
Quarant'anni dopo, gli archivi desecretati del Dipartimento di Stato e della CIA restituiscono un piccolo tesoro: la versione americana del fallito tentativo insurrezionale dell'argentino Ernesto "Che" Guevara in Bolivia. Un vero e proprio contro-diario scritto giorno per giorno da Washington e dall'ambasciata USA a La Paz nei caldi mesi del 1967, quando sembrava imminente l'esplodere di un "nuovo Vietnam" dal Rio Grande alla Terra del Fuoco. Le carte rivelano in tutta la sua drammaticità la fragile, contraddittoria politica dell'amministrazione Johnson nei confronti dell'America Latina, e completano il celebre Diario in Bolivia del Che, un cult mondiale della rivolta giovanile del 1968.
Esiste un invisibile filo rosso che attraversa il tempo e la storia svelando il senso profondo di eventi tra loro solo apparentemente distanti e diversi? C’è un nesso nascosto tra il Big Bang e le alterazioni climatiche, le Crociate e il terrorismo islamista, le persecuzioni dei cristiani e la Shoah degli Ebrei, l’Inquisizione medioevale e i prodigi della tecnoscienza del XXI secolo?
Sì. Quel filo rosso esiste, ed è possibile riconoscerlo nitidamente nelle pagine profetiche dei Vangeli e nel magma incandescente di simboli dell’Apocalisse di Giovanni, che ci disvelano l’éschaton, il tempo della fine, quello che ancora non è accaduto e che deve accadere affinché ciò che all’inizio era stato da Dio voluto si adempia. E quello che deve avvenire, il bivio dinanzi al quale si trova oggi l’umana società, sospesa tra la speranza nella civiltà dell’amore e della conoscenza e la minaccia del conflitto tra civiltà e della catastrofe ecologica, costituisce l’orizzonte di un libro che intende trasportare il lettore in un viaggio nella memoria che lo condurrà, infine, a interrogarsi sul futuro del pianeta e dell’umanità.
Questo libro cambia la storia d’Italia. L’incontro di cui parla – fra vittime e responsabili della lotta armata degli anni settanta – è infatti destinato ad avviare un radicale cambio di paradigma storico: non si potrà più guardare agli «anni di piombo», ai loro fantasmi e incubi, con gli stessi occhi; né si potrà tornare a un’idea di giustizia che si esaurisca nella pena inflitta ai colpevoli.
Le prime pagine ancora oggi dedicate alla lotta armata e alle stragi, le centinaia di libri pubblicati, i film, le inchieste dimostrano non tanto un persistente desiderio di sapere – comunque diffuso, anche a causa di verità giudiziarie spesso insoddisfacenti –, ma anche e soprattutto un bisogno insopprimibile di capire, di fare i conti con quel periodo, fra i più bui della nostra storia recente.
È proprio muovendo dalla constatazione che né i processi né i dibattiti mediatici all’insegna della spettacolarizzazione del conflitto sono riusciti a sanare la ferita, che un gruppo numeroso di vittime, familiari di vittime e responsabili della lotta armata ha iniziato a incontrarsi, a scadenze regolari e con assiduità sempre maggiore, per cercare – con l’aiuto di tre mediatori: il padre gesuita Guido Bertagna, il criminologo Adolfo Ceretti e la giurista Claudia Mazzucato – una via altra alla ricomposizione di quella frattura che non smette di dolere; una via che, ispirandosi all’esempio del Sud Africa post-apartheid, fa propria la lezione della giustizia riparativa, nella certezza che il fare giustizia non possa, e non debba, risolversi solamente nell’applicazione di una pena.
Il libro dell’incontro racconta questa esperienza, accostando una rigorosa riflessione metodologica alle vive voci dei protagonisti, alle lettere che si sono scambiati negli anni, alle loro parole fragili, pronte al cambiamento, alla loro ricerca di una verità personale e curativa che vada oltre la verità storica e sappia superare ogni facile schematismo. Perché solo cercando insieme la giustizia, la si può, almeno un poco, avvicinare.
