
Questo libro ci parla di Politica a 360 gradi grazie agli interventi dei maggiori studiosi nel campo delle scienze umane. A coordinare il tutto il Ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni.
Un excursus di temi emblematici nella ricerca sugli affetti: l'analisi di singoli stati emotivi, come l'entusiasmo e la fiducia; dei modi in cui li comunichiamo con le mani, il viso, la voce, il pianto; e dei loro effetti nella persuasione e nella relazione con l'altro. Un valido esempio di come le scienze cognitive possono far luce sul mondo delle emozioni, sulla scelta di comunicarle o meno, per giungere alla conclusione che non sono tanto gli specifici gesti, quanto il modo in cui qualunque gesto può essere prodotto a fare la differenza.
“Questo libro tratta della sofferenza e della speranza, dell’angoscia e della soddisfazione di cui è pieno lo studio di ogni terapeuta. Tratta dell’unicità della relazione che ogni singolo terapeuta allaccia con ogni singolo cliente e nello stesso tempo degli elementi comuni che si scoprono in tutte queste relazioni. Parla del cliente che siede nel mio studio lottando per essere se stesso ed è nello stesso tempo mortalmente spaventato di essere se stesso, del cliente che tenta di vedere la sua esperienza così com’è, desidera di essere quell’esperienza ed è terrorizzato nello stesso tempo da tale prospettiva. Questo libro parla di me mentre sto con questo singolo cliente, confrontandomi con lui, partecipando a quella sua lotta nel modo più profondo di cui io sia capace. Parla dei miei tentativi di percepire la sua esperienza vissuta e del significato e dell’aroma che questa esperienza ha per lui. Parla del mio rammarico per l’umanissima fallibilità della comprensione di quel cliente e per tutte le volte in cui non ce la faccio a vedere la sua vita come lui stesso la vede. Parla del compiacimento per il mio privilegio di agire come levatrice di una nuova personalità, del mio timore reverenziale di fronte all’emergere di un sé, di una persona, del mio assistere a una nascita, in cui ho avuto ruolo importante di facilitazione. Tratta del cliente e di me mentre osserviamo con ammirazione le forze potenti e ordinate che trapelano in tutta questa esperienza, forze che sembrano profondamente radicate nell’intero universo. Credo di poter dire che questo libro tratta della vita così come si manifesta nel processo terapeutico, con il suo cieco potere e con la sua tremenda capacità di distruzione, ma anche con la sua travolgente spinta verso la crescita non appena si presentino le condizioni favorevoli” (dalla prefazione di C. Rogers)
In una società in cui gli adulti sono dominati dalla paura, contaminati dall’ansia e ossessionati dalla sicurezza, occuparsi del ridere!!! Via, siamo seri!!! La formula chimica della risata porta scompiglio in tutti i luoghi formativi, soprattutto quelli ricoperti di una patina più o meno spessa di presunta serietà. Con questo libro si lancia un marchio di qualità che potrà essere certificato dai giovani e che dovrà verificare la costante presenza di una metodologia umoristica nelle istituzioni educative. “Qui la risata è ammessa e ben accolta” potrebbe essere lo slogan della vetrofania da applicare sulle porte delle istituzioni più serie, a partire da quelle che si definiscono educative. Non è più il tempo dei giullari che avevano il compito di distrarre il popolo, al contrario l’umorismo è un generatore di consapevolezza per difendersi dalle manipolazioni. Per mettere in crisi il potere. Ridere è anche un bisogno sociale che produce benefici alla salute, facilita le relazioni, la socializzazione, il ridimensionamento dei conflitti inutili. Immaginate di proporre un nuovo indicatore di benessere e sviluppo: il PIR (Prodotto Interno di Risate), dove una convivenza serena e un approccio ottimistico generino creatività e futuro. Queste pagine offrono esperienze e metodologie per sdoganare il ridere e promuoverlo dalla categoria del frivolo all’olimpo della serietà. In un’epoca in cui a qualcuno può sembrare che ci sia poco da ridere, la decisione più seria da prendere è: investire sui giovani e sul ridere.
In questi che sono gli anni della "critica della rete", secondo Geert Lovink, si sta sempre più mettendo in discussione il modello economico del Web 2.0. "Perché gli utenti dovrebbero continuare a pubblicare tutti quei dati privati, dai quali una manciata di aziende ricava miliardi di dollari di profitti? Perché dovrebbero cedere gratuitamente i loro contenuti mentre un pugno di imprenditori del Web 2.0 sta guadagnando milioni? Che prezzo siamo disposti a pagare per la gratuità? Perché si usa l'"immaginazione collettiva" per escogitare modelli sostenibili per una cyber-infrastruttura pubblica? È ora di rompere il consenso libertario. È tempo di tornare a essere utopisti e cominciare a edificare una sfera pubblica al di fuori degli interessi a breve termine delle corporation e della volontà di regolamentare dei governi. È ora di investire nell'educazione, ricostruire la fiducia e svincolarsi dalla retorica securitaria post 11 settembre."
