
È di nuovo inverno, è di nuovo freddo. Il lago Averno, dove gli antichi credevano si trovasse la porta dell'aldilà, è scuro come il cielo sopra le nostre teste. Ad aguzzare gli occhi, riusciamo appena a distinguere la migrazione notturna di uno stormo di uccelli. All'alba, le colline brillano di fuoco, ma non è più il sole di agosto: i nostri corpi non sono stati salvati, non sono sicuri. In Averno, Louise Glück canta la solitudine e il terrore per l'ignoto, lo splendore della notte e l'amore, il desiderio: perché, sembra dirci, anche quando tutto è muto e spento, capita a volte di sentire musica da una finestra aperta, in una mattina di neve, e allora il mondo ci richiama a sé, e la sua bellezza è un invito. Premio Nobel per la Letteratura 2020.
È il tramonto e noi, a occhi aperti, guardiamo un giardino, verde e rigoglioso. Ascoltiamo il suono del vento che agita un campo di margherite. Osserviamo le foglie rosse di un acero: cadono persino in agosto, nel primo buio. Guardiamo laggiù: un bocciolo di rosa selvatica comincia a schiudersi, come un cuore protetto. Nel New England di Louise Glück, l'estate è breve e ogni fiore ha la sua voce, dolce e discreta; la stessa della poetessa, che qui canta caducità ed eternità, bellezza e morte, cura e indifferenza: il flusso del tempo che scorre, il flusso delle emozioni che scorrono sulla nostra pelle, in ogni giorno, in ogni attimo sfuggente della nostra vita. Premio Nobel per la Letteratura 2020.
C'era una volta un mondo in cui al mattino ci si alzava per andare al lavoro, alla sera si usciva a bere una birra con gli amici e quando si era vecchi si passava il tempo a guardare la televisione. Ripetitivo? Rassicurante? Comunque sia, il mondo di una volta presto non esisterà più.
La realtà in cui viviamo sta mutando giorno dopo giorno: piccoli cambiamenti impercettibili, che a breve si trasformeranno in un capovolgimento radicale del nostro modo di stare al mondo. Quello che ci aspetta é un futuro in cui i robot lavoreranno nelle fabbriche, costruiranno le nostre case e si prenderanno cura dei malati e delle persone sole, mentre noi ci dedicheremo ai lavori creativi, grazie a esoscheletri e protesi sofisticate resteremo attivi anche in tarda età. Un futuro in cui megalopoli congestionate diventeranno serre e orti urbani e noi potremo viaggiare dalla Spagna alla Cina senza passaporto e senza soldi. Un futuro in cui mobili e altri oggetti d'uso saranno stampati in 3D e riciclati dopo mentre edifici e vestiti saranno realizzati in materiali intelligenti che si adatteranno all’'ambiente cambiando forma e colore a seconda della stagione.
2030 d.C. é una guida dettagliata e immaginifica per prepararci al futuro senza paura: Mauro F. Guillén disegna la mappa con cui orientarci attraverso le sfide che ci attendono, descrivendo i cambiamenti più radicali del prossimo decennio, spiegando come anticipare le tendenze che diventeranno parte della nostra vita quotidiana e invitandoci a leggere le incertezze dell’avvenire come nuove possibilità.
Quand'è stata l'ultima volta che hai giocato? Troppi impegni, e poi è una cosa da bambini, no? Niente di più sbagliato: giocare è un'attività fondamentale; è il modo in cui impariamo a confrontarci con il mondo, a sviluppare la creatività, a trovare soluzioni inaspettate ai problemi e, magari, a scoprire che le regole possono essere ignorate o cambiate. Se pensi di esserti dimenticato come si fa, apri "Il libro dei giochi" e lasciati trasportare da Michael Rosen in un percorso magico tra tutti i possibili modi di giocare e divertirsi con parole, oggetti e infinita immaginazione, accompagnati da moltissime schede e disegni: trascina i tuoi amici in sfide a base di scioglilingua e limerick; inventa bizzarri seguiti di favole e film; costruisci castelli, abiti e strumenti musicali con quello che trovi in casa; improvvisa giochi mentre stai camminando; ritaglia, colora e scarabocchia queste pagine. Perché giocare è riscoprire la tua fantasia; giocare è imparare qualcosa divertendosi; giocare è condividere un piacere con le persone che ami; giocare è vivere.
