
Che cos'è la fede? Come si concilia con le prospettive dell'uomo moderno? Quale posto ha in un mondo dove tutto ciò che è tradizione appare ormai superato, e l'uomo si sente a casa solo "nell'alveo del progresso e del futuro"? Per un Papa teologo come Joseph Ratzinger, la fede cristiana "è qualcosa di più di un'opzione per un fondamento spirituale del mondo": "la sua formula centrale non dice 'Io credo qualcosa', bensì 'Io credo in te'. Essa è l'incontro con l'uomo-Gesù". Il senso del mondo è tutto in questo incontro personale: il "tu" di Gesù vero uomo e vero Dio "mi accorda la promessa di un amore indistruttibile, che non solo aspira all'eternità, ma ce la dona". Le riflessioni raccolte in questo volume - tratte da "Introduzione al cristianesimo", il commento dedicato da Joseph Ratzinger al Simbolo apostolico - partono dall'"acqua salmastra del dubbio" che rischia di soffocare il credente come l'incredulo e toccano il mistero di Dio, il destino di Cristo, la speranza e l'amore-carità, la "vera e totale solitudine, quello stato spaventoso che il teologo chiama 'inferno'", l'immortalità e la risurrezione dei morti, la Chiesa e la sua "paradossale struttura di santità e di miseria". Oggi, dopo la scelta senza precedenti della rinuncia al ministero petrino, questi pensieri rappresentano il lascito spirituale di un grande Pontefice, il dono che una mente limpida e profonda offre alla meditazione di uomini e donne in cerca di risposte alle questioni fondamentali dell'esistenza.
L'incontro tra Simone Weil e alcuni testi della Grecia antica, innanzitutto l'Iliade, Platone, i pitagorici e i tragici, ha segnato uno dei picchi del secolo scorso. Nulla di quanto la luce della sua mente ha raggiunto è rimasto immutato. In particolare i Vangeli, come se la via regale per capirli non passasse da Gerusalemme, ma da Atene. Il verbo come mediatore, il sovrannaturale e l'innaturale, la bellezza del mondo, il giusto punito, la sventura: sono alcuni dei temi che Simone Weil tratta in questi scritti, non più nella forma altamente condensata dei quaderni, ma in una trattazione distesa, come chiarendo in primo luogo a se stessa le sue abbaglianti intuizioni.
Un libro che si può leggere come un romanzo, perché racconta, con documenti e testimonianze, con le corrispondenze dei protagonisti, il ruolo dei cattolici democratici nella storia d'Italia, da Luigi Sturzo ad Alcide De Gasperi, da Giuseppe Dossetti a Giorgio La Pira, passando attraverso due guerre mondiali e il ventennio del regime fascista, la resistenza e l'Assemblea Costituente, che ha elaborato la Costituzione repubblicana. La chiave di lettura è un filo rosso che intreccia le riflessioni socio-economiche di Giuseppe Toniolo con quelle filosofiche di Jacques Maritain.
Questa antologia presenta una ricca selezione di materiali in larga parte inediti in Italia - testimonianze, aneddoti, poesie e prose liriche - raccolti anche attingendo a fonti epistolari e diari. Si svelano i lati meno conosciuti della personalità di uno degli autori più amati al mondo: il suo senso dell'umorismo, lo spirito ludico, la vivace curiosità, ma anche la vulnerabilità emotiva e l'intima fragilità. Il testo contiene anche una preziosa traduzione e riscrittura gibraniana di canti folcloristici libanesi e una serie di tributi resi a Gibran da poeti di tutto il mondo, fra i quali Lawrence Ferlinghetti. Completa il volume una serie di rare immagini che ricostruisce le tappe del percorso esistenziale di Gibran: l'infanzia nel Libano oppresso dall'Impero ottomano, l'emigrazione negli Stati Uniti, il soggiorno parigino, il ritorno a New York, la tomba-museo nella sua città natale, Bsharri.
