
Filippo IV fu l'interprete della malinconia di un impero, quello spagnolo, che, nel giro di qualche decennio, oscillò tra apogeo e declino, tra delirio imperialistico e speranza di restare il centro del mondo, tra sfarzo e decadenza. Regnò dal 1621 al 1665, un periodo sconvolto dalla guerra dei Trent'anni (1618-1648), da rivoluzioni e trasformazioni socio-economiche che colpirono tutta l'Europa. Nei primi vent'anni del suo regno fu il sovrano della prima e unica grande potenza mondiale della storia. Ma a metà secolo quella potenza era già in declino, il mondo stava cambiando: nuovi protagonisti si affacciavano sulla scena. Tuttavia Filippo si dimostrò uno statista di primo piano, capace di gestire uno dei periodi più travagliati della storia dell'impero su cui "non tramontava mai il sole". La sua epoca fu l'apoteosi del barocco e Madrid ne fu la capitale: nella vita e nella società di Corte, nel suo cerimoniale, esempio e modello per Versailles; nel mecenatismo del re e del suo favorito Olivares; nelle vite parallele di Filippo, Rubens, Velazquez e Calderon. Gli eccessi del tempo si riflettevano nelle stanze dei suoi palazzi: la sessualità di Filippo fu sfrenata, tanto che qualcuno lo definì "sultano poligamo". Fu attratto da donne nobili e popolane, prostitute, attrici, cantanti. Ebbe molti figli, legittimi e non: alcuni morirono appena nati o bambini. Ebbe una vita familiare sfortunata, colpita da lutti che lasciarono un segno indelebile su di lui, malinconico come il suo impero.
Il 1956 fu un anno decisivo per le sorti del mondo arabo-islamico. La crisi di Suez dell'ottobre di quello stesso anno, scaturita dalla nazionalizzazione del canale (avvenuta nel luglio 1956), aveva sancito la fine degli imperialismi britannico e francese e il conseguente, prepotente, ingresso in scena degli Stati Uniti d'America e dell'Unione Sovietica. Un passaggio di consegne fatto di complotti, accordi segreti, colpi di scena, carte bollate, spie e carri armati durato dall'ottobre del 1956 sino alla primavera del 1957. Una storia dove agenti dell'intelligence, vecchi monarchi, militari e politici intrecciano i loro destini ognuno nel disperato tentativo di salvaguardare i propri interessi. Questo libro ricostruisce i complessi e ancora oscuri avvenimenti di quegli anni, accompagnando il lettore fra gli intrighi di palazzo e i retroscena, in parte ancora mai raccontati, di quei tumultuosi mesi. Il tutto partendo dalla vita del giovane Nasser, dal suo esordio nella vita pubblica egiziana sino alla conquista della presidenza dell'Egitto. Un'avvincente spy story che portò il mondo sull'orlo del terzo conflitto mondiale, cambiando per sempre gli equilibri del Medio Oriente.
"Del buon uso del tradimento" è il titolo di un celebre libro di Pierre Vidal-Naquet sulla figura e sulla straripante opera del comandante militare, sacerdote, storico Giuseppe Flavio (nato nel 37 d.C. e vissuto fin sotto il regno di Traiano). Straripante e giunta a noi intatta. Come è avvenuta la straordinaria salvazione, caso unico in tutta la storiografia di lingua greca dei quattro secoli che intercorrono tra Polibio e Cassio Dione? Chi prese in carico l'opera e perché? Quale ruolo ebbe in questo prodigioso fenomeno storico-letterario il cosiddetto Testimonium sulla vita e morte di Gesú, inserito nelle Antichità giudaiche di Giuseppe? E cosa intendeva davvero essere quella sottile e tormentata testimonianza? L'interpolazione - se tale è - più controversa della storia dei testi greci racchiude la chiave che può avviare alla soluzione di queste domande. Con qualche sorpresa.