Durante un soggiorno a Monte Carlo insieme alla signora cui fa da dama di compagnia, una giovane donna, appena ventenne, conosce il ricco e affascinante vedovo Maxim de Winter. L'uomo inizia a corteggiarla e, dopo due sole settimane, le chiede di sposarlo; lei, innamoratissima, accetta con entusiasmo e lo segue nella sua grande tenuta di famiglia a Manderlay. Sembra l'inizio di una storia da favola, ma i sogni e le aspettative della giovane si scontrano subito con la fredda accoglienza della servitù, in particolare della sinistra governante. Eppure non si tratta solo di questo: c'è qualcosa, in quel luogo, che giorno dopo giorno rende l'ambiente sempre più opprimente; c'è una presenza che pervade ogni stanza della magione e che si stringe attorno ai passi dell'attuale inquilina come una morsa silenziosa. È Rebecca, la defunta signora de Winter, più viva che mai nella memoria di tutti quelli che l'hanno conosciuta e modello inarrivabile per la giovane, che invece si muove impacciata e confusa nella sua nuova esistenza altolocata e mondana. Un fantasma ingombrante che si trasformerà in una vera e propria ossessione per la protagonista, costretta a immergersi nelle ombre del proprio matrimonio e spinta sempre più ai confini della follia, fino a dubitare della propria stessa identità. Fonte di ispirazione dell'omonimo film di Alfred Hitchcock con Laurence Olivier e Joan Fontaine, "Rebecca la prima moglie" è l'opera più famosa e amata di Daphne du Maurier: un thriller psicologico ricco di suspense e mistero, colpi di scena e ribaltamenti inaspettati, passioni e segreti. Un romanzo sulla gelosia e sulla memoria, che conduce il lettore tra le pieghe dell'animo umano, là dove si nascondono gli spettri nati dal dolore più atroce e dalle paure più inconfessabili.
Non sarebbe tutto più facile se anche la vita avesse un libretto di istruzioni? Non esiste un elenco di regole che funzioni per tutti noi, ma quello che avete tra le mani è un manuale per gli utenti della vita, scritto da altri utenti con più esperienza per aiutarci a vivere meglio, a vedere con maggiore chiarezza nei momenti di crisi e superare la confusione e i dubbi quotidiani. "Vita" è un prontuario per tutti, organizzato per voci da consultare a seconda delle necessità o dei problemi da fronteggiare. Non offre norme inflessibili o indicazioni da seguire in modo acritico, ma suggerimenti, esempi, idee su cui riflettere e discutere, attraverso i quali possiamo vedere in modo più distinto il nostro percorso e prendere le decisioni migliori. Cercare o meno soddisfazione nel lavoro, sopportare la noia, districarsi nel campo minato delle relazioni e delle amicizie, affrontare la perdita e il dolore, riscoprire il piacere dell'ozio e del tempo libero, gestire l'ansia, prendersi cura delle persone care in difficoltà: in queste pagine ci sono consigli per tutte le situazioni in cui ci troviamo ogni giorno. Julian Baggini e Antonia Macaro traggono spunto da un enorme serbatoio di saggezza - da Aristotele a Hume, da Heidegger a Confucio, da Epicuro a Sartre - e allestiscono una vera e propria farmacia sapienziale cui attingere liberamente per combattere le inquietudini del nostro tempo, con rimedi testati attraverso secoli di esperienza e universalmente apprezzati da tutta l'umanità.
