
Luigi De Simone (medico e neuropsichiatra) e padre Gianpaolo Pagano (domenicano e biblista) presentano in queste pagine un interessante tentativo di lettura di alcuni episodi della vita di Gesù riportati nei Vangeli (le tentazioni, i miracoli, i talenti, le donne) cercando di tenere insieme il loro dato teologico ed esegetico e il loro possibile apporto alle scienze umane quanto ai risvolti psicodinamici che essi innescano. Le due voci, camminando in parallelo, a volte concordi, altre meno, ricercano sempre il dato di verità racchiuso nel testo che non può che essere sempre un dato di verità sull'uomo e per l'uomo. L'intenzione degli autori dei Vangeli e quella di Gesù qui descritte - la prima studiata dall'esegeta, la seconda approcciata in modo laico dallo psichiatra - offrono uno sguardo più ampio sul panorama cristiano abitato dal Gesù della storia, che passò per le strade di Galilea sanando e guarendo le ferite degli uomini e che è lo stesso Cristo della fede unico e solo salvatore del mondo.
La sapienza biblica è incomprensibile se non viene considerata nell'ampio contesto culturale del Medio Oriente. Essa, infatti, rappresenta lo specifico contributo d'Israele a una corrente di pensiero prodotta nella vasta area geografica compresa tra l'Egitto e la Mesopotamia. La civiltà egiziana, di quasi due millenni precedente l'Israele biblico, ha avuto grande influenza nella letteratura sapienziale biblica (soprattutto nel libro dei Proverbi e del Qoèlet) in cui si riscontrano echi sia delle Istruzioni composte e trasmesse presso le corti faraoniche, sia delle Lamentazioni, genere largamente utilizzato per affrontare i temi della caducità della vita o per la denuncia delle ingiustizie sociali. Sumeri, assiri e babilonesi, attraverso le loro avanzate strutture educative, furono i trasmettitori di una grande tradizione sapienziale - da rintracciare nei miti che raccontano l'origine del cosmo e dell'uomo - a cui Israele ha attinto a piene mani, soprattutto durante il periodo esilico, per esempio l'Epopea di Gilgamesh, di grande importanza per comprendere i racconti biblici delle origini dell'universo e del diluvio. Nel pensiero ebraico la sapienza ha sempre costituito il luogo «laico» di speculazione filosofica sui problemi dell'uomo e sulle circostanze concrete della vita: il dolore, l'insuccesso, il lavoro, la sfortuna, la morte. Davanti a tutto ciò i saggi propongono atteggiamenti da acquisire, strade da percorrere, scelte da abbracciare, stili di vita che siano propri dell'uomo credente. A tutto ciò essi giungono con lo stupore e la meraviglia di chi si china davanti al mistero divino, praticando il timore di Dio che essi non esitano a definire «radice della sapienza».