Questa «Nuova Edizione commentata delle Opere di Dante (NECOD)» è stata concepita - unitamente al «Censimento» e alla «Edizione Nazionale dei Commenti danteschi», che la integrano - come massimo omaggio a Dante nel Settimo Centenario della morte: 1321-2021. A distanza di cento anni dalla «Edizione del Centenario» de Le Opere di Dante, il volume che nel 1921, in occasione del Sesto Centenario della morte, offrí ai lettori di tutto il mondo quello che è rimasto fino ad oggi il testo di riferimento dell'opera dantesca, frutto del lavoro pluriennale di un'équipe di insigni studiosi coordinati da Michele Barbi, sono sembrati maturi i tempi per un decisivo passo avanti: non solo un nuovo testo di tutte le opere, riveduto e aggiornato ai progressi piú significativi della filologia internazionale, ma finalmente un commento di grande respiro, integrato ove occorra da appendici di documenti utili a meglio illustrare il discorso storico e critico, in grado di scavare a fondo nel dettato dantesco e cogliere tutte le valenze comunicative di un messaggio estremamente complesso, talvolta studiatamente criptico, ancora in parte da scoprire e capace di suscitare emozioni forti anche nei lettori di sette secoli piú tardi. La selezione attenta dei Curatori e la supervisione di una Commissione scientifica che include alcuni tra i maggiori specialisti italiani e stranieri, un rigoroso sistema di controlli, idoneo a garantire un margine minimo di sviste o errori, insieme con un ricco apparato di indici e repertori che consenta un'agevole fruibilità dei volumi, distinguono questa «Nuova Edizione» come una proposta senza precedenti nella storia degli studi danteschi. In coincidenza con il Centocinquantenario dell'Unità d'Italia, che si compirà nel 2021 con i centocinquant'anni di Roma capitale, l'omaggio più degno della Patria al suo grande Poeta che ne ha presentito il destino di nazione, plasmandone la lingua e l'identità culturale.
Quarta edizione del Napoleone di Luigi Mascilli Migliorini, vincitore del Grand Prix della Fondation Napoléon, diventato in questi anni una delle maggiori biografie del grande personaggio. Un libro affascinante, un rinnovato, esaustivo contributo alla conoscenza di una delle piú appassionanti figure della storia, in cui la trattazione, resa avvincente dal riferimento a particolari aneddotici e ad autorevoli fonti letterarie, piuttosto che celebrare il politico o l'uomo d'armi, narra la storia dell'uomo, "spettatore e attore" della propria esistenza nel quadro storico in cui ha vissuto.
Vengono riconosciute due nervature profonde che attraversano tutto il percorso narrativo dell'opera, conferendole uno spessore e un valore semantico passati finora del tutto inosservati: da un lato un nascosto lacerante conflitto ideologico con Guido Cavalvanti, che, esploso dopo la dedica a lui della Vita nuova, effetto di quella dedica, trova il suo esito poi nella Commedia; dall'altro una velata ma progressivamente scoperta ambizione di dare all'opera una valenza per cui essa sia non soltanto il messaggio, pur altissimo, di un poeta, ma il contributo di un uomo di fede che, sostenuto dalla grazia di Dio, intenda adempiere a una missione di salvezza dell'umanità. Perciò l'appello al «sacrato poema», il «poema sacro, / al quale ha posto mano e cielo e terra», che potrà meritargli «l'amato alloro», l'incoronazione poetica, convalida e sigillo del felice compimento della sua "missione".
Il mito di Enea, protagonista dell'Eneide, è uno dei racconti che hanno fatto la storia della cultura europea negli ultimi duemila anni, influenzando in modo determinante l'immaginario collettivo e alimentando innumerevoli riscritture, rivisitazioni, interpretazioni iconografiche e teatrali, oltre a una sterminata messe di studi alla quale danno il loro contributo ricercatori di ogni parte del mondo. Mario Lentano, docente di Letteratura latina all'Università di Siena, affronta per la prima volta questa figura centrale del nostro panorama culturale in chiave biografica, raccontando la sua vita come quella di un personaggio storico: concepimento e nascita, infanzia e giovinezza, età matura, morte e apoteosi, se tale fu. Fonti letterarie, testi storiografici e raffigurazioni su marmo o su terracotta sono interrogati per ricostruire la parabola dell'eroe che i Romani consideravano come il proprio capostipite, il remoto antenato dei gemelli Romolo e Remo, e che per questo tramite è diventato uno dei padri dell'Occidente. Un'avvincente scrittura narrativa, il tono accattivante e l'eliminazione delle note, supplite da una generosa bibliografia finale, rendono questa vita di Enea un libro accessibile a chiunque ami il mito antico e sia curioso di conoscerne un protagonista di primo piano, lo stesso che ha incontrato, da ragazzo, sui banchi di scuola.
