
Esortazione apostolica postsinodale Verbum Domini del Santo Padre Benedetto XVI all'episcopato, al clero, alle persone consacrate e ai fedeli laici sulla parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa.
Sei storie di delitti, sei detective stories, in cui in realtà non viene commesso nessun delitto. Le apparenze sono sinistre; il mistero agli inizi della vicenda è dei più cupi e inquietanti; l’evidenza dei fatti sta lì a indicare che una mente criminosa è al lavoro o ha già condotto a termine il lavoro. Lo sviluppo della vicenda non fa che confermare i peggiori sospetti del lettore. Lo scioglimento, infine, si incarica di smentire quelle apparenze, quei «fatti» con un umorismo sentenzioso, ammonitorio. Esso ci avverte ogni volta che l’immaginazione umana può essere più bizzarra e ingenua di quanto pensiamo.
Per un tale genere di detective story occorreva un detective molto speciale: Basil Grant, personaggio improbabile e grandioso, invenzione chestertoniana delle più felici, un ex giudice, allontanato dalla scranna per manifesta pazzia. La pazzia è il suo metodo investigativo e preferisce di gran lunga l’intuizione alla deduzione. Scarta «i fatti» come elementi essenzialmente fuorvianti. E' il perfetto campione, insomma, di queste storie stravaganti e beffarde, un impeccabile anti Holmes, che si aggira, svagato e sornione, per una Londra sterminata e fosca, in cui il crimine sembrerebbe di casa, mentre non lo è affatto.
L'esortazione apostolica di Papa Benedetto XVI a margine dei lavori del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio nella vita e nella mission edella Chiesa. Presentato il 15 novembre 2010. Il Sinodo dei Vescovi, nella XII Assemblea Generale Ordinaria dell'ottobre 2008, ha avuto come tema principale l'attenzione verso la Parola di Dio ed il suo ruolo di strumento essenziale nella comunicazione della rivelazione per i fedeli. Su questo tema, così importante per la missione pastorale della Chiesa contemporanea, Benedetto XVI presenta questa Esortazione Apostolica. Disponibili anche le versioni in varie lingue.
La condizione umana, provvisoria pur nella sua apparente continuità, è il tema di questo nuovo libro del cardinale Martini. Dall’infanzia all’adolescenza, dalla maturità, fino alla vecchiaia, i sogni, i doveri, le responsabilità mutano con il mutare del corpo e dell’animo, sotto la spinta dell’esperienza e dei “fatti della vita”.
Nei suoi incontri con i giovani, i lavoratori, gli anziani, Carlo Maria Martini ha più volte affrontato i rischi e la grandezza di ogni età, ciascuna degna di essere vissuta con il massimo impegno e consapevolezza.
Le sue parole, frutto di una lunga, personale meditazione, sono di incitamento, ma soprattutto di speranza: una guida, ispirata da comprensione e amore, rivolta a laici e cattolici all’alba o al tramonto della loro umana avventura. Dopo il successo di Colloqui notturni da Gerusalemme e Qualcosa di così personale, un libro per tutti, ricco di umana esperienza e di profondità di pensiero.
Carlo Maria Martini, gesuita, biblista di fama internazionale, è stato arcivescovo della diocesi di Milano dal 1980 al 2002. Al termine del servizio episcopale in diocesi, per lungo tempo si è ritirato a Gerusalemme, dove ha ripreso gli studi biblici. Nume- rose le sue pubblicazioni, tra cui con Mondadori: Sulla giustizia (1999), Non è giustizia (2003), Il discorso della montagna (2006), Conversazioni notturne a Gerusalemme (2008), Qualcosa di così personale (2009)
Lungo i giorni della novena di Natale il sussidio accompagna all’incontro col Bambino avvolto in fasce nella mangiatoia. Gli scritti di don Tonino Bello, posti come a commento del brano quotidiano di Sacra Scrittura, stimolano ad accorgersi che il Natale può essere nuovo se si diviene capaci di scelte coraggiose, profetiche e radicali nel solco della tradizione biblica, al fine di divenire collaboratori del Signore in grado di trasformare la propria vita e quella di tanti fratelli.
