
Saper scrivere un testo efficace è un segno di maturità culturale, un biglietto da visita indispensabile per entrare nel mondo del lavoro. La capacità di comporre testi di tipo diverso, per presentare agli altri sé stessi e il proprio lavoro, si acquisisce durante gli studi superiori e universitari ma necessita di un addestramento specifico, mirato a rafforzare la conoscenza della lingua italiana, a organizzare con logica e coerenza gli argomenti, a padroneggiare le tecniche di scrittura al computer. Il volume è frutto di un'esperienza maturata nei laboratori di scrittura universitari. È una guida semplice, ma completa e rigorosa, per redigere tesine e tesi e saper gestire ogni fase della loro composizione (impostazione grafica, controllo grammaticale, pianificazione e stesura, revisione). Fornisce indicazioni chiare e sicure su cosa fare e cosa non fare, con esempi pratici e testi annotati, in modo che le regole essenziali per scrivere testi efficaci possano essere lette, consultate e ricordate facilmente.
SpiderJack usa l'iPad come fosse un disco volante e quando non insegue un pallone fa ragionamenti astutissimi; Spiga di Grano prende tutto sul serio in particolare la maestra - e cresce di un centimetro non appena ti giri. E poi c'è Elisabetta con la sua cricca di mamme: lavorano molto, a volte moltissimo, accompagnano i figli a scuola e in piscina, si chiedono dopo quanti inviti debbano ricambiare e come organizzare un compleanno senza che sembri un ricevimento alla Casa Bianca, leggono le favole (addormentandosi subito) e tifano persino su un campo di calcio. Sono mamme che conciliano la famiglia e il lavoro, sbirciano mail alla recita di Natale e documenti a bordo vasca; si iscrivono in palestra e poi non ci vanno, bevono il caffè prima dell'alba e guidano con un cappotto sopra il pigiama. Elisabetta Gualmini le racconta e si racconta: dai post-it appesi ovunque per ricordarsi di scrivere il nome del bambino sulle calze antiscivolo, alla tentazione di sfuggire ai raduni scout, al sogno infranto di riunioni concise - beati gli uomini, che non hanno da pensare all'ultimo squillo di campanella della scuola -, alla sua amica Giovanna che ha sette figli e, a parte la tovaglia di plastica e i tre carrelli della spesa, è una persona serena. Racconta delle mamme perfette e della bellezza di quelle perfettibili. "Ti vedo stanca. Dovresti mollare qualcosa", ma Elisabetta non ascolta il suggerimento della madre...
«Dopo lo scandalo di Bruxelles non si potrà più dire che in Europa non succede nulla, che non vale la pena impegnarsi. Dal maggio 2019 è successo di tutto: la ferita della Brexit, la pandemia, la guerra, la corruzione. E l'Europa ha potuto fare solo una cosa: trasformarsi profondamente e finalmente tendere la mano ai propri cittadini.» Quando le promesse del progetto europeo sembravano essersi esaurite sotto la scure del crescente successo dei partiti populisti, le drammatiche crisi della pandemia e della guerra tra Russia e Ucraina e lo smottamento interno causato da un grave episodio di corruzione hanno dato, sia pure tra difficoltà e contraddizioni, una nuova centralità all'Unione Europea. Dopo anni in cui l'Unione è stata percepita come un organismo sovranazionale guidato da freddi burocrati, interessati soltanto a imporre misure di austerity per far quadrare i bilanci nazionali, quella che emerge dalle crisi è al contrario un'Europa completamente nuova, dove solidarietà, protezione sociale, sostenibilità ambientale sono i motivi dominanti. Le regole del gioco a seguito della pandemia sono cambiate: il Patto di stabilità e crescita è stato sospeso, l'Europa ha ritrovato un ruolo nel campo delle relazioni internazionali e si è cominciato a parlare di Europa della difesa e dell'energia. Elisabetta Gualmini, dal suo punto di osservazione privilegiato, vede che il sogno di un'Europa come comunità di destini, messo in pericolo negli anni dell'ubriacatura sovranista e nazionalista e dalla corruzione nell'Istituzione, non si è ancora frantumato, e che anzi l'Europa, con i suoi anticorpi, può rinascere dalle proprie ceneri: non più matrigna ma madre.
