
Dall'autore di "Le correzioni", una raccolta di saggi che hanno come filo conduttore l'erosione dei valori civili, il persistere della solitudine nell'America postmoderna e la fiducia nella letteratura come mezzo per sfuggire alla tragicità del destino individuale. I testi spaziano tra diversi generi: si va dal saggio letterario al racconto autobiografico, dal pezzo di costume al giornalismo d'indagine. I testi sono stati pubblicati in diverse riviste americane fra il 1994 e il 2001.
Un'edizione privata fatta col ciclostile per gli amici nel 1981. Si intitola semplicemente "Poesie" e ha tanto di copertina disegnata, prefazione, premessa, notizie bio-bibliografiche, indice finale, colophon. Insomma, quasi un vero libro. Sicuramente un libro d'autore, messo insieme e fortemente voluto dalla stessa Merini alternando poesie già pubblicate in precedenza con altre nuove. Una seconda raccolta del 1986, intitolata "Le satire", meno curata ma ugualmente confezionata e cucita per lo stesso tipo di udienza, proponeva invece poesie tutte inedite, non più riprese in altri volumi. Giuseppe Zaccaria ha recuperato questi due libri "fai-da-te" dal Fondo manoscritti dell'Università di Pavia. La loro pubblicazione in forma non clandestina amplia il corpus poetico della Merini (in una sua fase creativa, tra l'altro, molto proficua) e mostra la poetessa editor di se stessa, quando invece i suoi libri coevi o di poco successivi erano generalmente affidati a curatori esterni come Spagnoletti, Maria Corti, Raboni o Borsani. In appendice, sempre tratte da carte del Fondo manoscritti di Pavia, vengono pubblicate delle brevi prose tematicamente molto affini alle "Satire". Bozzetti di vita di quartiere dove la Merini disegna i personaggi che popolavano il variegato mondo intorno alla Ripa di Porta Ticinese, che era il suo mondo, a cui è voluta rimanere fedele fino alla fine dei suoi giorni.
I primi libri, i primi tacchi alti, il primo bacio. I secondi libri, le centesime scarpe e i millesimi baci. L'approccio femminile alla vita a tutte le età. Un inventario dei comportamenti tipici di maschi e femmine di fronte all'amore, dagli anni Trenta a oggi. Un dialogo in cui si parla di tutto. Cucina ed eleganza, economia domestica e chirurgia estetica. Coppia, figli, sesso e lavoro. Della noia e della gioia di vivere da donne. Due voci diverse e perfettamente intonate dialogano in modo comico, ironico e universale sulle donne, gli uomini e l'amore.
"Pensava soltanto a quello. Riportare la sua vita a quel punto. Nel punto dove si era interrotta. Si trattava di unire due lembi di terra, due lembi di tempo. In mezzo c'era il mare. Si metteva i fichi aperti sugli occhi per ricordarsi quel sapore di dolce e di grumi. Vedeva rosso attraverso quei semi. Cercava il cuore del suo mondo lasciato". Farid e Jamila fuggono da una guerra che corre più veloce di loro. Angelina insegna a Vito che ogni patria può essere terra di tempesta, lei che è stata araba fino a undici anni. Sono due figli, due madri, due mondi. A guardarlo dalla riva, il mare che li divide è un tappeto volante, oppure una lastra di cristallo che si richiude sopra le cose. Ma sulla terra resta l'impronta di ogni passaggio, partenza o ritorno che la scrittura, come argilla fresca, conserva e restituisce. Un romanzo di promesse e di abbandoni, forte e luminoso come una favola.
Bambini maleducati, adolescenti senza regole, ragazzi ubriachi all'alba in una qualsiasi via di una qualsiasi città. Bullismo, indifferenza. Giovani senza occupazione che, invece di prendere in mano la propria vita, vegetano senza studiare né lavorare. Genitori che si lamentano di una generazione arresa, una generazione senza passioni, che sembra aver perso anche la capacità di stupirsi. Ma chi si è arreso per primo, se non i genitori stessi? Chi per primo ha smarrito lo stupore e l'indignazione? Chi, dicendo sempre sì, ha sottratto alle nuove generazioni l'essenziale, ossia il desiderio? I genitori "invertebrati", quelli che difendono i figli a priori, quelli che salvaguardano un quotidiano quieto vivere privo di emozioni e ambizioni, dove rimbomba soltanto l'elenco delle lamentele contro la società e la politica. Come se questo mondo non l'avessero creato proprio loro. Un pamphlet severo ma anche pieno di speranza, con cui Crepet ribadisce tenacemente che educare significa soprattutto preparare le nuove generazioni alle difficili, ma anche meravigliose, sfide del futuro.
"Ricordare è tutto: l'etica fondamentale della vita". E con questa consapevolezza che l'esperimento giocoso di compilare taccuini diventa per Goliarda Sapienza un'abitudine, un esercizio letterario e mnemonico, e infine un vizio di cui non può fare a meno. Anno dopo anno si scopre attenta a riportare tutto quello che più la colpisce, perché poche volte si assiste a "qualcosa di possente e primario", ma con la stessa gioia prende la penna anche solo per ricordare un viso, immortalare un orizzonte viola, appuntare un pensiero trasportato dal vento forte, durante una camminata lungo il mare. Nelle ottomila pagine di quaderni, agende, fogli irregolari, densi o a volte appena scarabocchiati, si trova la vera voce di Goliarda. Quella riservata a se stessa, intima e diretta, che allo stesso tempo confida al lettore la sua storia, senza omettere nessun dettaglio: gli umori incostanti, gli inciampi e le sorprese nella quotidianità e nella scrittura, gli autori più amati e i viaggi che hanno modificato per sempre la percezione dello spazio. Tra le pieghe degli appunti spiccano poi le riflessioni politiche e l'analisi delle differenze generazionali, che rivelano il cambiamento di una società che inseguendo un'utopia si è ritrovata davanti a una violenta menzogna. Ma è sicuramente il tocco personale e profondo di Goliarda a illuminare e rendere preziosi i suoi taccuini. Il rapporto unico con la madre, i legami più importanti. Prefazione di Angelo Pellegrino.