"Perché la Chiesa" conclude la trilogia del "PerCorso" di don Giussani. Dopo aver affrontato il tema del senso religioso - essenza della razionalità e radice della coscienza umana - e quello della grande rivelazione di Gesù Cristo nel mondo, il terzo volume introduce all'avvenimento della Chiesa. La domanda cruciale per affrontare tale avvenimento è: "Io, che vengo il giorno dopo - o un mese dopo, o cento, mille, duemila anni dopo - la scomparsa di Cristo dall'orizzonte terreno, come faccio a sapere se veramente si tratta di qualcosa che sommamente mi interessa, come faccio a saperlo con ragionevole sicurezza?". La parola "Chiesa" indica il fenomeno storico il cui unico significato consiste nell'essere per l'uomo la possibilità di raggiungere la certezza su Cristo, nell'essere insomma la risposta a quella domanda sul problema più decisivo per la vita sua e del mondo. Cristo, la verità diventata carne, dopo duemila anni raggiunge ancora l'uomo attraverso una realtà che si vede, si sente, si tocca: la compagnia dei credenti in Lui. In un percorso stringente, l'autore propone dunque alla libertà e alla ragione dei lettori i fattori fondamentali e i criteri di una verifica di questa realtà. "Ma giunti al termine del cammino", afferma l'autore, Dio rimane ancora incomprensibile, "se non si introduce la figura della Madonna, scelta da Dio stesso per farsi da noi riconoscere, metodo del suo comunicarsi all'uomo attraverso il "caldo" del suo grembo."
"Perché il mondo ha tanta paura della sofferenza? Perché ha così bisogno di chiudere una ferita?" si domanda l'autore. "Forse perché sconvolge la vita, le nostre visioni, i nostri progetti. La sofferenza chiede amore, tanto amore, e non è facile amare così." La vita di Antonio Socci e della sua famiglia viene travolta nel 2009 dal dramma improvviso della primogenita Caterina, entrata in coma dopo un inspiegabile arresto cardiaco. Tutto sembra perduto, resta solo il grido di una preghiera che coinvolge un mare di persone. E Caterina si risveglia dal coma. Ma la gioia per questo miracolo viene messa alla prova dall'enormità dei problemi che la ragazza si trova ad affrontare. Tuttavia la forza e la fede con cui Caterina percorre un cammino così duro sono travolgenti per il padre, che scopre anche la bellezza di un mondo sconosciuto, eroico e affascinante, fatto soprattutto di giovani, che sono per l'autore la "meglio gioventù". E l'incontro con volti di persone normali che l'amore di Gesù Cristo rende capaci perfino di sacrificare silenziosamente la propria esistenza. Storie che testimoniano un coraggio e una letizia più forti del dolore e della morte. Ne scaturisce una lunga lettera in cui l'autore, cristiano controcorrente da sempre, scrive alla figlia non solo per accompagnarne la rinascita, ma anche per raccontare a tutti il miracolo che una giovinezza piena di fede può compiere. "Abbiamo bisogno di uomini e donne indomiti" scrive Socci.
In esclusiva su La Civiltà Cattolica il colloquio tra il Papa e i Superiori Generali
«Svegliate il mondo!»: l’appello di Papa Francesco ai religiosi.
In esclusiva su La Civiltà Cattolica il colloquio tra il Papa e l’Unione superiori generali
«Bisogna formare il cuore. Altrimenti formiamo piccoli mostri. E poi questi piccoli mostri formano il popolo di Dio. Questo mi fa venire davvero la pelle d’oca»: è uno dei passaggi più forti della conversazione tra Papa Francesco e l’Unione superiori generali. Quello che il 29 novembre doveva essere un breve saluto si è trasformato in dialogo durato circa tre ore. Lo scambio improvvisato di domande e di risposte sui nodi e le sfide che oggi la vita religiosa, e l’intera Chiesa, si trovano ad affrontare viene raccontato da La Civiltà Cattolica nel numero che esce oggi alle ore 15.
Padre Antonio Spadaro, direttore della rivista della Compagnia di Gesù, su loro richiesta, era seduto tra i 120 superiori generali ricevuti da Francesco. In 15 pagine ha registrato la loro conversazione e adesso la riporta al’interno di una cronaca commentata dell’incontro, che è stata rivista dal Papa prima della sua pubblicazione.
