti che ci ha lasciato, parla spesso di questo mondo e del mondo che verrà: per questo i suoi primi biografi parlano di lui come di un «uomo nuovo e di un altro mondo». Nei tantissimi studi che in questi decenni sono stati dedicati a Francesco e alla sua esperienza, l’aspetto escatologico, cioè la riflessione sulle realtà ultime e definitive dell’esistenza umana, non è mai stato molto presente. Il libro che presentiamo cerca di iniziare a colmare questa lacuna, impegnandosi in un’analisi sistematica degli Scritti per far emergere contenuti e sfumature escatologiche del pensiero del santo di Assisi. Si tratta di un lavoro accurato e metodico, che aiuta il lettore a cogliere da un punto di vista non comune la visione dell’uomo, del mondo e della storia propria di san Francesco.
LUIS LARRA LOMAS (1964) è un frate minore conventuale spagnolo, noto come giornalista e divulgatore. In parallelo agli studi di specializzazione in teologia, presta il suo servizio presso le comunità cristiane di alcune zone particolarmente difficili della Colombia.
Alfa e Omega è un breve manuale sulla protologia e l’escatologia cristiana, alla luce del cristocentrismo trinitario e del principio sintetico cattolico. La luce di Cristo risorto si espande verso gli inizi della storia e anche verso la fine di essa. Le diverse dimensioni del disegno trinitario creatore e salvifico confluiscono nel mistero di Cristo, in modo tale che né la creazione è solo la questione dell’origine né l’escatologia è solo il problema del destino, ma creazione ed eschaton si collegano in Colui che dà ragione della loro identità presente. Essendo Cristo il Logos, la sua luce non contrasta con la ragione umana, ma la porta al suo vero compimento. In questa prospettiva, ci si avvale in queste pagine in modo particolare della compagnia di due grandi maestri, Tommaso d’Aquino e Joseph Ratzinger, nell’intento di mostrare, nello sviluppo dei diversi temi che compongono la protologia e l’escatologia, non solo la compatibilità della congiunzione dell’approccio metafisico con quello storico-salvifico ed esistenziale, ma anche la fecondità di una tale sintesi. Il manuale è destinato agli studenti del primo ciclo degli studi istituzionali ed è frutto di più di quindici anni d’insegnamento.
Il Libro blu di don Stefano Gobbi è un libro in cui la Madonna ci aiuta a leggere, capire e vivere il libro dell’Apocalisse. È un libro che capisce chi ha fede, chi ha Maria per madre e maestra. L’unica chiave per aprire il libro dell’Apocalisse è Maria. È l’esplicitazione del libro dell’Apocalisse fatta dalla Madonna ai sacerdoti: come Gesù parlava alle folle e poi in privato ai discepoli spiegava meglio perché fossero poi maestri, così la Madonna è venuta a preparare quei sacerdoti che a lei si consacrano. A loro spiega bene cosa succede, perché e cosa devono fare. È perciò anche il libro della speranza perché parla di vittoria. Il libro contiene i principali messaggi profetici che la Madonna ha donato a don Stefano Gobbi.
Oggi sarai con me in Paradiso! Cristo è risorto anche noi risorgeremo! Sì ma come risorgeremo? Cos'è il Paradiso? Dov'è? Come vivremo?
A queste legittime domande cerca di rispondere questo libro.
Lo fa con un linguaggio evocativo e al tempo stesso teologicamente preciso, ma non specialistico da tratta escatologico. Espone in maniera piana una compiuta riflessione sul Paradiso, a partire dal libro del Nuovo Testamento che più diffusamente ne parla: l'Apocalisse e dalla sua affermazione centrale, il Paradiso è Cristo!
Particolarità del saggio è il riferimento alle esperienze dei santi: chi meglio di loro, teologi per eccellenza, può parlare del paradiso? Fra tutti i santi spicca poi la singolarità di Maria, nella quale tutto si è già compiuto; Ella è in Paradiso, ma si manifesta a noi tutti.
Simone Giusi è Vescovo di Livorno, catecheta e saggista. Tra i suoi saggi si può ricordare: "Solo l'Amore salva" ed. Paoline e su temi prettamente escatologici il libro: "Corri tempo si avvicina la festa", ed. Pharus.
