
"Del buon uso del tradimento" è il titolo di un celebre libro di Pierre Vidal-Naquet sulla figura e sulla straripante opera del comandante militare, sacerdote, storico Giuseppe Flavio (nato nel 37 d.C. e vissuto fin sotto il regno di Traiano). Straripante e giunta a noi intatta. Come è avvenuta la straordinaria salvazione, caso unico in tutta la storiografia di lingua greca dei quattro secoli che intercorrono tra Polibio e Cassio Dione? Chi prese in carico l'opera e perché? Quale ruolo ebbe in questo prodigioso fenomeno storico-letterario il cosiddetto Testimonium sulla vita e morte di Gesú, inserito nelle Antichità giudaiche di Giuseppe? E cosa intendeva davvero essere quella sottile e tormentata testimonianza? L'interpolazione - se tale è - più controversa della storia dei testi greci racchiude la chiave che può avviare alla soluzione di queste domande. Con qualche sorpresa.
Questa «Nuova Edizione commentata delle Opere di Dante (NECOD)» è stata concepita - unitamente al «Censimento» e alla «Edizione Nazionale dei Commenti danteschi», che la integrano - come massimo omaggio a Dante nel Settimo Centenario della morte: 1321-2021. A distanza di cento anni dalla «Edizione del Centenario» de Le Opere di Dante, il volume che nel 1921, in occasione del Sesto Centenario della morte, offrí ai lettori di tutto il mondo quello che è rimasto fino ad oggi il testo di riferimento dell'opera dantesca, frutto del lavoro pluriennale di un'équipe di insigni studiosi coordinati da Michele Barbi, sono sembrati maturi i tempi per un decisivo passo avanti: non solo un nuovo testo di tutte le opere, riveduto e aggiornato ai progressi piú significativi della filologia internazionale, ma finalmente un commento di grande respiro, integrato ove occorra da appendici di documenti utili a meglio illustrare il discorso storico e critico, in grado di scavare a fondo nel dettato dantesco e cogliere tutte le valenze comunicative di un messaggio estremamente complesso, talvolta studiatamente criptico, ancora in parte da scoprire e capace di suscitare emozioni forti anche nei lettori di sette secoli piú tardi. La selezione attenta dei Curatori e la supervisione di una Commissione scientifica che include alcuni tra i maggiori specialisti italiani e stranieri, un rigoroso sistema di controlli, idoneo a garantire un margine minimo di sviste o errori, insieme con un ricco apparato di indici e repertori che consenta un'agevole fruibilità dei volumi, distinguono questa «Nuova Edizione» come una proposta senza precedenti nella storia degli studi danteschi. In coincidenza con il Centocinquantenario dell'Unità d'Italia, che si compirà nel 2021 con i centocinquant'anni di Roma capitale, l'omaggio più degno della Patria al suo grande Poeta che ne ha presentito il destino di nazione, plasmandone la lingua e l'identità culturale.
Quarta edizione del Napoleone di Luigi Mascilli Migliorini, vincitore del Grand Prix della Fondation Napoléon, diventato in questi anni una delle maggiori biografie del grande personaggio. Un libro affascinante, un rinnovato, esaustivo contributo alla conoscenza di una delle piú appassionanti figure della storia, in cui la trattazione, resa avvincente dal riferimento a particolari aneddotici e ad autorevoli fonti letterarie, piuttosto che celebrare il politico o l'uomo d'armi, narra la storia dell'uomo, "spettatore e attore" della propria esistenza nel quadro storico in cui ha vissuto.