Tra i tanti temi trattati: la complessità della vita, fatta di grazia e di peccato; l’essere profeti nel nostro mondo, la fraternità, la denuncia della “tratta delle novizie” e di atteggiamenti quali ipocrisia e fondamentalismo, l’elogio della grande decisione di Benedetto XVI nell’affrontare i casi di abuso, l’importanza dei carismi, le sfide più urgenti, il rapporto tra i religiosi e i vescovi, la necessità della tenerezza, di sapere «accarezzare i conflitti», e di una scossa capace di svegliare il nostro mondo intorpidito.
Il tema toccato all’inizio della conversazione è stato l’identità e la missione dei religiosi. «La radicalità evangelica non è solamente dei religiosi: è richiesta a tutti», dice il Papa. Eppure «i religiosi seguono il Signore in maniera speciale, in modo profetico. Io mi attendo da voi questa testimonianza. I religiosi devono essere uomini e donne capaci di svegliare il mondo». Papa Francesco non chiede ai religiosi di essere supereroi, ma testimoni: “La vita è complessa, è fatta di grazia e di peccato. Se uno non pecca, non è uomo. Un religioso che si riconosce debole e peccatore non contraddice la testimonianza che è chiamato a dare, ma anzi la rafforza».
Per spiegare quale atteggiamento chieda ai religiosi Francesco fa riferimento alla sua esperienza di gesuita: «Per capire ci dobbiamo “scollocare”, vedere la realtà da più punti di vista differenti. Dobbiamo abituarci a pensare». Ricordando una lettera del padre Pedro Arrupe, ribadisce che il religioso deve «conoscere davvero la realtà e il vissuto della gente. Se questo non avviene, allora ecco che si corre il rischio di essere astratti ideologi o fondamentalisti, e questo non è sano».
Il Papa si sofferma sul caso concreto dell’apostolato giovanile: «Chi lavora con i giovani non può fermarsi a dire cose troppo ordinate e strutturate come un trattato, perché queste cose scivolano addosso ai ragazzi. C’è bisogno di un nuovo linguaggio».
La priorità della vita consacrata, dice il Papa, è «la profezia del Regno, che non è negoziabile». La vera tentazione semmai è quella di «giocare a fare i profeti senza esserlo». Alla domanda sulla fedeltà al carisma nei tempi che cambiano Bergoglio richiama l’importanza di essere creativi, di «cercare sempre nuovi cammini» perché il carisma non diventi sterile.
Riguardo alle vocazioni in crescita nelle Chiese giovani e all’inculturazione dei carismi Francesco, dopo aver ribadito la denuncia sulla «tratta delle novizie», aggiunge: «Il carisma non è una bottiglia di acqua distillata. Bisogna viverlo con energia, rileggendolo anche culturalmente. Ma così c’è il rischio di sbagliare, direte, di commettere errori. È rischioso. Certo, certo: faremo sempre degli errori, non ci sono dubbi. Ma questo non deve frenarci». Una strada da intraprendere: la necessità di introdurre nel governo centrale degli ordini e delle Congregazioni «persone di varie culture, che esprimano modi diversi di vivere il carisma».
Francesco ha anche annunciato di aver chiesto alla competente Congregazione di riprendere in mano un paio documenti: il primo riguarda la vocazione dei fratelli e, più in generale, dei religiosi che non sono sacerdoti. Il Papa ha rilevato che non si è sviluppata una consapevolezza adeguata di questa vocazione specifica, e ha fatto riferimento a un documento che non è mai apparso, e che forse andrebbe ripreso per portarlo a compimento. Il secondo documento citato, del quale è in corso una revisione, è Mutuae relationes sul rapporto tra vescovi e religiosi nelle Chiese locali: «Noi vescovi dobbiamo capire che le persone consacrate non sono materiale di aiuto, ma sono carismi che arricchiscono le diocesi».
Ampio spazio nel dibattito è dedicato al tema della formazione e alle sue priorità: «Il fantasma da combattere è l’immagine della vita religiosa come rifugio e consolazione davanti a un mondo esterno difficile e complesso».
Ancora una volta Francesco mette in guardia dall’ipocrisia e dal clericalismo che possono minare già gli anni del noviziato: «Non si risolvono i problemi semplicemente proibendo di fare questo o quello. Serve tanto dialogo, tanto confronto». L’ipocrisia, frutto del clericalismo, «è uno dei mali più terribili». Ha inoltre elogiato la grande decisione di Benedetto XVI nell’affrontare i casi di abuso.
