
Ricercatore presso il Dipartimento di studi sociali della Facoltà di scienze dell'educazione di Firenze, Stefano Beccucci analizza insieme a Monica Massari, sociologa, il rapporto tra globalizzazione, criminalità e mercati di sfruttamento delle persone in Italia e all'estero.
Le grandi potenzialità del sapere scientifico e tecnologico, la comunicazione con i suoi connotati di interdipendenza planetaria, ma anche la paura di processi incontrollabili in termini di rischio unificano in comunità la globalità degli uomini. Qui sta il punto su cui far leva per combattere ingiustizia ed esclusione. Seppur confusamente emerge oggi una domanda di senso con cui affrontare il futuro. L'uomo avverte il bisogno di rispondere a un'esigenza profonda di libertà e di significato, di ricostruire se stesso in vista di qualcosa di non effimero. In particolare, l'economia - invadente quanto impotente di fronte ai problemi sul tappeto - chiede umanizzazione e trascendimento etico. Questo il filo che lega le riflessioni dell'autore in tema di globalizzazione, sviluppo, lavoro, responsabilità sociale delle imprese, ruolo delle famiglie e della società nell'ambito di nuove soggettività e protagonismi.
È opinione diffusa che la globalizzazione faccia diventare più ricchi i paesi ricchi e più poveri quelli poveri. Se però proviamo a verificare tale tesi sul piano empirico e a scomporre il problema nei suoi diversi aspetti, essa ci appare perlomeno parziale. Come mostra questo volume tra i paesi poveri esiste ormai un gruppo di paesi emergenti (tra cui Cina, India, Vietnam), tre miliardi di persone in tutto, che sono già entrati nel circuito del mercato globale, con tassi di crescita assai superiori a quelli dei paesi ricchi e una forte e diffusa diminuzione della povertà. Accanto a questi nuovi paesi globalizzati ci sono altri che, rimasti per varie ragioni ai margini dell'economia mondiale, hanno visto aumentare la loro povertà.
La moderna democrazia politica e le relative forme costituzionali sono state pensate e attuate nell'implicito contesto Stato-nazione. Entro questi confini sono state costruite tutte le categorie fondamentali della democrazia politica e del costituzionalismo: popolo, sovranità, costituzione, legalità, divisione dei poteri. La globalizzazione economica e politica porta allo scardinamento di tutte le categorie fondamentali della democrazia politica e, soprattutto, dell'equilibrio tra universalismo e ragion di Stato su cui regge qualsiasi esperienza democratica. Baldassarre dimostra la perdita di senso di ciascuno degli elementi posti a fondamento della democrazia e come questa stia mutando la propria "ideologia" in una fortezza minacciata da molti nemici.
Il complesso fenomeno della globalizzazione interpella la coscienza di credenti e “laici”. Il volume con le sue letture ed interpretazioni interdisciplinari del fenomeno, tra cui non manca l’approccio teologico, si offre come utile strumento per una riflessione attenta e al tempo stesso partecipa di quanto accade nel nostro tempo.
Questi gli argomenti trattati: Prefazione (Card. Camillo Ruini); Orientare o subire il cambiamento? (Zygmunt Bauman); Una lettura socio-economica della globalizzazione (Stefano Zamagni); Tradizione e comunicazione nell’era della globalità (Francesco Casetti e Chiara Giaccardi); Il cittadino globale tra comunicazione universale e cittadinanza particolare (Gianni Colzani); L’individuo comunitario (Roberto Cipriani); Globalizzazione e libertà (Domenico Pizzuti); Globalizzazione, comunicazione, etica (Adriano Fabris); Sensus fidei cristiano in tempi di globalizzazione. Sfide nuove e nuove opportunità per la comunicazione del Vangelo (Antonio Staglianò); Risorsa profetica della religiosità popolare: tratto simbolico della cultura cristiana (Gianluigi Pasquale); L’arte cristiana in un’era di globalizzazione (Timothy Verdon); “Carità intellettuale” e globalizzazione. Il terzo settore interpella la comunità ecclesiale (Antonio Mastantuono); La tradizione cristiana nel contesto del “villaggio globale” (Giuseppe Lorizio).
Claudio Giuliodori, direttore dell’Ufficio Nazionale Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale Italiana.
Giuseppe Lorizio, ordinario di Teologia fondamentale e metodologia teologica presso la Pontificia Università Lateranense.
Vittorio Sozzi, responsabile del Servizio Nazionale del Progetto Culturale della Conferenza Episcopale Italiana.
Zygmunt Barman, professore emerito di Sociologia nelle Università di Leeds e Varsavia.
