
«In Piemonte, prima che in Lombardia, la 'ndrangheta ha cercato contatti con il mondo della politica perché ha un disegno organico di conquista di questa regione. Potrebbe imitarsi a fare riciclaggio e invece lavora per entrare nei palazzi. Questo perché vuole stabilizzarsi in questi territori e per farlo ha bisogno di potere».
Uscirà domani in tutte le librerie d'Italia «Politici (e) malandrini», (Rubbettino), l'ultimo di 18 libri di Enzo Ciconte, 65 anni, storico delle mafie laureato in Lettere a Torino, docente a Roma Tre e l'Aquila, che ha dedicato un intero capitolo al Piemonte. Dal caso «Domodossola» negli anni Ottanta a "Minotauro, passando per Cuorgnè l'amarcord di contatti scomodi tra alcuni esponenti di partito e quella che poi si sarebbe rivelata la criminalità calabrese, racconta l'escalation dei tentativi della 'ndrangheta di avvicinare le istituzioni. Partiamo dall'inizio. Perché la 'ndrangheta ha interesse per la politica?
«Non certo per difenderne gli ideali, ma perché ritiene sia la via più facile per varcare il portone di accesso ai lavori pubblici e agli appalti» Quando si registrano in Piemonte i primi contatti tra affiliati e rappresentanti di partiti?
«Il rapporto divenne visibile a metà degli anni Ottanta. In Val d'Ossola ci fu la progressiva occupazione del Psi. Ci riuscirono facendo iscrivere in massa dei corregionali ignari delle finalità di quell'iscrizione. Erano soltanto una massa di manovra, pedine inconsapevoli. Già allora la 'ndrangheta aveva in testa un progetto politico».
Poi cita Bardonecchia. Un caso unico. Perchè?
«Bardonecchia è il primo caso di scioglimento di un Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose al di fuori dei confini calabresi. Una decisione senza precedenti in una cittadina in cui ci sono stati investimenti miliardari. Con il cosiddetto racket delle braccia Rocco Lo Presti creò una base elettorale che garantì voti al sindaco di allora, ma anche ad altri politici...».
E arriviamo ai giorni nostri, a Minotauro.
«Il vostro giornale ha fatto un titolo efficacissimo: la mafia nel tinello di casa. Qui la 'ndrangheta diventa più invasiva nel cercare rapporti con la politica rispetto al passato. Adesso c'è un atteggiamento di avvicinamento sistemico, aggressivo. I casi sono tanti e si sono svolti con modalità diverse tra di loro. I politici - che non sono indagati hanno detto di non sapere di avere a che fare con 'ndranghetisti. Dicono di aver agito in buona fede, ma il problema resta il ritardo con cui i partiti affrontano il problema delle preferenze e dei voti».
Si spieghi meglio. Cosa intende dicendo che il problema sono le preferenze?
«Non è accettabile che in nome del consenso tu chieda voti a qualcuno senza sapere il bacino da cui li attinge. Se lasci briglia sciolta in nome di un appoggio elettorale, finisci con il trovarti tra i piedi questi personaggi, anche inconsapevolmente. Nel caso in cui chiedi appoggio a una personalità conosciuta è chiaro che quella sposterà un voto d'opinione, ma se non è cosi devi essere sicuro da dove provengono quei voti. Devi accertarti che siano limpidi, trasparenti. E questo lo dico per il bene del Piemonte».
Chi sono i banditi? Criminali comuni, assassini, ladri, disperati. E ancora: nobili decaduti, artigiani, contadini, giovani ribelli che non accettano il giogo attorno al collo, sia quando viene da un aristocratico del luogo sia quando arriva da un invasore straniero. La loro presenza causa incertezza nelle strade, difficoltà nelle comunicazioni, violenza diffusa. E tuttavia, quando c'è aria di mutamenti di regime essi rappresentano un'opportunità per i potenti che li utilizzano contro i propri nemici. Il libro offre un ampio affresco della reazione ai fenomeni di banditismo dagli albori dell'età moderna fino alla repressione messa in atto nei primi decenni dell'Italia Unita. Emerge un quadro complesso che vede al centro questioni sociali legate alla terra. La lotta del regno sabaudo contro il brigantaggio propriamente detto è quindi solo l'ultimo capitolo di una secolare storia di sanguinose repressioni, in cui i poteri statali che si sono via via avvicendati non sono stati in grado di trovare altra risposta che non fosse il sangue. Certo, è soprattutto in uno stato che si definisce liberale che colpisce la delega assoluta concessa ai militari che governano con leggi eccezionali, stati d'assedio e tribunali militari. Ma Enzo Ciconte ci ricorda che quanto è accaduto nel Mezzogiorno non può essere attribuito alla responsabilità dei soli piemontesi: le truppe venute dal Nord sono state aiutate con le armi da tanti meridionali espressione di una borghesia in ascesa.