A partire dalle parole e dal pontificato di Francesco, nasce questo libro di una filosofa e teologa, che si avventura con coraggio in quello che potrebbe rivelarsi un campo minato: parlare di un sentimento che tutti identifichiamo subito con colori pastello, pelouche, infantilismi, baci perugina e stucchevoli pubblicità per San Valentino. La tenerezza va ripulita dalla spessa crosta di zucchero e va mostrata in tutta la sua essenzialità e potenza: è la percezione elementare della fragilità della vita, di ogni vita; è la disposizione umana fondamentale dei legami che tengono insieme il mondo; è vicinanza; riconoscimento del volto dell'altro, della sua fisicità, del suo essere al mondo.
L’immagine che l’Occidente ha della cultura musulmana è quella, tra l’altro, di una cultura omofobica e avversa alle sfumature di genere. C’è chi ritiene che l’omosessualità, intesa come rapporto paritario, non sarebbe esistita nel mondo musulmano fino all’incontro con la modernità occidentale; chi predica invece che l’omosessualità sia sempre stata diffusa nelle società musulmane a causa della segregazione tra i sessi, rivelando il proprio insito razzismo perché la riduce al mero atto sessuale e a una forzata necessità. C’è chi considera «tutto ciò che altera l’ordine del mondo» un grave «disordine, fonte di male e, fondamentalmente, anarchia». Meglio allora la transessualità intesa come cambiamento di sesso che il travestitismo; meglio maschie barbe che il volto sbarbato; meglio imputare l’omosessualità alla «decadente» cultura occidentale, e rinnegare in tal modo la sua matrice autoctona. In realtà, la storia dell’omosessualità nelle società musulmane è complessa e articolata, e presenta sostanziali variazioni nel tempo e nelle realtà socio-geografiche e una vasta gamma di atteggiamenti tra i musulmani stessi.
Il presente libro offre una panoramica ampia ed esaustiva, spesso dissacrante e provocatoria, del rapporto omosessualità-islam. Partendo dall’analisi dei testi sacri musulmani (Corano e hadith), il volume affronta l’argomento con un’analisi condotta in prospettiva teorica, storico-sociale e letterario-artistica, con grande rigore linguistico nell’uso o nella traduzione di termini arabi e persiani. Ampio spazio è dato alla situazione attuale, soprattutto al dibattito che coinvolge milioni di musulmani che vogliono conciliare l’essere «diversi» con la propria fede.
La nuova edizione del più importante saggio pedagogico di Romano Guardini. In queste pagine ci guida alla scoperta del nucleo originale del «fenomeno dell'educazione» nelle diverse età della vita, ciascuna con i propri problemi e le proprie conquiste, con la lucidità e la sapienza di chi conosce il segreto della persona e della libertà, e la credibilità del grande educatore. Una lettura per tutti, in quanto formatori di persone e di se stessi.
Il volume raccoglie gli scritti editi e inediti di Romano Guardini su Dostoevskij. Le figure religiose nelle sue opere: il popolo, le donne devote, i miti e il sacro, gli uomini spirituali, il pellegrino Makàr, l'angelo, la ribellione, La Leggenda del Grande Inquisitore e Ivan Karamazov, Kirìllov, il simbolo di Cristo, la figura di M?skin, l'Idiota. I temi: il paganesimo, l'ateismo, l'espressione religiosa e il male, il tramonto dei valori cristiani. Come afferma Guardini emerge "l'intensità religiosa" e "il modo di esprimere il sacro" nella "creazione di Dostoevskij".
