
Il cibo è uno straordinario strumento di comunicazione. È una forma di linguaggio che comunica idee e valori, caricando il gesto del mangiare di significati che pur cambiando nel tempo e nello spazio hanno sempre una straordinaria forza espressiva - quella che solo gli oggetti e le pratiche d'uso quotidiano possono avere. Questo libro descrive la dimensione politica del linguaggio alimentare, in due direzioni. Da un lato guarda al cibo come segno di appartenenza a una comunità, capace di definire l'identità di gruppi sociali, economici, culturali, religiosi - per ciò stesso assumendo una dimensione politica. Dall'altro guarda alle azioni promosse dai pubblici poteri per garantire sicurezza alimentare ai sudditi, o cittadini: politici sono quegli interventi; politici i 'discorsi' che li accompagnano, facendone veicolo di propaganda e di narrazioni collettive. Intrecciando e facendo interagire tali prospettive, il 'linguaggio del cibo' non si limita a esprimere il reale, ma contribuisce a crearlo - come tutte le forme di comunicazione. I saggi del volume si muovono liberamente nel tempo e nello spazio, attraversando i territori della storia, dell'antropologia, della semiotica, della filosofia, della storia dell'arte. Approcci diversi e complementari, che evidenziano le sorprendenti potenzialità della storia dell'alimentazione come chiave di accesso alla storia.
Il lavoro seminariale raccolto in questo volume prende spunto dal frammento "Capitalismo e religione", composto da Benjamin nel 1921. Qui, in poche pagine il capitalismo è presentato come una religione puramente cultuale, che tende a reiterare all'infinito un meccanismo di indebitamento e di colpevolizzazione da cui non può esserci scampo. A distanza di quasi un secolo, l'intuizione di Benjamin risulta confermata in maniera plateale dalla crisi dei nostri giorni, e non c'è da stupirsi se il frammento è diventato ormai un riferimento costante nei dibattiti recenti sulla natura e sul destino del capitalismo. Per queste ragioni l'Associazione Italiana Walter Benjamin (AWB) ha scelto questo breve testo per inaugurare le pubblicazioni del suo Seminario permanente, affiancando a una nuova traduzione del frammento i contributi dei diversi autori che hanno preso parte al primo ciclo di incontri. Questo lavoro vorrebbe contribuire ad avviare una fase nella ricezione dell'opera di Benjamin interessata soprattutto a farne emergere il valore per una comprensione critica dell'attualità.
Quanto è importante la cultura? Qual è il peso del sapere tradizionale nella formazione e nella vita degli uomini d'oggi? Dobbiamo dare credito a chi decreta la morte della cultura occidentale, con le sue figure di paludati mostri sacri, i vari Platone, Aristotele, Dante, Shakespeare, che niente hanno più da dire ai ragazzi di oggi, ma anzi li isolano dai loro pari e rendono il loro pensiero scollato dal mondo in cui si trovano a vivere, condannandoli quanto meno all'eccentricità? A questa posizione, che ha oggi un seguito non indifferente, risponde Roger Scruton, filosofo di fama con il dono di una scrittura divulgativa accattivante. Egli prende le difese della tradizione classica, nelle sue espressioni artistiche, letterarie, musicali, mostrando come la cultura sia non solo una forma di conoscenza, ma una conoscenza emozionale, che riguarda ben da vicino la nostra vita, le cose che facciamo e i sentimenti che proviamo. E, infine, la cultura delle nostre tradizioni è una conoscenza morale, un bagaglio di giudizi etici oggi sotto minaccia, una preziosa guida per il nostro agire da preservare e difendere.
Il rinnovato interesse odierno per la cultura organizzativa ha indotto Edgard Schein a mettere mano a un’ampia revisione del suo testo, diventato ormai un classico, presentando, in questa quinta edizione, le ricerche e i dati più recenti che sono massimamente rilevanti per il mondo dell’impresa.
Il cambiamento culturale e organizzativo è una delle sfide più complesse da affrontare per il management. Schein offre qui una guida necessaria per muoversi in un mondo sempre più multiculturale, integrata da nuovi esempi pratici e da due capitoli che esaminano le possibili soluzioni alle difficoltà di lavorare in questi nuovi contesti.
