«Rifiutando gli artifici romanzeschi, Binet si attiene ai fatti accertati e ci propone un'avventura mozzafiato: quella di una scrittura vista come azione di giustizia, come un'operazione di commando, che mira a ritrovare le tracce degli eroi. O meglio: a salvare loro la pelle».
Le Monde des Livres
La storia che viene qui raccontata è una storia nota. Apparentemente nota: l'attentato a Heydrich del 27 maggio 1942.
In realtà, la sensazione è quella di leggerla per la prima volta, in tutta la sua trascinante forza narrativa e nella sua drammatica verità documentaria.
Il primo protagonista della storia è Reynard Heydrich, il braccio destro di Himmler, l'ideatore, nel gennaio del 1942, della Soluzione finale, lo sterminio sistematico degli ebrei. Heydrich è il gerarca più spietato del Terzo Reich, il macellaio di Praga, la bestia bionda. L'uomo dall'infanzia problematica, segnata da due traumi: da una parte la voce stridula e l'aspetto effeminato che gli valsero l'appellativo di capra, e dall'altra il mistero di una presenza ebraica all'interno della propria famiglia. Ben presto il giovane Heydrich comincia a trasformarsi nell'incarnazione dell'uomo ariano, ammirato da Hitler per la ferocia e per l'efficacia delle sue azioni. In una rapida ascesa politica Heydrich arriva al vertice del Protettorato di Boemia e Moravia, dove si dedica allo sterminio degli ebrei e di tutti gli oppositori al regime. Ma da Londra, la città in cui il governo ceco è stato esiliato, parte contro di lui l'offensiva della Resistenza che culminerà nell'Operazione Antropoide, cuore del libro.
I protagonisti indiscussi diventano allora due: i paracadutisti Jozef Gabcìk e Jan Kubis?, uno slovacco e l'altro ceco, ai quali viene affidato l'incarico dell'esecuzione.
In un racconto trascinante, di grande forza visiva, si segue la vita dei due uomini dal reclutamento, all'addestramento, al viaggio a bordo di un Halifax, alla meticolosa preparazione dell'agguato di via Holesovice, quando faranno la loro comparsa altri personaggi, di cui uno sarà il traditore.
HHhH riesce nella magica alchimia di mescolare, con sicurezza e coraggio, la suspense e il tormento della scrittura senza mai allontanarsi dalla verità storica e dalla memoria.
Le passioni, i rimpianti, gli slanci di uno degli uomini che con più lucidità e sapienza ci hanno raccontato il nostro tempo.
«Vivetela bene la vostra piccola vita perché è la sola e quindi immensa ricchezza di cui disponete. Non dilapidatela, non difendetela con avarizia, non gettatela via oltre l'ostacolo. Vivetela con intensa passione, con speranza e allegria».
Scuote l'anima mia Eros nasce così, dalla passione, sotto il segno di una mercurialità creativa che rincorre l'intensità folgorante e variabile dei pensieri. Eugenio Scalfari ha sempre cercato di farsi attraversare dalla luce della razionalità, senza tuttavia nascondersi che la conoscenza e il sapere hanno il loro fondo oscuro nella malinconia («Io sono stato un mercuriale che sognava d'essere un saturnino»). Oggi sente di aver raggiunto quello spazio immobile, quel tempo sospeso che gli permette di accogliere dentro di sé le cose del mondo «invece di invaderle e possederle». Sa di potersi abbandonare liberamente alla propria vita emotiva senza rischiare di cedere alla tristezza e alla solitudine: la malinconia sarà pure un bagno di luce crepuscolare che accompagna ogni percezione, ma è anche una consolazione dell'esistenza che può permettersi solo chi ha vissuto e vive ogni momento «con intensa passione, con speranza e allegria».Compralo su LibreriaColetti.it
«Questo libro è il racconto di uno scontro che avviene in ogni attimo della nostra vita tra le passioni e la ragione; il racconto dell'innocenza perduta, delle trasgressioni, della brama egoistica del potere e la generosità verso gli altri, dell'amore romantico e di quello libertino.
Il protagonista di questa storia fatta di cadute e di vittorie è Eros, signore degli uomini e degli dèi, fonte inesausta di tutti i desideri».
Eugenio Scalfari (1924), dopo aver collaborato al «Mondo» di Pannunzio, è stato, nel 1955, tra i fondatori dell'«Espresso» che ha diretto dal 1963 al 1968. Nel 1976 ha fondato il quotidiano «la Repubblica», che ha diretto fino al 1996 e di cui oggi è editorialista. Tra i suoi libri ricordiamo La sera andavamo in via Veneto. Storia di un gruppo dal «Mondo» alla «Repubblica» (Mondadori 1986, Einaudi 2009), Incontro con io (Rizzoli 1994), Alla ricerca della morale perduta (Rizzoli 1995), Il labirinto (Rizzoli 1998), La ruga sulla fronte (Rizzoli 2001, Einaudi 2010) e, con Giuseppe Turani, Razza padrona (Feltrinelli 1974, Baldini Castoldi Dalai 1998), L'uomo che non credeva in Dio (Einaudi 2008), Per l'alto mare aperto (Einaudi 2010), Incontro con Io (Einaudi 2011) e Scuote l'anima mia Eros (Einaudi 2011). Con il Gruppo editoriale L'Espresso ha pubblicato, raccolti in cinque volumi, gli articoli scritti tra il 1955 e il 2004.