Per oltre un secolo, tra Otto e Novecento, anche in Italia, i partiti hanno svolto una funzione importante nel dare forma alla partecipazione politica, in quanto snodo nevralgico tra la società e le istituzioni (parlamentari e locali). Quell'epoca storica e con essa la parabola del partito politico sono ormai vicende che è possibile riconsiderare nella loro complessità. È quanto ci si propone in questo libro, volto a delineare dapprima le radici delle tradizioni politiche nell'Italia risorgimentale e postunitaria e quindi le trasformazioni avvenute nella società di massa del Novecento, in particolare nei due dopoguerra, negli anni del regime fascista e quindi della democrazia repubblicana.
Questo manualetto di self-management vuole contribuire a migliorare le modalità di approccio interpersonale nella società, diffondendo la cosiddetta "competenza sociale". Si rivolge a tutti coloro che vogliono vivere in modo attivo il proprio potere di persone autonome e creative nel mondo del lavoro. L'unica sicurezza in questa nostra società postideologica sono i nostri bisogni: veder rispettato il nostro valore di esseri umani, star bene e sentirci al sicuro. Prendiamoli sul serio e spostiamo la nostra attenzione sulle risorse per riuscirci. Se stiamo in guardia contribuiamo a produrre quel tipo di società diffidente e dolente che non vogliamo, di cui ci lamentiamo. L'insoddisfazione è una delle risorse che abbiamo per realizzare qualcosa di meglio, a partire dalla nostra vita quotidiana.
Varma articola la sua analisi intorno a quattro chiavi di lettura: il potere, la ricchezza, la tecnologia, il nazionalismo. Come è cambiata l'India negli ultimi decenni, nell'articolazione della società, nella distribuzione del potere, nella produzione della ricchezza, nell'accesso all'istruzione, nel rapporto con la sua spiritualità religiosa? L'India è la più grande democrazia del pianeta, è all'avanguardia nell'informatica, è prossima a diventare un gigante economico, eppure 200 milioni di indiani rimangono disperatamente poveri. Il tasso di analfabetismo è alto, la violenza è diffusa, il sistema delle caste conserva ancora molto del suo potere. Come andare oltre i molti fraintedimenti nutriti dagli stereotipi occidentali e dai miti proiettati dagli indiani su loro stessi?
IL LIBRO
Classico del pensiero liberale contemporaneo, a cavallo tra il pamphlet e il saggio di sociologia culturale, questo libro rappresenta forse la più penetrante critica agli intellettuali occidentali di sinistra che sia mai stata scritta. Raymond Aron da un lato ricostruisce gli argomenti di cui una certa intellighenzia si è nutrita nella sua polemica contro la «democrazia capitalista » e ne mostra tutti i punti deboli; dall’altro analizza le cause di questo atteggiamento mediante un esame delle diverse figure di intellettuale e delle funzioni sociali da esse soddisfatte, offrendo una spiegazione delle ragioni che spingono uomini intelligenti ad adottare idee stupide.
Nelle prime due parti del libro, l’Autore prende di petto soprattutto i «miti» politici (sinistra, rivoluzione, proletariato) e quella forma di idolatria della storia attraverso cui i maîtres à penser «progressisti» (Jean-Paul Sartre, Albert Camus, Maurice Merleau-Ponty…) hanno giustificato il totalitarismo sovietico e i suoi crimini. L’ultima parte è dedicata a una riflessione, sempre di grande attualità, sul ruolo degli intellettuali e sul rapporto tra questi e la politica.
L'AUTORE
RAYMOND ARON (1905-1983) è stato uno dei maggiori sociologi e politologi del XX secolo. Durante l’occupazione nazista della Francia fu direttore di «La France Libre»; successivamente collaborò a riviste e quotidiani, svolgendo una prestigiosa attività di commentatore politico. Docente alla Sorbona, nel secondo dopoguerra è stato uno dei punti di riferimento del pensiero neoliberale. Tra le numerose opere edite in italiano ricordiamo: Saggio sulla destra. Il conservatorismo nelle società industriali (2006), Introduzione alla filosofia politica. Democrazia e rivoluzione (2005), Il Ventesimo secolo. Guerre e società industriale (2003).
In questo saggio incisivo e brillante Richard Pipes afferma che la proprietà privata è da sempre un ingrediente decisivo non soltanto del programma economico, ma della libertà e della democrazia. A sostegno della sua tesi prende in esame una vasta gamma di sistemi nazionali e politici, dimostrando che la proprietà privata è servita nei secoli a limitare il potere dello Stato e a permettere alle istituzioni democratiche di evolversi e prosperare.
