
«Dopo aver terminato il romanzo Silenzio, per molti anni ho coltivato la decisione di tratteggiare un'immagine di Gesù così come il popolo giapponese può comprenderla. In questo libro non ho presentato la figura dell'ebreo che porta a compimento l'Antico Testamento. Ho scritto come semplice romanziere, senza pretese teologiche». Questa Vita di Gesù, la prima scritta da un giapponese, colpirà il lettore italiano per la realistica figura tratteggiata dal romanziere del Sol levante: un Gesù che conosce la vita della gente comune e dei miseri, che condivide l'acre odore della fatica e del sudore dei poveri, che non ha bisogno di immaginarsi la debolezza dei disperati. Gli occhi tristi del Nazareno saranno per il lettore la rivelazione dell'amore di Gesù per la sua gente e per l'uomo umiliato. A quegli occhi tristi farà riscontro la descrizione dell'atmosfera delle primavere di Galilea. La narrazione, che proviene da lontano, dall'Estremo Oriente, è capace di spingere il lettore ancora più lontano: verso un futuro che sia esperienza nuova di Gesù, che indichi una conoscenza sempre più umana e incarnata.
La misericordia di Dio non è un concetto astratto e inafferrabile. Nel libro dell'Esodo la Bibbia ci mostra come essa si inscriva all'interno di un racconto, toccando la vita degli uomini e del popolo. La rivelazione del Sinai è la rivelazione del Nome divino, che vuol dire presenza di Dio nella storia e nel futuro del popolo. Il Signore è il Dio che è con me, che dai cieli si china per camminare al mio fianco.
Abramo è un uomo come noi. La verità per la nostra salvezza è che tutti noi siamo Abramo e le sue stesse difficoltà e contraddizioni abitano il nostro cuore. Il percorso di Abramo è il nostro. Abramo ha una famiglia problematica? Anche noi abbiamo relazioni complicate che ci precedono e che ci seguono, che costruiamo davanti a noi con i figli e i nipoti, siamo inseriti nello stesso cammino. Abramo riceve la Parola: va', esci dalla tua terra... verso il paese che ti indicherò... Anche noi riceviamo la stessa Parola: va', parti, renditi autonomo. Anche noi sappiamo che l'unico modo per vivere è uscire e separarci, poiché la separazione è il meccanismo attraverso il quale Dio crea la vita.
"Le leggi italiane sono imbevute di cultura cattolica. Dall'interruzione volontaria di gravidanza alla fecondazione assistita, al fine-vita, i dogmi confessionali hanno influenzato e continuano a influenzare le norme che dovrebbero regolare in modo laico il patto sociale fra le persone. Ciò che rende tutto ancora più assurdo è che la Bibbia non dice in proposito quello che comunemente si pensa." In questo libro scritto a quattro mani, Mauro Biglino e Lorena Forni elencano e analizzano alcune delle leggi italiane che contengono il "peccato originale" della confessionalità. Si tratta principalmente delle leggi che afferiscono alla sfera etica, condizionate dalla dottrina della Chiesa cattolica. Anzitutto, sostengono gli autori, uno Stato laico dovrebbe promulgare leggi laiche, evitando di imporre dogmi confessionali a chi non è interessato o respinge una dimensione di fede nella propria esistenza di libero cittadino, o a chi professa una diversa confessione religiosa. Ma ciò che gli autori rivelano e mettono in evidenza è che a leggere i testi sacri alla luce di una traduzione rigorosa e letterale, quegli stessi passaggi che sono stati usati dai legislatori per scrivere leggi sotto l'egida della morale cristiana, non ci si trova nulla di quelle prescrizioni e quegli indirizzi morali, che risultano piuttosto il frutto di personali interpretazioni. In "La Bibbia non l'ha mai detto", il complesso lavoro di scrittura dei due autori è ben sincronizzato: mentre la professoressa Lorena Forni passa al setaccio le leggi maggiormente influenzate dal cattolicesimo, Mauro Biglino propone la traduzione dei passi biblici "normativi" dimostrando, come è sua abitudine di profondo studioso, che le traduzioni diffuse nel mondo contemporaneo sono lontanissime dal vero senso letterale e sono, al contrario, una palese interpretazione dei teologi. Un libro che riscrive le fonti da cui discendono molti degli assunti morali che guidano la nostra società attraverso le leggi in vigore, e che si candida a diventare un autorevole e dirompente manifesto della laicità.
