
Nell’attuale era della globalizzazione il mondo è sempre più trascinato in nuovi tipi di guerre che non hanno nulla a che vedere, con i cannoni, con le armi nucleari e la distruzione di massa, bensì con l’ecologia ed i limiti etici al profitto, dove i «nemici» sono i rigidi trattati di libero commercio, le tecnologie produttive basate sulla violenza, ingegneria genetica e le nanotecnologie. La guerra delle sementi, ovvero il controllo delle granaglie, viene combattuta a colpi di Trade Related Intellectual Property Rights (TRIPS), gli accordi internazionali che impongono nuovi diritti di proprietà sui semi, rendendoli non più direttamente gestibili dai contadini. I monopoli idrici cui aspirano multinazionali come Pepsi e Coca Cola negano alla gente l’accesso all’acqua, sia creando uno spazio privato nella sfera delle acque pubbliche sia privatizzando i servizi di pubblica utilità e incrementando così i costi di questa risorsa del 200-300%. La condivisione e lo scambio della biodiversità e delle conoscenze a essa legate spesso si sformano in pirateria attraverso brevetti registrati da aziende e da privati, che si appropriano liberamente del sapere o delle pratiche appartenenti alle comunità indigene. Quest’importante nuova opera dell’autrice, traccia un efficace collegamento, all’interno del progetto dell’egemonia globale, tra la globalizzazione intesa come guerra economica e il militarismo e le varie forme di fondamentalismo visti come guerre politico-culturali.
Vandana Shiva è una scienziata ambientalista nota in tutto il mondo, tra gli esponenti di spicco del movimento democratico globale. In questo libro, Shiva fa il punto su quelle battaglie che anche grazie al suo contributo hanno assunto un rilievo internazionale - la lotta contro la privatizzazione delle risorse naturali, i brevetti sul vivente e l'impiego di organismi geneticamente modificati in agricoltura e nella produzione alimentare riconducendole a un progetto politico, economico e culturale di democratizzazione della globalità. L'autrice delinea dunque una alternativa alla globalizzazione economica, che giudica responsabile non soltanto della catastrofe ecologica imminente, ma anche dell'avvento dei fondamentalismi politici e religiosi. Vandana Shiva considera i brevetti sul vivente e la privatizzazione delle risorse naturali come l'ultima frontiera di un colonialismo che aveva cominciato a manifestarsi già nel Sedicesimo secolo con la recinzione delle terre comuni britanniche. La privatizzazione delle risorse comuni, insieme alla progressiva erosione dei beni e dei servizi pubblici e all'indebolimento dei meccanismi democratici di controllo dell'economia, costituiscono una grave minaccia in termini di sostenibilità ecologica e di sopravvivenza sociale.
Il volume riprende e sintetizza le tematiche che sono proprie della studiosa indiana - il diritto ai semi, la biopirateria, la non-brevettibilità della vita - leggendole sotto una luce nuova, quella che mette al centro della rinascita dell'agricoltura, non solo nei Paesi del terzo mondo ma anche nei centri sviluppati del pianeta, il recupero dei saperi e del ruolo delle comunità locali per creare un rinnovato rapporto fra l'uomo e la terra, basato sul rispetto reciproco e su un'idea di futuro possibile.
“Anche i capelli del nostro capo sono contati”. Michael Shevack, con il suo libro, ci offre un’opportunità rara, per ricordarci chi è la prima persona a contarci i capelli del capo: il nostro marito, o la nostra moglie. Shevack mostra, in venticinque brevi e divertenti capitoli come la persona che il Mistero – e chi altri? – ci ha posto accanto ci rammenta che siamo amati di un amore eterno.
Non si tratta né di un libro di filologia biblica, né di un prontuario per i problemi matrimoniali, ma del distillato della vita personale del rabbino Shevack e dell’interpretazione ebraica al primo capitolo del libro più importante del mondo.
Shevack ha a cuore il destino del matrimonio di ciascuno, non importa quale sia il suo credo: pensa che quei densi capitoli della Bibbia dicano moltissimo a qualunque coppia sulla faccia della Terra. E dimostra come questo sia possibile, attraverso esempi ed episodi che giungono al cuore della vita matrimoniale.
Traduzione di Andrea Pin
GLI AUTORI
Il rabbino MICHAEL SHEVACK, fondatore dell'Adam and Eve Institute for Spiritual Marriage (www.adamandeveinstitute.com), interviene frequentemente ad incontri multireligiosi e a gruppi di spiritualità contemporanea. Appare in molti programmi televisivi e radiofonici negli Stati Uniti e all'estero. Vive nella Contea di Bucks, Pennsylvania, con la moglie, tre figli e due cani.
La lettura dei vangeli può lasciare insoddisfatti, sorpresi o incuriositi. Insoddisfatti perché non sono delle vere e proprie "vite di Gesù" e trascurano molti dettagli della sua infanzia, della sua educazione e della sua attività di artigiano. Sorpresi, poiché gli ultimi giorni, le ultime ore a Gerusalemme, occupano uno spazio molto ampio: dispute nel Tempio, ultima cena, ultime parole, processo, morte in croce. Incuriositi, perché il modo di narrare degli evangelisti appare ora dettagliato, ora sintetico. La scrittura evangelica comprende tutto questo e per apprezzarne il contenuto il volume propone quattro chiavi di accesso: Risurrezione, Chiesa, Scritture, Gesù di Nazaret. Solo quattro parole, ma essenziali per orientarsi tra i racconti che Matteo, Marco, Luca e Giovanni hanno voluto trasmettere.
