
Nel 1936 Dale Carnegie pubblicava "Come trattare gli altri e farseli amici", oggi la realtà è molto cambiata, le relazioni personali corrono alla velocità della rete e ogni giorno entriamo potenzialmente in contatto con migliaia di persone. Ma gli insegnamenti di Dale Carnegie continuano a essere attuali: i mezzi sono cambiati - comunichiamo con Facebook, Twitter, e-mail ed sms più che di persona - la chiave del successo rimane la capacità di ottenere la fiducia degli altri. In un'era dominata dalla promozione di se stessi, concentrarsi sui bisogni altrui può fare la differenza, e questo libro svela i segreti dei professionisti nella comunicazione on line. Con piccoli e semplici accorgimenti, ognuno di noi può imparare a lasciare una migliore impressione di sé, trasformando un'e-mail in un dialogo prolifico, scegliendo con cura gli argomenti per un post o sorprendendo l'interlocutore con un messaggio appropriato. Se è vero che l'era digitale ha trasformato la comunicazione in business, la sfida per la leadership si consuma oggi più che mai sul terreno dei rapporti personali. E quale successo non inizia con una relazione
Come è possibile affermare il proprio punto di vista o la propria volontà in maniera efficace, senza offendere la suscettibilità altrui e senza creare situazioni di tensione o di aggressività? Essere sicuri di sé e avere le idee chiare non significa infatti essere prepotenti: al contrario, la capacità di affermare la propria opinione va di pari passo con la capacità di ascoltare le opinioni altrui e più in generale con la capacità di mantenersi curiosi, cioè aperti a nuove idee e nuovi punti di vista... In questo libro, Dale Carnegie offre consigli pratici, suggerimenti operativi, esercizi di verifica quotidiani, specificando i singoli passi di un percorso che conduce contemporaneamente al successo e alla serenità
Giorgio La Pira non fu un clericale, né venne mai clericalizzato. Spesso s’ignorano i motivi per cui il “sindaco santo” non abbia mai chiesto, desiderato o ottenuto una tessera che attestasse formalmente la sua appartenenza all’Azione Cattolica, organizzazione fortemente raccomandata – se non addirittura imposta – da Papi, vescovi, semplici sacerdoti.
I saggi qui raccolti documentano come il Venerabile visse e operò da laico in un ambiente in cui non era ancora presente quel pesante clericalismo che traduceva nella pratica alcune direttive magisteriali riconducibili all’insegnamento di Pio X. Dalla lettura dei testi di La Pira, ma soprattutto dalla sua azione nel sociale, emerge il suo modo originale di essere “laico cristiano”, caratterizzato sia da una notevole preparazione culturale, sia da un forte senso della libertà educata alla responsabilità. Seppe infatti lavorare in comunione con la gerarchia ecclesiastica, ma senza dipendere da essa; senza metterne in dubbio il magistero, ma adattandolo al momento storico e alle particolari circostanze in cui si trovò a esercitare la propria missione.
Si parla oggi di emergenza educativa, compito pedagogico, responsabilità, urgenza della formazione degli educatori. Nella scuola, molti segnali lasciano intravedere una "primavera della cura", un risveglio pedagogico, a partire dai docenti che, per professione, sono chiamati a essere esperti in educazione. Il testo ne cerca segni e risvolti operativi, per rivalutare lo spessore educativo della professionalità docente e ripensare quelle competenze pedagogico-relazionali oggi essenziali.
A novant'anni dalla stipula dei Patti lateranensi, si deve riconoscere che il bilancio è positivo. Pur non negandosi l'emergere talora di aree di problematicità nell'applicazione delle disposizioni pattizie, la Santa Sede ha potuto svolgere in piena libertà la sua alta missione nel mondo, che era l'obbiettivo del Trattato; d'altra parte anche grazie a quei Patti, inseriti in Costituzione nell'art. 7, l'Italia ha potuto crescere secondo una laicità positiva, non conflittuale ma collaborativa. Ciò non toglie che problemi nuovi possano porsi, con riferimento a contesti nuovi, come il processo di sviluppo dell'Unione Europea, di cui lo Stato della Città del Vaticano è divenuto una enclave, o il progredire della globalizzazione, che tocca anche la piccola realtà vaticana. È a questo nuovo che avanza che guardano i contributi raccolti nel volume.
Il mondo è in fiamme. Non solo in Medio Oriente e nel Caucaso ma anche in Europa. Nuovi conflitti e guerre, convenzionali e ibride, ci circondano. È la "terza guerra mondiale a pezzi" di cui ha parlato Papa Francesco. I morti aumentano e lo scenario si fa sempre più incerto. Che accadrà domani? I conflitti si allargheranno o si riusciranno a trovare soluzioni pacifiche ad essi? Quali saranno i nuovi obiettivi delle grandi potenze che dominano il mondo? Sono queste le domande che accompagnano questo libro. Con la certezza che una nuova e terribile guerra è entrata nelle nostre vite.
Alda Merini è la poetessa più amata del Novecento italiano, perché ha saputo sublimare la sua dolorosa esperienza biografica in poesia pura. Per questa ragione è stata elogiata da importanti critici letterari e insieme adorata da lettrici e lettori.