Scritto e riscritto a mano dal prigioniero, fotocopiato e battuto a macchina dai brigatisti, il memoriale che Aldo Moro produsse durante il suo rapimento per rispondere agli interrogatori delle BR è stato al centro di una rete di delitti, ricatti, conflitti tra poteri legittimi e non, che ha coinvolto alcuni tra i protagonisti della storia repubblicana e molti dei suoi snodi più inquietanti: dal generale Dalla Chiesa ad Andreotti, da Gladio alla P2, dai servizi segreti alla banda della Magliana, dall'omicidio del giornalista Pecorelli ai brigatisti Moretti, Gallinari, Senzani e Fenzi.
Lo stesso memoriale è incompleto, lacerato, avvolto dal mistero: perché le BR non lo resero mai pubblico come invece avevano promesso? I dattiloscritti rinvenuti nel covo brigatista di via Monte Nevoso nel 1978 furono censurati e da chi? Perché dovettero passare dodici anni prima che nel medesimo covo fosse scoperto un nascondiglio da cui emersero numerose fotocopie degli autografi di Moro? E dove è finito il manoscritto originale? E cosa vi era scritto?
Le risposte a tali domande si trovano in questo libro, dove Miguel Gotor dimostra, come già nella sua fortunata edizione delle lettere dalla prigionia, che è possibile sottrarre le carte di Aldo Moro alle dietrologie e ai sospetti, per consegnarli al rigore del metodo storico. Vengono così decifrati, finalmente, i segni di una sanguinosa e decennale lotta di potere, in cui la politica, le ambizioni personali, la criminalità e gli affari si intrecciano con la crisi della Repubblica. Un enigma italiano, e la sua soluzione.
Dario è un uomo di mezza età, separato, insegnante in congedo perché sta per subire una delicata operazione chirurgica. I due figli, Leonardo e Betta, vanno spesso a trovarlo, distraendolo ogni volta con nuovi racconti, mentre lui si dedica volentieri alla cucina e tenta di dare i giusti consigli. Il padre anziano, affidato alle cure di una badante moldava, non fa altro che parlare di politica.
Sospeso in un limbo di attesa, Dario non vuole soccombere alla paura, un compito che chiama a raccolta tutto l'istinto. Inizia allora a ricercare il piacere a pagamento frequentando annunci su internet; ma ha bisogno di qualcosa di più e di diverso da una semplice prestazione sessuale: uno spazio e un tempo abitabili.
È così che incontra Gao. Lei ha i capelli «castano-rosso all'henné» e non parla italiano. In Cina ha lasciato un figlio adolescente e un marito violento e insoddisfatto che minaccia di raggiungerla al più presto per accampare diritti ormai scaduti.
Tra lei e Dario comincia una relazione che cresce giorno dopo giorno nello stare bene insieme, senza artifici, e senza quella fastidiosa «necessità di fare» che è un male comune a tante storie. Una relazione in cui apprendere una lingua per comunicare significa cimentarsi con i piccoli gesti quotidiani, con il silenzio, la condivisione e la cura. E significa soprattutto scoprire che la diversità non impedisce di provare gioia. Finché non arriva l'ultimo passaggio a rischio.
«Di tutti i ricordi, le memorie, le rievocazioni che ho letto sulla guerra civile, questa per me è senza alcun dubbio la piú commovente, la piú saggia, la piú bella. Sono pagine di una verità immediata e insieme meditata, di convulsa cronistoria e di pacificato, anche ironico, distacco.
Un capolavoro».
Billy Twillig è un premio Nobel, il più geniale matematico della sua epoca, il massimo esperto in un campo di studi cosi specializzato ed estremo da coincidere, praticamente, con la sua sola persona. E ha quattordici anni. È stato prelevato da forze non meglio precisate e condotto in una località segreta dell'Asia centrale per partecipare all'Esperimento sul campo numero uno: un enorme centro di ricerca in cui studiosi di tutto il mondo cercano di raggiungere "la conoscenza. Studiare il pianeta. Osservare il sistema solare. Ascoltare l'universo. Conoscere noi stessi". Billy è stato convocato perché rappresenta l'unica speranza per decifrare il mistero supremo: tempo fa, proveniente dalla lontana stella di Ratner, è giunto un segnale radio che ha tutta l'apparenza di un messaggio da un'intelligenza aliena. Ma nemmeno la più alta concentrazione di scienziati del pianeta è riuscito a decodificarlo. Finora. "La stella dì Ratner" è, fin dal suo apparire nel 1976, tra tutti i romanzi di Don DeLillo l'oggetto del culto più tenace, enigmatico e sotterraneo. Qualche anno più tardi, tentando di spiegarne il segreto, lo stesso DeLillo dirà: "Ho provato a scrivere un romanzo che non solo avesse la matematica tra i suoi argomenti, ma che, in un certo senso, fosse esso stesso matematica. Doveva incarnare un modello, un ordine, un'armonia: che in fondo è uno dei tradizionali obiettivi della matematica pura".
