
Il G8 del 2001 non va ricordato solo per le violenze a Genova. Durante quell’evento veniva lanciato il «Fondo Globale per la lotta all’aids, alla tubercolosi e alla malaria» voluto da Bill Gates. Una cosa buona, che però ha messo alle corde Oms e Unaids, le agenzie Onu sulla salute. Nel 1997 Ted Turner, il fondatore della Cnn, erogò la maggior donazione di sempre all’Onu. Nella corsa al vaccino anti-covid spicca la Bill & Melinda Gates Foundation. Solo un caso? Non proprio. Sono esempi dello svuotamento, operato da privati, delle più alte istanze internazionali pubbliche.
Questo libro mostra come le visioni «umanitarie» delle fondazioni dei ricchissimi e generosissimi, da John Rockefeller a Bill Clinton e Mark Zuckerberg, sono potenti strumenti di controllo planetario. A colpi di donazioni, con ovvi benefici, i filantrocapitalisti si assicurano che il turbocapitalismo non venga messo in discussione.
Primo obiettivo, la salute: «Bill Gates ha puntato a comprarsi un’intera agenzia Onu, l’Oms. La cosa gli sta riuscendo; è grave che la comunità internazionale glielo permetta». Altro campo di battaglia, l’agricoltura: la «Rivoluzione verde» in Africa funge da battistrada agli Ogm.
Dopotutto, una mano lava l’altra. La ricchezza delle aziende permette la filantropia, la filantropia apre nuovi mercati alle aziende. Il filantrocapitalismo non ci rimette mai. La democrazia, sì.
«Questo libro sarà una bussola importante per difendere le nostre libertà dalla ricolonizzazione del filantrocapitalismo» Vandana Shiva
«Il filantrocapitalismo olia le ruote delle imprese. Gli emarginati della Terra non vogliono carità, vogliono giustizia» Nicoletta Dentico
Negli ultimi due decenni si è parlato poco di disuguaglianza, rispetto, per esempio, alla crescita, al debito pubblico, agli andamenti finanziari e, ovviamente, alla crisi scoppiata a fine 2008, che solo molto indirettamente viene collegata a essa. Certo è stato detto che la disuguaglianza è alta, ma poco altro: non si è mai discusso se sia accettabile, quasi che possa essere soltanto pesata e non valutata. Il punto importante è invece proprio analizzare e discutere, a livello culturale e politico, le disuguaglianze accettabili. Il libro lo fa, con riferimento all’Italia anche in confronto con altri paesi, ripercorrendo in modo rigoroso, documentato e accessibile i cambiamenti intervenuti nella distribuzione dei redditi negli ultimi anni e i meccanismi più profondi del fenomeno, inclusa la trasmissione intergenerazionale della disuguaglianza; fornendo dati assolutamente inediti sulla percezione e l'atteggiamento rispetto a essa, e indagando le ragioni per cui le alte disuguaglianze non generano le reazioni che ci si potrebbe aspettare.
La storiografia e l'analisi economica dell'Italia contemporanea si sono ampiamente rinnovate. Questo libro propone una interpretazione di sintesi criticamente fondata sui risultati di ricerca più aggiornati. Fra le alterne vicende dell'Ottocento e del Novecento il benessere materiale degli italiani si è innalzato. Eppure, dopo il ristagno seguito alla recessione del 1992, la società italiana è sospesa, preoccupata per il futuro. Vive una crisi profonda, di orientamenti e di identità, oltre che economica. Può risolverla in positivo, oppure regredire come altre volte nel passato le è accaduto. La retrospettiva storica offre elementi indispensabili alla comprensione delle radici della crisi, alla ricerca della via d'uscita.
Cos'è la felicità? È possibile in questo mondo? Come la si raggiunge? A queste domande risponde questa raccolta di riflessioni e poesie in cui Houellebecq delinea un metodo per restare vivi, sopravvivere, colpire là dove si può (e si deve). Col suo solito sguardo feroce, Houellebecq ci racconta la quotidianità e la letteratura, l'incanto del cinema (specie del cinema muto) e la stupidità di certi poeti, senza censurarsi mai. Ne esce un paesaggio in controtendenza con i venti e le maree delle mode, lo spaccato di una quotidianità molto contemporanea e molto urbana, in cui la solitudine trionfa ma in cui comunque non si può rinunciare: non alla ricerca della felicità.
