«Il pane di ieri è buono domani», dice per intero il proverbio. Con la bussola di queste parole Enzo Bianchi racconta storie e rievoca volti della propria esistenza: il Natale di tanti anni fa e la tavola imbandita per gli amici, il suono delle campane nella veglia dell'alba e il canto del gallo nel silenzio della campagna, i giorni della vendemmia e la cura dell'orto.
Trova il momento della solitudine e quello della veglia, accoglie la vecchiaia come una stagione che arriva alla vita.
Ogni racconto è la tappa di un cammino sapienziale che parla dell'amicizia, della diversità, del vivere insieme, dei giorni che passano e della gioia.
Della vita di ogni uomo in ogni tempo e terra del mondo.
«Questi tre romanzi, che ne formano quasi uno solo, hanno piú di un titolo per essere ritenuti un'opera importante. Non solo infatti rappresentano il punto d'arrivo di un lavoro romanzesco che, cominciato con Viaggio al termine della notte e portato avanti regolarmente in seguito, colloca Céline entro la linea dei grandi innovatori del ventesimo secolo, ma sono anche una di quelle rare opere in cui la letteratura sia riuscita ad impossessarsi di quell'avvenimento storico che tanto piú paralizza le facoltà immaginative e le penne quanto piú radicalmente ha sconvolto il nostro mondo: la Seconda Guerra Mondiale».
Dalla Prefazione di Henri GodardS
«A circa 150 milioni di chilometri da una stella chiamata Sole, orbita un pianetino della superficie di 510 milioni di chilometri quadrati, coperto per il 71 per cento di acqua blu e per il 29 per cento di terra verdeggiante o desertica o ghiacciata. Su questa superficie si stende un sottile strato di atmosfera, un miscuglio gassoso chiamato aria, contenuto in prevalenza entro una decina di chilometri di altezza dal suolo, nel quale aleggiano nubi bianche ora disposte in giganteschi vortici impetuosi, ora in ribollenti bolle temporalesche o lunghi nastri fluttuanti.
Si dice lascino cadere della pioggia, dai nostri calcoli sembra che in media se ne accumuli un metro all'anno, ma con grandi differenze tra diverse zone...»
L'intento di questi Viaggi nel tempo che fa non è quello di costruire una guida pratica ai climi del mondo, bensí di aprire una finestra su questo elemento della geografia del turismo a cui va sempre tantissima attenzione di pubblico, purtuttavia non corrisposta da eguale precisione delle informazioni. Descrizioni generiche e banali del tipo «caldo tropicale per gran parte dell'anno», «stagione delle pioggie in estate», «basse temperature invernali» si ripetono all'infinito su dépliant e siti delle agenzie di viaggi, mentre mancano quasi sempre i numeri e i confronti con i dati misurati, che costituiscono la vera carta d'identità del clima di un luogo.
I numeri e i dati, la precisione e l'autorevolezza, sono l'elemento cardine che caratterizza invece questo libro, strutturato in tre grandi sezioni: Tempi del mondo, Tempi d'Europa e Tempi d'Italia. Ma a tale autorevolezza Luca Mercalli riesce ad aggiungere le atmosfere narrative, talora colte con eccezionale chiarezza dai grandi della letteratura mondiale, ottenendo cosí un quadro suggestivo, che amplia e completa la funzione rigorosa dei numeri. Il risultato è cosí una piacevole, istruttiva e ironica esperienza narrativa.
Al giorno d'oggi la depressione è diventata uno dei disturbi più diffusi. Alain Ehrenberg ne rintraccia le cause nella stessa organizzazione della nostra società, arrivando a delineare un ritratto dell'uomo di fine millennio. L'autore suggerisce che la depressione è intrinseca, legata a una società come quella moderna, dove le norme della convivenza civile non sono più fondate sui concetti di colpevolezza e disciplina, ma sulla responsabilità e sullo spirito d'iniziativa. In un contesto simile, l'individuo è schiacciato dalla necessità di mostrarsi sempre all'altezza, la depressione non è che la contropartita delle grandi riserve di energia che ciascuno di noi deve spendere per diventare se stesso. Prefazione di Eugenio Borgna.
Andrea Grammonte è un predestinato, come rivela «quella linea dritta che lo rendeva inconfondibile: non era una ruga - infatti era comparsa che era ancora bambino - ma un segno, una sorta di marchio che spartiva in due la fronte larga da animale sacro, custode di enigmi». Orfano di padre, eredita dal nonno nel 1946 la piú grande industria siderurgica italiana, e con una condotta abile e spregiudicata ne espande le attività fino a farla diventare un colosso anche nella chimica e nella produzione di energia elettrica. Ma se la vita pubblica di Andrea è un seguito di successi, un angoscioso senso di vuoto segna la sua vita interiore, non medicato dagli affetti familiari e non colmato dai piaceri a cui Andrea non sa e non vuole rinunciare. Un romanzo che racconta un secolo di storia italiana attraverso gli occhi, le azioni e le avventure di un protagonista d'eccezione.
È notte, l'orfanotrofio è immerso nel sonno. Tutte le ragazze dormono, tranne una. Si chiama Cecilia, ha sedici anni. Di giorno suona il violino in chiesa, dietro la fitta grata che impedisce ai fedeli di vedere il volto delle giovani musiciste. Di notte si sente perduta nel buio fondale della solitudine piú assoluta. Ogni notte Cecilia si alza di nascosto e raggiunge il suo posto segreto: scrive alla persona piú intima e piú lontana, la madre che l'ha abbandonata. La musica per lei è un'abitudine come tante, un opaco ripetersi di note. Cosí passa la vita all'Ospedale della Pietà di Venezia, dove le giovani orfane scoprono le sconfinate possibilità dell'arte eppure vivono rinchiuse, strette entro i limiti del decoro e della rigida suddivisione dei ruoli.