Il volume dedicato agli studi danteschi, che completa, in prima edizione mondiale, la pubblicazione dei testi dedicati a Dante. - I saggi si soffermano sui momenti chiave della Divina Commedia - Virgilio, la figura dell'Angelo, Beatrice, i Santi ecc. - che fanno di Guardini uno dei maggiori interpreti di Dante. - L'Opera Omnia di Guardini, iniziata nel 2005, presenta volumi inediti, con apparati critici.
Scriveva in una lettera Giovannino Guareschi: «Posseggo un grosso capitale che nessuna inflazione, nessuna rivoluzione potrà mai portarmi via: il ricordo vivo di una giovinezza intensamente vissuta e mai tradita. E il ricordo di quei cinque, o dieci o quindici giorni che rappresentano nella vita di ogni uomo, anche dell’uomo che campa cent’anni, qualcosa di diverso, d’importante, d’indimenticabile. La vita è breve proprio per questo: anche se si campa un secolo, si “vivono” pochissimi giorni».
I due figli di Guareschi, Alberto e Carlotta – noti in tutto il mondo come “Albertino” e “la Pasionaria” –, che da anni si occupano con intelligenza e grande sensibilità delle opere del padre, sono andati alla ricerca della sua giovinezza e dei pochi, fondamentali giorni della breve ma intensa vita di Giovannino. I loro ricordi, e il loro nutritissimo archivio, creano così una miniera di storie, di personaggi ed episodi inediti per i tanti affezionati lettori del grande autore della Bassa: insieme con loro scopriamo che il “vero” Peppone era il socialista Giovanni Faraboli, che il primo don Camillo era don Lamberto Torricelli, arciprete di Marore, che il paese dove si svolgono le storie del prete e del sindaco più famosi del mondo è Roccabianca, che il «Mondo piccolo» è la Bassa parmense. Scopriamo le vicende dei Lager nazisti nei quali Guareschi fu internato, la «Resistenza bianca» di cui fu tenace protagonista («Non muoio neanche se mi ammazzano!»), la storia del processo De Gasperi in forma di fotoromanzo. Scopriamo infine il rischio corso da generazioni di spettatori: che don Camillo non fosse interpretato da Fernandel ma da Gino Cervi, con Giovannino nei panni di Peppone...
Una serie inesauribile di storie splendidamente illustrate da centinaia di immagini, fotografie, disegni: un eccezionale “album di famiglia” che tuttavia, come scrive Giovanni Lugaresi, uno tra i maggiori conoscitori italiani di Guareschi, «non rappresenta un fatto strettamente privato, perché in quelle immagini che mostrano ambienti, humus, fantasia, intelligenza, sentimenti, princìpi, valori di Giovannino, c’è una fetta di storia del nostro tempo, al di là di un “mondo piccolo” che finisce per dilatarsi ai quattro angoli della Terra, rappresentando un “paese dell’anima” nel quale ciascuno di noi può identificarsi, o comunque trovarsi... È un percorrere – continua Lugaresi –, scorrendo queste pagine, la sua vita, la sua storia personale, che sono anche vita e storia d’Italia...». Mezzo secolo della nostra storia, della nostra vita, attraverso le vicende di un uomo straordinario: Giovannino nostro babbo è uno struggente “come eravamo”, un autentico regalo di Natale per gli innumerevoli appassionati lettori del grande “poeta” della Bassa. I quali, nell’eventuale occasione di una gita alle Roncole, nei pressi di Busseto, potranno ammirare una mostra antologica sul medesimo argomento, di cui il presente volume costituisce un ideale, splendido catalogo.
