
Il libro biblico dei Salmi, ovvero "canti accompagnati dalla cetra", vengono tradizionalmente attribuiti al re Davide. Si tratta di una straordinaria raccolta poetica nella quale "palpita" la vita di Israele, popolo di Dio, e trova posto tutta la variegata gamma di sentimenti di ringraziamento, di supplica, di lamentazione, richiesta di aiuto a Dio. Composizioni di grande fascino anche dal punto di vista linguistico che il curatore ripropone in una nuova, raffinata traduzione poetica più vicina alla sensibilità dell'uomo contemporaneo, con l'intento di restituire la ricchezza spirituale e letteraria del testo.
Sergio Quinzio fu sempre afferrato dal "pensiero della fede", come confutazione assoluta del dubbio che si concretizza nella decisione di ritenere imponibile confrontare la fede con altro da sé. Tale concezione emerge nelle scelte compiute per redigere questa antologia biblica. Il primo criterio adottato da Quinzio è di mostrare come la visione della Bibbia sia globalmente differente da quella della filosofia greca. La ragione sta nel fatto che la seconda cerca di spiegare il mondo così com'è e quindi di adeguare il comportamento umano alle leggi che lo regolano; la prima è tutta sorretta dall'ansia della redenzione, la quale comporta vedere l'orrore del lato mancante presente nel mondo e sperare nel riscatto messianico della realtà nel suo insieme. Il secondo criterio è stato quello di cavalcare la parzialità: lo si è fatto nella direzione di presentarla come "provocazione, dal momento che si è cercato di mettere in luce specialmente gli aspetti del testo di solito meno visti, più facilmente elusi e addolciti", è quindi "sembrato utile [...] insistere su ciò che all'interno dell'orizzonte biblico rivela difficoltà e suscita problemi"; ad esempio il tema - filosofico - della violenza e della giustizia di Dio. Un approccio che intende cogliere istanze autentiche rimaste sostanzialmente estranee alla ricerca biblica, la quale è, per la massima parte, orientata in senso scientilico-esegetico. letterario-narrativo o spirituale.
Il problema della trasmissione delle parole di Gesù rappresenta oggi uno dei nodi fondamentali del dibattito scientifico sulle origini cristiane. Impulsi diversi e convergenti - come la scoperta di nuove fonti, l'interazione con le scienze sociali e l'antropologia in particolare, una maggiore attenzione per il carattere dinamico e plurale dei primi gruppi cristiani - hanno contribuito all'inaugurazione di una nuova stagione della ricerca. Basti pensare all'enorme fioritura di studi sull'ipotetica fonte Q, sul Vangelo di Tommaso, su molti altri scritti della cosiddetta letteratura "apocrifa". In questa prospettiva, il volume si presenta come uno strumento indispensabile per la conoscenza delle più recenti tendenze degli studi sul cristianesimo primitivo: i contributi di natura metodologica si affiancano all'analisi diretta dei testi, spaziando dalle prime testimonianze evangeliche (canoniche ed extra-canoniche) ai papiri documentari, dalle lettere di Paolo alla molteplicità di fonti protocristiane dei primi secoli. Emerge un panorama di ampio respiro, in cui le diverse traiettorie di trasmissione - ma anche di rielaborazione, trasformazione e creazione - delle parole di Gesù si mostrano al lettore e allo studioso in tutta la loro complessità.
Vale per tutti i cristiani, ai quali la Chiesa ha consegnato il Salterio come preghiera quotidiana, la massima di Kierkegaard: "Giustamente gli antichi dicevano che pregare è respirare. Si vede, così, quanto sia sciocco voler parlare di un perché. Perché io respiro? Perché altrimenti morrei. Così con la preghiera". Ecco la ragione per cui il libro dei Salmi non dovrebbe mai staccarsi dalla nostra quotidianità. Per documentare questa necessità radicale, oserei dire 'fisiologica', potrei proporre due profili sostanziali. Innanzitutto i Salmi sono poesia e musica, come dice già il termine greco Psalmoi: sono veri e propri canti da far risuonare con "arte" (Sal 47,8). I Salmi sono patrimonio letterario anche per le loro irridiscenze poetiche che vanno da gioielli assoluti, come il Sal 42-43, fino a composizioni minime, come le sole diciassette parole ebraiche (Sal 117) incastonate da Mozart nei Vespri solenni del Confessore. Accanto alla poesia c'è però la 'lode', la preghiera, l'invocazione, la fede - da cui il titolo ebraico Tehillim, lodi appunto. I Salmi sono attestazioni di una fiducia umana orante, che si muove lungo lo spettro cromatico spirituale che parte dal gelido e cupo violetto del lamento, dell'implorazione, della supplica, dell'infelicità e approda al rosso incandescente dell'inno festoso, della lode, della gioia.
