
Una nuova opera classica di teologia fondamentale. Un testo unico nel suo genere per lo studio e per la prassi della teologia, contraddistinto da grande profondità intellettuale e rigore logico. Una legittimizzazione impressionante e efficace della fede cristiana.
Dalla quarta di copertina:
La credibilità è diventata in tutti i campi sociali un bene scarso e prezioso. Anche la credibilità del cristianesimo ha subito una drastica riduzione. Una secolare contestazione e un secolare smascheramento delle pretese del cristianesimo hanno lasciato il loro segno. La teologia fondamentale affronta la storia di questa contestazione e di questo smascheramento, e tenta risposte critiche alle argomentazioni che, nel passato e nel presente, mettono in discussione e minano l’autocomprensione cristiana.
Anche il progetto qui proposto cerca di assolvere questo compito, che si potrebbe definire, nel senso migliore della parola, apologetico. Nei quattro trattati o “Temi Controversi” – Religione, Rivelazione, Redenzione, Chiesa – esso espone anzitutto la storia della contestazione della validità avanzata dal cristianesimo, per poi indicare le “buone ragioni” che permettono di essere e rimanere cristiani grazie ad una legittimazione razionale della fede.
Una serie di riflessioni intermedie si occupa di questioni gnoseologiche e antropologiche di fondo, la cui trattazione costituisce il profilo specifico di un progetto di teologia: fede e ragione, il linguaggio della fede, fede e senso.
Ma la legittimazione razionale della fede non esige solo che si “contraddicano” le argomentazioni della critica, bensì anche che si prenda seriamente tale critica come una sollecitazione a compiere un’autoverifica, perché solo così è possibile fronteggiarla.
Il progetto del Werbick è proteso a rendere un servizio teologico alla credibilità della fede cristiana, in un tempo in cui il cristianesimo si trova minacciato sia dal fondamentalismo sia dalla de-tradizionalizzazione.
Una nuova opera classica di teologia fondamentale. Un testo unico nel suo genere per lo studio e per la prassi della teologia, contraddistinto da grande profondità intellettuale e rigore logico. Una legittimizzazione impressionante e efficace della fede cristiana.
Recensioni:
Uno sguardo immediato alla struttura dell’imponente opera di Werbick può indurre a ritenere che essa riproponga in buona sostanza la successione classica dei trattati codificata dall’apologetica moderna: demonstratio religiosa, demonstratio christiana, denionstratio catholica. Da ciò si potrebbe precipitosamente concludere che l’opera in questione sia collocabile in quel filone presente nella produzione teologico fondamentale degli ultimi decenni, registrabile sotto la cifra dell’aggiornamento, inteso appunto come rielaborazione in un contesto culturale mutato di un impianto apologetico che nondimeno rimane immodificato. Il tentativo di aggiornamento si paleserebbe qui, ad esempio, nello sdoppiamento della demonstratio christiana nel trattato sulla rivelazione e nel trattato sulla redenzione, che intende mettere esplicitamente a tema la questione della rilevanza antropologica dell’automanifestazione di Dio. Oppure, nel fatto che i trattati portino il nome di “tema controverso” e non di “dimostrazione”, magari come rassegnato cedimento alla diffidenza contemporanea nei confronti di qualunque argomentazione rigorosa di una fondazione ultima.
In realtà, una tale valutazione superficiale non renderebbe giustizia della portata teorica del lavoro di Werbick. Per cogliere adeguatamente l’intenctio auctoris occorre rileggere l’opera a partire dalle tre “riflessioni intermedie”, cui è assegnato il compito di raccordare le diverse sezioni del volume. Esse sono dedicate alla elucidazione di un triplice rapporto: fede e ragione, fede e linguaggio simbolico, fede e senso. Scandendo il passaggio fra i trattati, tali riflessioni intermedie suggeriscono che ciò di cui si intende far questione, affrontando i differenti temi della religione, della rivelazione, della redenzione e della chiesa, è in realtà sempre di un unico oggetto, ossia appunto della fede cristiana. Sotto questo profilo, l’ambizione di Werbick appare quella di elaborare una ontologia dell’affidamento e della sua radicazione nell’atto della libertà, come infrastruttura teorica per argomentare la portata singolare e insieme universale di una teologia della fede cristiana e della sua fondazione nell’evento cristologico. Soltanto ponendosi in tale prospettiva, diventa possibile portare all’evidenza il progetto unitario soggiacente alla trattazione dei vari temi controversi, il quale obiettivamente risulta eccedere i limiti angusti di un mero aggiornamento dell’impianto apologetico moderno.