La millenaria convivenza di ebrei, cristiani e musulmani ha svolto un ruolo di garanzia del carattere plurale dei paesi in quest’area, sopravvissuta anche allo shock del 1948, con la nascita di Israele. Questo libro vuole rendere giustizia a una storia antica e attuale, con la preoccupazione che, se cade la convivenza multireligiosa in Palestina, potrà estinguersi in tutto il Medio Oriente. I segnali del declino ci sono da tempo. Ma se questo avvenisse, sarebbe una sconfitta per tutti, musulmani, cristiani ed ebrei insieme.
In questo volume vengono raccontate le figure femminili che hanno occupato un ruolo di primo piano nella storia dinastica di Roma. Sono esistenze attraversate da complotti, guerre, contrasti familiari, apici di fama e abissi di dolore, lungo un arco di tempo - dal I sec. a. C. al III d. C. - in cui è l'Oriente a caratterizzare l'inizio e la fine di queste storie: l'Egitto di Cleopatra e la Siria di Giulia Domna. I loro profili biografici, accanto a quelli di Livia, Agrippina Minore, Giulia Soemia e Mamea, descrivono le trasformazioni di Roma, i cambiamenti nella politica, nella società, nell'arte, nelle mode. Insieme, compaiono altre donne, vittime di condanne ingiuste o coinvolte in cospirazioni: Ottavia, sorella di Augusto e moglie di Marco Antonio; Agrippina Maggiore, sposa prolifica e ribelle del valoroso generale Germanico; Messalina, scandalosa consorte di Claudio. Gli uomini del loro tempo hanno nomi altisonanti: da Giulio Cesare a Caracalla e Severo Alessandro, sfilano in queste pagine tutti i detentori del massimo potere politico fino all'avvento dell'anarchia militare. Li potremo conoscere meglio attraverso le donne che gli furono accanto, come interpreti di ruoli pubblici, come pedine indispensabili per la successione e la propaganda.
La vicenda di Marco Antonio appartiene alla storia dei vinti. La sua condotta fu diffamata con accanimento dagli antagonisti politici, Cicerone prima e Ottaviano poi; la sua memoria, dopo la morte, fu oggetto di sistematica rimozione in attuazione di un provvedimento del senato; la sua figura fu consegnata ai posteri inquinata dalla manipolazione del vincitore, il futuro Augusto: ne emerse l'immagine di un abile generale romano, soggiogato però dall'amore per la regina d'Egitto Cleopatra, corrotto dalla depravazione dell'Oriente, caduto preda degli eccessi di vino, cibo, lusso, sesso. A dispetto di tale deformazione, la documentazione superstite ci restituisce il profilo di una personalità politica animata da una progettualità innovativa. Nel contesto pubblico l'adesione al progetto cesariano e l'empatia nei confronti dei ceti popolari maturarono in una visione politica che intendeva conciliare le istituzioni della repubblica romana praticabili in Occidente con gli assetti delle monarchie ellenistiche a conduzione dinastica, proprie delle province orientali; a tale impostazione, ispirata a flessibilità e diversificazione, si coniugarono il rispetto, la valorizzazione e l'accoglienza degli usi e costumi del mosaico di popoli che componevano l'impero. Nell'ambito privato egli oppose un consapevole rifiuto delle convenzioni. Ad una esistenza consacrata, secondo le tradizioni, alla morigeratezza, alla sobrietà, allo spirito di sacrificio, all'impegno per l'interesse collettivo, egli contrappose un modello di vita che riservasse spazio ai piaceri individuali: le gioie dell'amore, l'ebrezza del vino, le raffinate prelibatezze della tavola, l'apprezzamento per ogni forma d'arte, la propensione per il lusso, la complicità cameratesca, la solidarietà con l'elemento femminile.