Inaugurando il clima culturale in cui ancora oggi ci muoviamo quando parliamo di sentimenti, Jean-Jacques Rousseau ha scritto che l'immagine dell'amore spento spaventa più di quella dell'amore infelice, e che il disgusto di quanto si possiede è cento volte peggiore del rimpianto di quanto s'è perduto. Meglio dunque la sofferenza di un amore mai appagato - ma proprio per questo vivo e bruciante - che la pacata routine di un possesso soddisfatto. Insomma, come insegna l'eterna vicenda di Romeo e Giulietta, meglio morti che sposati. Ma è davvero così? Quale inganno si nasconde dietro l'idea che il matrimonio sia solo un inganno? E se il matrimonio, più che la tomba dell'amore, fosse la sua culla? Un elogio dell'amore per sempre, che non si nasconde i suoi drammi e le sue fatiche, misterioso contraltare delle sue più esaltanti gioie.
Se ci si lega per tutta la vita a una sola persona, si potranno ancora gustare le più intense gioie dell'amore? Il vero amore non è forse per definizione "extraconiugale"? Queste domande, che potremmo attribuire a un libertino impertinente o a una lettrice di romanzi rosa, esprimono una perplessità originariamente cristiana. A vedere nell'amore matrimoniale un ripiego che sarebbe preferibile evitare è infatti non solo chi si abbandona ai piaceri di Venere nella promiscuità sessuale, ma anche chi si dedica esclusivamente a Dio nel celibato e nella verginità. Nella convinzione che l'amore casto per Dio sia la forma più elevata di amore, il primo teologo del cristianesimo, Paolo di Tarso, raccomanda non a caso di "non sposarsi", rivelando le insospettabili radici cristiane della concezione romantica del matrimonio inteso come "tomba dell'amore". Si spiega così come mai la tradizione cristiana abbia sempre considerato l'eros una forma doppiamente "pericolosa" di amore, che minaccia non solo la castità abbracciata da celibi e vergini, ma anche la fedeltà richiesta agli sposi. Proponendo un ripensamento di questo assunto, l'Autore restituisce all'amore umano la centralità che tutti spontaneamente gli riconosciamo, liberando la sua componente erotica da quell'evidente svalutazione che, nella storia della Chiesa, ha indotto a presentare la decisione di rinunciarvi come più meritoria di quella di sposarsi.
«La luce che i cieli non potevano contenere è diventata debole e fragola come uno di noi. È venuta a insegnarci che l'amore è tutto, e il vero amore dona la vita, superando la paura dell'odio e della morte. Ma oggi è il momento della tenerezza. I bambini che fino a poco tempo fa erano in strada a Kibera e che stanotte sono con noi a Kivuli sono per noi, guaritori feriti, il segno più luminoso che Dio ci vuole bene, che è con noi, che ci offre la sua tenerezza, il suo amore, che ci guarda negli occhi e ci dice: "Ti voglio bene". Così tutti possono sentirsi il cuore riscaldato da questa voce».
padre Kizito
Fare spazio agli altri significa dare una casa all'Altro. L'accoglienza ci rende inquieti ma ci spalanca orizzonti nuovi. Domani saremo ricordati per aver aperto il cuore e le città o per esserci trincerati nell'egoismo?
Il libro nasce con l'intenzione di sostenere la lettura e l'approfondimento de "Il laboratorio dei talenti", la nota pastorale dei vescovi italiani sul valore e la missione degli oratori nel contesto dell'educazione alla vita buona del Vangelo. L'oratorio è per la Chiesa italiana un'esperienza che sta attraversando diversi secoli di storia; la sua origine è da tutti riconosciuta in san Filippo Neri nella seconda metà del Cinquecento: da lì l'esperienza si è diffusa in tutta Italia assumendo caratterizzazioni diverse, grazie anche all'opera di grandi figure di educatori e pastori come san Giovanni Bosco, il Murialdo, il cardinale Schuster e il cardinal Montini, futuro Paolo VI. La vitalità e la forza di questa esperienza è fortemente riconosciuta, e per questo c'è grande attenzione, l'oratorio non può sopravvivere sulla memoria del suo glorioso passato. Chiede piuttosto di essere progettato sempre di nuovo con una forte attenzione al contesto in cui è inserito e alle persone educatori e ragazzi - che riesce a raccogliere. I testi qui raccolti vorrebbero essere di approfondimento e stimolo, perché possano trasformarsi in momenti formativi per tutti coloro che sono chiamati, a vario titolo, a essere animatori, educatori o volontari nella vita dell'oratorio. Dopo la prefazione del segretario generale della CEI, mons. Mariano Crociata, i contributi offrono un approfondimento storico e uno pastorale sul rapporto fra l'oratorio e la comunità cristiana. Prefazione di mons. Mariano Crociata.
Frutto della stretta collaborazione fra due Servizi nazionali della CEI, quello per la pastorale giovanile e quello per il progetto culturale, queste pagine si snodano intorno ad alcune questioni di fondo: è possibile dare alla pastorale, specificamente a quella giovanile, una forte dimensione culturale? Ed è possibile farlo nell'ottica di quella «pastorale integrata» che si sta gradualmente diffondendo? Il libro si propone come fonte di stimolo e di sostegno per quanti affrontano la sfida di immettere nella vita delle comunità cristiane un convinto impegno per la crescita della persona e per una creativa azione comunitaria, favorendo la crescita della prospettiva culturale che da anni è una scelta dell'Episcopato italiano, autorevolmente confermata da Benedetto XVI.