A fronte delle continue proposte di aumentare le pene, di incrementare la presenza e la visibilità delle forze di polizia e di adottare una politica di rigore nei confronti del degrado e delle inciviltà, di cui gli stranieri sarebbero i principali portatori, la sensazione per chi studia la "questione criminale" è che pochi opinion leader possiedano una conoscenza approfondita del campo penale, vale a dire di quella rete di istituzioni e di varie forme di relazioni supportate da agenzie, ideologie, pratiche discorsive, tra cui i saperi criminologici, sociologici, psichiatrico-forensi. Il dibattito pubblico si sviluppa infatti attorno a espressioni che, sebbene richieste dal codice politico bipartisan e invocate dalle proteste di piazza (mediatica), non sono in grado nemmeno di cogliere quali siano i problemi di insicurezza, convivenza e ordine caratteristici della vita nelle città. Questo libro intende contrastare la tendenza diffusa ad adagiarsi su soluzioni preconfezionate in un dibattito pubblico sclerotizzato, fornendo in modo semplice e chiaro alcuni spunti di riflessione sulla dimensione penale che possono essere utili come armamentario argomentativo per chi si interessa di politica. È un saggio di "criminologia politica", che approfondisce i fondamenti delle attuali politiche di sicurezza allo scopo di orientarle in senso democratico, in funzione di un progetto di società civile e aperta che sappia andare oltre la dimensione della paura nella convivenza.
Una prima agile introduzione ai grandi temi della comunicazione. A partire da una generale prospettiva sulla ricchezza e sulle ambiguità delle possibilità comunicative che il mondo ci offre, ripercorre le principali tappe evolutive che hanno segnato la storia della comunicazione umana, attraverso un sintetico ma completo percorso dalla cultura orale all'invenzione della scrittura, dalla civiltà del manoscritto alla diffusione della stampa, dalla fotografia al cinema, fino all'avvento dei mezzi elettronici.
"Non mi ero reso conto, prima di conoscere Giovanna, di quanta umanità, dolcezza e profonda civiltà ci fossero in un'attività di assistenza ai malati terminali e alle loro famiglie. Ne comprendevo l'importanza certo, ma non la carica di rivoluzionaria solidarietà. Un dono di affetto autentico, forse perché svincolato da una visione funzionale e materiale della vita. Un dono che può sembrare addirittura inutile, perché non c'è speranza. Invece, nel rispetto della dignità della persona, esalta i sentimenti, i legami familiari e d'amicizia. Dà senso a un'intera vita, favorisce la trasmissione di valori e sentimenti. Ridimensiona la paura della morte, ormai esorcizzata ed estrapolata in una società che stenta a ritenerla un fatto naturale, che non l'accetta, non la guarda, non pensa che vi si debba preparare. Giovanna me lo aveva fatto capire con il suo esempio quotidiano, il suo pensiero costantemente rivolto alle persone che soffrono e non debbono essere lasciate mai sole, vittime di un egoismo contemporaneo che riduce tutto a una dimensione individuale." (dalla prefazione di Ferruccio de Bortoli)
Siamo sempre più vulnerabili perché soggetti a una doppia fonte di incertezza: l'incertezza che ci viene dalla precarietà del mercato e l'incertezza che ci viene dalla politica per la sicurezza. In un saggio breve, una riflessione inedita e chiarificatrice sul rapporto tra individuo e potere. A essere in gioco è infatti la libertà perché il potere risiede oggi tanto nella possibilità di decidere la flessibilità altrui, quanto nella possibilità di decidere i modi con cui rendere sicuri gli individui. Questo doppio registro del potere attiva due logiche contraddittorie che mettono a repentaglio sia la globalizzazione che la democrazia. Paolo Ceri è professore ordinario di Sociologia all'Università di Firenze.