Ebraismo, Cristianesimo e Islam sono spesso identificate come le religioni del Libro. Eppure siamo sicuri che dietro a questa definizione si trovi per ciascuna la medesima connotazione? Inoltre, quale diversa coscienza ciascuna religione ha avuto di sé e delle altre, nel corso della sua storia? E, in senso ancora più ampio, il passaggio dalla parola orale alla scrittura ha significati comuni e identificabili nelle diverse tradizioni religiose? Sono domande che interpellano tanto la teologia quanto la storia e la sociologia delle religioni. Nel nostro tempo le religioni, al di là della cosiddetta secolarizzazione dell'Occidente, sono tornate al centro della scena, spesso a motivo della radicalizzazione del significato del loro testo sacro, che ha assunto forme di fondamentalismo, radicalismo o fanatismo. Comprendere storicamente che cosa significhi o abbia significato 'leggere le Scritture' aiuta a capire come i testi sacri delle grandi tradizioni religiose hanno agito e possono agire come fattori sia di comprensione tra i popoli e di dialogo interculturale, sia di potenziamento e di radicalizzazione dei conflitti.
Per una conoscenza dei testi biblici che cerchi di essere intelligente e appassionata, occorre stabilire dei solidi "ponti" tra una lettura che analizzi e interpreti i testi nei loro significati originari, e la vita e la cultura di oggi, senza fondamentalismi culturali o religiosi. Nel quadro del progetto culturale "Per una nuova traduzione ecumenica commentata dei vangeli", ideato dall'Associazione Biblica della Svizzera Italiana, questo volume - una nuova traduzione ecumenica commentata del testo secondo Marco - è la prima di quattro tappe. L'intero progetto è pensato per accompagnare l'attività formativa di tante persone nella Chiesa (gruppi di lettura dei testi biblici, nelle parrocchie, nei gruppi, nei movimenti, nelle associazioni di qualsiasi orientamento). Esso intende sostenere anche la volontà di singole persone che vogliano approfondire temi, contenuti e valori, che possono interpellare intensamente il cuore, la mente, la vita di chiunque. Con il contributo di Stefania De Vito, Gaetano Di Palma, Luciano Locatelli, Lidia Maggi, Francesco Mosetto, Eric Noffke, Angelo Reginato. Appendici culturali e pastorali Stefano Zuffi, Roberto Geroldi.
Attraverso un esame puntuale e sistematico di quattro termini usati frequentemente nell'Antico testamento e attinenti al concetto di bellezza, il volume cerca di fornire le premesse di carattere linguistico necessarie per sviluppare un discorso criticamente fondato sull'estetica dell'Antico Testamento. È quindi una trattazione di tipo fondamentalmente linguistico, che prende in considerazione tutte le occorrenze di detti termini, secondo uno schema costante, al fine di determinare i contesti possibili di ciascuno di essi, le sfumature di significato che nei vari casi vengono sottolineate e le connotazioni che vi sono implicate. Naturalmente si tratta solo di una parte del campo semantico della bellezza: molti altri termini potrebbero essere analizzati, ma quelli scelti presentano un alto grado di specificità ed una certa omogeneità semantica, come dimostrano i casi nei quali sono usati in parallelo reciproco. Il fenomeno della bellezza apparirà nell'Antico Testamento come un elemento non trascurabile soprattutto della concezione antropologica, anche se non mancano casi di applicazione a Dio, oltre che ad altre realtà naturali ed artificiali. In posizione periferica rispetto ad altre sfere di significato, quali ad esempio la moralità o la giustizia, la bellezza merita tuttavia di essere utilizzata come chiave per indagare il messaggio dell'Antico Testamento.
«Borges è il più grande teologo del nostro tempo: un teologo ateo»: è quanto scrive di lui Leonardo Sciascia. Non ha mai ricevuto il premio Nobel, ma è stato tra gli scrittori più originali del suo tempo. Amato da Bergoglio, che quando era docente di Lettere a Santa Fe lo invitò a tenere alcune lezioni ai suoi studenti, Jorge Luis Borges è stato costantemente attratto dai temi teologici e dai testi sacri. Una preoccupazione metafisica per il trascendente corre come un brivido per tutta la sua opera mobile ed eclettica, un'opera a cui la Bibbia offre una specie di lessico tematico, simbolico e metaforico, soprattutto attraverso Giobbe, Qoèlet e i Vangeli. Frutto di un'ispirazione trascendente, il linguaggio poetico è per lo scrittore argentino analogo a quello sacro e il volto di Cristo è da cercare negli specchi ove si riflettono i visi umani.«Gli uomini - ha scritto Borges - lungo i secoli hanno ripetuto sempre due storie: quella di un vascello sperduto che cerca nei mari mediterranei un'isola amata, e quella di un Dio che si fa crocifiggere sul Golgota».
