
La sfiducia nei confronti della capacità della politica di ascoltare, affrontare e risolvere i problemi dei nostri tempi si ripresenta periodicamente, confondendosi di volta in volta con la sfiducia verso i partiti o verso i politici (la casta!). Come conseguenza naturale appare il moto del disimpegno qualunquistico, ma è uno sfociare evitabile ed evitato in una moltitudine di casi. Per alcuni, infatti, la sfiducia individuale o collettiva diviene ragione di ancora più urgente premura, di solerzia nei confronti della comunità. Parliamo in questo caso di ostinazione civile, comportamento che può essere svelato da azioni e comportamenti, ma anche da semplici parole chiave. Ecco, quindi, una sorta di glossario dell'impegno civico, che sfugge alle teorie e alle analisi del "civismo" per calarsi nella concretezza della rigenerazione possibile della politica. Per le nuove, affascinanti sfide che attendono le nostre città.
Oggi la memoria collettiva di una società passa anche attraverso la Rete, che per molti di noi è divenuta la prima, per non dire l'esclusiva, fonte di conoscenza, il nostro luogo di archiviazione e lo spazio dove i dibattiti si formano, si alimentano e muoiono. La Rete è però priva dell'autorità propria di una fonte storica, cambia perennemente per sua stessa natura, è condizionata dalla curiosità di chi la compulsa ma anche dalle insidie dell'esercizio del diritto all'oblio. Quali implicazioni tutto ciò può comportare sulla memoria? Quale equilibrio può esistere oggi tra il diritto all'oblio, che è un diritto personale - quello di ogni essere umano a evolvere, a divenire una persona diversa e libera dai fatti di cui è stato protagonista - e il dovere della memoria, che è un'esigenza collettiva? L'oblio personale, di singoli pezzetti di una storia più alta e complessa, può sembrare poca cosa. Ma sono proprio le piccole storie individuali, nel bene come nel male, a fare da architrave all'edificio, che altrimenti diventa impenetrabile. Ebbene per capire la Storia - e non perdere la memoria - c'è bisogno di conoscere tutti i singoli ingranaggi, grandi e piccoli. Anche questo è un diritto. Il non oblio.
Fin da piccoli, alcuni ricevono particolari inviti a rifiutare e a trasformare se stessi, cui rispondono accettandoli o ribellandosi. Nel caso dell'accettazione - ad esempio per paura dell'abbandono da parte dei genitori - è facile che simili richieste vengano introiettate e cronicizzate sotto forma di disposizioni interne da realizzare. Anche l'atteggiamento, tipico, di chi eccede nell'agire in maniera ipermatura o in modo oltremisura giudizioso, docile, diligente, servizievole sottende lo sforzo di abdicare a se stessi, ovvero di "trasformarsi" pur di conformarsi alle aspettative, reali o presunte, delle persone significative. Avviati per lo più nell'intento di star bene e di trovare risposte soddisfacenti ai propri bisogni, questi processi, contrassegnati da importanti forme di diniego e di rifiuto di sé, rappresentano pur sempre modi diversi di "seppellirsi" da vivi. Le riflessioni proposte nel volume sono rivolte, innanzitutto, agli insegnanti e a quanti operano a vario titolo come educatori, alle prese con particolari situazioni educative complesse connesse all'agire dell'educando che, a livelli diversi di profondità, di persistenza e di pervasività, sceglie di abnegare e di trasformare se stesso. Le indicazioni proposte intendono potenziare la capacità di cogliere e di gestire i blocchi emotivi interni dell'educando per aiutarlo a liberarsi dagli inganni e imboccare le strade liberanti della rinascita del sé.
Basato sulla quinta e ultima edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5®), questo libro fornisce preziose informazioni su tutto ciò che riguarda la malattia mentale e la cura della malattia stessa.
Il lettore avrà la possibilità di riconoscere i sintomi psichiatrici, di capire quando è il momento di chiedere aiuto e di ottenere le cure adeguate.
Tra i diversi disturbi illustrati vi sono la depressione, la schizofrenia, l’autismo, il disturbo post-traumatico da stress e il disturbo bipolare. Il volume offre anche un glossario, suggerimenti per affrontare il disagio e una lista di risorse utili per il trattamento.
L'espressione "comunità di massa" riflette una contraddizione prodotta nella condizione umana e nella vita sociale contemporanee da due istanze principali. La prima ricerca il senso di una relazione sociale più profonda, tale da avere valore in sé, al di là del semplice interesse personale ed egoistico. La seconda riflette invece la chiusura in un privato che non è vera privacy, perché investito da modi comportamentali uniformizzati e da rappresentazioni di sé e delle cose prefabbricate da una dimensione sociale massificata. Questa analisi delle tematiche derivanti dall'utilizzo di tale espressione è condotta nell'ambito di un'indagine di alcuni nodi fondamentali della riflessione psicologica, filosofica ed etica.
Nuri è un ragazzo nato a Baghdad e immigrato in Israele agli inizi degli anni '50. I genitori, costretti a vivere in condizioni di estremo disagio in un campo profughi, acconsentono a mandare il figlio in kibbutz. Provenendo da una società mediorientale, conservatrice e tradizionalista, Nuri dovrà affrontare una lotta interiore tra il suo vecchio mondo e l'esperimento sociale più audace del XX secolo, volto a far nascere un ebreo nuovo, ribelle, laico e creatore di una cultura nuova. Il cibo, la musica, il rapporto con i genitori e con le ragazze, l'ideologia socialista - tutto è nuovo e diverso, e Nuri sa che deve farli propri se non vuole restare emarginato. Il lettore si affezionerà a questo ragazzo sensibile e coraggioso le cui vicende ci offrono un'opportunità unica per comprendere l'angoscia dello sradicamento dalla propria cultura sperimentata dagli immigrati.