Strutturata in modo liturgico e lineare, la novena è pensata come momento di preghiera, ma anche quale occasione di riflessione.
Sommario
Introduzione. Primo giorno: Andiamo fino a Betlemme. Secondo giorno: Vivere protesi verso il futuro. Terzo giorno: Diciamo «Eccomi» con Maria. Quarto giorno: Camminiamo a piedi nudi. Quinto giorno: Cara città… Sesto giorno: Condividiamo la nostra casa con i poveri. Settimo giorno: Ricerchiamo l’altro nel volto. Ottavo giorno: Osiamo la pace per fede. Nono giorno: Tanti auguri.
«Nel Cuore di Gesù è posto davanti a noi il centro del cristianesimo. Questo Cuore invoca il nostro cuore». Ampio respiro teologico e puntuale attenzione pastorale caratterizzano questo testo, pronunciato come conferenza al Congresso sul Cuore di Gesù a Tolosa nel 1981 dall’allora card. Joseph Ratzinger, oggi Papa Benedetto XVI. Una sintesi di rara efficacia e densità.
Questo volume viene pubblicato per la prima volta nel 1914, insieme a La colonna e il fondamento della verità di P. Florenskij, presso la medesima casa editrice. Prima della pubblicazione Vladimir Ern aveva vissuto, dal 1911 al 1913, a Roma. In due anni di ricerche cosa ha trovato Ern di tanto prezioso da volerlo trasmettere ai suoi amici, di ritorno in Russia?
“È assolutamente indubbio il fatto – afferma Ern – che tra l’ontologismo italiano e le correnti originali del pensiero filosofico russo ci siano dei tratti di una sorprendente familiarità interiore”.
Ern vede in Rosmini “un filosofico bussare, per così dire, alle porte della sconfinata Verità” ma apre una nuova pagina interpretativa: se la teoria della conoscenza “è la base e il fondamento della sua filosofia”, tuttavia “la dottrina sulla creazione deve essere riconosciuta in tutta l’ontologia di Rosmini come il punto più importante”.
Gli autori Vladimir Francevicˇ ern, compagno di classe di Pavel Florenskij, al termine degli studi si dirige con lui a Mosca per incontrare Vladimir S. Solov’ëv (1853-1900). Nel 1910 fonda la casa editrice Put’. Nel 1911 parte con moglie e figlia per l’Italia e si ferma a Roma. Nel maggio del 1913, al suo ritorno a Mosca, sceglie di dedicare a Rosmini la tesi di laurea e nel 1914 pubblica Rosmini e la sua teoria della conoscenza. Nel 1916 Ern pubblica La filosofia di Gioberti e comincia a lavorare a La suprema comprensione di Platone.Viene però stroncato da una nefrite a trentacinque anni, il 29 aprile (11 maggio, secondo il calendario ortodosso) del 1917. rosalia azzaro pulvirenti si è laureata nel 1975 in Pedagogia a Genova, dove ha seguito le lezioni di M. F. Sciacca, fondatore dello spiritualismo cristiano di scuola rosminiana. Si è specializzata in Bioetica all’Università Cattolica e alla Lateranense e ha insegnato Bioetica e Storia della medicina all’Università Tor Vergata e alla Sapienza. Alcune pubblicazioni: Scienza & Etica. Percorsi di comunicazione e formazione (2009); Ern e Rosmini: “una sorprendente familiarità interiore” (2006); Miceli e Rosmini, con l’opera inedita “Idea di un nuovo sistema” (1990); La rinascita del Tomismo in Sicilia (1986).
Per essere testimoni credibili di Gesù Cristo, oggi non basta più vivere come «cristiani sociologici», cristiani cioè che di Cristo sanno poco o nulla, fermi solo alle poche nozioni del catechismo appreso per la Prima Comunione o alle reminiscenze sollecitate dalle tradizionali feste religiose. Bisogna incontrare di nuovo Gesù, contemplare il suo volto, sentirlo presente nella propria vita come Salvatore, mettersi alla sua «sequela». In una parola, occorre operare nella propria vita di credenti un passaggio decisivo, una «seconda conversione».