Sono molte le ragioni per le quali si legge la Bibbia, dall'esigenza di crescita spirituale e religiosa fino al piacere di conoscere episodi avvincenti scritti con un linguaggio ispirato e poetico. Questo volume illustrato, di grande formato e con importante rilegatura, permette di approfondire la conoscenza di uno dei testi capitali della storia dell'umanità, collocando le vicende dell'Antico e del Nuovo Testamento nel loro più ampio contesto storico, sociale, culturale e soprattutto geografico. A fare da cornice ai testi, oltre 650 riproduzioni di opere d'arte sul tema, fotografie e 125 grandi mappe dei territori, scenario degli eventi narrati: un doveroso tributo alla maestà della Bibbia, un tesoro per la biblioteca di ogni famiglia. All'interno, 8 sezioni: Geografia e storia delle terre bibliche, Genesi e periodo dei patriarchi, I giudici, I re, I profeti e i giusti, Terra di conquista, La vita di Gesù di Nazareth, Si diffonde la Parola. Nella parte finale tabelle sinottiche, alberi genealogici, bibliografia,glossario, indice analitico e indice dei luoghi geografici.
Facendo progredire il suo magistrale lavoro alla ricerca del Gesù storico, Meier affronta in questo attesissimo volume il tema controverso delle parabole. E lo fa con lo stesso rigore e la stessa penetrazione che hanno guadagnato ai suoi testi precedenti l'elogio della critica e il successo del pubblico. Dei quattro enigmi fondamentali che Meier ha individuato - l'atteggiamento di Gesù verso la Legge, il suo uso delle parabole, il modo in cui descriveva se stesso, i suoi ultimi giorni a Gerusalemme - questo volume affronta quindi di petto il secondo tema, ingaggiando un vero e proprio corpo a corpo. In genere gli esegeti operano in base al presupposto che le parabole narrate nei vangeli possano essere sostanzialmente attribuite al Gesù storico. Il volume di Meier mette in discussione questo consenso generalizzato. Sostiene infatti che nessun criterio di storicità può fornire ragioni convincenti per assicurare che una determinata parabola abbia avuto origine sulle labbra del Gesù storico. Noi non disponiamo cioè di argomenti fortemente positivi a favore della storicità delle parabole (il che non dimostra automaticamente che non siano autentiche!). Per Meier, alla fine, solo quattro parabole - quella del Granello di Senape, quella dei Vignaioli Malvagi, quella dei Talenti e quella del Grande Banchetto - possono rivendicare validamente la propria autenticità ed essere attribuite al Gesù storico con sufficiente certezza.
Paolo è l'unico autore del Nuovo Testamento a utilizzare in maniera autoreferenziale le metafore paterna e materna per descrivere la profonda relazione che lo lega alle comunità da lui fondate. Il suo afflato materno si palesa nella cura con la quale egli nutre i suoi convertiti (1Ts 2,7-8) e nella disponibilità ad accettare la sofferenza, pur di generare i suoi figli spirituali alla fede (Gal 4,19). L'annunzio del vangelo fa di lui il padre nella fede (1Cor 4,15), sollecito nell'incoraggiarli, sostenerli e, se necessario, rimproverarli (1Ts 2,11-12) perché non si allontanino da Cristo.
Frutto di una ricerca tra biblisti e teologi speculativi, questo volume si propone di fare emergere la rilevanza per la fede di alcuni argomenti della ricerca storica. Il rapporto tra gesuologia e cristologia viene qui affrontato con la convinzione che la fede di chi è stato testimone consegni il Gesù appartenuto alla storia. L'indagine privilegia alcuni temi: il messianismo del tutto particolare di Gesù; la giudaicità «sui generis» della sua Persona e della sua Causa; la peculiarità del suo metodo parabolico; il destino assolutamente paradossale nel contesto del suo popolo; l'idea che la confessione di fede in lui non sia solo il frutto di un'interpreazione cristiana posteriore, ma già interiore al personaggio e alla sua vicenda terrena.