
La dura frontiera tra università e lavoro e il ruolo dei "contrabbandieri". Un mondo del lavoro chiuso nella "fortezza dei garantiti". Una legislazione "mangiagiovani". La lunga attesa della rivoluzione del merito. Il peso delle bardature del sindacalismo all'italiana. Il deserto del mercato del lavoro e i giovani tuareg. Le opportunità delle "aziende a rete". Una concorrenza malata. Questi e molti altri sono gli spunti di un libro-miniera, dal quale il lettore può trovare nuovi filoni di pensiero, nuove opportunità, nuove scoperte. Un libro che aiuta ad "amare il lavoro".
"Chi è Stato?". Chi sono gli uomini che rappresentano al meglio lo Stato e "fanno funzionare l'Italia"? Quale il loro itinerario di formazione umana, intellettuale e professionale? Quali sono gli aspetti cruciali di alcune funzioni chiave dello Stato? Quale è il rapporto tra la carenza diffusa di senso dello Stato, la decadenza della politica, la crisi delle classi dirigenti e la caduta del senso civico? Cosa sta alla base di fenomeni come la guerra alla "Casta" e il "grillismo" e come reagire? Quali sono gli effetti dell'abbattimento del valore del merito e della concorrenza e quali sono le risposte possibili? Sono queste alcune delle domande cui il libro decisamente unico nel panorama editoriale italiano - offre risposte nuove e molto significative. Un libro un po' saggio, un po' pamphlet, un po' manuale, scritto con linguaggio plastico, a volte tagliente ma sempre lineare e comprensibile al largo pubblico, che accompagna il lettore fino al "cuore dello Stato" e alla scoperta dei nuovi fermenti della società italiana.
Riconoscere il sottile confine tra il "male di vivere" e la depressione, difendere il diritto di essere tristi in una società che impone la felicità: questo si prefiggono i due autori auspicando il "risveglio di sè" in quanto scoperta di se stessi con difetti e ferite in attesa di tempi migliori.
"Un corpo irriconoscibile abbandonato come un cane nelle campagne della Locride. L'interminabile, soffocante stagione dei sequestri di persona. E poi, nella nostra carne, le fiamme che divorano il mobilificio di nonno Ciccio, l'omicidio di mio padre. E nessun colpevole. Perché continuare a vivere in una terra che ripagava il nostro amore incondizionato con tanta spietata ferocia? Andarsene via, ovunque, purché lontano da Bovalino, fuori da quei confini diventati così angusti. Approdare in una città accogliente come Modena, nel tentativo di rimuovere, di dimenticare il passato, di trovare una normalità. Nascondendo a tutti, persino a me stesso, la rabbia e la sofferenza. E così ho fatto per tanto tempo, fino a quando, ormai ventenne, ho chiesto in lacrime a mia madre di guidarmi nel doloroso esercizio della memoria. Ho voluto sapere tutto di quella sera del 23 ottobre 1989, di quei colpi di lupara sparati contro la Panda rossa di mio padre. Dopo, per me è stato l'inizio di una nuova vita. Senza più vergogna, senza più sentirmi addosso gli sguardi di commiserazione della gente. Ma ricordare e raccontare sono atti troppo rivoluzionari, troppo scomodi per chi ha costruito il proprio impero sulla menzogna e sull'omertà. Intanto la 'ndrangheta aveva viaggiato più veloce di noi ed era già lì, nell'Emilia terra della Resistenza, a conquistarsi sul campo il predominio della criminalità organizzata e pronta a zittire le mie inchieste giornalistiche." (Giovanni Tizian)
Per un boss la famiglia conta più dei soldi e del potere. Perché mogli, figli, nipoti garantiscono la continuità dell'impero. La 'ndrangheta - la mafia più potente e ramificata al mondo - fonda la sua forza sui vincoli di sangue. È molto più di un semplice fenomeno criminale: è una cultura intrisa di violenza e di morte che si tramanda di generazione in generazione. Come le madrasse dello Stato Islamico indottrinano migliaia di adolescenti per trasformarli in martiri di Allah, così le 'ndrine allevano i bambini e li formano per un futuro da padrini. Oggi però ammaestrare la prole con le leggi non scritte del crimine ha delle conseguenze irreversibili: l'allontanamento dei minori dal nucleo familiare. È questo il nuovo fronte della lotta alle cosche. Una guerra senza esclusione di colpi, che si combatte dall'ufficio di frontiera del Tribunale dei minorenni di Reggio Calabria. Dal 2012 sono quasi 50 i giovani strappati dai padrini. Questo è il racconto delle loro vite: un viaggio-inchiesta (con documenti e interviste esclusive) nell'abisso di famiglie falcidiate da un distorto senso dell'onore. Storie di figli che rinnegano i padri, e di madri coraggiose che hanno scelto di abbandonare al proprio destino i mariti fedeli solo alla legge del clan.
