
"La storia giudiziaria di Marco Pantani è una storia triste, un vero dramma umano, che ha trascinato il Pirata nel baratro più profondo." L'ultimo avvocato di Marco Pantani ha deciso di scrivere questo libro perché il Pirata se lo merita. Se lo merita non solo perché è stato il campione che negli anni Novanta ha incendiato l'entusiasmo delle folle, ha "spianato" le salite più celebri del mondo e rinverdito nel cuore dei tifosi il mito di Coppi e Bartali. Ma perché è stato assolto da tutti i procedimenti giudiziari che lo scaraventarono giù dalla bicicletta e dalla sua esistenza. Nel ventennale della doppia vittoria Giro d'Italia - Tour de France, dopo fiumi di inchiostro versato sui giornali e sugli atti dei tribunali, è necessario ricostruire con oggettività la vicenda giudiziaria, sportiva e umana di Pantani. Chi ha ucciso Marco Pantani ripercorre la sua incredibile via crucis processuale e spiega come il ciclista sia stato spazzato via da un'implacabile campagna denigratoria, da una serie di clamorosi errori procedurali ed enormi ingiustizie che hanno pompato sangue amaro nella sua vena autodistruttiva, la stessa che lo faceva andare fortissimo in salita solo "per abbreviare l'agonia". Il libro dimostra che quel Pantani che ha scollinato per primo sull'Alpe d'Huez, che ha vinto la maglia rosa e che ha sfoggiato quella gialla sugli Champs-Élysées era pulito, era il più forte, era talento puro, il fuoriclasse che tutti amavano e che tutti oggi rimpiangono. Il punto di vista dell'autore è quello privilegiato dell'avvocato di fiducia che ha vissuto insieme a lui il suo dramma giudiziario e umano. È stato il suo ultimo difensore e ha avuto modo di consultare i documenti processuali, dormire con loro, odiarli, leggerli e rileggerli, e infine servirsene nei processi. L'avvocato Manzo c'era sempre. C'era per l'assoluzione per i fatti del Giro d'Italia 1999 e c'era durante la pietosa autopsia del 16 febbraio 2004, in una gelida stanza dell'obitorio dell'ospedale di Rimini. E c'è oggi con questo libro per restituire doverosamente al Pirata l'onore perduto e ai suoi tifosi il sogno infranto della bellezza che spunta in testa alla corsa dietro un tornante in salita.
Il 27 luglio 1890, in un campo nei pressi di Auvers, Van Gogh si spara un colpo di pistola, che però non lede alcun organo vitale, tant'è vero che egli riesce a trascinarsi a piedi fino alla locanda dove alloggia. Il dottor Gachet, amico degli artisti e suo protettore, non tenta di estrarre la pallottola, e anziché far trasportare il paziente all'ospedale lo lascia morire. Secondo Pierre Cabanne, il dottor Gachet sarebbe quindi il vero responsabile della morte di Van Gogh. Attraverso la minuziosa analisi delle spesso contraddittorie testimonianze raccolte all'epoca della tragedia, Cabanne avanza la sua provocatoria tesi, rafforzata anche da uno strano incontro avuto con il figlio di Gachet, Paul, che si era avvicendato con il padre al capezzale del ferito.
Quando trattarli da grandi e appellarsi alla loro intelligenza non dà alcun frutto, occorre giocare d'astuzia (senza malizia, però). Gli autori hanno quindi collezionato e organizzato una serie di consigli per la salvaguardia della specie dei genitori e il sabotaggio delle battaglie quotidiane. Applicando questi trucchetti, selezionati da stuoli di mamme e papà soddisfatti, scoprirete i vostri bambini più educati e bendisposti che mai. Nemmeno Mary Poppins vantava raggiri simili. Illuderlo di comandare renderà vostro figlio un soldatino, e le peggiori "torturine" si riveleranno giochi divertentissimi. Si pettinerà i capelli, mangerà tutto, (quasi) vorrà andare dal dottore, metterà a posto i suoi giocattoli e dirà di sì. Risultati garantiti da storie, finzioni, filastrocche e personaggi immaginari.
