
"Curzio" è il romanzo della vita di Curzio Malaparte. La storia comincia nel 1933 a Lipari, dove il fascista Malaparte è confinato per attività antifascista, e si conclude nella primavera del 1957 nella clinica "Sanatrix" di Roma in attesa di una morte della quale tutti desiderano impadronirsi: i democristiani, i comunisti, i repubblicani, la Chiesa cattolica. Fra i due poli si espande la più clamorosa personalità di avventuriero, di narcisista, di rinnegato che abbiano conosciuto l'Italia e l'Europa: un "razziatore avido di cose e di prede" ebbe a definirlo il pittore Orfeo Tamburi che gli fu amico, uno dei pochi. Grande giornalista, a 30 anni Malaparte ha diretto il quotidiano La Stampa; è entrato nelle più sconvolgenti avventure del secolo: le due guerre mondiali, la macchina stragista del nazismo, la nascita del comunismo sovietico e di quello cinese, la conquista coloniale; ha scritto libri di enorme successo che hanno ferito la sensibilità comune, da Tecnica del colpo di Stato a Kaputt a La pelle. Non si notano che contraddizioni in Malaparte, uomo fragile dentro e forte fuori, pronto a tutti i compromessi pur di ricavarne un vantaggio. Sullo sfondo c'è il bel mondo italiano e parigino, c'è la vita nei giornali e nelle case editrici, c'è il cosmopolitismo artistico e diplomatico. E c'è l'Italia massacrata da un regime gonfio di retorica e di errori, protesa verso un futuro che, caduto il fascismo, sembra promettere soltanto violenza e vendette.
«Negli ultimi anni è venuto alla luce il triste fenomeno degli abusi sui minori che ha coinvolto molte istituzioni, comprese figure ecclesiastiche che si sono macchiate di questa orribile colpa e hanno imposto un profondo esame di coscienza. Dopo varie prese di posizione di condanna di questi fatti dolorosi, Papa Francesco ha istituito, il 22 marzo 2014, la “Pontificia Commissione per la tutela dei minori” […] Il volume affronta con grande chiarezza l’argomento da vari punti di vista, considerando gli aspetti psicologici della violenza, i diritti del bambino, le legislazioni in materia di protezione dei minori, la posizione della Chiesa e soprattutto gli aspetti pedagogici. Ritengo si tratti di una scelta intelligente e costruttiva quella di proporre programmi di formazione e sensibilizzazione destinati in particolare ai formatori ed educatori, che operano in contesti sociali e culturali molto diversi». (Dalla «Prefazione» di Mons. Vincenzo Zani, Segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica)
Il CV, curriculum vitae, è una sintesi della propria formazione e delle proprie esperienze. Un testo breve e ricco di informazioni, destinato a offrire un’immagine complessiva della propria persona e delle proprie opere. Ed è in forma di CV che Pier Cesare Bori, giunto a un momento critico della sua vita, ha voluto narrare la propria storia, inanellando date, luoghi, eventi, regalandoci un autoritratto sobrio e scarno, ma capace di insegnare molto a chi avrà voglia di leggerlo. L’autore si rivolge innanzitutto a una cerchia di giovani ricercatori e amici, cui raccomanda di non perdere di vista gli insegnamenti ricevuti in seno alle comunità che hanno contribuito alla loro formazione, nonostante i limiti che possono aver rivelato nel corso del tempo. Sono pagine piene di serenità e gratitudine, colorate dall’autoironia di chi vivendo ha compreso che la vita è un percorso pieno di passi falsi. Sono pagine dettate dalla certezza che la vita delle persone che lo hanno accompagnato in questo tragitto è più importante e interessante di una fredda elencazione di fatti, anche se istituzionalmente rilevanti.
Pier Cesare Bori, studioso di giurisprudenza, teologia e scienze bibliche, dal 1970 ha insegnato Storia del Cristianesimo e delle Chiese, Filosofia morale e Diritti umani nell’Università di Bologna. Fra le sue molte pubblicazioni ricordiamo: «Il vitello d’oro: le radici della controversia antigiudaica» (Bollati Boringhieri, 1983), «L’interpretazione infinita» (Il Mulino, 1987), «L’altro Tolstoj» (Il Mulino, 1995), «Per un percorso etico tra culture» (La Nuova Italia, 1996) e «Pluralità delle vie: alle origini del Discorso sulla dignità umana di Pico della Mirandola» (Feltrinelli, 2000). Ha recentemente curato le traduzioni cinese e araba dell’«Oratio de hominis dignitate» di Pico della Mirandola.
Il bullismo non è uno scherzo, un litigio sporadico, un'incomprensione. Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni. E il cyberbullismo è qualcosa di più dell'evoluzione del bullismo. Sembrerebbe averne, in certe situazioni, invertito la vettorialità. In altre parole: a volte vengono compiuti atti di bullismo solo ed esclusivamente affinché siano "cyber". Cioè gli strumenti digitali "chiamano", in qualche modo, certi contenuti. E quelli di bullismo sono, né più né meno di altri, contenuti che vengono scambiati. Dimenticando le sofferenze delle vittime, sovrapponendo realtà e finzione.