Francesco Casetti, ordinario di Filmologia presso l’Università Cattolica del S. Cuore di Milano.
Roberto Cipriani, ordinario di Sociologia presso l’Università di Roma III.
Gianni Colzani, ordinario di Antropologia teologica presso la Pontificia Università Urbaniana.
Adriano Fabris, ordinario di Filosofia morale presso l’Università di Pisa.
Chiara Giaccardi, docente di Sociologia della comunicazione presso l’Università Cattolica del S. Cuore di Milano.
Antonio Mastantuono, docente di Teologia pastorale presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale.
Gianluigi Pasquale, docente di Teologia dogmatica presso lo Studio teologico Laurentianum di Venezia.
Domenico Pizzuti, professore emerito di Sociologia presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale.
Antonio Staglianò, ordinario di Teologia dogmatica presso l’Istituto Teologico Calabro.
Timothy Verdon, docente di Storia dell’arte presso la Facoltà Teologica dell’Italia Centrale di Firenze.
Stefano Zamagni, ordinario di Economia politica presso l’Università di Bologna.
La globalizzazione non è un male e va abbracciata. A sostenere questa tesi è Stiglitz, autorevole sostenitore della critica alla globalizzazione liberista. Si tratta forse di una ritrattazione del Premio Nobel? In realtà, è il frutto di una constatazione: se la globalizzazione è un processo inevitabile, è possibile farla funzionare in direzione del benessere dei paesi più arretrati e dei cittadini dei paesi avanzati attraverso un mix di politiche di solidarietà e di intervento delle istituzioni internazionali.
La globalizzazione non è un male e va abbracciata. A sostenere questa tesi è Stiglitz, autorevole sostenitore della critica alla globalizzazione liberista. Si tratta forse di una ritrattazione del Premio Nobel? In realtà, è il frutto di una constatazione: se la globalizzazione è un processo inevitabile, è possibile farla funzionare in direzione del benessere dei paesi più arretrati e dei cittadini dei paesi avanzati attraverso un mix di politiche di solidarietà e di intervento delle istituzioni internazionali.
"Globalizzazione" è un termine che sentiamo ripetere in maniera ossessiva. Ma che cosa significa veramente? Per alcuni, è il prezzo che siamo obbligati a pagare per approdare a un mondo democratico fondato sulla comunicazione e sulla prosperità globale. Per altri, rappresenta una sorta di "apprendista stregone" che, preso dalla folle ricerca di ricchezze e denaro, finisce per mettere a repentaglio la diversità culturale e biologica del pianeta. Questa guida alla globalizzazione ci conduce attraverso sentieri poco battuti a visitare il mondo che ci attende, un mondo privo di confini, pieno di potenzialità e di promesse ma anche di rischi e di incertezze.
Il fenomeno della globalizzazione oggi coinvolge tutti i popoli ed i paesi della Terra, con conseguenze economiche e politiche non solamente positive. Capire le radici culturali ed ideologiche della globalizzazione, quali sono le forze che attualmente la promuovono e la gestiscono, quali obiettivi si pongono, questo è l'obiettivo di questa raccolta di saggi, originale e stimolante, del maggiore storico italiano delle relazioni fra l'Europa e il Mediterraneo.
Una mappa dei principali problemi che vengono discussi sotto l'etichetta della "globalizzazione", nell'intento di limitarne l'uso retorico o puramente ideologico. Un'indagine che si indirizza verso ogni aspetto del fenomeno: l'economia, le comunicazioni di massa, la politica interna e internazionale, il diritto e le strategie militari. L'analisi è arricchita da una carrellata delle posizioni più rilevanti e degli autori più significativi, da Ulrich Beck a Zygmunt Bauman, da Joseph Stiglitz a Luciano Gallino. Il percorso che ha portato dal boom della new economy alla guerra in Iraq e dall'esplosione di Internet alla crisi degli Stati nazionali è valutato come un processo inevitabile, ma governabile per evitare crisi e disuguaglianze.
Sul testo di Luciano Gallino, ordinario di Sociologia all'Università di Torino, sono state spese parole di elogio da critici autorevoli. "Tra gli euforici del modello globale, gli avversari e gli attendisti, Gallino con una visione calma e razionale sceglie una quarta via, quella di sottrarre la globalizzazione agli automatismi della tecnologia e dei mercati finanziari." (Lucio Villari, La Repubblica). "Per Gallino il mercato non è un idolo, ma un'istituzione sociale che può e deve essere orientata al perseguimento di scopi non soltanto economici." (Antonio Calabrò, Il Sole 24 Ore).