Le stragi del 1992 hanno lasciato un segno indelebile nella memoria di tutti gli italiani. Trent'anni fa Giovanni Tizian era un ragazzo di dieci anni, già orfano del padre ucciso dalla ?ndrangheta. In questo memoir appassionato ripercorre il ricordo drammatico della scia di sangue che ha unito in un filo comune la sua famiglia a quelle delle tante altre vittime e traccia un amaro bilancio: sono trascorsi trent'anni ma quel 1992 che doveva trasformare l'Italia ha lasciato ogni cosa immutata. Quel dolore collettivo non ci ha cambiati, ha solo prodotto una breve indignazione. Per il resto tutto è rimasto come prima: la cultura mafiosa, la prepotenza, l'umiliazione degli ultimi, dei più deboli, di chi è sotto ricatto. I tratti tipici della mafiosità li ritroviamo purtroppo ancora in ampi strati della società. In queste pagine, trent'anni della nostra storia letti prima con gli occhi di un bambino già ferito nel suo diritto all'ingenuità per la violenza che gli si dispiega intorno; poi con gli occhi del ragazzo che cerca con la sua famiglia un nuovo inizio nella 'normale' Emilia; infine con gli occhi del giornalista che da anni si occupa delle trame torbide del potere. Perché anche quando sembra impossibile ottenere giustizia e verità, può e deve rimanere il desiderio di lottare.
Che fine hanno fatto i 49 milioni di euro della truffa sui rimborsi elettorali architettata da Umberto Bossi e Francesco Belsito? Chi sono i nuovi finanziatori del partito oggi? E ancora, come mai il ministro dell'Interno per sfondare al Sud si è circondato di personaggi equivoci? Quali segreti si celano dietro le alleanze strette dal leader della Lega con Vladimir Putin e Donald Trump? Un libro inchiesta svela le trame finanziarie e politiche del partito del ministro dell'Interno. È Il libro nero della Lega, una coraggiosa ricostruzione basata anche su importanti documenti fin qui inediti. Giovanni Tizian e Stefano Vergine per le loro inchieste sulla Lega hanno ricevuto il Premio Franco Giustolisi "Giustizia e Verità" 2018.
Manlio lavora in fabbrica fin da ragazzo; Livia studia per diventare insegnante. Quando si incontrano e si innamorano decidono di condividere tutto. Anche la mattina del 28 maggio 1974, in piazza della Loggia, sono insieme. Per puro caso, però, quando la bomba scoppia, Manlio sopravvive. Livia no. Da quel giorno, per Manlio Milani, inizia una seconda vita tra aule di tribunali, aspettando una giustizia che non è mai arrivata, collezionando frammenti di una verità sempre incompleta. Benedetta Tobagi - il cui padre è stato ucciso esattamente sei anni dopo la strage di Brescia - decide di sedersi accanto a Manlio, per provare, udienza dopo udienza, a raccontare la sua vita e quella di chi, come lui, ha vissuto quella stagione di lotte politiche e di risate, di discussioni estenuanti e di scioperi, di serate fra amici, di bombe e sotterranei tentativi di golpe, di paura e speranze. E quando trentasei anni dopo ascolta con Manlio l'ennesima sentenza di assoluzione, capisce cosa vuol dire provare rabbia e impotenza verso chi ha nascosto e manipolato la verità. Benedetta Tobagi compie un viaggio nei misteri recenti della storia italiana, rivisitando il capitolo rimosso della violenza neofascista, pronta, ancora una volta, a cercare di capire cosa furono quegli anni e a fare in modo che una strage non si riduca semplicemente a un luogo e una cifra: il numero dei morti.