Partendo dalla Grecia e da Roma, a cui dobbiamo la nostra nozione di proprietà privata, Pipes prosegue mostrandoci come questo concetto si è sviluppato nel tardo Medioevo con l’espansione dei commerci e il sorgere delle città. Quindi contrappone l’Inghilterra – una nazione in cui i diritti di proprietà e la democrazia parlamentare sono cresciuti di pari passo – alla Russia, dove per secoli le limitazioni alla proprietà sono state sistematicamente complici di regimi autoritari. Infine, propone alcune riflessioni sulle tendenze attuali e future negli Stati Uniti.
Proprietà e libertà è un contributo penetrante e originale alla riflessione politica su un argomento di importanza essenziale.
Il 4 novembre 110 milioni di americani sceglieranno il successore di George W. Bush. La maratona per la Casa Bianca, dopo quasi due anni di campagna elettorale, avrà finalmente un vincitore. Prevarranno la freschezza e la voglia di cambiamento di Barack Obama, quarantasettenne senatore dell’Illinois, o il riformismo e l’esperienza del veterano del Vietnam, il settantaduenne conservatore John McCain?
La loro è certamente una sfida fra generazioni e stili diversi, ma è soprattutto uno scontro fra due modi di percepire l’America. McCain e Obama parlano con linguaggi differenti ai mille volti e agli infiniti angoli della nazione. Si rivolgono a un’America spaventata dalla situazione economica, alle prese con l’insicurezza prodotta dallo scoppio della bolla immobiliare, ma ancora solida nel suo ottimismo e bramosa di voltare pagina e di lasciarsi alle spalle i giorni bui del dopo 11 settembre.
I due candidati vogliono apparire come personaggi lontani dai cliché ideologici, estranei al vecchio schema destra-sinistra, repubblicani contro democratici. Tuttavia il loro sforzo non è pienamente riuscito. John McCain è pur sempre un conservatore allergico all’intrusione del governo nelle vicende economiche, custode (senza lo zelo messianico di Bush) dei valori tradizionali, e fiero del ruolo svolto dalla nazione sullo scacchiere internazionale. Obama è invece per molti tratti un democratico della vecchia scuola «tassa e spendi», progressista quasi nel senso europeo del termine su alcune questioni, pragmatico su altre; forse persino un «falco» in politica estera.
John Samples e Alberto Simoni scrutano fra le pieghe dei programmi elettorali, spiegano regole e meccanismi delle elezioni, raccontano il gioco «sporco» delle lobbies e la battaglia delle associazioni di volontariato, confrontano ideali e interessi, pesano capitali e strategie ma soprattutto guardano in faccia gli americani di questo inizio millennio, quella società civile che è l’autentica ricchezza dell’America.
Andy Warhol è stato pittore, scultore, fotografo, regista, attore, produttore di musica, uomo di televisione, modello, testimonial pubblicitario. Ed è stato il fulcro di tutto quello che di più innovativo e radicale è stato sperimentato negli anni ’60, al tempo della Pop Art e del cinema underground, e negli anni ’70 e ’80 quando il postmoderno era agli inizi.
La Factory, dove presero forma la sua pittura e successivamente anche i suoi film, era la sua Hollywood privata, una fucina di sogni e un crocevia dove si incontravano mascalzoni, prostitute, artisti e importanti galleristi. Era il luogo dove droga e sesso si praticavano liberamente, dove la rivoluzione dei costumi era all’avanguardia, dove tutto poteva succedere e succedeva.
Artista straordinariamente esigente e complesso, sempre in bilico tra candore ed esibizionismo, provocazione e reticenza, Warhol fu geniale al tempo dei barattoli di zuppa Campbell, dei ritratti di Marilyn Monroe e Che Guevara, delle Electric Chairs, del disco The Velvet Underground & Nico, di pellicole quali The Chelsea Girls e Lonesome Cowboys, ma anche alla fine della sua vita quando dipinse gli straordinari Camouflages e le vertiginose variazioni dell’Ultima cena di Leonardo da Vinci, tra le sue opere più vitali.
Dopo la morte vennero scoperti molti lati nascosti della sua esistenza e la maschera andò in frantumi. Ciò che solo gli amici più intimi conoscevano divenne di dominio pubblico: in primis, la sua sorprendente fede cattolica.
In questa biografia «definitiva», Michel Nuridsany è andato oltre i luoghi comuni che circondano l’icona di Warhol. Ha incontrato i suoi amici e i tanti artisti che hanno fatto riferimento a lui, ha ricostruito passo per passo il suo percorso, ha ricercato immagini, suoni, gesti e parole di un’epoca vicina ma perduta, si è imbevuto dello spirito e delle atmosfere di New York, per capire chi è stato davvero l’artista che ha cambiato l’arte contemporanea.

