
Il Concilio Vaticano II, il ventunesimo nella storia della Chiesa, fu aperto da Giovanni XXIII l'11 ottobre 1962 e chiuso da Paolo VI l'8 dicembre 1965. Nonostante le attese e le speranze di tanti, l'epoca che lo seguì non rappresentò per la Chiesa una "primavera" o una "pentecoste" ma, come riconobbero lo stesso Paolo VI e i suoi successori, un periodo di crisi e di difficoltà. Questa è una delle ragioni per cui si è aperta una vivace discussione ermeneutica, in cui si è inserita l'autorevole voce di papa Benedetto XVI che ha invitato a leggere i testi del Concilio in continuità con la Tradizione della Chiesa. Al dibattito in corso, Roberto de Mattei offre il contributo non del teologo, ma dello storico, attraverso una rigorosa ricostruzione dell'evento, delle sue radici e delle sue conseguenze, basata soprattutto su documenti di archivio, diari, corrispondenze e testimonianze di coloro che ne furono i protagonisti. Dal quadro documentato e appassionante tracciato dall'autore, emerge una "storia mai scritta" del Vaticano II che ci aiuta a comprendere non solo le vicende di ieri ma anche i problemi religiosi della Chiesa di oggi.
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“La Città del Vaticano colpita da Bombe”: è il titolo con cui L’Osservatore Romano di domenica 7 novembre 1943 informa il mondo delle bombe sganciate sul territorio della Città del Vaticano, alle ore 20 e 10 minuti del 5 novembre 1943, esattamente 67 anni or sono. Il drammatico evento, sconosciuto ai più, è stato ricostruito non solo attraverso le immagini di un inedito reportage fotografico, ma anche attraverso la cronaca contenuta in alcune pubblicazioni dell’epoca: L’Osservatore Romano, La Civiltà Cattolica, Il Messaggero, Inter Arma Caritas, L’Attività della Santa Sede, Actes et documents du Saint Siège à la seconde guerre mondiale (1965), Acta Apostolicae Sedis (1943), Le Saint Siège et les victimes de la guerre janvier - decembre 1943 (1975), L’uomo e il pontificato (1876-1958) oltre a informazioni e testimonianze di personaggi del mondo ecclesiastico e civile, deceduti e viventi.
Se per definizione paradigma è per lo più un sistema fisso che pare contraddire il movimento stesso della storia, qui invece esso serve a narrare un’epoca oltre la sua contingenza storica, esplicitando gli elementi divenuti assi portanti, per alcuni secoli, dell’istituzione “Chiesa” come storicamente si è sviluppata con e dopo il Concilio di Trento. Proseguendo la ricerca del maestro Hubert Jedin – iniziata ancor prima del 1940 sulla base della convinzione che «l’epoca tridentina della Chiesa era tramontata» – Paolo Prodi rimedita su quel modello storiografico da lui approfondito per decenni, tenendo conto del permanere di molti elementi del passato a cinquant’anni dalla fine del Vaticano II e della fatica con cui stenta ancora ad emergere la conclusione di quella fase della Chiesa nei travagli dei nuovi tempi. «Queste pagine – scrive Prodi – vogliono riprendere alla luce della situazione attuale le discussioni storiografiche degli ultimi decenni per rispondere a un interrogativo semplice e difficilissimo a un tempo: quali sono gli elementi che hanno caratterizzato la Chiesa tridentina come una fase di una storia bimillenaria ben più lunga e complessa?».
Come a dire che la storia, in concreto, attesta l’esistenza di più paradigmi in cui si può identificare la comunità cristiana nel corso del tempo, e che, «se un paradigma finisce, i parametri che lo compongono si dissolvono inevitabilmente e possono e debbono trovare altre strade per ricomporsi lentamente in altri paradigmi sino alla fine dei tempi». Questo libro è un capitolo di storia della Chiesa e di storia dell’Occidente moderno, dove l’una aiuta a decifrare l’altra.