Di questo progetto, nello spazio limitato di una recensione, si possono restituire com’è ovvio solo i tratti essenziali. Punto d’avvio è la riflessione circa il tema della religione, che nella prospettiva seguita da Werbick si presenta come il luogo per argomentare l’essere nel legame in quanto dimensione fondamentale della condizione umana, la quale non sopporta di venire risolta nella visione di matrice illuministica del soggetto autoreferenziale e autofondato. È proprio attraverso e dentro la trama di relazioni, che segnano insuperabilmente il cammino della libertà dell’uomo nella sua dimensione di concretezza, che si accende nella coscienza la percezione originaria della notizia di ciò che concerne l’uomo incondizionatamente, poiché lo pone di fronte a quella promessa e a quella sollecitazione, da cui dipende il compimento della vita buona. È tale realtà dell’incondizionato promettente e interpellante, che trova evidenza simbolica nelle rappresentazioni del divino disponibili nelle differenti tradizione religiose. L’ambivalenza, dalla quale queste risultano attraversate, le destina tuttavia ad essere sospese, per quanto riguarda l’affermazione della loro verità, all’effettuarsi indeducibile di un evento al di sopra del quale non potrebbe accadere alcunché di più grande. Si tratta dell’evento grazie al quale «l’assoluto concede alla libertà finita una relazione con se stesso, in cui questa può trovare se stessa e può proprio così corrispondere all’assolutezza dell’assoluto» (p. 193).
Tale precisamente è il tema della rivelazione, e in particolare della determinazione storica che essa ha ricevuto nell’accadimento cristologico. Ciò che appare centrale nella vicenda di Gesù, così come viene attestata dagli scritti neotestamentari, è il costituirsi di un’implicazione sempre più radicale tra quella vicenda stessa e il darsi del regno di Dio, inteso come l’inizio che non cessa mai di cominciare del dono del tempo, in forza del quale è infranta la prigionia in una vita condannata alla deriva verso il semplice passato ed è invece dischiuso l’accesso verso il futuro promettente. L’esito imprevedibile della vicenda di Gesù nell’avvenimento pasquale della resurrezione del Crocifisso porta a compimento il processo rivelativo, e proprio per questo ne manifesta pienamente la dimensione redentiva, come condizione ultima di possibilità di una libertà finalmente riconciliata. Al proposito merita citare direttamente l’A.: «Poiché è avvenuta una cosa di cui non è possibile pensarne una più grande, poiché la libertà riconciliante di Dio si è rivelata come l’approvazione originaria che libera il sì della libertà umana dal voler realizzarsi come semplice autoaffermazione, per questo è possibile dire che in questo fondamento è ‘risolto’ l’abisso della libertà umana e che la libertà umana diventa possibile come libertà di amare e di apprezzare l’altro nella sua alterità» (p. 749).
L’evento rivelativo e salvifico, che si produce nella vicenda cristologica, si rende accessibile nel corso del tempo in virtù della mediazione offerta dalla chiesa. Questa mediazione è all’altezza del suo compito solo quando non si autocomprenda al modo della sostituzione rappresentativa o del rimando estrinseco rispetto all’evento, bensì rigorosamente nei termini della testimonianza. La qualità testimoniale dell’agire ecclesiale è precisata nella caratterizzazione della comunità cristiana come «istituzionalizzazione della relazione con l’incondizionato» (p. 997), e ancora come il «simbolo reale della volontà buona di Dio» anticipata dall’inizio del Regno (p. 1000), che diventa la condizione storico-concreta affinché la libertà umana si disponga ad accogliere nell’affidamento la forma cristologica del suo attuarsi secondo verità.
Fino qui la ricostruzione sommaria del progetto teorico sotteso all’opera di Werbick. In questa sede risulta impraticabile tentare una ripresa critica, che si proponga di verificare in modo analitico se e in quale misura l’A. abbia in effetti corrisposto al proprio intento nello svolgimento del suo lavoro […]. Per il merito di porre tale questione del tutto decisiva ad un livello di profondità non comune, l’opera di Werbick si raccomanda senza dubbio all’attenzione non superficiale del dibattito teologico contemporaneo.
D. Arbarello, in Teologia 1 (2004) 106-107
Un'opera sulla fede e sul valore della cristianita.
Un importante contributo esegetico al dibattito sul ministero di Pietro, anche nel quadro della ricerca ecumenica.