La formazione inoltre deve essere orientata non solamente alla crescita personale, ma alla sua prospettiva finale: il popolo di Dio, coloro ai quali saranno inviati: «Pensiamo a quei religiosi quei religiosi che hanno il cuore acido come l’aceto non sono fatti per il popolo. Insomma: non dobbiamo formare amministratori, gestori, ma padri, fratelli, compagni di cammino».
Una delle domande più pressanti fatte dai superiori è stata sulla vita fraterna dei religiosi e sul rischio di individualismo che si annida nelle comunità. «A volte è difficile vivere la fraternità, ma se non la si vive non si è fecondi». Anche il lavoro «apostolico» per il Papa può diventare una fuga dalla vita fraterna, e «se una persona non riesce a vivere la fraternità, non può vivere la vita religiosa». Il conflitto è inevitabile, ma «va assunto: non deve essere ignorato. Se coperto, esso crea una pressione e poi esplode». Papa Bergoglio, da religioso, conosce molto bene i limiti che attraversano la vita della comunità: «A volte siamo molto crudeli. Viviamo la tentazione comune di criticare per soddisfazione personale o per provocare un vantaggio personale. A volte le crisi della fraternità sono dovute a fragilità della personalità, e in questo caso è necessario richiedere l’aiuto di un professionista, di uno psicologo. Non bisogna avere paura di questo, non si deve temere di cadere necessariamente nello psicologismo. Ma mai, mai dobbiamo agire come gestori davanti al conflitto di un fratello. Dobbiamo coinvolgere il cuore». Il Papa chiede di saper «accarezzare i conflitti», vivendo come San Giuseppe, una «tenerezza eucaristica».
Infine Papa Francesco spiega cose intende per «frontiere» dell’evangelizzazione: restano quelle geografiche, ma ci sono anche «quelle simboliche sulla base dei carismi». Come priorità indica le realtà di esclusione, «dove vanno inviate le persone migliori, le più dotate»; la frontiera «culturale e quella educativa nella scuola e nell’università», ribadendo che il compito educativo è una missione «chiave, chiave, chiave!», che richiede di annunciare Cristo anche affrontando situazioni familiari inedite o complesse.
Con questo nuovo volume della collana "Le parole di Papa Francesco" la Libreria Editrice Vaticana prosegue la pubblicazione dei discorsi e delle omelie del nuovo pontefice. In particolare vengono qui raccolti i discorsi pronunciati dal Papa a partire dal suo ritorno dal viaggio a Rio De Janeiro, per la Giornata Mondiale della Gioventù, fino all'Angelus della prima domenica di Avvento.
"In questo mio primo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, desidero rivolgere a tutti, singoli e popoli, l'augurio di un'esistenza colma di gioia e di speranza. Nel cuore di ogni uomo e di ogni donna alberga, infatti, il desiderio di una vita piena, alla quale appartiene un anelito insopprimibile alla fraternità, che sospinge verso la comunione con gli altri, nei quali troviamo non nemici o concorrenti, ma fratelli da accogliere ed abbracciare."
Questo libretto ci regala luoghi ed esperienze in cui possiamo trovare protezione.
Questo libretto aiuta chi aspira a trovare quiete nel mezzo del turbinio" della vita. "
Fisionomia e finalità delle istituzioni accademiche cristiane. Pillay, Rettore della Liverpool Hope University attingendo alla sua esperienza delinea con vivacità, la concezione di università cristiana nel pensiero di Newmann. Promotore e primo rettore dell'Università Cattolica di Dublino, John Henry Newman (1801-1890), con il suo pensiero sulla natura dell'istituzione accademica cristiana e sul concetto di "educazione liberale" che vi si deve impartire, determinò buona parte dello sviluppo delle Università Cattoliche nei decenni successivi. Nel suo pensiero il fine di una istituzione accademica cristiana è: formare personalità mature, frutto di un percorso formativo che coniuga responsabilità civica e un profondo senso di giustizia sociale. Mentre alcune università possono prefiggersi esclusivamente il compito di produrre specialisti nei diversi campi e ritengono che il loro ruolo principale consista nell'educare alla competenza nelle varie discipline, la fondazione cristiana ha tra le sue finalità quella di dare un contributo al progresso umano e culturale della società.