«[...] accostandoci al Cantico dei cantici, oggi abbiamo veramente da riflettere, da interrogarci, da pensare: non si può leggere questo testo come si leggerebbe una qualsiasi altra poesia d’amore. Il Cantico dei cantici è un libro che Dio ci fa leggere senza un immediato scopo didattico, ma perché “ci servirà”! Tale affermazione vale per il credente, ebreo o cristiano, e anche per il non credente che, ascoltandolo, potrà apprendere il punto di vista del credente. Ciò significa che qualunque interpretazione finalizzata del Cantico dei cantici va accolta con estrema cautela, e vorrei dirlo con un’immagine ripresa dalla Lettera agli Ebrei: “La parola di Dio è una spada a doppio taglio” (4,12), perciò, se non la si legge con cautela, finisce per infilzare il lettore, anziché il destinatario».
Traduzione dall’ebraico con testo a fronte e commenti.
PAOLO DE BENEDETTI (1927-2016), biblista e teologo, ha insegnato presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale e negli Istituti Superiori di Scienze religiose di Trento e Urbino. Le sue opere sono pubblicate dall’Editrice Morcelliana.
Uomo e mondo secondo i capitoli iniziali della Genesi
La Bibbia, base essenziale del cristianesimo, a volte non è per niente facile da capire. Nell'Antico Testamento, specialmente, vi sono dei passi oscuri e difficili che incutono paura, che rappresentano per noi una provocazione, che ci urtano, ci scandalizzano. Anche nel Nuovo Testamento, però, ci sono pagine che contraddicono quello che noi riteniamo l'essenziale. Si pensi, per esempio, alla costruzione della torre di Babele, o al sacrificio di Isacco, o ai salmi che reclamano vendetta, oppure anche a certi discorsi minacciosi di Gesù o al detto sul peccato contro lo Spirito Santo o all'atteggiamento di Paolo verso le donne. Questi passi alcuni cristiani li saltano a pie' pari, altri li "addomesticano" smussandone gli angoli ed edulcorandone il retrogusto amaro, di altri ancora piegano l'interpretazione in modo da adattarla alla propria visione delle cose. Eppure, proprio sotto un guscio duro è possibile che si celi un frutto delizioso. Anselm Grün interpreta quei passi con un approccio personalissimo. Fa suo il motto di sant'Agostino: «Finché sei nemico di te stesso, anche la parola di Dio è tua nemica. Sii amico di te stesso, e allora la parola di Dio sarà in armonia con te». Il benedettino tedesco, autore di autentici best-seller, ingaggia una lotta con i passi "difficili", li esamina da diversi lati e fa vedere una cosa importante: lo scopo della Bibbia è sempre quello di aprirci gli occhi e di farci guardare la nostra vita come essa è intesa da Dio.
Nel 1895, un comitato di donne legate al movimento suffragista statunitense mise per la prima volta in discussione l'interpretazione tradizionale dei testi sacri, che sanciva la subordinazione della donna nei confronti dell'uomo. Dal loro impegno nacque The Woman's Bible , un'opera da cui prende spunto, oltre un secolo più tardi, il lavoro di un gruppo di teologhe, pastore e donne consacrate protestanti e cattoliche che si è posto l'obiettivo di una rilettura critica della Bibbia dal punto di vista femminile. Un commento alla luce degli studi più recenti che porti il fermento della discussione dentro le Chiese, nella teologia e nelle pratiche, ovunque persistano resistenze e chiusure nei confronti delle donne. Le studiose - di differenti provenienze geografiche e culturali - affrontano vari temi legati sia al corpo, con i suoi attributi di genere, sia ai ruoli: la bellezza, il pudore, la verginità, la sterilità da un lato; la sottomissione, la responsabilità, la spiritualità dall'altro. Le loro ricerche offrono uno sguardo nuovo su alcune delle figure di donne più significative: Marta e Maria, le sorelle messe in contrapposizione nel Vangelo di Luca; Maria Maddalena, la discepola presente sul Golgota, la prima testimone della resurrezione di Cristo; e ancora la samaritana, Rut, Sara, Abigàil, Rebecca e Betsabea. Attraverso le loro storie le autrici indagano i simboli femminili del divino e mostrano che la Bibbia contiene un immenso potenziale liberatorio per le donne, «un incoraggiamento per arrivare a un'umanità piena e condivisa, scopo della Rivelazione cristiana». Presentazione: Letizia Tomassone.
Paolo, apostolo, maestro, ma soprattutto testimone: "Per me vivere è Cristo" (Fil 1,21). "Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita che vivo nella carne io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e dato se stesso per me" (Gal 2,20). Paolo, che contempla colui che è "immagine del Dio invisibile" (Col 1,15), dimora di "tutta la pienezza della divinità" (Col 2,9). Paolo, scelto, predestinato, chiamato, giustificato, glorificato (cf. Rm 8,28-30), in Cristo, che inneggia al suo amore: "Chi ci libererà dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?" Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati (Rm 8,35.37). Era inevitabile che la scrutatio esegetica dell'Epistolario di Paolo, condivisa con studenti teologi, approdasse alla contemplatio della sua "esperienza spirituale", proposta all'imitazione del popolo santo di Dio. Da tale contemplatio, la selezione di alcune linee teologico-sapienziali del suo vissuto credente, tra le quali: "La vita in Cristo e nello Spirito"; "La trasformazione dell'uomo redento"; "Giustizia di Dio e fede in Cristo Gesù"; "La comunione ecclesiale in Cristo Signore".