Vengono riconosciute due nervature profonde che attraversano tutto il percorso narrativo dell'opera, conferendole uno spessore e un valore semantico passati finora del tutto inosservati: da un lato un nascosto lacerante conflitto ideologico con Guido Cavalvanti, che, esploso dopo la dedica a lui della Vita nuova, effetto di quella dedica, trova il suo esito poi nella Commedia; dall'altro una velata ma progressivamente scoperta ambizione di dare all'opera una valenza per cui essa sia non soltanto il messaggio, pur altissimo, di un poeta, ma il contributo di un uomo di fede che, sostenuto dalla grazia di Dio, intenda adempiere a una missione di salvezza dell'umanità. Perciò l'appello al «sacrato poema», il «poema sacro, / al quale ha posto mano e cielo e terra», che potrà meritargli «l'amato alloro», l'incoronazione poetica, convalida e sigillo del felice compimento della sua "missione".
Il mito di Enea, protagonista dell'Eneide, è uno dei racconti che hanno fatto la storia della cultura europea negli ultimi duemila anni, influenzando in modo determinante l'immaginario collettivo e alimentando innumerevoli riscritture, rivisitazioni, interpretazioni iconografiche e teatrali, oltre a una sterminata messe di studi alla quale danno il loro contributo ricercatori di ogni parte del mondo. Mario Lentano, docente di Letteratura latina all'Università di Siena, affronta per la prima volta questa figura centrale del nostro panorama culturale in chiave biografica, raccontando la sua vita come quella di un personaggio storico: concepimento e nascita, infanzia e giovinezza, età matura, morte e apoteosi, se tale fu. Fonti letterarie, testi storiografici e raffigurazioni su marmo o su terracotta sono interrogati per ricostruire la parabola dell'eroe che i Romani consideravano come il proprio capostipite, il remoto antenato dei gemelli Romolo e Remo, e che per questo tramite è diventato uno dei padri dell'Occidente. Un'avvincente scrittura narrativa, il tono accattivante e l'eliminazione delle note, supplite da una generosa bibliografia finale, rendono questa vita di Enea un libro accessibile a chiunque ami il mito antico e sia curioso di conoscerne un protagonista di primo piano, lo stesso che ha incontrato, da ragazzo, sui banchi di scuola.
La millenaria convivenza di ebrei, cristiani e musulmani ha svolto un ruolo di garanzia del carattere plurale dei paesi in quest’area, sopravvissuta anche allo shock del 1948, con la nascita di Israele. Questo libro vuole rendere giustizia a una storia antica e attuale, con la preoccupazione che, se cade la convivenza multireligiosa in Palestina, potrà estinguersi in tutto il Medio Oriente. I segnali del declino ci sono da tempo. Ma se questo avvenisse, sarebbe una sconfitta per tutti, musulmani, cristiani ed ebrei insieme.
In questo volume vengono raccontate le figure femminili che hanno occupato un ruolo di primo piano nella storia dinastica di Roma. Sono esistenze attraversate da complotti, guerre, contrasti familiari, apici di fama e abissi di dolore, lungo un arco di tempo - dal I sec. a. C. al III d. C. - in cui è l'Oriente a caratterizzare l'inizio e la fine di queste storie: l'Egitto di Cleopatra e la Siria di Giulia Domna. I loro profili biografici, accanto a quelli di Livia, Agrippina Minore, Giulia Soemia e Mamea, descrivono le trasformazioni di Roma, i cambiamenti nella politica, nella società, nell'arte, nelle mode. Insieme, compaiono altre donne, vittime di condanne ingiuste o coinvolte in cospirazioni: Ottavia, sorella di Augusto e moglie di Marco Antonio; Agrippina Maggiore, sposa prolifica e ribelle del valoroso generale Germanico; Messalina, scandalosa consorte di Claudio. Gli uomini del loro tempo hanno nomi altisonanti: da Giulio Cesare a Caracalla e Severo Alessandro, sfilano in queste pagine tutti i detentori del massimo potere politico fino all'avvento dell'anarchia militare. Li potremo conoscere meglio attraverso le donne che gli furono accanto, come interpreti di ruoli pubblici, come pedine indispensabili per la successione e la propaganda.