Nei tanti momenti difficili che la vita ci riserva può capitare di essere sopraffatti da ansia, paure, pensieri e stati d'animo negativi. Come custodire, in queste situazioni, la pace del cuore, la passione, l'entusiasmo? Diversi anni fa Chiara Amirante ha elaborato un percorso interiore per i ragazzi accolti nella sua Comunità, giovani segnati da ferite in apparenza insanabili che sono stati aiutati a riconciliarsi con le loro storie e a riconoscere dentro di sé il bisogno fondamentale di amare e di essere amati. Sono nati così i corsi di Spiritherapy, incontri di conoscenza di sé sulla guarigione del cuore e l'arte di amare, che hanno permesso a migliaia di persone di scoprire le potenzialità immense racchiuse nello spirito e di svilupparle per costruire relazioni autentiche e appaganti e vivere in pienezza. Questo libro è il primo di una serie che seguirà tutte le tappe dell'itinerario per rafforzarsi interiormente. Vi si possono trovare molti suggerimenti, riflessioni ed esercizi per agire concretamente sulle proprie ferite interiori e migliorare in tutti gli ambiti più significativi della vita: la consapevolezza, l'affettività, la gestione delle emozioni, le scelte, il dialogo con gli altri. Un compagno di strada per chi vuole intraprendere un cammino di spiritualità, una guida amichevole che invita a impegnarsi per portare alla luce la meraviglia stupenda che siamo, la scintilla divina impressa nel nostro spirito che aspetta solo di essere liberata per risplendere in tutta la sua bellezza.
Da sempre la storia millenaria e la profonda spiritualità dell'India trovano in Europa e in Occidente un vasto movimento d'interesse: non altrettanto può dirsi della sua storia politico-istituzionale. Eppure, con la conquista dell'indipendenza (1947) e l'entrata in vigore (1952) di una costituzione democratica, proprio l'India si configura come la "democrazia più grande del mondo", nonostante le contraddizioni di una società multietnica, plurilinguistica e multireligiosa. Lo studio dell'ordinamento istituzionale indiano di oggi può offrire quindi un fondamentale contributo alla teoria democratica, evidenziando due aspetti di grande interesse: da un lato l'universalità dei valori democratici e la loro applicabilità ai contesti più disparati e apparentemente "incompatibili"; dall'altro la dimostrazione di come come la democrazia, lungi dal costituire un "monopolio dell'occidente", debba adattarsi ai contesti socioculturali dei popoli che, volontariamente, la scelgono.
Damasco suona magica e favolosa, e continua a suonare così mentre si riempie di violenza e di fantasmi. Nessuno meglio di Suad Amiry poteva raccontare il fulgore del passato per aprire una porta sul presente. Il racconto comincia nel 1926, nel palazzo di Jiddo e Teta - marmi colorati, soffitti a cassettoni, fontane che bisbigliano nell'ombra -, comincia quando, dopo trent'anni di matrimonio, Teta torna per la prima volta ad 'Arrabeh, il villaggio da cui era partita poco più che bambina per andare in sposa al ricco e nobile mercante damasceno Jiddo. Il viaggio di Teta - intrapreso nella speranza di poter dare l'ultimo saluto alla madre - imprime una svolta inattesa al suo matrimonio: il sensuale Jiddo la tradisce. Il perfetto equilibrio della casa sembra spezzarsi, ma poi la vita della famiglia riprende: la dolcezza delle consuetudini smussa le asperità, i rituali attenuano e riassorbono i contrasti, gli equilibri si riassestano. Suad Amiry conduce il lettore nei cortili e nelle stanze della famiglia Baroudi, con i fastosi pranzi del venerdì, le rivalità tra i figli maschi pigri e viziati, il vincolo indissolubile tra le figlie femmine. Passano gli anni, ed è ancora una volta l'arrivo di un bambino a sparigliare le carte, a far luce nelle pieghe più nascoste dell'intimità domestica: vengono così a galla segreti inimmaginabili, come quello che lega la tenera Karimeh alla sorella maggiore Laila, che con piglio inflessibile ha assunto il ruolo di capofamiglia...
"La mia vita privata era alquanto bohémien, hippy ed edonistica. Diciamo pure tranquillamente debosciata. Ma in fatto di critica letteraria avevo principi morali ferrei. Non facevo che leggere libri di critica: mi portavo dietro i miei Edmund Wilson e William Empson praticamente ovunque: nella vasca da bagno, in metropolitana. Prendevo questa faccenda molto sul serio". I saggi, le recensioni, le letture di devastante arguzia e le scazzottate letterarie di Martin Amis sono dispacci provenienti da un'epoca in cui la critica era, si, una faccenda molto seria, ma anche maledettamente divertente. Lungi dall'essere l'estenuato rituale di un laboratorio (come a volte è oggi nelle università) o il proseguimento della pubblicità con altri mezzi (come a volte è sui giornali), la critica era il fronte in cui la letteratura incontrava la società, il campo di battaglia e la posta in gioco nella guerra dei significati. Un'epoca, ad esempio, dove la recensione - il più umile ma allo stesso tempo il più puro dei gesti critici - non era la mera ostensione di un gusto, ma l'occasione per misurare il talento individuale dell'autore sullo sfondo del canone, e l'intelligenza non rispondeva a nessuna legge se non a quelle della letteratura. Però Amis fa anche un'altra cosa in questo libro, forse la più preziosa. Ci ricorda che quell'epoca non è ancora finita. Nessuna passione, di certo non quella per la critica letteraria, è spenta per sempre.