Ma un giorno le cose cominciano a cambiare, prima impercettibilmente, poi con forza sempre piú incontenibile, quando arriva un nuovo compositore e insegnante di violino. È un giovane sacerdote, ha il naso grosso e i capelli colore del rame. Il suo nome è Antonio Vivaldi.
«Stavo camminando sulla sabbia invernale, solida, pesante. Spingevo la carrozzina con te dentro, mi piaceva voltarmi indietro e vedere le tracce che lasciavamo, due rotaie parallele, un binario curvo, con in mezzo i segni dei miei passi. Il mio percorso dentro il tuo percorso, il mio sentiero dentro la tua via».
Leonardo è diventato padre da pochi giorni. La nascita di Mario ha ribaltato il suo modo di vedere e sentire le cose, come se una locomotiva avesse sfondato le pareti di casa: il suo bambino è adesso «il punto più folto dell'universo».
Lo osserva attentamente, per quell'intruso che è: un piccolo alieno piovuto sulla terra, un concentrato di potenzialità e vita irriflessa. È affascinato dai suoi occhi spalancati sul mondo, dal suo essere corporeo, insieme inattingibile e totalmente permeabile: «Per ora sei attraversato da tua madre. Prima la respiravi, immerso dentro di lei. Adesso la mangi. Un'ondata di mamma ti attraversa».
Lui pensa a quando Mario sarà abitato dalle parole, a quando i pensieri lo porteranno lontano. Vorrebbe accompagnarlo, o aspettarlo laggiù, nutrendolo a sua volta del «latte nero» della scrittura: «Queste parole, da nere che sono, diventeranno trasparenti, trapassate, trapensate, solo se ci sarai tu che le leggi».
Decide di scrivere su un quaderno quello che prova per lui e quello che ha imparato dalla vita: gli racconta le sue storie d'amore e le sue disillusioni, i rapporti con la famiglia, le esperienze più scontate e quelle di cui non si parla volentieri. «Io sono stato un bambino felice. Poi, a quattordici anni ho scoperto che era tutta una finzione. Ora tocca a te».
È il senso autentico delle cose che vuole consegnargli, senza infingimenti né censure. Il figlio dovrà leggerlo quando sarà un adolescente, e il suo sguardo potrà illuminare ogni frase facendo sbocciare nuovi significati.
Ma questo castello di parole è destinato a crollare ben presto, davanti alla più inaspettata e indicibile verità.
Il fumatore è assediato da eserciti di salutisti, menagramo e ricattatori. Tra cui i bambini che ripetono a raffica: «Vuoi piú bene alla sigaretta che a me».
Oggi un altro mostro è comparso. Allen Carr e il suo libro da novanta milioni di copie hanno creato dal nulla orde di ex fumatori molesti. Che ti guardano con un sorrisetto schifato.
L'autore ha letto il libro. E per sei mesi non ha toccato una sigaretta. Era abbastanza felice, ma al tramonto si trasformava in Dracula. Cosí, alla fine, ha deciso di smetterla. E di ricominciare. Questo è il suo diario. La storia delle sue sofferenze e scoperte.
Che riguardano la vita e i limiti di ognuno.
È un sorriso liberatorio contro la paura che tutto, là fuori, sia un veleno, ma le sigarette di piú.
Farà ridere, soffrire e pensare. Vi farà incontrare anche il primo tabagista europeo, tre Marlboro-men, e l'annoiato artigliere egiziano da cui tutto iniziò. Vi mostrerà che nell'universo non siamo soli.
E offrirà qualche buon consiglio per non scomparire di nuovo dietro a una nube di fumo.
Questa esilarante esplorazione delle stranezze del regno animale ci permette di scoprire - con il beneplacito della scienza - che reale e fantastico convivono felicemente in ogni angolo del mondo e in ogni sua creatura. L'onisco delle cantine che beve dal sedere, gli scorpioni fosforescenti al buio, le bisce che fingono crisi di vomito e svenimenti per allontanare gli estranei: il regno animale non ha alcun bisogno della nostra immaginazione per rivelarsi straordinario. Con l'aiuto dei disegni e le vignette dell'illustratore americano Ted Dewan, e con lo stile frizzante e il rigore scientifico che già caratterizzava Il libro dell'ignoranza, John Lloyd e John Mitchinson fondono l'autorevolezza di un manuale di zoologia con il ritmo di un testo letterario, smentendo categoricamente lo stereotipo secondo cui imparare è noioso.
Lessico famigliare è il libro di Natalia Ginzburg che ha avuto maggiori e piú duraturi riflessi nella critica e nei lettori. La chiave di questo straordinario romanzo è delineata già nel titolo. Famigliare, perché racconta la la storia di una famiglia ebraica e antifascista, i Levi, a Torino tra gli anni Trenta e i Cinquanta del Novecento. E Lessico perché le strade della memoria passano attraverso il ricordo di frasi, modi di dire, espressioni gergali.
Scrive la Ginzburg: «Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all'estero: e non ci scriviamo spesso. Quando c'incontriamo, possiamo essere, l'uno con l'altro, indifferenti, o distratti. Ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase, una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte, nel tempo della nostra infanzia. Ci basta dire "Non siamo venuti a Bergamo per fare campagna" o "De cosa spussa l'acido cloridrico", per ritrovare a un tratto i nostri antichi rapporti, e la nostra infanzia e giovinezza, legata indissolubilmente a quelle frasi, a quelle parole».
In appendice la Cronistoria di «Lessico famigliare» a cura di Domenico Scarpa e uno scritto di Cesare Garboli.