IL VOLUME RIPERCORRE LE FASI DI MATURAZIONE DELLA CONCEZIONE CRISTIANA DEL MATRIMONIO. Ogni esperienza umana, se letta e vissuta nella relazione con dio, svela la sua identita piu`profonda per il fatto che aperienza universale del rapporrme e significati diversi, alla luce della rivelazione si manifesta come attuazione di una volonta benefica del medesimo creatore tesa a procurare pienezza di vita agli esseri umani. L'istituto del matrimonio, la cui valenza simbolica emerge alla coscienza con alterne vicende nella storia delle culture, non e`pertanto estraneo all'azione salvifica di dio. Per questo, nella tradizione cristiana, si e`giunti a considerarlo sacramento. In verita, il percorso che ha portato a tale visione non e`stato lineare, anche per la variazione della concezione della sessualita in dipendenza di una lettura globale dell esistenza umana. La comprensione sacramentale dell istituto matrimoniale ha poi permesso di rivalutare la medesima sessualita, riscattandola dalle concezioni mitologiche antiche e moderne...
"È evidente: il concetto di 'responsabilità' ha direttamente a che fare con l'atto di 'rispondere'. La radice del termine, infatti, attiene alla sfera religiosa, ossia al 'sacrum facere'. Questo per sottolineare come la nostra volontà di risposta metta in gioco tutto il nostro 'esserci'; insomma, non di una risposta qualsiasi ad una domanda qualsiasi si tratta, ma di una promessa che per noi, ad un certo punto, diventa davvero ineludibile. A tutto ciò allude il significato originario del termine 'responsabilità'". (Dall'introduzione).
Da più di mezzo secolo le Chiese cristiane – specialmente cattolici e protestanti – stanno vivendo un inedito evento epocale di teshuvà, di ritorno e riconversione alla propria radice: Israele. Leggendo il documento Dabru emet (in appendice) ci si accorge ben presto che anche da parte ebraica spira un vento di assoluta novità nei confronti del cristianesimo.
Per le differenti comunità cristiane, la fatica nel correggere il proprio cammino e riconoscere la "radice santa" testimonia quanto ce ne si sia allontanati in due millenni di storia. Il volume – nato dalle domande che i membri del gruppo Teshuvà di Milano hanno elaborato sul rapporto Chiesa-Israele in vista dell’assemblea ecumenica di Graz – contribuisce con numerosi autorevoli contributi a questa teshuvà dei cristiani nei confronti dell’ebraismo a partire da una lettura delle Scritture. Il problema del chiarimento dei rapporti cristianesimo-ebraismo non può infatti essere considerato ad extra dalle Chiese. Esso è prima di tutto un fatto ad intra, che obbliga i credenti in Cristo a interrogarsi sulla propria identità. Poiché se la fede di Israele sussiste anche senza la Chiesa, non può dirsi con leggerezza altrettanto del contrario.
Note sui curatori
Don Gianfranco Bottoni, responsabile della diocesi di Milano per l’ecumenismo e il dialogo, e don Luigi Nason fanno parte del Gruppo Teshuvà di Milano, che raccoglie cattolici e protestanti impegnati all’interno delle rispettive comunità per un processo di riconciliazione e di ravvedimento delle Chiese cristiane nei confronti dell’ebraismo.
QUESTO SIMPOSIO INTERDISCIPLINARE E`UN PICCOLO AIUTO ALLA COMPRENSIONE DELLA RISURREZIONE DI GESU`CROCIFISSO. Ogni progetto ha la sua storia. Questo e`iniziato dal desiderio di incontrarsi per dialogare sulla risurrezione con studiosi di discipline diverse. Per questo sono stati invitati altri quindici specialisti, molti dei quali hanno gia pubblicato opere sulla risurrezione. Nel momento in cui sono stati programmati i diversi saggi che compongono questo volume, l'intento era quello di comprendervi contributi di studi biblici, di teologia fondazionale (o fondamentale), di teologia sistematica, di teologia morale, di teologia spirituale, di filosofia della religione, di omiletica, di liturgia, di studio dell'arte religios a, di critica letteraria. Si h riusciti a ottenere contributi di esperti nella maggior parte di questi campi, e in un modo o nell'altro, tutti i sett ori sono stati rappresentati... Che questo volume possa offrire a tutti i lettori interessati un piccolo aiuto alla comprensione della risurrezione di gesu`crocifisso, che ha dato il via alla storia del cristianesimo.
"Questo l'appello di mons. Cordes (...): nella nostra società i padri svolgono un ruolo di carattere secondario. Nell'educazione dei figli dominano le madri; il rapporto dei padri verso la prole è spesso disturbato. (...) Il teologo Cordes vuole portare il lettore a riflettere sugli aspetti essenziali dell'essere padre, fino alla domanda: la paternità, che cosa ha a che fare con la fede e con Dio?".