Una vita, la sua, appassionante e appassionata, drammatica ed eccezionale: il precoce talento e la frequentazione fin da giovanissima dei maggiori intellettuali, la malattia mentale e i ricoveri in manicomio, i due matrimoni e i grandi amori, la celebrità arrivata tardi, il quartiere-mondo dei Navigli a Milano...
In questo libro Emanuela, la figlia maggiore di Alda, per la prima volta ricostruisce la storia della madre, e la racconta nella quotidianità e nella dimensione domestica, con la sua generosità e le sue eccentricità; e nelle vicende letterarie ed editoriali, fatte di anni di silenzio e altri di successo.
Viene fuori un ritratto franco e intenso di una donna, una mamma, un'artista che, pur tra mille momenti bui, non si è mai data per vinta.
"Sul cartellone c'è la foto di una donna. O, almeno, di una creatura di sesso femminile, a giudicare dalle due piccole sacche di pelle rugosa che pendono al posto dei seni. Sì, perché di fronte all'obiettivo c'è una creatura completamente nuda. Seduta su uno sfondo grigio sfumato, una gamba allungata e l'altra leggermente piegata in modo che solo il pube sfugga allo sguardo. Le ossa, in compenso, si vedono bene. Mi fa vergognare questa foto. Perché è la mia foto." Inizia così il racconto della vita di Isabelle, la cui gigantografia si è impressa nella mente di tutti, ha scosso la coscienza di molti. Dai cartelloni pubblicitari a ritroso fino all'infanzia nella regione di Parigi, all'ombra di una madre sofferente e di due padri, quello naturale e quello putativo, entrambi assenti. Isabelle è una bambina reclusa, tenuta lontana dai giochi in giardino, costretta a indossare vestiti troppo piccoli, scarpe troppo strette. La madre non vuole perderla, vederla crescere e andare nel mondo. Per amore, per paura, per follia. Inizia così la discesa di Isabelle nell'inferno dell'anoressia. Giornate scandite dalla bilancia, dal calcolo ossessivo delle calorie fino ai primi ricoveri in ospedale "dello scheletro che cammina". Anni ritmati dall'oppressione della madre, dall'indifferenza dei medici, dall'inadeguatezza delle strutture, dall'ignoranza di tutti gli altri. Ma anche dagli sforzi sovrumani per uscire dal tunnel che porta sulla soglia della morte.
Biasimare gli errori e stigmatizzare l'ignoranza sono considerate pratiche virtuose. Necessarie. Ma le cose, forse, non stanno proprio così. Prendendo spunto da aneddoti, dalla scienza, dallo sport, da pensatori come Machiavelli, Montaigne e Sandel, ma anche da Mike Tyson, Bruce Lee e Roger Federer, Gianrico Carofiglio ci racconta la gioia dell'ignoranza consapevole e le fenomenali opportunità che nascono dal riconoscere i nostri errori. Imparando, quando è possibile, a trarne profitto. Una riflessione inattesa su due parole che non godono di buona fama. Un'allegra celebrazione della nostra umanità. Fin da bambini ci raccontano che se sbagli prendi un brutto voto; se sbagli non vieni promosso e non fai carriera, in certi casi addirittura perdi il lavoro; se sbagli perdi la stima degli altri e anche la tua. Sbagliare è violare le regole, sbagliare è "fallire". Per l'ignoranza, se possibile, i contorni sono ancora più netti: l'ignoranza relega alla marginalità. E quando si passa dalla definizione della condizione (ignoranza) all'espressione che indica il soggetto in quella condizione (ignorante), il lessico acquista il connotato dell'offesa. In realtà, l'errore è una parte inevitabile dei processi di apprendimento e di crescita, e ammetterlo è un passaggio fondamentale per lo sviluppo di menti aperte e personalità equilibrate. Così come osservare con simpatia la nostra sconfinata, enciclopedica ignoranza è spesso la premessa per non smettere di stupirsi e di gioire per le meraviglie della scienza, dell'arte, della natura.
La qualità della vita democratica scaturisce innanzitutto dalla capacità di porre e di porsi buone domande, dalla capacità di dubitare. E questo vale tanto per chi il potere ce l'ha quanto, forse soprattutto, per chi apparentemente non ce l'ha. Cioè noi. Perché i cittadini hanno un potere nascosto, che li distingue dai sudditi e che deriva proprio dall'esercizio della critica e dunque della sorveglianza. In queste pagine Gianrico Carofiglio, con la sua scrittura affilata e la sua arte di narratore, ci accompagna in un viaggio nel tempo e nello spazio e costruisce un sommario di regole - o meglio suggerimenti - per una nuova pratica della convivenza civile. Una pratica che nasce dall'accettazione attiva dell'incertezza e della complessità del mondo ed elabora gli strumenti di un agire collettivo laico, tollerante ed efficace. Partendo dagli insegnamenti dei maestri del lontano Oriente e passando per i moderni pensatori della politica, scopriamo un nuovo senso per parole antiche e fondamentali, prima fra tutte la parola gentilezza. Non c'entra nulla con le buone maniere, né con l'essere miti, ma disegna un nuovo modello di uomo civile, che accetta il conflitto e lo pratica secondo regole, in una dimensione audace e non distruttiva. Per questo la gentilezza, insieme al coraggio, diventa una dote dell'intelligenza, una virtù necessaria a trasformare il mondo. E contrastare tutte le forme di esercizio opaco del potere diventa un'attività sovversiva, che dovrà definire l'oggetto della nostra azione, della nostra ribellione.