Curatore di gran parte delle edizioni italiane degli scritti di Simone Weil a cominciare dall'edizione integrale dei "Quaderni", Giancarlo Gaeta ha accompagnato il lavoro di traduzione con commenti puntuali che tendono a mostrare di volta in volta movimento e tensione interna di una riflessione filosofica, politica, religiosa che ha proceduto in discontinuità con tutto ciò che nel corso della modernità ha contribuito a una crisi epocale irreversibile. Riflessione che si è perciò spinta oltre i limiti dell'acquisito e del realistico, fin là dove avrebbero potuto aprirsi altri universi di senso, altre possibilità di coniugazioni culturali. Per questa via l'autore ha cercato di mettere se stesso nella posizione migliore per comprendere le molte facce di un pensiero eminentemente sperimentale che a noi si offre come pura interrogazione sul presente, costringendo a prendere atto che soltanto la coscienza delle contraddizioni del proprio tempo ne permette una lettura proficua.
Freud ha riconosciuto nell’inconscio la sede privilegiata degli oggetti contraddittori: dall’iniziale affermazione dell’assenza di contraddizioni (L’inconscio, in Metapsicologia, 1915) alla negazione di validità delle leggi logiche (Nuove lezioni, 1933), fino all’affermazione che l’inconscio è «il regno della non-logica» (Compendio di psicoanalisi, 1938). A partire da un confronto con il progetto teorico dello psicoanalista argentino Ignacio Matte Blanco, Enzo Melandri opera in questo libro una ricognizione epistemologica dei fondamenti della psicoanalisi, mostrando come nel modello di Freud la contraddizione sia in realtà una «metafora dinamica», simile all’uso rinvenibile nel pensiero di Marx. In un’indagine condotta con cannocchiale aristotelico, l’autore affronta i problemi dell’applicazione della matematica in psicologia, delle teorie infinitistiche di Dedekind e Cantor, della «riduzione» dell’inconscio a linguaggio.
Nel Medioevo le reliquie di santi, beati e martiri viaggiavano da un luogo all’altro d’Europa: dita, mani, gambe, piedi, teste, lingue, cuori e capelli. Le parti più pregiate riguardavano la specialità del santo: di Antonio di Padova, predicatore, la lingua; di Sant’Apollonia i denti cavati con le tenaglie: Paolo VI li fa raccogliere e ne riempie una cassetta con 3 chili e mezzo. Il Santo Prepuzio, l’autentica lettera del diavolo, il corpo avventuroso di San Marco, il sangue di San Lorenzo e così via.
Una letteratura latina che nessuno può avere studiato a scuola, una parodia del manuale scolastico, dove compaiono autori assolutamente impensabili, divisi in correnti ed epoche; la Lesbia cantata da Catullo che risponde irritata a Catullo; il "seccatore" di Orazio che aveva già seccato anche Cicerone; un poemetto lucreziano sulla jella; e poi anticipatori, in anticipo di duemila anni su Ungaretti e Montale, e così via. E la "filologia creativa", nuova disciplina accademica, dove un testo letterario mai scritto viene restituito al godimento dell'umanità e agli studi futuri, colmando una parte dell'infinita lacuna che è l'ipotetico e l'impossibile.
Passeggiando nei pressi di una fonderia - così si narra - Pitagora ebbe la prima fulminante intuizione circa l'armonia: il suono calibrato che usciva dal luogo lo spinse a entrare e indagarne la natura. Entrato, trovò cinque uomini che impugnavano altrettanti martelli di diverse grandezze. Scoprì così che quattro di quegli utensili, tutt'altro che musicali per loro natura, grazie a ben precise dimensioni, riuscivano a emettere un suono armonico, capace di dilettare l'orecchio oltre ogni aspettativa. Era il primo passo per lo studio dell'armonia sonora e dell'approccio alle leggi che governano la musica. Il quinto di quei martelli invece - punto nodale del discorso dell'autore - venne scartato dalle osservazioni di Pitagora, non essendo egli stato in grado né di misurarlo, né di udirlo distintamente. Cosa indusse Pitagora a questa azione di scarto così ferma e decisa? Il libro parte proprio da questo, ipotizzando che la scelta offra la chiave per la definizione dell'idea stessa dell'armonia. Dal rifiuto del quinto martello, infatti, sarebbe nata la teoria del suono musicale, rifiuto che coincide con il primo assioma della scienza del mondo sensibile.