Walter Tobagi è morto il 28 maggio 1980, gli hanno sparato alcuni membri di una semisconosciuta formazione terroristica di sinistra, la "Brigata XXVIII marzo". Tobagi era un giornalista del "Corriere della Sera", era uno storico e il presidente del sindacato dei giornalisti lombardi. Quando è morto aveva trentatré anni, il figlio Luca sette, Benedetta tre. Si può dire che Benedetta non ha conosciuto il padre, di lui conserva solo alcuni fotogrammi di ricordo e una grande incolmabile mancanza. Una volta cresciuta ha deciso di andare alla scoperta di questo padre immensamente amato, e ha provato a raccogliere ogni sua traccia. Ha scavato fra le carte pubbliche e professionali come fra quelle più intime e private, fra i libri letti e annotati, gli articoli, le pagine del diario, le lettere sentimentali. Ha ascoltato i ricordi di chi lo ha conosciuto: amici, familiari, politici, colleghi, la gente che lo ha incontrato solo di passaggio. Ha raccolto l'eredità, gli insegnamenti e le massime di vita del nonno Ulderico (che dalle povere campagne dell'Umbria si era spostato a Milano per garantire un futuro diverso all'unico figlio) sapendo leggere oltre le poche parole che lui era solito pronunciare. Le parole di un uomo forte e orgoglioso che ha seguito tutti gli appuntamenti di un lungo e a volte incomprensibile processo contro gli assassini del figlio. Benedetta ha letto e studiato tutti gli atti processuali, con rabbia, amarezza e tanta voglia di capire un periodo complesso come gli anni Settanta.
"L'importante è che la maestra sia brava": ecco il mantra che guida i genitori nella scelta della scuola dei propri figli. Sì, ma se poi in classe ci sono dei bambini stranieri? Potrebbero rallentare il programma... Per farla finita con i luoghi comuni (e i timori incontrollati) che serpeggiano fra i banchi, Benedetta Tobagi è andata a vedere cosa succede nelle scuole primarie. Scuole pubbliche, ovviamente. Un viaggio che è cominciato ad Amatrice, l'ombelico d'Italia, e ha toccato Roma, Brescia, Ancona, Torino, i paesini della bassa mantovana, ma anche realtà più di frontiera come Udine e Palermo. In Italia ci sono molti maestri e dirigenti bravissimi, ma la buona volontà non basta a far funzionare bene una scuola. I bambini stranieri in realtà si rivelano una ricchezza, non un ostacolo. Crescere e studiare in una classe mista permette di conoscere una porzione di mondo più grande. "È come fare un Erasmus stando a casa" e infatti capita a Palermo che studenti universitari e "minori stranieri non accompagnati" frequentino insieme gli stessi corsi di italiano. A Genova e Milano invece uno dei momenti più attesi dagli alunni è la condivisione di parole e storie legate al proprio Paese d'origine. Ci sono scuole che cercano di ampliare l'offerta formativa specializzandosi nello sport o nella musica, altre che istituiscono attività extra senza chiedere costi aggiuntivi ai genitori.
"L'importante è che la maestra sia brava": ecco il mantra che guida i genitori nella scelta della scuola dei propri figli. Sì, ma se poi in classe ci sono dei bambini stranieri? Potrebbero rallentare il programma... Per farla finita con i luoghi comuni (e i timori incontrollati) che serpeggiano fra i banchi, Benedetta Tobagi è andata a vedere cosa succede nelle scuole primarie. Scuole pubbliche, ovviamente. Un viaggio che è cominciato ad Amatrice, l'ombelico d'Italia, e ha toccato Roma, Brescia, Ancona, Torino, i paesini della bassa mantovana, ma anche realtà più di frontiera come Udine e Palermo. In Italia ci sono molti maestri e dirigenti bravissimi, ma la buona volontà non basta a far funzionare bene una scuola. I bambini stranieri in realtà si rivelano una ricchezza, non un ostacolo. Crescere e studiare in una classe mista permette di conoscere una porzione di mondo più grande. "È come fare un Erasmus stando a casa" e infatti capita a Palermo che studenti universitari e "minori stranieri non accompagnati" frequentino insieme gli stessi corsi di italiano. A Genova e Milano invece uno dei momenti più attesi dagli alunni è la condivisione di parole e storie legate al proprio Paese d'origine. Ci sono scuole che cercano di ampliare l'offerta formativa specializzandosi nello sport o nella musica, altre che istituiscono attività extra senza chiedere costi aggiuntivi ai genitori.
Corsaro per l'indipendenza, generale per la libertà, difensore della Repubblica romana, combattente della guerra d'indipendenza, liberatore del Regno delle due Sicilie, capo delle spedizioni per strappare Roma al governo del pontefice, soccorritore della Repubblica francese e poi deputato, agricoltore e simpatizzante per le prime lotte d'emancipazione dei lavoratori. Per mare e per terra, le imprese dell'eroe dei due mondi, un mito che sembra legare gli italiani nel tempo.
«Se possiamo sentirci solidali gli uni agli altri e amici di tutti gli abitanti del mondo; se possiamo riconoscere nel nostro vicino noi stessi, e per questo essergliene grati, lo dobbiamo a uomini che, come Giuseppe Garibaldi, hanno onorato la loro patria e, con essa, l'intera umanità.»