Una coppia scrive un libro a due voci sulla vita di coppia. Meglio ancora: una coppia che per professione, psicoterapeuta lei psicoanalista lui, di storie a due ne ha ascoltate tante. Nicole e Philippe Jeammet si rivolgono qui agli uomini e alle donne d'oggi alle prese con la costruzione di un rapporto d'amore. E proprio nella declinazione odierna della parola "amore" individuano la chiave per leggere la coppia contemporanea. Oggi, essi dicono, non è più al legame coniugale che si chiede di durare, ma al sentimento amoroso. L'amore, o meglio il bisogno di riconoscersi degni d'amore nello sguardo di un altro, sembra essere la nuova forma di sacro, al riparo della quale si cerca di scongiurare l'angoscia trasmessa da questo nostro mondo difficile e insicuro. Ci si specchia negli occhi dell'amato e ci si trova belli e degni: un'esperienza di felicità tanto perfetta quanto fragile. Perché quei momenti magici possono rivelarsi un'illusione, soprattutto quando dietro l'incontro amoroso si celano le aspettative e i sogni dei primi legami infantili. La coppia diventa allora il luogo potenzialmente esplosivo in cui si agitano i retroscena affettivi non risolti nell'infanzia. Come darle una possibilità di riscatto? Non certo tornando indietro, alla coppia immobile e codificata, ma, da una parte, comprendendo meglio i meccanismi all'opera nel gioco d'amore e, dall'altra, riscoprendo che questo gioco è anche un "lavoro" di costruzione di sé e dell'altro.
Emerge nella società attuale l'urgenza di avviare una riflessione in campo educativo. Educare significa consegnare ai figli un mondo di senso, rendere testimonianza di una esistenza promettente. E' di fondamentale importanza saper dire sì e no e saper esercitare sempre il discernimento nelle relazioni educative. Un disagio diffuso e conclamato cresce fra gli adulti ma soprattutto fra i giovani. Appare necessario, quanto mai oggi, avviare una ricerca delle ragioni del disagio giovanile proponendo, oltre a una critica dell'esistente, alcune prospettive educative alla luce di Viktor Emil Frankl e dell’antropologia rivelata
"La ricerca interiore. Psicologia e religione" (Insearch. Psychology and Religion), ha la sua origine in alcune conferenze tenute su invito di sacerdoti interessati alla psicologia analitica e al counseling pastorale, ma nel suo successivo sviluppo il libro ha preso un più ampio respiro, perché ha trovato il suo punto d'aggancio, al di là degli approcci specialistici, nella ricerca dell'anima e nella fede nella sua realtà, e in cosa comporti trovare una connessione vivente con la propria realtà psichica. La qual cosa, per Hillman, riguarda lo specifico contributo della psicologia analitica e dell'esperienza analitica all'esperienza spirituale e al counseling ad essa riferito. Ne risulta così una vera e propria introduzione al senso profondo della pratica analitica condotta nello spirito junghiano; di essa fa riconoscere i passaggi cruciali e il metodo con una semplicità e una incisività che di rado si sono viste anche in opere più direttamente rivolte a questo scopo. Il libro è anche una sottile risposta a quelle teologie della morte di Dio che si diffusero negli anni sessanta lasciando una lunga scia tuttora presente.
Il volume indica le linee storiche del percorso di sviluppo della ricerca qualitativa, ricostruito attraverso un’analisi della letteratura specialistica. Vengono passati in rassegna i principali strumenti di questo approccio, valutandone l’applicabilità ai vari temi di interesse della psicologia clinica, con particolare attenzione alle procedure di assessment e agli studi sui trattamenti psicoterapeutici.
Si prende in considerazione la prospettiva che l’approccio qualitativo può proporre al lavoro di clinici e ricercatori, nonché il ruolo che esso attribuisce ai pazienti e alla loro capacità di fornire un contributo essenziale alla messa a punto di strumenti di intervento diagnostico e terapeutico sempre più affidabili.
Franco Del Corno, psicologo e psicoterapeuta, insegna Psicologia clinica all’Università della Valle d’Aosta.
Pietro Rizzi, psicologo e psicoterapeuta, è membro ordinario della Società Psicoanalitica Italiana.