Il 20 settembre 1870 è appena passato. Roma è stata eletta capitale del Regno d’Italia, lo Stato Pontificio non esiste più, il potere temporale dei papi è un ricordo, anche se molto vivo. La città eterna si appresta a scrivere un nuovo, rocam-bolesco capitolo della sua storia. È un periodo di cambia-mento che suscita speranze e illusioni, ma anche paure e rifiuti.Cavour, Azeglio e altri grandi attori del Risorgimento sono già scomparsi, seguiti, nel giro di pochi anni, da Mazzini, Vittorio Emanuele II, Pio IX. Garibaldi è l’ultimo ad andar-sene. Insieme agli interrogativi sul rinnovamento della cit-tà compaiono i primi segni caratteristici della nuova Italia. Nell’urbe – tra misteri insoluti, omicidi, suicidi, rovesci di fortuna, proteste politiche e sociali, complotti, duelli, tre-sche e processi – prendono forma le vicende di personaggi molto eterogenei come Raffaele Sonzogno e Giuseppe Lu-ciani, Agostino Depretis e Francesco Coccapieller, France-sco Crispi e Giovanni Giolitti, Costanzo Chauvet e Felice Cavallotti; ma anche questioni spinose come l’esplosione della febbre edilizia e il suo tracollo, cui fa seguito il formi-dabile scandalo della Banca Romana. Roma, caput mundi, disordinata, entusiasta, impreparata, sorprendente, trasfor-mista, è già diventata cuore e specchio della psicologia di una nazione.In Italiani a Roma, quarto volume dedicato alla sua città, Stefano Tomassini dopo 150 anni rilegge gli articoli dei quotidiani dell’epoca, gli atti giudiziari, i discorsi parlamentari e le memorie dei protagonisti per restituirci le cronache degli anni successivi all’Unità d’Italia. Con il suo ritmo denso e la sua prosa evocativa, Tomassini fa luce su questa importante e poco conosciuta fase di passaggio nella vita di Roma, dei suoi abitanti, dell’Italia tutta.
Da secoli la fiducia nell'autorità e nel prossimo è un decisivo collante sociale e il funzionamento della società si basa sul fidarsi l'un l'altro degli esseri umani: guardiamo con sospetto il politico (disonesto?), il banchiere (ladro?) e lo scienziato (ciarlatano?), ma alla fine votiamo, investiamo, prendiamo le medicine. Ma nell'epoca dell'infodemia, della pseudoscienza social e delle fake news, com'è possibile fidarsi? E di chi? Con la rabbia prima e il distanziamento sociale poi, anche il prossimo è un untore, un estraneo di cui diffidare. Antonio Sgobba ricostruisce la storia e la filosofia della fiducia nel passato e ne descrive il mutamento, per capire cosa ne sarà in futuro: come combineremo legittimo sospetto e autorità? Di chi ci potremo fidare per distinguere informazioni accurate e bufale? Torneremo mai ad aver fiducia nel prossimo?
Cos'è il tempo? Questa domanda ha affascinato filosofi, matematici e scienziati per migliaia di anni, ma sembra non poter trovare risposta. Perché il tempo sembra accelerare con l'età? Qual è la sua connessione con i cicli della memoria? A fornire ognuna di queste risposte ci prova Joseph Mazur: partendo da Zenone per arrivare alla fisica quantistica, ci aiuta a capire come il rapporto tra uomo e tempo si è evoluto nel corso della storia. La tesi di Mazur è molto semplice: il tempo vive dentro di noi. Le nostre cellule sono dotate di consapevolezza temporale, e così un viaggio sullo Space Shuttle può sembrare più breve di un viaggio di sei ore in treno. Quello di Mazur è un viaggio divertente e pieno di intuizioni su come cambiano le nostre percezioni, compreso lo scorrere del tempo.
Dante. Un uomo che ancora, dopo secoli, chiamiamo poeta nazionale. Autore della Divina commedia, da lui definita addirittura un «poema sacro», di certo l'opera grandiosa di un uomo tormentato dalle sciagure politiche, cacciato dalla patria e costretto a vagare per le corti italiane in cerca di ospitalità e sostegno. Nelle terzine del poema risuonano con fragore le lotte intestine che dilaniavano i comuni italiani e risplende l'amore del poeta per Dio, per Beatrice e per Firenze, che lo conduce alla contemplazione della più alta verità. La Divina commedia è universale ma è legata a vicende personali e contingenti. Come è arrivata fino a noi e come ha fatto a conservare una tale potenza? Alberto Casadei, intrecciando indagine storica e analisi poetica, ripercorre le tappe del poema, dalla prima circolazione nelle mani di Boccaccio e Petrarca fino alle più recenti interpretazioni, artistiche e persino informatiche. Perché l'eredità di Dante è tutt'altro che esaurita, e la Divina commedia continua a dialogare con l'umanità del presente e del futuro.