
Mentre Riccardo si tormenta per la precarietà del suo lavoro, che non gli consente di sposare la donna con cui ha una relazione da quasi dieci anni, di acquistare una casa,
una macchina... un ambiguo personaggio fa leva sulla sua ingenuità e inesperienza e gli prospetta la possibilità di dare una svolta alla sua vita. Grazie a questo “aiuto”, vive per due anni l’illusione di aver realizzato il sogno di costruirsi una famiglia. Diventa anche papà.
L’investimento però si rivela una truffa. Quando Riccardo capisce di essere caduto nella mani di un usuraio, è
troppo tardi e teme di non avere via di scampo. Ma nel momento più buio, quando farla nita gli sembra l’unica
via percorribile, accade qualcosa di inaspettato: l’incontro con un’associazione che esiste, su tutto il territorio italiano, proprio per aiutare persone schiave come lui. L’inizio di un cammino di liberazione.
Questo libro nasce dall'esperienza. Studenti che versavano in gravi se non drammatiche situazioni scolastiche, che per anni avevano esibito pagelle per le quali i genitori più benevoli a stento trattengono una smorfia di dolore, si affidano alle indicazioni dell'autore e risalgono la china colorando di segno positivo i registri di classe. E i più finiscono per appassionarsi a buona parte delle materie proposte, non vivendole come un dovere scolastico ma come strumenti di conoscenza del vero, del bello e soprattutto dell'utile. Ma qual è il segreto di una simile metamorfosi da teste di rapa (presunte) a piccoli geni pensanti e consapevoli? Nessun trucco o espediente stravagante, ma l'affermazione di un principio per il quale lo studio altro non è che una parte dell'attività lavorativa di chi lo pratica e che pertanto, come un qualunque lavoro, merita di essere retribuito. «Otto? Questo è il tuo guadagno». «Insufficiente? Mi spiace, vai in debito di tot» (pp. 240).
Fabio Di Tullio, sposato e padre di quattro figli, è laureato in Filosofia all'Università Cattolica di Milano e ha uno studio nella stessa città . Si occupa dei rapporti tra motivazione, organizzazioni, risorse umane, leadership e apprendimento. Lavora anche con docenti, studenti e famiglie sulle tematiche della metodologia dello studio e del miglioramento del rendimento scolastico. Attualmente insegna Interpersonal and intercultural skills e Psychology and management come affiliate professor presso il campus torinese della Grande Ecole Escp-Eap, oltre a svolgere consulenze sulle stesse tematiche presso varie Società.
Lo spunto di un mediometraggio, "Amira" del regista ennese Davide Vigore, offre l'occasione a psicologi e pedagogisti di discutere di educazione interculturale. Al centro del volume un'indagine condotta su adolescenti siciliani di Palermo e studenti tunisini di Mazara del Vallo sulla maniera in cui le differenti culture vivono i sentimenti in una delle fasi più critiche della vita.
Circoscritto nell'ambito di un approccio psicosociale e psicodinamico, il volume propone gli esiti di una ricerca-intervento nell'ambito di un articolato modello di differenti azioni progettuali, rivolte al supporto per minori ed adulti coinvolti in contesti multiproblematici, di violenza e maltrattamento familiare. Le metodologie d'indagine utilizzate hanno consentito l'esplorazione di una serie di dimensioni: la percezione del sostegno sociale; le tipologie ed modelli di rappresentazione familiare; gli stili di parenting; i modelli di operatività educativa, nonché gli aspetti problematici connessi alle esigenze e difficoltà, emotive, d'integrazione e di gestione nel lavoro di rete, individuate negli operatori delle comunità coinvolti nel progetto di ricerca.
Roma, 23 giugno 1980. Il sostituto procuratore Mario Amato sta aspettando sotto casa sua l'autobus che dovrebbe portarlo al lavoro, in tribunale. La macchina è rotta, la scorta non è disponibile e lui non può fare altro che servirsi dei mezzi pubblici. All'improvviso un ragazzo si avvicina a lui, gli punta una pistola alla testa e apre il fuoco. Amato muore così, in mezzo alla strada, da solo. A sparare è stato Gilberto Cavallini, mentre il suo complice, il giovanissimo Luigi Ciavardini, lo attende a bordo di una moto. I due fanno parte dei Nuclei armati rivoluzionari, la formazione terroristica di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro che sta mettendo a ferro e fuoco Roma tra omicidi efferati, rapine e loschi traffici. Su queste vicende Amato stava indagando, intuendo quella che lui stesso definì «una verità d'assieme». In procura però era isolato, i suoi capi lo ignoravano e alcuni colleghi addirittura cercavano di delegittimarlo e di sabotare il suo lavoro. Mettendo insieme la biografia di questo sostituto procuratore e la storia delle sue indagini, andate avanti anche dopo la sua morte, il libro segue il percorso del filo che collega la lotta armata nera degli anni '70 ai giorni nostri, tra personaggi ricorrenti, legami indissolubili e uno spirito che continua ad abitare le istituzioni ai suoi livelli più alti.