Un libro duro, schietto, eppure pieno di vita e di gioia, che rovescia i luoghi comuni e costringe a guardare la realtà negli occhi.Storie, riflessioni, appunti, lettere che sussurrano l'amore per la vita e parole che dichiarano rabbia e sofferenza, voci che non si rassegnano all'ingiustizia. I 30 anni dell'associazione Trisomia 21, l'evoluzione e i limiti della nostra società e del nostro Paese raccontati attraverso la voce di chi in prima persona ha vissuto e vive la sindrome di Down.Un libro duro, schietto, eppure pieno di vita e di gioia, che rovescia i luoghi comuni e costringe a guardare la realtà negli occhi; un condensato di informazione e di coraggio, per chi non ha paura dei sentimenti più forti e tiene aperta la porta a scoperte e sorprese.Anche molto belle.
Come comunica la politica? Quanto è stata contaminata dal marketing? Politici leader o politici follower? Sono queste le domande a cui il libro cerca di dare una risposta tramite la voce dei protagonisti degli ultimi trent'anni. Come nasce il primo manifesto di Silvio Berlusconi, l'arrivo di Renzi, la rivoluzione digitale di Grillo e Casaleggio, lo scontro tra Trump e Nike sono solo alcune delle storie raccontate attraverso la testimonianza di chi le ha vissute in prima persona. Un libro di riflessioni, dialoghi e narrazioni di donne e di uomini, di brand e di politica che spesso si sovrappongono. Un capitolo speciale è dedicato alla comunicazione politica in tempo di guerra. Dialogo con Mykhailo Podolyak, consigliere del Presidente Zelensky. Prefazione di Tommaso Labate. Postfazione di Paolo Iabichino.
Il libro presenta le ultime conversazioni di Bruno Latour dalle quali emerge l'originalità della prospettiva in senso non moralistico, ma di responsabilità e intelligenza delle cose con cui l'autore mostra il nesso tra compito profetico del cristianesimo e l'impegno per la custodia della possibilità di una terra vivibile da tutti e tutte. In tal senso si configura come una prosecuzione della riflessione portata avanti da papa Francesco con la Laudato si' sulla cura della casa comune. Esiste, infatti, una connessione profonda tra giustizia ambientale, giustizia sociale e agire nonviolento. Latour compie una magistrale analisi dell'attuale conflitto planetario sul clima e e sul futuro della terra, nostra casa comune nel suo nesso con la rivelazione evangelica. In cui emerge un impegno serio per ripensare il rapporto con la terra e e con l'ambiente come uno dei compiti urgenti e profetici per chi legge le Scritture cristiane convinto della loro possibile forza ispirante e orientante.
Dal 1347 alla fine del Settecento la peste fu il grande spauracchio della società europea. La medicina, non riconoscendone le cause, non poteva porre argini efficaci al contagio che non fossero l'isolamento dei malati e la quarantena. Questo libro racconta di un minuscolo borgo fiorentino ai tempi della grande epidemia del 1630, e insieme alle restrizioni e al collasso della vita cittadina descrive i primi faticosi passi di una politica sanitaria, con il graduale affermarsi di una scienza medica che veniva emancipandosi dalla fede.
In questo volume, che è il più importante, ricco, avanzato che l'autore abbia pubblicato da oltre un decennio a questa parte e rappresenta la summa aggiornata del suo pensiero politico, il grande linguista e politologo Noam Chomsky affronta le più attuali questioni di politica internazionale: dal terrorismo che sconvolge l'Occidente alle tensioni mediorientali, con particolare attenzione al conflitto israelo-palestinese e alla "minaccia" iraniana, dalla situazione potenzialmente esplosiva al confine tra NATO e Russia al riallacciarsi delle relazioni tra Usa e Cuba, all'espansione cinese, alla liberazione dell'America latina... Lo fa costringendoci a guardare quello che è davanti ai nostri occhi ma che noi ci rifiutiamo di vedere, assuefatti al "discorso ufficiale" e prigionieri di una "memoria autorizzata" che troppo dimentica. Con la competenza e la caparbietà di un osservatore (e attivista) impegnato da più di cinquant'anni nello studio dei "sistemi di potere" e nella denuncia dei crimini perpetrati dai "padroni dell'umanità", ancora una volta ci indica le costanti del modo di agire di chi governa il mondo. E ancora una volta emerge la follia di un'umanità votata alla catastrofe, che marcia spedita verso l'autodistruzione. Ma la logica stringente e impietosa su cui si fonda il discorso lucidissimo di Chomsky non conduce alla disperazione e alla resa. Bensì a un appello.

