
Più di dieci anni fa nelle "Orme del sacro" Umberto Galimberti esplorava la religiosità in Occidente. Da allora la riflessione di Galimberti sul sacro e sulla sua crisi si è approfondita, mentre molte cose cambiavano nel panorama religioso e intellettuale, prima fra tutte l'elezione di Joseph Ratzinger a papa dopo la scomparsa di Giovanni Paolo II. In questo nuovo libro, che riprende solo in alcune parti il testo precedente, Galimberti mira a definire compiutamente la sua visione del cristianesimo, a cui riconosce il merito di aver dato vita e forma all'Occidente, ma che a questo Occidente ha anche strappato il cuore autenticamente religioso. Il cristianesimo è per Galimberti la religione dal cielo vuoto, la religione che ha desacralizzato il sacro, perché ha assegnato tutto il bene a Dio e tutto il male a Satana. Ha preferito la razionalità della filosofia greca con cui ha costruito la sua teologia al comandamento dell'amore che è l'essenza del messaggio evangelico. Per contare ancora qualcosa nel nostro mondo dominato dalla tecnica, questo cristianesimo ormai del tutto esangue e desacralizzato si è ridotto a un'agenzia etica, che si pronuncia su aborto, fine vita, scuola pubblica e privata, e si è fatto "evento diurno, lasciando la notte indifferenziata del sacro alla solitudine dei singoli, (...) che oggi, senza protezione religiosa, devono vedersela da soli con l'abisso della propria follia, che il sacro sapeva rappresentare e la ritualità religiosa placare".
L'instrumentum laboris per il 13mo Sinodo generale ordinario dei Vescovi che si terrà dal 7 al 28 ottobre 2012. In lingua francese. Il documento di lavoro dell'assemblea dei Vescovi traccia i temi su cui si rifletterà attorno all'argomento principale che è quello della Nuova Evangelizzazione. Si tratta di una delle principale sfide della Chiesa nel mondo contemporaneo, trovare itinerari per trasmettere il Vangelo con rinnovato dinamismo e nuovi metodi.
Questa esortazione apostolica post-sinodale raccoglie quanto emerso dal Sinodo Speciale per il Medio Oriente, svoltosi in Vaticano nell'ottobre 2010 e dedicato al tema della Comunione. In lingua francese.
Per un buon numero di cristiani, il Concilio Vaticano II (1962-1965) è stata un'esperienza storica di straordinario rilievo, capace di infondere speranza. La Chiesa appariva riprendere coscienza di se stessa e, ad un tempo, si apriva al mondo. I cristiani laici e i sacerdoti si ritrovavano più consci del loro compito evangelico, culturale e anche sociale. La ripresa della lettura della Bibbia e la meditazione, una collaborazione riscoperta tra preti e laici, un rinnovamento liturgico, un'istanza ecumenica nuova, così come la scoperta del dialogo interreligioso e una forte responsabilità di fronte ai problemi del mondo furono alcuni tra gli importanti impulsi del Vaticano II. Che cosa è avvenuto in quegli anni? E dove siamo, a cinquant'anni dal Concilio? Con un testo di facile lettura Daniel Moulinet ripresenta, per chi non ha vissuto il Concilio e per chi lo vuol ricordare, le grandi tappe e i testi essenziali prodotti. Far memoria delle grandi dichiarazioni conciliari, di come vi si è giunti, non è la sem-plice testimonianza di un evento storico, ma un'occasione per l'uomo d'oggi di confrontarsi con alcuni passi fondamentali della fede cristiana e con la responsabilità che ne consegue.
A diciotto anni dalla prima pubblicazione e a poco più di vent'anni dalla morte di don Giovanni Buzzoni, vengono riproposte le omelie da lui tenute come canonico teologo durante la messa di mezzogiorno nel duomo di Ravenna. Si tratta di testi di ispirazione patristica che l'autore propone alla comunità cristiana, seguendo il percorso dei quattro Vangeli e secondo le letture che scandiscono l'anno liturgico. Riflessioni rivolte all'uomo di oggi, formulate con taglio sapienziale. "In ogni pagina che don Buzzoni scrive emerge il coinvolgimento tra il messaggio evangelico e la coscienza che responsabilizza ogni uomo nell'amore verso Dio e il prossimo. Questa è saggezza, ciò che nell'antica tradizione dei Padri viene chiamata 'sapienza'" (dall'Introduzione di p. Benedetto Calati)
In una straordinaria opera di rivelazione letteraria, Lady Norrington getta nuova luce su un importante personaggio storico: la seconda moglie di Thomas More. Sebbene per più di quattro secoli sia rimasta sullo sfondo come una figura sconosciuta e molto oscura, durante i ventiquattro anni di matrimonio con Thomas More seguì con consumata abilità una delle più considerevoli famiglie in Europa. Riuscì a far ridere il marito dopo tutti questi anni di vita comune, e continuò a farlo ridere durante i giorni bui e pericolosi dei suoi mesi nella torre di Londra: un risultato indubbiamente raro e un trionfo di coraggio e di risolutezza. Questa originale ricerca rivela inoltre che Lady Alice non fu, come molti hanno suggerito, una persona di rango inferiore che More elevò al suo status sociale. Al contrario, troviamo una ricca signora di buona famiglia con il sangue dei re nelle sue vene, che mediante il matrimonio di suo cugino era diventata parente di Enrico VII e di Enrico VIII. La sua famiglia era grande amica dei Tudor molto tempo prima del matrimonio con Moro. Una scoperta ancora più considerevole è che mentre i discendenti di Moro furono per la gran parte proprietari terrieri, preti e monache, i discendenti di Alice, attraverso l'unico figlio sopravvissuto dal suo primo matrimonio si trovano inseriti in alcune delle più aristocratiche famiglie d'Inghilterra, quali Alington, Bray, Savage, Spencer, Stanhope e Strathmore. Si arriva, percorrendo questa strada genealogica, alla discendente più famosa, la Regina Madre, Elizabeth di Glamis e a sua figlia la Regina Elisabetta II.
Sul finire del Settecento, un libro sulle api, sul modo di governarle e sulla loro utilità, scritto dal pugliese Antonio Maria Tannoja (1727-1808), riscosse un notevole successo e meritò all'autore l'iscrizione a socio della famosa Accademia fiorentina dei Georgofili. Dopo più di duecento anni, la scoperta di quel testo ha spinto Angelomichele De Spirito ad illustrarne il contenuto, che è quasi una "summa" e un'esposizione critica dell'apidologia del tempo. E, poiché l'autore, oltre ad essere uno tra i migliori entomologi del Settecento, era anche un discepolo di sant'Alfonso de Liguori, e meglio noto come suo primo biografo, De Spirito ne ricostruisce la storia di vita nel contesto socio-religioso del suo istituto e dell'ambiente circostante. Ne risulta un sorprendente spaccato di storia culturale, in cui Tannoja e le sue api, coltivate e osservate per quasi mezzo secolo, appaiono concretamente coinvolti in quel progetto di riforma e di diffusione di un nuovo approccio scientifico, tecnico ed economico, inculcato da pensatori come Ludovico A. Muratori e Antonio Genovesi nel secolo dei Lumi.