
"Baudrillard... ha segnato in modo profondo la vita intellettuale contemporanea e la rappresentazione culturale del nostro tempo" (Franco Volpi)
Il consumo è per Baudrillard un processo di comunicazione che trasforma gli oggetti in simboli di un codice inteso a classificare e contrassegnare. Nuove gerarchie sociali vengono così a rimpiazzare le vecchie differenze di classe. Il consumatore vive le proprie scelte come libere, e tuttavia egli stesso - vittima della coazione a distinguersi - cessa di essere persona per farsi oggetto tra gli altri. Sullo sfondo, un sistema di produzione che postula la perpetua eccedenza dei bisogni rispetto ai beni. Un'opera fondativa che non ha perso nulla della sua forza profetica.
Jean Baudrillard (1929-2007) è autore di oltre cinquanta libri tra i quali ricordiamo, pubblicati in italiano, "Il sistema degli oggetti" (Bompiani, 1972), "Lo scambio simbolico e la morte" (Feltrinelli, 1979), "Della seduzione" (Cappelli, 1980), "Le strategie fatali" (Feltrinelli, 1983), "Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la realtà?" (Cortina, 1996), "Patafisica e arte del vedere" (Giunti, 2006).
Affascina Jean Baudrillard che a suo modo è stato ammaliato dal problema della debole realtà della realtà nel nostro tempo sempre più dominato dalla tecnica, dal mediatico, dallo sviluppo del virtuale, dal digitale e da Internet. È vano cercare una soluzione progressista, realista, come è stato per la cultura del secondo novecento sia francese che italiano, c'è soltanto la necessità di conservare uno sguardo che non è critico (Baudrillard ritiene superato il pensiero critico) ma aperto e lucido. Senza amarezza, in una tranquilla disperazione, con l'idea che la fine non si approssima, ma è già in atto, Baudrillard vive in queste pagine da noi scelte fra le opere un'apocalisse da padre sereno. Il valore del grande pensatore francese recentemete scomparso consiste nel suo lavoro di derealizzatore, eccellendo nel disgregare le evidenze, che ci risveglia, ci stimola.
la piscosi, la gruppalita e la prevenzione interrogano la comprensione analitica e trasformano la sua funzione verso nuovi soggetti, nuove dinamiche. DA UN PR DI TEMPO LA STORIA HA INCOMINCIATO A LANCARE NUOVI OGGETTI" NEL CAMPO CLINICO QUOTIDIANO, CHE OBBLIGANO AD UNA PRATICA CON ALTRE COMPLESSITA, ORIENTANO ALTRE DIREZIONI DELLE RICERCHE CLINICHE E ORDINANO IN ALTRI REGISTRI LA RIFLESSIONE ANALITICA. GLI ST UDI SULL'IMPLICAZIONE DEL TER APEUTA NEL SUO LAVORO OPERATIVO VANNO DELINEANDO LA SUA POSI"
"«Ci vediamo al traguardo» dissi a Erin mentre passava davanti a me. «Ci sarò» annuì lei. In quel momento mi sembrò una cosa banale, la più normale del mondo. Suppongo che sia sempre così, prima che la sfortuna, o il caso, ti cambino la vita". Il 15 aprile 2013 Jeff si trova a Boston, al traguardo della Maratona, una delle più importanti del mondo. Sta aspettando la sua fidanzata, Erin, che partecipa alla gara. Dopo mesi di incertezza, è lì per dimostrarle che tiene a lei e che vuole fare sul serio. Sono gli ultimi istanti di una vita normale, prima che si scateni l'inferno. Per un attimo Jeff perde i sensi. Quando riapre gli occhi, capisce che è esplosa una bomba e lui ha visto da vicino l'attentatore. E che le sue gambe non ci sono più. A 27 anni deve ricominciare da capo. Niente è facile, dopo. Riprendersi dal trauma, imparare di nuovo a camminare, gestire il peso della notorietà. Eppure, la sua non è una storia di disperazione. È una storia di resilienza e ottimismo, la storia di un ragazzo che non si piega al destino, ma decide di affrontarlo a testa alta. È insieme anche la storia di un grande amore, quello della sua ragazza che lo ha salvato nei momenti bui della riabilitazione. Jeff è la prova che proprio nelle avversità più grandi, si può scoprire di essere più forti di quanto non si sia mai sospettato. E che in coppia la forza non raddoppia, ma si moltiplica all'infinito.
La metafora della liquidità, da quando Bauman l'ha coniata, ha marcato i nostri anni ed è entrata nel linguaggio comune per descrivere la modernità nella quale viviamo. Individualizzata, privatizzata, incerta, flessibile, vulnerabile, nella quale a una libertà senza precedenti fanno da contraltare una gioia ambigua e un desiderio impossibile da saziare.
Alle glorie della nuova era globale si contrappone la solitudine dell'uomo comune: la socialità è incerta, confusa, sfocata. Si scarica in esplosioni sporadiche e spettacolari per poi ripiegarsi esaurita su se stessa. Per porre un freno a questo processo occorre ritrovare lo spazio in cui pubblico e privato si connettono: l'antica agorà, in cui la libertà individuale può diventare impegno collettivo. Postfazione di Alessandro Dal Lago.
In un'epoca in cui le autostrade dell'informazione attraversano il pianeta, le sofferenze degli altri, trasmesse in una forma vivida e facilmente leggibile, sono disponibili all'istante quasi ovunque. La cosa ha conseguenze che pongono due dilemmi etici. In primo luogo, «essere spettatori» non è più la condizione eccezionale di poche persone perché tutti siamo testimoni dell'afflizione, del dolore e della sofferenza. In secondo luogo, abbiamo tutti bisogno di discolparci e di giustificarci. E tutti, o quasi tutti, ci troviamo a dover ricorrere, una volta o l'altra, all'espediente della negazione della colpa.