Il volume raccoglie tutti i saggi che Jacob Taubes ha dedicato a Gershom Scholem o a temi strettamente affini al suo ambito di studio, nonché quanto resta della corrispondenza tra i due, cioè le lettere che Taubes scrisse a Scholem dal 1947 al 1979 e le risposte di Scholem, che segnano la loro drammatica e irrevocabile rottura.
Nel 1921, per avvicinare i lettori alla sua opera maggiore, La stella della redenzione, che anche gli amici giudicavano di difficile lettura, Franz Rosenzweig si lasciò convincere a scrivere un testo introduttivo. Per costruirlo in modo efficace scelse la via dell'apologo, che prometteva una comunicazione più agevole con il pubblico colto, anche se avrebbe certo indispettito gli intellettuali di professione: nasceva in questo modo il volume Della comune intelligenza sana e di quella malata. La sua stessa genesi lo rende un originale momento di riflessione sulla filosofia, di cui sottolinea la «nativa» contrapposizione con l'uso spontaneo dell'intelligenza, quello che sorregge il comportamento quotidiano dell'uomo comune. In queste pagine, la cultura occidentale viene metaforicamente descritta come un paziente colpito da apoplexia philosophica acuta, innescata dal potere fuorviante della domanda (aristotelico-metafisica) «che cos'è?», e conseguentemente affetto da paralisi. Lo si potrà curare soltanto inserendolo più direttamente nella relazione con le tre grandi dimensioni entro cui si svolge l'esistenza: l'io, il mondo e Dio. È appunto questo il compito che Rosenzweig riteneva di poter affidare ad un «nuovo pensiero» ormai collocabile al di là della filosofia, la quale aveva infine compiuto (in Hegel) il suo destino, una volta attraversate le sue tre grandi fasi: l'antichità cosmologica, il medioevo teologico e la modernità psicologica.
Quattro novelle filosofiche di un Celati pensoso. Nella prima un professore di ginnastica, Baratto, stanco della falsità delle parole, smette di parlare, con un mutismo solenne e buffo. I protagonisti delle altre novelle pure loro si sentono estranei ad un mondo fatto di parole cerimoniali e abitudini, il che ne fa dei dispersi che vagano nel mondo. Ma poi tutti alla fine devono constatare che c'è poco da fare: la vita è solo una trama cerimoniale per tenere insieme qualcosa d'inconsistente, a cui però apparteniamo.
Metafora, metonimia, palindromo... sono solo alcune delle figure retoriche che arricchiscono la nostra lingua e che servono a capire e a raccontare la realtà. Tutti noi le usiamo, in modo naturale e spesso senza rendercene conto. "Che figura!" le trasforma in personaggi strambi e divertenti: dal Signor Litote che ormai ha il torcicollo a forza di fare no con la testa, a Miss Enfasi che sembra vivere a teatro, fino a mago Ossimoro, che si rinfresca col fuoco e si scalda col ghiaccio. Età di lettura: da 8 anni.
Presentiamo la traduzione di "On a New Interpretation of Plato's Political Philosophy" (1946), di Leo Strauss. Sotto le spoglie di una lunga e polemica recensione al volume di John Wild, "Plato's Theory of Man", Strauss espone le tesi principali della sua interpretazione di Platone, un impianto ermeneutico che troverà ampia espressione successivamente, negli anni Sessanta e Settanta del Novecento, nei commentari che egli dedicherà a singoli dialoghi platonici come "la Repubblica", "le Leggi" e "il Simposio." Secondo Strauss, la filosofia di Platone coincide con un radicale scetticismo zetetico, che trova nella rappresentazione dialogica la forma espressiva più adeguata. Il Platone che Strauss ci consegna risulta tutt'altro che rassicurante, poiché ha la forza di interrogare direttamente le nostre autorappresentazioni morali e politiche, di mettere in discussione la perfetta autoreferenzialità della "democrazia moderna" - quando intesa come il migliore degli ordini possibili -, nonché di porre sotto accusa tanto il relativismo quanto il normativismo quali inadeguati posizionamenti della filosofia rispetto alla politica.