Lo stato di salute della cultura italiana non consente di prevedere facili guarigioni. «È mancata una politica pubblica per un’adeguata istruzione secondaria e universitaria, per un sistema di apprendimento durante tutta la vita, per biblioteche e promozione della lettura. Giorgio Napolitano ha detto di avere fiducia negli spiriti vitali degli italiani. Vorrei dargli ragione, a patto che tra gli spiriti vitali ci siano anche l’intelligenza per capire l’inadeguatezza cronica della politica e la capacità di selezionare ed esprimere una classe dirigente all’altezza dei nostri problemi». Tullio DeMauro ripercorre mezzo secolo di vita del nostro paese, ridefinisce il significato di cultura e descrive le trasformazioni della ricerca, dell’insegnamento, dell’informazione, dell’idea stessa di sapere.
Indice
Prefazione alla presente edizione - Prefazione - 1. La cultura, le culture - 2. L’arretratezza - 3. Quando volevano radiarmi - 4. Il linguista - 5. La linguistica - 6. La «Storia linguistica», don Lorenzo e Saussure - 7. La scuola, «paganica barbarie» - 8. Politica ed editoria - 9. La riforma del centro-sinistra - 10. Il ministro - 11. I giornali - 12. L’Italia che verrà - 13. La cultura degli italiani, cinque anni dopo - Indice dei nomi
Una nuova opera di questo atipico pensatore che riflette in modo originale sull'impatto che i media hanno sulla nostra vita. Il mondo codificato in cui viviamo non è più sinonimo di progresso, ormai non racconta più storie, e vivere in esso significa smettere di agire. Quando qualcosa perde di significato si parla di "crisi dei valori". Questo perché siamo ormai dipendenti dal testo, anche per la storia, per la scienza, per la politica, per l'arte. Noi "leggiamo" il mondo, ad esempio dal punto di vista logico, o matematico. Ma la nuova generazione, che dipenderà dalla tecnologia non condivide i nostri "valori". E noi non sappiamo ancora attraverso quale nuovo significato la tecnologia che ci circonda, ci programmerà.
Secondo la dottrina americana del "politically correct" (mai apertamente enunciata ma ferocemente applicata) tutto deve essere "politicamente corretto": dai comportamenti sessuali ai gusti letterari, al modo di parlare, di vestirsi, di scrivere. Esisterebbe dunque un modo "giusto" di fare le cose. Secondo l'autore il pungolo segreto del "politicamente corretto" è l'insofferenza nei confronti di tutto ciò che ha una qualità, e per questo motivo stesso si distingue, operando una discriminazione verso tutto il circostante.
Che vuol dire essere di destra oggi, qual è la cultura della destra e come si esprime nel nostro tempo davanti ai problemi cruciali creati dalla globalizzazione e dall'immigrazione, dal dominio della tecnica e del mercato, dalla bioetica e dalle nuove famiglie? Ecco le principali domande a cui cerca di rispondere questo saggio che evidenzia alcune contraddizioni: la forbice esistente tra una cultura di destra larga e diffusa e una cultura militante di destra che è invece minoritaria e marginale e il paradosso di una destra che per la sinistra è sempre stata al potere sotto falso nome (liberalismo, fascismo, democrazia cristiana, berlusconismo) e per i suoi sostenitori invece è sempre stata all'opposizione.
Che vuol dire essere di destra oggi, qual è la cultura della destra e come si esprime nel nostro tempo davanti ai problemi cruciali creati dalla globalizzazione e dall'immigrazione, dal dominio della tecnica e del mercato, dalla bioetica e dalle nuove famiglie? Ecco le principali domande a cui cerca di rispondere questo saggio che evidenzia alcune contraddizioni: la forbice esistente tra una cultura di destra larga e diffusa e una cultura militante di destra che è invece minoritaria e marginale e il paradosso di una destra che per la sinistra è sempre stata al potere sotto falso nome (liberalismo, fascismo, democrazia cristiana, berlusconismo) e per i suoi sostenitori invece è sempre stata all'opposizione.
Riflessioni sul problema educativo che deve mirare a sviluppare la propria personalita' e capacita' naturali per porle al servizio del bene comune.