«Sono nato in una casa senza porte. La sua forma è sempre stata quella di una U, che è una lettera simile alla O ma non è chiusa, permette di uscire ed entrare, abbraccia e tiene. Proprio come la mia casa, che accoglieva tutti quelli che vi entravano e uscivano a piacimento, come è nella tradizione africana.»
Un ragazzo di quindici anni si mette in viaggio dalla Costa d’Avorio per raggiungere l’Europa. Il suo nome è Kader Diabate. In questo libro ci racconta la fuga da casa e l’attraversamento del deserto, l’incarcerazione in Libia e il viaggio nel Mediterraneo, fino all’arrivo in Italia. Ma soprattutto ci racconta la sua voglia di libertà e la sua ribellione contro l’arroganza e l’ingiustizia degli uomini. Perché la sofferenza vissuta è diventata il carburante per alimentare la sua lotta pacifica, nutrita dalla passione per i libri e la cultura. Oggi Kader ha poco più di vent’anni. È un attivista per i diritti umani che rivendica la propria appartenenza a un popolo che non è solo quello d’origine ma anche quello di cui fanno parte tutti gli uomini e le donne privati dei propri diritti. Ha deciso di affidare la sua storia alla penna di un insegnante scrittore, Giancarlo Visitilli.
La prima parte di questo volume è dedicata al significato dell'educazione nell'opera di Jorge Mario Bergoglio sia come vescovo che come papa, mentre la seconda delinea il quadro di una possibile «pedagogia» di Francesco attraverso l'analisi del suo pensiero educativo e lo spazio che nei suoi discorsi viene riservato alla scuola e al mondo giovanile.I contributi sono stati elaborati in occasione della decima Giornata pedagogica svoltasi a Roma il 14 ottobre 2017 per iniziativa del Centro studi per la scuola cattolica, costituito all'interno dell'Ufficio nazionale per l'educazione, la scuola e l'università della Conferenza episcopale italiana.
Il volume si articola in tre parti - Contesti di insegnamento - apprendimento dell'italiano L2; Insegnare la lingua, insegnare la grammatica; Progettazione e realizzazione di percorsi didattici -, dedicate agli elementi fondamentali del processo di insegnamento - apprendimento: gli attori e i luoghi (tipi di pubblici, istituzioni e altre agenzie formative dedicate), l'oggetto (la lingua), i metodi e le tecniche (modelli operativi, comunicazione e gestione della classe). La struttura modulare del testo ne consente l'adozione a diversi livelli della formazione universitaria: corsi di laurea di primo e secondo livello, master, corsi di specializzazione.
I populismi sono una febbre, non la malattia.
In America il miliardario Donald Trump, inviso all’establishment del suo stesso partito, viene nominato Presidente. In Gran Bretagna vince la Brexit nonostante le forze politiche e quelle economiche fossero per il ‘remain’. A Parigi il Front National di Marie Le Pen è avversato da tutte le formazioni tradizionali ma cresce. In Italia vince il Movimento 5 Stelle, il vessillo degli anti-sistema. Un filo rosso tiene insieme tutto questo: il rifiuto, anzi addirittura l’odio verso le classi dirigenti. Non solo verso la casta politica, anche quelle social-imprenditoriali, economiche, finanziarie, aziendali, accademiche, intellettuali, mediatiche. Ci siamo dentro tutti.La similitudine fa tremare i polsi, ma ricorda il sentimento diffuso negli anni ’20 e ’30, il periodo che prepara le dittature totalitarie e la seconda guerra mondiale. Questo non vuol dire che sono la stessa cosa, bensì sottolinea come nella storia ci siano momenti in cui esiste armonia e convergenza tra élite e popolo e altri in cui c’è divorzio.Eppure per quanto sconfitte, le élite sono indispensabili. Non c’è alternativa. E riesumarle vuol dire modificare la composizione della classe dirigente, uscire da questa oligarchia che si riproduce in continuazione e ristabilire quella uguaglianza dei punti di partenza. Non prima però di aver ricomposto una serie di fratture profonde: tra chi ha un certo grado di istruzione, ed è favorevole a una società aperta, e chi no; tra i giovani e gli anziani; tra le periferie e i centri delle città.Il Movimento 5 Stelle in Italia è riuscito meglio degli altri a cavalcare la frustrazione sociale, la rabbia degli esclusi. La forbice della disuguaglianza si è talmente allargata da risultare insopportabile. Da qui parte l’odio che può assumere gli aspetti di una rivoluzione politica di ampiezza storica che supera gli steccati della distinzione classica tra destra e sinistra per proporne una nuova tra forze ‘nel sistema’ e forze ‘anti-sistema’. Eppure esiste ancora una differenza ideale, filosofica tra una sinistra che pensa che le disuguaglianze vadano corrette con l’intervento pubblico e una destra per la quale si correggono solo con l’azione del singolo.I populismi sono una febbre, non sono la malattia. Pongono il problema del funzionamento della democrazia e questo potrebbe costringerci a migliorare le nostre procedure democratiche. Potremmo, in definitiva, considerarla un’opportunità.