Questo volume intende ricostruire le caratteristiche e lo specifico contributo della fotografia italiana alla più generale storia della fotografia internazionale, non solo analizzando le opere dei maggiori autori italiani, ma anche presentando il fitto tessuto culturale, sociale e istituzionale di immagini, mostre, scuole, dibattiti teorici, pubblicazioni e correnti in un ampio arco di tempo che va dal dopoguerra agli albori del digitale. Nel superare la convenzionale narrazione lineare tipica dei manuali di storia della fotografia, l'autrice esplora sulla base di minuziose ricerche d'archivio e della diretta testimonianza dei protagonisti temi poco dibattuti, quali l'associazionismo fotografico, il collezionismo, il paparazzismo, la fotografia umanitaria, la metodologia della ricerca storica, avanzando ipotesi sulle cause del clamoroso ritardo nell'affermazione della cultura fotografica nel nostro paese, intesa come formazione e diffusione di forme e significati socialmente condivisi. Per la profondità e la completezza delle analisi, come per l'accurata documentazione, il volume, corredato da 180 immagini in bianco e nero e a colori, molte delle quali inedite, si propone come testo di riferimento per chiunque studi, collezioni o si interessi di fotografia e storia della cultura visuale.
Questo libro avanza una tesi eretica: l'idea che l'invenzione della scienza moderna abbia fornito gli strumenti cognitivi e morali necessari per far funzionare l'economia di mercato e consentire la nascita della democrazia. Grazie a tali strumenti, la scienza stimola la capacità di pensare in modo controintuitivo, permettendo di spiegare ciò che accade. Essa, inoltre, consente di prendere decisioni morali, economiche e politiche che non sono "naturali" - date le predisposizioni comportamentali di cui ci ha dotato l'evoluzione - ma che, tuttavia, migliorano la società sotto tutti i punti di vista. La scienza ci fa godere i vantaggi materiali del vivere in condizioni che, dalla rivoluzione neolitica in poi, sono diventate via via più innaturali. Le tesi di questo libro sono quasi censurate in Italia, dove una cultura umanistica pervasiva, tradizionalista e antiscientifica è all'origine dell'incapacità del paese di elevarsi moralmente e stare al passo con le economie della conoscenza.
Chi si serve oggi del medioevo? Tutti. La politica attuale lo usa come una miniera da cui estrarre esempi e modelli ritenuti utili per capire il presente. Identificato con i "secoli bui", il medioevo è presentato come modello perfetto per spiegarci i "nuovi barbari", "scontro di civiltà" e il terrore che nostro mondo stia per finire. Al contrario, se considerato come il tempo dei cavalieri e delle origini eroiche, il medioevo assume una funzione mitica per moltissimi gruppi politici e comunità organizzate, che lo usano per affermare la propria originale identità. Questa attualizzazione del medioevo, spesso una vera e propria invenzione delle tradizioni, va sotto il nome di "medievalismo". La sua analisi è una chiave nuova e inusuale per leggere la società contemporanea e gli indirizzi che sta percorrendo. Dalla militanza politica allo svago new age, dai tornei cittadini al tradizionalismo identitario cattolico, fino ai richiami alle origini dell'Europa unita e alla mitologia della Lega Nord, Tommaso di Carpegna propone con gli strumenti del medievista, ma con lo sguardo puntato all'attualità, un appassionante percorso che si snoda dagli anni Sessanta e raggiunge i drammatici giorni degli attentati in Norvegia del "templare" Breivik.
1984, Tokyo. Aomame è bloccata in un taxi nel traffico. L'autista le suggerisce, come unica soluzione per non mancare all'appuntamento che l'aspetta, di uscire dalla tangenziale utilizzando una scala di emergenza, nascosta e poco frequentata. Ma, sibillino, aggiunge di fare attenzione: "Non si lasci ingannare dalle apparenze. La realtà è sempre una sola". Negli stessi giorni Tengo, un giovane aspirante scrittore dotato di buona tecnica ma povero d'ispirazione, riceve uno strano incarico: un editor senza scrupoli gli chiede di riscrivere il romanzo di un'enigmatica diciassettenne così da candidarlo a un premio letterario. Ma "La crisalide d'aria" è un romanzo fantastico tanto ricco di immaginazione quanto sottilmente inquietante: la descrizione della realtà parallela alla nostra e di piccole creature che si nascondono nel corpo umano come parassiti turbano profondamente Tengo. L'incontro con l'autrice non farà che aumentare la sua vertigine: chi è veramente Fukada Eriko? Intanto Aomame (che pure non è certo una ragazza qualsiasi: nella borsetta ha un affilatissimo rompighiaccio con cui deve uccidere un uomo) osserva perplessa il mondo che la circonda: sembra quello di sempre, eppure piccoli, sinistri particolari divergono da quello a cui era abituata. Finché un giorno non vede comparire in cielo una seconda luna e sospetta di essere l'unica persona in grado di attraversare la sottile barriera che divide il 1984 dal 1Q84. Ma capisce anche un'altra cosa: che quella barriera sta per infrangersi.