La vicenda di Marco Antonio appartiene alla storia dei vinti. La sua condotta fu diffamata con accanimento dagli antagonisti politici, Cicerone prima e Ottaviano poi; la sua memoria, dopo la morte, fu oggetto di sistematica rimozione in attuazione di un provvedimento del senato; la sua figura fu consegnata ai posteri inquinata dalla manipolazione del vincitore, il futuro Augusto: ne emerse l'immagine di un abile generale romano, soggiogato però dall'amore per la regina d'Egitto Cleopatra, corrotto dalla depravazione dell'Oriente, caduto preda degli eccessi di vino, cibo, lusso, sesso. A dispetto di tale deformazione, la documentazione superstite ci restituisce il profilo di una personalità politica animata da una progettualità innovativa. Nel contesto pubblico l'adesione al progetto cesariano e l'empatia nei confronti dei ceti popolari maturarono in una visione politica che intendeva conciliare le istituzioni della repubblica romana praticabili in Occidente con gli assetti delle monarchie ellenistiche a conduzione dinastica, proprie delle province orientali; a tale impostazione, ispirata a flessibilità e diversificazione, si coniugarono il rispetto, la valorizzazione e l'accoglienza degli usi e costumi del mosaico di popoli che componevano l'impero. Nell'ambito privato egli oppose un consapevole rifiuto delle convenzioni. Ad una esistenza consacrata, secondo le tradizioni, alla morigeratezza, alla sobrietà, allo spirito di sacrificio, all'impegno per l'interesse collettivo, egli contrappose un modello di vita che riservasse spazio ai piaceri individuali: le gioie dell'amore, l'ebrezza del vino, le raffinate prelibatezze della tavola, l'apprezzamento per ogni forma d'arte, la propensione per il lusso, la complicità cameratesca, la solidarietà con l'elemento femminile.
Il colpo di sciabola che avrebbe dovuto trafiggere il cranio di Andreas Kramer, rifugiatosi nella chiesa di S. Giovanni dove lo trovarono i lanzichenecchi croati, fu frenato dal corposo volume che il pastore luterano teneva tra le mani, una raccolta di testi biblici e di commenti alle scritture. Era il 1631 e in Europa infuriava la guerra dei Trent'anni. La lama squarciò ma non distrusse quella bibbia, simbolo di un conflitto religioso la cui ferocia sarebbe rimasta insuperata fino al XX secolo. Questo libro racconta la storia di tre luoghi perduti, tre episodi della violenza che si abbatté sulle popolazioni di fede protestante nel cuore del continente: la strage di Valtellina (1620), l'assedio di La Rochelle (1627-'28) e quello di Magdeburgo (1630-'31), dove persero la vita ventimila uomini in poche ore. Tre catastrofi che scossero profondamente l'Europa del tempo e che interrogano ancor oggi la nostra coscienza.
«Il re muore, ne occorre un altro; le elezioni lasciano degli intervalli pericolosi [...]. Si è resa la corona ereditaria in alcune famiglie e si è stabilito un ordine di successione che impedisca ogni disputa alla morte del re. Cosicché [...] si preferisce rischiare di avere per capi dei bambini, dei mostri, degli imbecilli piuttosto che avere da disputare sulla scelta dei buoni re» (J.-J. Rousseau, Contratto sociale). Questo saggio ricostruisce i dibattiti, gli scontri e le tensioni che accompagnarono la gestazione delle leggi di successione, tra la metà del Seicento e la metà del secolo successivo: dalla Danimarca all'Inghilterra della Gloriosa Rivoluzione, dalla Russia di Pietro I alla Francia di Luigi XIV, dalla Spagna borbonica ai domini asburgici, alla Toscana nel passaggio dai Medici ai Lorena. Nel contesto dei dibattiti sulla sovranità e sul rapporto tra sovrano e popolo, da Pufendorf a Hobbes, a Locke, il volume ripercorre la storia d'Europa tra XVII e XVIII secolo per cercare di comprendere il contributo che le leggi di successione dettero alla "costituzionalizzazione" del rapporto tra dinastia, popolo e territorio.