Matteo Salvini ha reinventato la Lega, portandola dal 3% al 30% in pochi anni. La sua ascesa, da consigliere comunale a figura di punta del governo e dell'area sovranista europea, ha a che fare con diversi fattori. La personalità e lo stile di comunicazione diretto e disintermediato; una strategia mediatica costruita con cura, che tiene insieme social network, televisione e presenza sul territorio; l'insistenza su pochi temi-chiave molto sentiti dagli elettori italiani al tempo del populismo, come immigrazione, Europa, pensioni. Ma chi è, davvero, Matteo Salvini? Come funziona la sua macchina della comunicazione? Qual è il profilo del "nuovo elettore" leghista? Con interviste a Marco Damilano, Matthew Goodwin e Luca Morisi.
Ilvo Diamanti ha pubblicato qualche anno fa un "Sillabario dei tempi tristi": si augurava allora che il vento cambiasse, ed è certamente cambiato. Ma invece di sospingerci verso porti sicuri, ci ha lasciato in mezzo al mare. Senza certezze e senza destinazioni precise. In questi "tempi strani", la politica è governata dai tecnici e dai mercati, mentre i valori si quotano in Borsa. È dunque lecito sentirsi un po' sperduti. Così dobbiamo ingegnarci a leggere la realtà che ci sta intorno e i mutamenti che la attraversano cercando parole nuove. Talora mute. Attraverso definizioni indefinite e riferimenti privi di significato preciso. Semmai, caricati di molti, diversi significati. È ciò che si propone questo nuovo "Sillabario", che si snoda attraverso trentasei voci. Da "Autobus" a "Val di Susa", da "Bamboccioni" a "Hedge fund", da "Multitask" a "Tardivo digitale". Bussole e mappe che servono a orientare i perplessi e gli spaesati. Categorie di cui lo stesso Diamanti ammette di fare parte: "A me, almeno, capita di sentirmi così. A mia volta, un po' strano. E sperduto. È per questo, anche per questo, che cerco sempre di dare un nome, un cognome, e a volte anche un soprannome, agli eventi che si succedono. In politica e nella società. Per dare un senso alle cose. Per situarle. Per situarmi. Anche se non è detto che tutti gli eventi abbiano un senso oppure una posizione. Ma attribuirlo aiuta". Perché viviamo "tempi strani" ma aperti. Nei quali non bisogna rassegnarsi. Ma capire e (re)agire.
"È come se avessimo finito le parole. Se le avessimo ormai esaurite. Io, all'inseguimento delle Password che si succedono, una settimana dopo l'altra, mi scopro incapace di trovare La Password. La Parola capace di decifrare e catalogare le altre. Così, sperduto in mezzo a tante parole, rischio di scoprirmi afasico. Senza parole. Per questo ho pensato fosse utile ricominciare dalle parole. Per dire agli altri quel che sta avvenendo. Per contribuire a comprendere e ad affrontare i cambiamenti e le resistenze del nostro mondo. Cercare la chiave del discorso per poter comunicare." Ilvo Diamanti torna a raccontare l'Italia in brevi, illuminanti istantanee. Diamanti affronta le questioni più pressanti della contemporaneità italiana, mescolando cifre statistiche e citazioni della cultura popolare, episodi di vita quotidiana e scenari politici, considerazioni sociologiche e battute bonarie. E ripartendo, nella confusione dei nostri tempi, dalle parole. Un manuale di istruzioni, una guida per il curioso, un repertorio di concetti e un'indagine sociologica in pillole: da "Renzismo" a "Tifo", da "Anti-politica" a "Voto", da "Nord" a "Romanzo criminale", l'Italia dei nostri giorni in quaranta voci.