Siamo abituati ad associare le emissioni di CO2 solo alla produzione energetica e ai trasporti. Ma vi siete mai chiesti quanto esse dipendano da cosa scegliamo di mangiare? La risposta è una sola: moltissimo, perché le abitudini di consumo, i processi di produzione e il riscaldamento globale ormai sono legati a doppio filo. Il direttore dell’associazione ambientalista Terra! e autore di importanti inchieste sulle filiere agro-alimentari ci racconta perché saper scegliere cosa mangiamo ci salverà dalla crisi climatica.
Se il clima cambia, cambia l’agricoltura. Se cambia l’agricoltura, cambia anche il cibo che mangiamo. È sotto i nostri occhi: la crisi climatica ha già sconvolto i cicli colturali, stanno diminuendo le api mettendo a rischio l’impollinazione, le ondate di maltempo distruggono interi raccolti, gli agricoltori abbandonano la terra perché il cibo che producono vale sempre meno. E non è tutto. L’aumento degli allevamenti industriali si traduce in milioni di ettari di deforestazione all’anno e sfruttamento delle terre arabili per la produzione di mangimi. Il consumo smisurato di acqua e fertilizzanti così come la quantità di alimenti sprecati si aggiungono alle ragioni gravi che attentano alla salute del nostro pianeta. È arrivato il momento di essere tutti consapevoli che l’agricoltura e gli altri usi della terra sono responsabili del 23% delle emissioni climalteranti totali, una cifra che arriva al 37% se si includono i processi di trattamento dei prodotti alimentari. E, fatto non meno importante, sull’altare del nostro fabbisogno si sta sacrificando l’equilibrio tra il consumo di risorse naturali a livello globale con la capacità del pianeta di rigenerarle. Comprendere tutto questo significa da una parte assumere abitudini di consumo rispettose del clima, delle stagioni e della biodiversità; dall’altra chiedere alla politica e alle istituzioni di rendere l’agricoltura non una nemica, ma un’alleata del pianeta.
È stata definita una 'tempesta perfetta' quella che si è abbattuta sull'Occidente. La guerra, la crisi energetica e l'emergenza climatica hanno sconvolto le nostre vite quotidiane. Per la prima volta nella memoria recente, tra profezie di scaffali vuoti al supermercato e rischio di carestia globale, è sembrata addirittura minacciata la disponibilità di cibo sulle nostre tavole. Ma le cose sono andate sul serio come ci hanno raccontato i media? Che ruolo ha avuto la speculazione finanziaria? E la politica, quali interessi sta tutelando? Se è vero che siamo al cospetto di una crisi di sistema senza precedenti, occorre tirarne le fila senza cedere ad allarmismi e narrazioni fuorvianti. Di certo a essere saltato è il dogma del sotto costo, con i prezzi in salita mentre gli stipendi in Italia restano fermi al palo. A crescere è allora anche la frustrazione al supermercato, tra chi vuole ancora fare scelte ecosostenibili, ma vede svuotarsi il portafogli. Sottrarsi a questo ricatto morale è l'unica via d'uscita dal vicolo cieco in cui ci troviamo.
Fabio Ciconte e Stefano Liberti ci trascinano in un viaggio nel mondo della grande distribuzione organizzata del cibo: “Il grande carrello. Chi decide cosa mangiamo” è il nuovo libro dei due autorevoli giornalisti, già autori di grandi inchieste sulle filiere agroalimentari.
Che genere di acquirente sei? Il cacciatore di offerte? Il pragmatico? Il prudente? Il salutista? Il fan brand? Chiunque tu sia, stai pur certo che il marketing ti ha inquadrato e che ci sono cartelli, percorsi o zone del supermercato nate apposta per te. Nulla è lasciato al caso all’interno di un supermarket: la grossa insegna visibile dalla strada, i cartelli all’ingresso con la stessa offerta già vista sul volantino trovato nella buca delle lettere, le corsie razionali, le isole, gli stopper, le testate di gondola. Il trucco è uno solo: farci creder che le scelte che faremo saranno solo ed esclusivamente determinate da noi stessi. Rassicurare ed emozionare.