Il "cyberbullismo", un termine diventato recentemente di tragica attualità, rappresenta oggi per la stragrande maggioranza dei minorenni una minaccia molto concreta, quasi come l'alcol e la droga, in una società in cui la dimensione "digitale" della vita privata, in particolare di quella dei più giovani, ha conquistato un ruolo predominante. Federico Tonioni, esperto di bullismo online, ci guida nel nuovo mondo delle relazioni via web, che noi adulti in gran parte non conosciamo e che quindi ci spaventa, facendoci sentire impotenti. Alla fine della scuola primaria, i ragazzi avvertono con maggior urgenza il bisogno di passare più tempo con i coetanei, di costruire amicizie solide, stabilire alleanze e complicità, non solo in classe. Oggi ciò che è cambiato sono i tradizionali luoghi di appuntamento, spesso sostituiti dalla "piazza virtuale". Un cambiamento non privo di conseguenze sulla natura e sulla qualità dei rapporti personali. Perché se è vero che l'adolescenza è una fase della vita che è sempre stata caratterizzata dal rischio di essere sbeffeggiati, il cyberbullismo è molto più spietato: protetti dall'anonimato della rete, resi insensibili dalla mancanza di contatto fisico con la vittima, i carnefici non sanno misurare e prevedere le conseguenze dei loro atti. Il tutto sotto gli occhi della sterminata platea della rete e nell'assoluta mancanza di controllo da parte degli adulti, spesso all'oscuro delle dinamiche in cui sono immersi i cosiddetti "nativi digitali".
La tecnologia delle comunicazioni evolve e progredisce in modo costante, entra nelle case e accompagna l'uomo quotidianamente. La diffusione di nuove forme di comunicazione contribuisce a modificare le dinamiche e le architetture comunitarie: nei nuovi contesti comunicativi si cristallizzano forme emergenti di quella che l'autore definisce "cybersocialità". I "tecno-pessimisti" profetizzano un'epoca oscura in cui gli internauti, ridotti alla totale immobilità fisica, finiranno per "sconnettersi" dal mondo. I "tecno-ottimisti", da parte loro, teorizzano che una vita in rete possa essere quasi autosufficiente, sottraendo l'uomo al peso del reale. L'autore propone una approccio olistico, una "via di mezzo" che privilegi la coevoluzione tra reale e virtuale, spazio fisico e cyberspazio: la cybercultura racchiude in sé un aspetto vitale e anarchico che favorisce la creazione di gruppi di discussione e nuove agorà elettroniche capaci di restituire respiro democratico agli scambi d'esperienze. Alla radice di queste nuove realtà collettive ci sono sempre l'elemento umano e passioni sociali condivise.
La rivoluzione digitale non cessa di alimentare profezie sul futuro della politica. È in atto una mutazione di civiltà per cui le organizzazioni gerarchiche che hanno dominato le moderne società industriali stanno lasciando il posto a organizzazioni a rete (network) decentrate e orizzontali, analoghe agli organismi di democrazia diretta della Russia rivoluzionaria (i Soviet). Ma il sogno di un Web che si autogoverna rischia di sortire un esito imprevisto: a schiacciare i "cybersoviet", questa volta, non saranno le baionette bolsceviche ma il trionfo di un capitalismo rampante, ben incarnato oggi da Google.
Il desiderio aleggia tra le immagini dei media, spinge a cercare fuori qualcosa che pulsa da dentro, illuminando il cielo e la terra con la sua forza prorompente. Questo libro propone un viaggio in cui antichi miti orientali s'intrecciano con le tipiche storie del mondo occidentale. Come in un gioco, attraverso riflessioni, forme ed emozioni, invita a decifrare i segni depositati sulla sabbia sottile della memoria, nello spazio dove abitano i sogni. Lo stesso desiderare è un atto sacro, fonte di salute e di benessere. Come percorso che onora i segni del tempo, il desiderio valorizza l'emozione dell'attesa, riconosce il limite e ravviva l'energia necessaria alla realizzazione del progetto futuro.
Sentirsi disperati è sentirsi fuori gioco, come se tra le mani ci fosse sabbia che scorre via. L'unica arma contro la disperazione è la speranza, una luce che squarcia le tenebre, un'onda di calore che riscalda e fa rinascere.
Il sottotitolo racchiude in maniera emblematica il contenuto del volume. Infatti l'autore, intende dimostrare come la riuscita di un rapporto di coppia si misuri non sulla fusione totale dei partner, ma sulla valorizzazione delle loro caratteristiche distintive. Perché la relazione possa crescere e favorire l'arricchimento reciproco, occorre innanzi tutto che ciascuno sia responsabile di se stesso. Ciò significa non accettare facili compromessi che, a lungo termine, scontentano entrambi, ma imparare a costruire un rapporto nel quale ognuno, pur aprendosi alle necessità dell'altro, non si senta defraudato di sé.
"Amante guerriero" nella seduzione come in letteratura e in politica, Gabriele d'Annunzio fu un uomo che seppe imporre i propri sogni. Discendente di tanti avventurieri italiani, da Casanova a Cagliostro, rivoluzionò la figura dell'intellettuale facendo della sua vita un'opera d'arte e influenzando più generazioni nel gusto e nella visione del mondo. L'Italia del secondo dopoguerra ha cercato in tutti i modi di sbarazzarsi di lui, alternando l'indifferenza alla condanna; e allora riscoprire d'Annunzio significa rivisitare la cultura di un'Italia appena nata, con i suoi fermenti, le sue aspirazioni, le sue contraddizioni, un'Italia di cui fu un campione smisurato. In questo saggio dai ritmi narrativi, Giordano Bruno Guerri svela un personaggio restituito al suo pensiero e alla sua arte, oltre che al suo tempo. Racconta nel dettaglio anche l'amante instancabile, rendendo omaggio a quelle donne, ispiratrici e compagne più o meno folli e coraggiose, che lo amarono sacrificandogli tutto, alle quali la letteratura italiana resta debitrice.