Questo libro nasce dall'idea che la scuola sia un luogo dove sia possibile incontrarsi, dove genitori e insegnanti si parlano e organizzano insieme, dove i ruoli sono definiti e le mansioni condivise e riconosciute. Una scuola partecipata da tutti e proprietà di tutti coloro che la fanno. Questa è la scuola che dobbiamo inventare e costruire. In questa prospettiva le strategie educative e psicopedagogiche che qui vengono presentate (il counselling, l'orientamento, l'educazione all'affettività, la prevenzione dei disturbi dell'apprendimento, le iniziative di parent training) possono offrire un importante spunto per una significativa opera di trasformazione della scuola da attuale luogo dell'omologazione a spazio della crescita e della sperimentazione. Questo è un lavoro che non può non essere fatto. Per noi ma soprattutto per i nostri figli. Non si lavora forse che per i bambini?
Di fronte alla crisi di senso del presente, di cui il Covid non è la sorgente, ma sta giocando un subdolo ruolo di acceleratore, Luigi Ceriani, psicologo e pedagogista milanese, mette a tema in questo libro la sfida educativa che attende i genitori, gli insegnanti e le altre figure di riferimento per le generazioni più giovani, confrontandosi a tutto campo su figli, scuola, società… con Fausto Bertinotti, Mario Calabresi, Paolo Crepet, Diego Fusaro, Umberto Galimberti, Mario Mauro, Alessandro Meluzzi, Franco Nembrini, Daniele Novara, Raffaela Paggi, Antonio Polito, Massimo Recalcati, Giorgio Vittadini… nella consapevolezza che dall’educazione presente dipenderà la comunità del futuro.
Per emergere oggi bisogna essere straordinari, ma anche la "normalità" è quasi irraggiungibile a causa delle numerose sfide che genitori, educatori e ragazzi affrontano. La mercificazione delle relazioni soffoca il desiderio di una vita piena. Gli adolescenti, anestetizzati, non si ribellano né aspettano il ritorno di un eroe. La psicologia etichetta un disagio sempre più inafferrabile e la scuola riflette l'incapacità degli adulti di fare proposte efficaci. Tuttavia, esistono esperienze educative che recuperano un buon senso e un linguaggio nuovo per dialogare tra generazioni. I ragazzi non sono stupidi, svogliati... è la società che li rende tali. Perché vivano intensamente il loro desiderio, dobbiamo anzitutto non rinunciare al nostro.
«Sono le idee, non gli interessi costituiti, che sono pericolose nel bene o nel male» così Keynes. Abbiamo cominciato a comunicarci idee, progetti, esperienze positive e negative, in un dialogo che è divenuto via via più profondo, sincero, intenso. Il gruppo "Futuro Anteriore" è nato così, dalla voglia di alcuni/e semplici cittadini/e di riflettere, sperimentare, partecipare, alzando lo sguardo verso un orizzonte, oltre la cronaca spicciola, senza cedere alla rassegnazione, allo scoraggiamento. Ci accomunano passione, impegno, ma tante sono le differenze tra noi, che si colgono facilmente anche dal taglio dei vari contributi, molti dei quali scritti durante il primo lockdown. La diversità può essere un limite. Noi vi abbiamo scoperto soprattutto una grande bellezza e l'abbiamo vissuta come un vero arricchimento reciproco. Idee, pensieri, qualche progetto, piccole esperienze, alla ricerca di nuovi paradigmi per una ripartenza: l'inizio, senza pretese, di un libro incompiuto. Le pagine finali, bianche, sono un invito al lettore ad andare avanti nella scrittura...
«Ma a che cosa servono gli uomini?». È una domanda che ricorre sempre più spesso tra le giovani donne... Nella nostra società complessa il cosiddetto «sesso forte» si sta rivelando, invece, quello più fragile. I maschi odierni, oscillanti tra narcisismo e aggressività, tra solitudini e dipendenze, sono disorientati di fronte alle sfide che li attendono, prima tra tutte la paternità. Dalla sua esperienza di psicoterapeuta, Mariolina Ceriotti Migliarese ha studiato l'universo dei maschi in una prospettiva femminile, evidenziandone le criticità e le molte risorse: la sua riflessione è un invito appassionato perché gli uomini continuino a essere portatori di quella «potenza buona, feconda e fecondante di cui il mondo e anche la donna continuano ad avere estremo bisogno».