“Il grande carrello” di Fabio Ciconte e Stefano Liberti è un saggio che scompone per svelarcela la realtà dietro gli scaffali dei supermercati, dai rapporti coi fornitori ai contratti di lavoro, dai costi reali delle offerte ai segreti del marketing. Attraverso le testimonianze dei principali protagonisti del mondo del commercio, "Il nostro pane quotidiano" ci mostra come il supermercato (e l’intreccio di rapporti produttivi alle sue spalle) condiziona la nostra vita molto più di quanto siamo abituati a credere.
Studio sulla Giornata Mondiale dei Giovani a Madrid nel 2011.
Il rapporto interumano, fondamentale per la nostra identità, ha la sua matrice nella sessualità, dimensione complessa e profonda che coinvolge il corpo e la mente. Nella dialettica con l'altro sesso entrano in gioco la sensibilità e gli affetti più intimi e nascosti, e non è semplice orientarsi nell'intreccio delle dinamiche uomo-donna: sono infatti tante le bugie sul movimento irrazionale delle passioni che, nella storia, è stato sempre demonizzato e svuotato del suo vero significato. Rivolgendosi sia ai giovani alle prime esperienze sessuali, sia agli adulti, il volume affronta le tematiche legate alla sessualità, smascherando le false ideologie religiose o filosofiche e i molti luoghi comuni che, fin dai tempi più antichi, l'hanno oppressa e svilita, attraverso la negazione dell'identità femminile. Dopo aver ricostruito per grandi tappe l'evoluzione storico-culturale della dialettica tra i sessi, le autrici delineano le fasi evolutive dell'identità sessuale fino all'adolescenza, per poi indagare i vissuti, le dinamiche psicologiche e le problematiche implicate nel rapporto uomo-donna. Completa la trattazione una serie di storie e miti esemplificativi delle passioni, dei contrasti e delle prove che costellano il rapporto d'amore.
Perché scrivere bene, in modo adeguato alle situazioni e alle richieste della società, della scuola e dell'università, è così complicato? Quali sono le principali difficoltà della scrittura di oggi? E i dubbi più ricorrenti? È davvero possibile migliorarsi? Se sì, in quale modo? Il libro risponde a questi e ad altri interrogativi, adottando un'impostazione diversa da molti altri manuali di scrittura: partendo, cioè, dai reali problemi della scrittura nel terzo millennio, ai quali viene dedicato ampio spazio, proponendo strategie, soluzioni pratiche ed esercizi stimolanti e innovativi. Il tutto nella convinzione che il dovere di comporre testi possa anche trasformarsi nel piacere di scrivere.
L'Intervista clinica generazionale è uno strumento messo a punto nel corso degli anni da Vittorio Cigoli e Giancarlo Tamanza con l'obiettivo di orientare l'intervento clinico mettendo a fuoco aree critiche nelle relazioni familiari. La procedura utilizzata si avvale di strumenti innovativi. Il valore dell'intervista sta nel fatto che coniuga la possibilità di fare ricerca con quella di intervenire nella relazione familiare attraverso l'incontro con la coppia genitoriale.
Le coppie si legano in una prospettiva di "per sempre" che viene da molto lontano nel tempo ma, quando questa promessa si spezza, cosa ne è dei figli? Quali sono gli effetti del divorzio su di loro, che costituiscono la generazione successiva? Sono le domande alla base di questo libro, che Vittorio Cigoli e Marialuisa Gennari sviluppano anche alla luce di storie di vita di coppia e familiari per mostrare gli effetti del divorzio, ma anche le possibilità concrete di affrontare il dolore e di non restare impigliati nelle trappole che il dolore stesso dissemina lungo il percorso. Perché si può smettere di essere coppia, ma genitori si rimane per sempre.
Gli autori, tra i più noti studiosi a livello internazionale nel campo delle relazioni familiari, espongono in questo volume il modello relazionale-simbolico che rappresenta una suggestiva prospettiva alla ricerca del "famigliare", nel suo perenne moto di connessione tra mutamento e continuità, aspetti varianti e invarianti. La prima parte del volume è dedicata ai principi del modello (principio organizzativo, simbolico e dinamico) che prendono corpo nei vari ambiti della relazione familiare. Nei capitoli successivi, dedicati al legame di coppia, al legame genitoriale e ad alcune sue specifiche forme (adozione, affido, separazione), ai giovani adulti e alla famiglia migrante, vengono esposti i risultati di numerose e significative ricerche ispirate al modello e sviluppate nel corso di più di due decenni da studiosi psicosociali e clinici del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell'Università Cattolica di Milano. Viene inoltre delineata la metodologia di lavoro che orienta gli interventi formativi con le famiglie nella comunità, così come le caratteristiche dell'intervento clinico-psicoterapeutico. L'ultima parte del volume è dedicata ai principali strumenti quantitativi e qualitativi utilizzati dai ricercatori.