“Ho riscoperto la stessa emozione che, tanti anni fa, mi aveva imposto Se questo è un uomo di Primo Levi.”
dall’introduzione di Giampaolo Pansa
All’indomani dell’8 settembre 1943 il trentacinquenne tenente d’Artiglieria Giovannino Guareschi, da poco richiamato alle armi e di stanza in Alessandria, era catturato dai tedeschi e, avendo rifiutato di continuare a combattere nei ranghi del Grande Reich, veniva immediatamente spedito, insieme a centinaia di migliaia di altri militari italiani, in un campo di concentramento nazista. Ritornò a casa il 4 settembre del 1945, respingendo sempre e comunque le frequenti e pressanti proposte di “collaborazione”. Un autentico calvario, durante il quale “io avevo in mente di scrivere un vero diario e, per due anni, annotai diligentissimamente tutto quello che facevo e non facevo, tutto quello che vedevo e pensavo. Anzi, fui ancora più accorto: e annotai anche quello che avrei dovuto pensare…”. Comincia così, con le parole dello stesso autore, l’avventurosa e quasi incredibile storia di questo testo straordinario, poi proseguita e completata dai figli Alberto e Carlotta nelle Istruzioni per l’uso che precedono il volume. Il diario finì in un solaio, sistemato in una cassetta da uva, e vi rimase alcuni decenni. E ora, per volontà, appunto, dei fi gli e grazie anche al loro non lieve lavoro di decifrazione, nella ricorrenza del centenario della nascita del grande scrittore della Bassa viene finalmente alla luce. Contiene, innanzitutto, la cronaca della vita quotidiana dell’internato militare Giovannino Guareschi nei vari Lager in cui venne successivamente spostato, con notazioni sul tempo atmosferico, sulla salute, sull’umore, sulle razioni alimentari, sulle disparate attività culturali organizzate nei campi, sui suoi pensieri e i suoi sogni; raccoglie documenti di prim’ordine sull’universo dei Lager e relazioni ufficiali sulle condizioni di vita dei prigionieri; riunisce, infine, una serie di impressionanti testimonianze sul martirio senza fine di quanti erano avviati ai campi di sterminio. Tutto annotato, come si era proposto, “diligentissimamente”. Con tono pacato, sommesso – Guareschi affermerà di aver attraversato l’intero conflitto mondiale riuscendo a non odiare nessuno –, con un linguaggio essenziale, quasi scarno, ma di grande efficacia, dove nonostante tutto affiora l’inestinguibile vena di uno struggente umorismo che forse lo ha aiutato a sopravvivere, questo libro racconta l’orrore della notte più lunga e più buia d’Europa in pagine indimenticabili di altissimo valore letterario e umano. Giampaolo Pansa, nella sua splendida introduzione al volume, afferma tra l’altro: “… gli eredi di don Chisciotte non sono scomparsi del tutto. Per loro il Grande Diario di Guareschi sarà una lettura indimenticabile. Per quel che mi riguarda, ne sono rimasto soggiogato. Ho riscoperto la stessa emozione che, tanti anni fa, mi aveva imposto Se questo è un uomo di Primo Levi”.
Un album fotografico che commenta e illustra l'attività letteraria del famoso scrittore con l'aggiunta di molti testi inediti. Foto che vanno dalla Scuola Allievi Ufficiali di Potenza del 1934-35 al periodo di libertà vigilata 1955-56. I figli Carlotta e Alberto ne hanno scelte trecento, dividendole per argomenti: il servizio militare, la famiglia, la "scoperta di Milano", il ritorno a Marore alla riscoperta del "Mondo Piccolo", lavoro e turismo in bicicletta, viaggi e vacanze.
L'autore evidenzia come del "pettegolezzo" tutti parlano e quasi tutti ne parlano male. Il fatto che non si riesca a fare a meno di "parlottare" di tutto e di tutti, potrebbe indicare che la "chiacchiera" svolga una funzione all'interno del singolo e/o del gruppo e di essa non ci si potrebbe privare o, quanto meno, non del tutto. La riflessione dell'autore si snoda, in prospettiva psicologico-sociale e psicologico-individuale, su tali questioni: quali potrebbero essere le funzioni svolte dal pettegolezzo? A cosa serve? Che cosa ne ricavano i "chiacchieroni"? Si dà la possibilità che anche chi è oggetto del pettegolezzo ne tragga qualche beneficio?