Gli Esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola possono senz’altro apportare un contributo determinante per questa svolta decisiva. Pensato come una sorta di introduzione e guida alla lettura degli Esercizi Ignaziani, questo libro si sofferma su di essi, mettendone in evidenza soprattutto il loro dinamismo nella linea della «libertà per amore» (l’indifferenza ingnaziana), della sempre più intensa conformità e comunione con Cristo e della totale adesione all’amore di Dio, vissuto nella quotidianità.
Punti forti
Ottimo sussidio per accompagnare (e compiere) un serio cammino di conversione. Una suggestiva guida alla lettura di una delle più famose e importanti opere spirituali della tradizione cristiana: gli Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola.
Destinatari
Laici impegnati, ma anche sacerdoti e religiosi che vogliono ritrovare l’entusiasmo iniziale.
Autore
Giuseppe Casale, nato a Trani nel 1923, sacerdote dal 1946, è stato prima vescovo di Vallo della Lucania dal 1974 al 1988 e poi arcivescovo di Foggia Bovino fino al maggio 1999, quando è diventato emerito. È stato insegnante di Storia ecclesiastica nei seminari regionali di Chieti e Molfetta e vice assistente centrale della Gioventù italiana di AC con la responsabilità dei Movimenti Lavoratori e Rurali. Ha collaborato con l’Ufficio Catechistico Nazionale nel periodo in cui si elaborò il Documento base per il rinnovamento della Catechesi in Italia. Oggi, vescovo emerito, è una delle voci più lucide e attente della Chiesa italiana, convinto sostenitore di una nuova stagione conciliare, come emerge dalla sua ultima fatica editoriale: Per riformare la Chiesa. Appunti per una stagione conciliare, La Meridiana, Molfetta (Bari) 2010.
I Padri del deserto si sforzavano di mostrare una strada verso una vita di successo. Ed erano in grado di farlo proprio perché avevano percorso essi stessi tale strada. Così potevano aiutare tutte le persone che si recavano da loro per trovare, nel disorientamento più totale in cui vivevano, un cammino percorribile verso l'amore misericordioso.
In questo piccolo libro spirituale, che può essere un dono gradito, Anselm Grün presenta la saggezza che nasce dal silenzio e dalla semplicità di una vita ritirata: la saggezza dei Padri del deserto.
Nella primavera del 1924, il giovane Dietrich Bonhoeffer, in compagnia del fratello Klaus, si reca in Italia, fermandosi in particolare nella capitale e in Sicilia. Da qui i due fratelli intraprendono un avventuroso viaggio in Libia, terminato anzitempo con la loro mai chiarita espulsione.
Nel volume, le parole del futuro teologo si accompagnano a immagini dei luoghi visitati, a fotografie inedite, scattate dai due fratelli, nonch´ a lettere, molte in prima traduzione italiana, che essi scambiarono con amici e parenti.
Dalle pagine di Dietrich emerge l'acuta osservazione del nostro Paese e del comportamento degli italiani nella colonia libica. Possiamo così seguirne l'emozionante incontro con la Roma antica e, soprattutto, la scoperta del cattolicesimo romano: un'esperienza, questa, che influenzerà significativamente la riflessione del teologo maturo.
Il testo dell’arcivescovo emerito di Milano ha origine nel contesto dell’anno pastorale in cui il cardinale Carlo Maria Martini guidava la diocesi, e non solo, ad attendere con vigilanza Colui che sta alla porta della nostra vita ogni giorno, e a guardare oltre. E proponeva di guardare alle virtù teologali e cardinali come compagne quotidiane della vita degli uomini e delle donne desiderosi di sviluppare delle abitudini buone per camminare con fede verso il futuro. Come ricordava il vicario generale di allora, monsignor Giovanni Giudici, a proposito di questa catechesi: «Impariamo che, mentre è indispensabile che i cristiani ascoltino, contemplino, preghino le promesse di Dio circa la vita eterna, è altrettanto essenziale che siano attenti e spiritualmente laboriosi circa il loro presente».