Molti cristiani credono nell'aldilà e pensano che sia descritto nelle pagine della Bibbia. In realtà, nell'Antico Testamento, come pure negli insegnamenti di Gesù e dei suoi seguaci, non c'è alcuna traccia di ricompense e punizioni eterne, di diavoli inquietanti o di angeli dai riccioli biondi. In questo suo nuovo libro, Bart Ehrman ripercorre la lunga storia dell'aldilà, dall'epopea di Gilgamesh, attraverso la cultura giudaica e classica, fino agli scritti di Agostino, concentrandosi in particolare sui primi secoli cristiani. Scopriamo così che dell'aldilà non c'è mai stata un'unica concezione greca, ebraica o cristiana, bensì svariate, e per giunta in contrasto fra loro, ciascuna legata com'era all'ambiente sociale, culturale, storico che l'aveva prodotta. Soltanto nel corso dei primi secoli dopo Cristo si è invece venuta consolidando una nozione di inferno e di paradiso piuttosto univoca. Ovviamente, in quanto storico, Ehrman non può certo fornire una risposta sui nostri destini dopo la morte, ma invitandoci a riflettere sull'origine delle idee di aldilà ci svela i vari modi in cui l'uomo ha elaborato nel tempo questo tema.
Diverse e complementari motivazioni mi hanno indotto a trattare l'argomento delle realtà ultime. Anzitutto la considerazione che le realtà ultime della vita personale, del mondo e della storia rivestono un'importanza capitale, non solo sotto il profilo prettamente intellettuale di ricerca della verità, ma anche e particolarmente sotto l'aspetto esistenziale. Infatti, dopo essere venuti all'esistenza, al fine ultimo per cui viviamo e verso il quale tendiamo è da attribuire la maggior rilevanza, in quanto esso indica la direzione, il senso assoluto e decisivo della nostra vita. Sbagliare l'obiettivo del fine ultimo è gravido di serie conseguenze, quali lo smarrimento del giusto cammino della vita, la deviazione dell'impegno morale, fino a compromettere l'esito felice della nostra vita. Al fine della nostra vita è collegata la speranza; infatti la consistenza della nostra vita dipende dalla consistenza di quello che speriamo. Ma una speranza veramente consistente richiede che tendiamo verso un futuro felice e sicuro da raggiungere. Il cristiano che vive nella fede in Cristo porta nel cuore una meravigliosa e originale speranza perché ha ricevuto un biglietto di invito al banchetto nel Regno dei cieli e prepara l'abito nuziale per partecipare alla grande festa del tramonto. (Dall'introduzione dell'Autore)
La carne dell'uomo, la sua fisicità non è affatto un accessorio o uno strumento: è la persona umana. In essa è iscritto un dinamismo teologico che indica una via, una verità e una vita che la carne di Gesù Cristo, Verbo Incarnato, ha mostrato e consegnato a chi crede in lui. Il cammino di queste pagine è scoprire la bellezza di ciò che siamo, dell'unione profonda ma tangibile tra ogni uomo e il Cristo; è rendersi conto di come l'escatologia non è sciolta dal concreto cammino antropologico, ma è intrecciata ad ogni respiro dell'esistenza umana. E la sua direzione non è il nulla della tomba, ma l'oggi di un'eternità che già ci abita in forza della Pasqua di Gesù di Nazareth. Uno studio approfondito sul pre-destino dell'uomo: "finire" con tutto se stesso, la sua carne, per essere Dio in Dio. L'anthropos apprende come l'escatologia non è una questione del domani, ma si incarna in un oggi che mostra la propria vocazione, che eleva nella vocazione e che realizza la vocazione di essere in Cristo. E, per mezzo di Cristo, di essere nell'eterno.
Secondo una certa visione del cristianesimo, tutti gli uomini (anche i peggiori peccatori) sono buoni e orientati a Dio. Su queste basi la concezione tradizionale cattolica dell'inferno come luogo di pena eterna perde del tutto senso. La Sacra Scrittura, la tradizione apostolica, il Magistero della Chiesa e l'insegnamento dei santi invece concordano sul fatto che l'inferno sia una verità divinamente rivelata e unica garanzia della nostra libertà e dignità. Il rischio della dannazione eterna, come ogni verità di fede, è necessaria per accogliere la misericordia di Dio senza perdere la propria libertà.