Nel nostro mondo postmoderno non c'è posto per la stabilità e la durata, l'apparenza prevale sulla sostanza, il tempo si frammenta in episodi, la salute diventa fitness, la massima espressione di libertà è lo zapping. Dalle macerie del vecchio ordine politico bipolare sembra emergere solo un nuovo disordine globale. Le figure emblematiche che abitano questo traballante universo sono il giocatore (in borsa o alla lotteria) e il turista, lo sradicato e il "collezionista di sensazioni". Ma forse, più di ogni altro, lo straniero. Per impedire che l'individuo diventi presto straniero anche a se stesso, è giunto forse il momento di guardare a nuove strategie di vita.
Zygmunt Bauman, il sociologo polacco famoso in tutto il mondo per il concetto di modernità liquida, affronta in questo testo agile ed estremamente attuale il tema della religione e della fede. Oggi nella tremenda crisi di valori che stiamo vivendo, anche la religione, in qualche misura, sta subendo lo stesso destino della società liquida. Assistiamo a una sorta di evaporazione della spiritualità. Il rischio, al di là dell’osservanza da parte dei cattolici degli appuntamenti liturgici, è che queste manifestazioni di adesione e di partecipazione rimangano in superficie, senza entrare davvero nel cuore delle persone. Ma il bisogno di speranza
non può essere cancellato dal cuore dell’uomo, e questo apre nuove porte alla fede.
L'autore
Zygmunt Bauman è nato a Poznan nel 1925 in una famiglia di origini ebraiche. Rifugiatosi in Unione Sovietica allo scoppio della Seconda guerra mondiale, rientrò in Polonia al termine del conflitto e si laureò in sociologia all’università di Varsavia. Nel 1968, in seguito a un’epurazione antisemita, emigrò dapprima a Tel Aviv e poi a Leeds, dove ottenne una cattedra di sociologia. Da allora ha quasi sempre pubblicato le sue opere in inglese, ottenendo particolare riscontro soprattutto dopo l’abbandono dell’insegnamento. La sua reputazione crebbe rapidamente verso la fine degli anni Ottanta, e oggi è considerato tra i più grandi teorici della società del XX secolo. Particolare notorietà ha assunto il suo concetto di società “liquida”: l’incertezza dei nostri tempi moderni
e la trasformazione dei cittadini in consumatori hanno come conseguenze la fine di ogni certezza e una vita
Più che un'idea o un postulato, la libertà, in questo saggio di Zygmunt Bauman, viene considerata nella sua forma di relazione sociale. Se, come sostiene il sociologo polacco, la tendenza della società moderna è quella di individualizzare i suoi membri in attori che agiscano sulla base di motivazioni proprie e che si ritengano responsabili delle proprie azioni, allora la sociologia deve saper vedere, nella libertà della natura umana, un assunto più che un oggetto di ricerca. Partendo da questa tendenza e analizzando il processo di produzione degli "attori liberi", nelle sue connessioni con il sistema di integrazione e di controllo sociale, Bauman sostiene che nella società attuale, caratterizzata dal consumo, la repressione sia stata sostituita dalla seduzione. La libertà del consumatore, allora, occupa lo spazio che una volta era del lavoratore, e presuppone l'esistenza di un libero mercato.
Una cosa è essere poveri in una società di produttori e in piena occupazione; ben altra cosa è essere poveri in una società consumistica, in cui i progetti di vita si costruiscono più sulla base delle scelte del consumatore che sul lavoro, sulle competenze professionali o sugli impieghi. Se un tempo la povertà era legata alla disoccupazione, oggi invece è legata anzitutto ai livelli di consumo. Ciò sortisce un significativo effetto nel modo in cui la povertà viene sperimentata e sulle prospettive per riscattarne la miseria. In questo libro Bauman traccia le linee del profondo cambiamento cui la storia contemporanea ha assistito e le sue conseguenze, cercando di far fronte alle nuove sfide sociali (welfare, occupazione, marginalità, ecc.) sulla base di un nuovo sguardo etico.
L’analisi di Bauman è di grande attualità nel momento in cui l’ideale socialista viene riscoperto in tutto il mondo, da Bernie Sanders a Jeremy Corbyn. Il filosofo polacco riflette sull’impat­to che l’utopia vivente del socialismo ha avuto sullo sviluppo della so­cietà moderna. Considerando la contrapposizione tra pensiero sociale utopico e scientifico, Bauman presenta il socialismo come contro-cultura della società capitalista, esamina le ragioni del suo fallimento nella sua applicazione alla Rivoluzione russa ed esplora, infine, alcune possibili forme che l’utopia socialista potrebbe assumere nelle società industriali di fine secolo.
ZYGMUNT BAUMAN (Poznan, 1925 – Leeds, 2017)
Filosofo e sociologo polacco di origini ebraiche, si è formato all’Uni­versità di Varsavia e alla London School of Economics. Nel 1968 ha perso la cattedra a Varsavia a causa della ripresa dell’antisemitismo e dei conflitti interni che allora infiammavano la Polonia. Rifugiatosi dapprima in Israele, ha in seguito insegnato Sociologia all’Università di Leeds a partire dal 1971, dove è rimasto sino alla morte. Si è guadagnato una fama interna­zionale grazie alle sue ricerche sui rapporti fra modernità e totalitari­smo. Castelvecchi ha già pubblicato Scrivere il futuro (2016), La libertà, Meglio essere felici (2017) e Le nuove povertà (2018).