In un discorso rivolto a educatori, descrivendo sinteticamente la mentalità postmoderna come un'atmosfera e un movimento di pensiero che si oppone al mondo così come lo abbiamo finora conosciuto, il cardinale indicava, per essere preparati a educare, la necessità di fare proprie quattro attitudini: «Non essere sorpreso dalla diversità; non avere paura di ciò che è diverso o nuovo, ma consideralo come un dono di Dio. Corri dei rischi; la fede è il grande rischio della vita. Sii amico dei poveri. Alimentati con il Vangelo». E per sviluppare queste attitudini «virtuose» suggeriva quattro esercizi: lectio divina, autocontrollo, silenzio, umiltà.
La virtù per i giovani: è più facile fare le cose difficili
Ripensando agli anni trascorsi a fianco dell’arcivescovo Carlo Maria Martini, ricordo sempre questa sua parola, rivolta ai giovani durante una meditazione. «È più facile fare le cose difficili». Il tono di questa parola risuonava nello stesso tempo entusiasmante e pacificante: è più facile fare le cose difficili perché il nostro cuore è fatto per le cose grandi, la mediocrità non è per noi!
«È più facile fare le cose difficili». Ho sempre pensato che fosse l’applicazione morale virtuosa del suo motto episcopale «Pro veritate adversa dirigere». Di fatto, mi hanno sempre colpito la sua curiosità e il suo desiderio di entrare nelle situazioni più intricate e complesse, a volte con un coraggio che solo un gesuita abituato a camminare a piedi da solo in mezzo ai disagi può trovare.
Quando in Duomo, nella prima sciagurata guerra del Golfo, gridò la preghiera di «intercessione» e ci spiegò che intercedere significava mettersi in mezzo con le mani sulle spalle dei due contendenti, l’arcivescovo svelò un tratto del suo stile, che avevamo visto tante volte incompreso, ma che avremmo riconosciuto tante altre volte realizzato concretamente nei rapporti interpersonali, nei conflitti ecclesiali, nei momenti dello smarrimento civile e in tante altre scelte della vita.
Nel grande corridoio dell’arcivescovado di Milano, opposto alla cappella, c’è il busto di bronzo del cardinale Schuster che prega con le mani giunte, e ricorda l’ascesi e la fedeltà agli impegni sacerdotali. Quando ricordo quel luogo, rivedo anche l’arcivescovo Martini che cammina con la Bibbia in mano; e lo rivedo in compagnia di un profeta, di un apostolo, o di un personaggio qualunque. Sono loro che lo conducono attraverso la lectio, la meditatio, l’oratio e la contemplatio, la discretio e l’actio a sentire il Signore che gli dice: «È più facile fare le cose difficili!».
Mons. Franco Agnesi - Introduzione al volume «Le virtù»
Il testo di Josef Ratzinger condensa delle profonde riflessioni sul senso della morte, inquadrando tale evento entro una cornice teologica con particolare riferimento alla cristologia: "Morire significa essere con Cristo" (Fil 1,34). Se lo studio dell'autore comprende vari ambiti di interesse, sia nell'ordine storico-biblico che escatologico-apocalittico, il punto nevralgico di questa riflessione è l'apprendimento-scoperta del valore e del significato che la morte, intesa come evento umano, rappresenta per il credente. Secondo l'autore ha senso, perciò, progredire nella conoscenza della morte secondo quella che lui stesso definisce "la novità cristiana", oltrepassando così, da un lato, l'antica prospettiva greco-pagana, dove seppur non in maniera totale e definitiva la morte segnava la fine dell'essere uomo nella totalità-coordinamento di tutte le sue funzioni vitali e individuali, destinato ad un ambiguo futuro essere nel non essere, sostanzialmente entro una visione dualistica corpo-anima; dall'altro, nell'AT "tutto ciò che è connesso con la morte è qualificato come impuro, anche il culto dei morti", e perciò la morte segna anche qui uno "smaltimento" (seppur non di tipo dualistico come per i greci) dell'uomo destinato ad un'esistenza d'ombra nello Sheol.