John henry newman (1801-1890) teologo e pastore anglicano poi sacerdote e cardinale cattolico, è uno di quei personaggi che, mal compresi in vita, diventano sempre più attuali col passare del tempo.
Nella percezione contemporanea del tempo, "ultimo" è ciò che ha le caratteristiche del coming soon, del prodotto in arrivo, tanto prevedibile e annunciato, quanto destinato ad essere superato dai "nuovi arrivi". L'attesa corrispondente è schiacciata sul presente e la preoccupazione è quella di riempire il tempo, non certo di compierlo. Il tema del tempo come discorso antropologico fondamentale mette inesorabilmente allo scoperto la condizione di limite della nostra esistenza. Soltanto una libertà che si misura con la morte è nella condizione di vivere il proprio limite come una possibilità. Che sia questa la porta stretta per prendere sul serio l'umano? Il libro raccoglie gli atti del convengo della Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale del febbraio 2019.
Questo piccolo volume raccoglie alcune delle ultime riflessioni di Antonio Livi, filosofo e teologo italiano conosciuto nel mondo accademico (e non) per la sua proposta teoretica di filosofia del senso comune e per il suo impegno costante nella difesa scientifica della fede cattolica.
Le riflessioni che la Casa Editrice Leonardo da Vinci ora pubblica sono in forma di “pensieri sparsi” scritti da Livi, dopo la scoperta della malattia che lo ha costretto a letto e, purtroppo, lo ha portato alla morte. Si tratta di brevi, ma profonde riflessioni sul senso della sofferenza e sulla capacità di affrontare la stessa nella fede in Cristo Gesù. Queste brevi riflessioni sono state redatte seguendo l’ordine della prima bozza pensata da Livi e sono accompagnate, per volontà dello stesso, da alcune lettere e da un saggio filosofico-teologico sul tema del “mistero, dogma ed ermeneutica teologica”.
«Molta della sofferenza che ci infliggiamo è legata al fatto che non vogliamo vivere il momento presente. Preferiamo tormentarci nel passato oppure avere timore per il futuro, ma sfuggiamo in questo modo l’unico momento vero che ci è dato vivere, legato al nostro oggi, al qui ed ora. Recentemente ho vissuto un momento delicato legato a delle ragioni di salute. La grande ansia
che ho provato mi ha fatto riflettere su un qualcosa che ha valenza metafisica: molta della sofferenza che ci infliggiamo è legata al fatto che non vogliamo vivere il momento presente. Ieri non esiste più, è passato e non torna; domani, chi lo può prevedere veramente? Certo dobbiamo fare tesoro del passato ed essere previdenti per il futuro, per quello che è possibile: ma angosciarci
per essi? Il libro del Qoelet ci mette in una giusta prospettiva: “Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo”».
Gerhard Lohfink si confronta con il tema della morte e della risurrezione. La sua riflessione si sviluppa sullo sfondo mutevole delle concezioni e delle attese del nostro tempo. Le sue risposte si basano sulla sacra Scrittura, sulla tradizione e sulla ragione. Con un linguaggio che non vuol essere convenzionale e scontato, l’autore fa risplendere la forza della risurrezione – la risurrezione di Cristo, che diventa poi la nostra. In particolare, mostra di parlare di eventi che non si collocano in un remoto futuro; la loro prossimità a noi, anzi, è tale da superare le nostre capacità di comprensione.
All’alternativa tra “il nulla” e “la risurrezione dei morti” generalmente noi tentiamo di sfuggire in due modi: semplicemente rimuovendo il pensiero della nostra dipartita, oppure raccontandoci una qualche soluzione mediana – del tipo: “alla fine si scompare nella natura”, o “si sopravvive nei discendenti”, come dicono i più raffinati. Lohfink prende in esame proprio queste soluzioni illusorie, mostrando come esse non siano delle vere possibilità.
Alla fine resta un vero aut aut: o la risurrezione o l’inesorabile nulla. Ne va delle grandi domande dell’esistenza umana. Ne va dell’idea stessa di una giustizia.
«Come si può parlare oggi della risurrezione? Rispondendo a questo interrogativo, c’è una cosa di cui ho avuto sempre timore e che ho cercato di evitare in ogni pagina: annoiare il lettore».