Amstetten, capoluogo di provincia della Bassa Austria. Nell'agosto del 1984 Josef Fritzl rapisce la figlia diciottenne e la rinchiude in un bunker antiatomico da lui progettato e costruito nelle fondamenta della propria abitazione. Terrà prigioniera Elisabeth per quasi ventiquattro anni, e dai ripetuti rapporti incestuosi a cui la costringerà nasceranno sette figli.
Il disturbante romanzo d'esordio di Paolo Sortino ricostruisce uno dei casi di cronaca più feroci degli ultimi anni, innestando nella spina dorsale di una storia vera e insostenibile una capacità affabulatoria che diventa fin dalle prime pagine il sistema nervoso della vicenda, il labirintico percorso obbligato attraverso il quale è possibile esplorare ogni aspetto di questo orrore domestico velato di complessi chiaroscuri.
L'autore invade la cronaca (gli atti del processo al «mostro di Amstetten» sono secretati) reinventando alcuni episodi, e altrove sceglie invece di riportarli così come sono avvenuti, grazie a una voce narrante che non esprime giudizi né attribuisce colpe. Elisabeth, tenuta prigioniera come un animale nutrito nel caldo di una tana, è la protagonista assoluta di una vicenda che afferra il lettore e lo trascina di peso nel bunker, senza permettergli mai di uscire.
Quello che rimane è una storia di amore e follia, terrore e desiderio: ma il valore delle semplici parole che appartengono al mondo «di sopra» - incapaci da sole di decifrare ciò che davvero può essere accaduto in quel bunker - è destinato a svanire.
«Se Elisabeth poté perfezionarsi fu perché il mondo creato da suo padre era perfetto. Le cose che si trovavano fuori dal bunker non esistevano più; o erano tutte lì raccolte, oppure non erano mai esistite».
«L'importanza che Benjamin attribuiva a L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica (e da ciò l'esigenza di una edizione come questa, che finalmente permettesse di comprendere nel loro insieme la sua genesi e tutte le sue "varianti") risulta evidente dalla nota lettera a Kraft del dicembre del 1935: egli afferma con enfasi di ritenere di avervi fissato la cifra dell'"ora del destino" che è scoccata per l'arte. Non può trattarsi, quindi, di una semplice fenomenologia delle piú recenti tendenze, né dell'apprezzamento del loro carattere rivoluzionario rispetto alla espressione artistica tradizionale, e neppure di una teoria delle nuove Muse: fotografia e cinema. L'ambizione è incomparabilmente maggiore: si tratta di comprendere la crisi del fatto artistico, dell'arte in quanto tale, di una filosofia della crisi dell'arte, destinata, per ciò stesso, ad assumere i toni di una vera e propria filosofia della storia».
Federico Tonioni in questo volume spiega e svela con estrema chiarezza le patologie che, soprattutto nel mondo degli adolescenti, sono legate alla straordinaria diffusione di internet. Il libro è cosí uno strumento prezioso per aiutare i genitori che, appartenendo a generazioni «pre-digitali», spesso non sono abituati all'uso del computer e alla navigazione in rete, e si scoprono impreparati alla comprensione dei disturbi che internet può arrecare ai loro figli. Allo stesso modo viene trattata la dimensione on-line del gioco d'azzardo e dei siti per adulti, patologie compulsive che coinvolgono persone di ogni età. Quando internet diventa una droga rappresenta cosí una guida chiara ed efficace sui rischi della dipendenza da internet.
«Mi occupo di dipendenze patologiche da diversi anni e nel corso del mio lavoro ho avuto modo di ascoltare e condividere storie sofferte, rivelazioni sconcertanti, idee deliranti; ma qualche ringraziamento autentico e spontaneo ha reso improvvisamente leggero il peso delle responsabilità che sono chiamato a sostenere. Ho imparato che chi manifesta una dipendenza patologica non vuole soffrire per forza ma vuole soffrire di meno, e che la droga per il tossicodipendente, come la cioccolata per la bulimica o il video poker per il giocatore d'azzardo, non sono desideri ma bisogni, che a volte travalicano la forza di volontà e la logica del pensiero».
Costretto ad allenarsi sin da quando aveva quattro anni da un padre dispotico ma determinato a farne un campione a qualunque costo, Andre Agassi cresce con un sentimento fortissimo: l'odio smisurato per il tennis. Contemporaneamente però prende piede in lui anche la consapevolezza di possedere un talento eccezionale. Ed è proprio in bilico tra una pulsione verso l'autodistruzione e la ricerca della perfezione che si svolgerà la sua incredibile carriera sportiva. Con i capelli ossigenati, l'orecchino e una tenuta più da musicista punk che da tennista, Agassi ha sconvolto l'austero mondo del tennis, raggiungendo una serie di successi mai vista prima.