COMMENTO: Paolo Prodi, allievo di Hubert Jedin, riprende le riflessioni del maestro, analizzando il ruolo della Chiesa con e dopo il Concilio di Trento, alla luce della situazione attuale e delle più recenti discussioni storiografiche.
Questo libro è un capitolo di storia della Chiesa e di storia dell'Occidente moderno, dove una aiuta a decifrare l'altra.
PAOLO PRODI, professore emerito di Storia moderna all’Università di Bologna, allievo di Hubert Jedin, è uno dei maggiori storici italiani le cui opere sono tradotte in tutto il mondo. Solo per ricordarne alcune: Il sovrano pontefice. Un corpo e due anime: la monarchia papale nella prima età moderna (Il Mulino, 1982, 2006); Il sacramento del potere. Il giuramento politico nella storia costituzionale dell’Occidente (Il Mulino, 1992); Una storia della giustizia. Dal pluralismo dei fori al moderno dualismo tra coscienza e diritto (Il Mulino, 2000); Settimo non rubare. Furto e mercato nella storia dell’Occidente (Il Mulino, 2009).
Tornato il papa da Avignone a Roma, ricomposto il Grande Scisma, nel Quattrocento e fino al traumatico sacco di Roma nel 1527 il papato vive un secolo di trionfo, di rafforzamento dello Stato della Chiesa, nella prospettiva di un’autentica monarchia papale.
Il volume disegna il profilo umano, morale e pastorale del vescovo di Pistoia e Prato Marcello Mazzanti, vissuto in un contesto particolare come quello dello Stato unitario che si andava formando e consolidando in Italia a cavallo tra il XIX e XX secolo. Ne esce un quadro storico e politico di grandissima attualità in cui mons. Mazzanti è attore di primo piano sapendo sciogliere i nodi di un passaggio difficile per la Chiesa pistoiese e pratese e per la Chiesa nazionale.
Giovanni Battista Montini, che nel giugno 1963 venne chiamato alla successione di Giovanni XXIII e portò a compimento il concilio ecumenico Vaticano II, è un papa dimenticato. Frainteso da quanti hanno ritenuto che il concilio fosse il principio di un'era assolutamente nuova, di totale rottura con il passato, così come da coloro che hanno visto in quell'evento l'inizio della fine del cattolicesimo. Criticato da sinistra e da destra, da chi gli imputava di aver tarpato le ali del Vaticano II, soffocandone le speranze e frenandone gli slanci, e da chi gli attribuiva la responsabilità della crisi della Chiesa, dell'incertezza sulla dottrina, dell'imponente emorragia di sacerdoti che ha segnato gli anni difficili del postconcilio. Paolo VI appare oggi schiacciato tra le figure dei grandi pontefici che l'hanno preceduto e che gli sono succeduti. Non era facile stare al timone della Chiesa dopo la scomparsa di una figura popolarissima come quella del "papa buono". Non è facile mantenere viva la memoria del drammatico pontificato montiniano dopo quello di Giovanni Paolo II, straordinario per intensità e durata. Così, il suo regno è stato presto archiviato come un lungo e sofferto intermezzo tra due capitoli decisivi della storia del cattolicesimo e dell'intera umanità, dimenticando che si deve proprio a Paolo VI l'aver attuato una profonda riforma della Chiesa, l'aver iniziato i viaggi apostolici in tutti i continenti, l'aver inaugurato una nuova epoca di dialogo con le altre confessioni cristiane.
Il volume rappresenta un omaggio a Francesco Malgeri, che per vent'anni ha offerto il suo competente contributo a servizio dell'Istituto per la storia dell'Azione cattolica e del Movimento cattolico in Italia Paolo VI, prima come direttore e poi come presidente del Consiglio scientifico, e che per trent'anni è stato tra i più insigni docenti dell'Università di Roma la Sapienza. Il numero di contributi raccolti in questo volume testimonia la sua capacità di seminare e tessere legami profondi sia dal punto di vista della ricerca scientifica che da quello dei rapporti d'amicizia e collaborazione.