
Nel 1976, una giovane studentessa di ingegneria di Princeton è a Madrid in vacanza. Legge “La biblioteca di Babele” di Jorge Luis Borges e ha un’illuminazione. Immagina quegli scaffali sterminati e si immedesima nel destino del bibliotecario che si aggira disperato alla ricerca del libro dei libri, quello che contiene le risposte ai misteri fondamentali della vita. Prima di lei, John Maynard Smith aveva fantasticato sull’esistenza di un’analoga libreria: piena non di libri, ma di proteine. Più di recente, alcuni biologi hanno ricostruito lo spazio combinatorio ideale – il morfospazio – di tutti gli animali e di tutte le piante possibili.
Ma qual è il senso, per la scienza, di immaginare mondi che non esistono per spiegare la realtà? Perché il morfospazio degli animali è pieno di zone vuote? Dopo più di 40 anni di tenaci ricerche e di disavventure, quella giovane lettrice, Frances Arnold, svelerà l’enigma e scoprirà forme e combinazioni che l’evoluzione non aveva ancora esplorato. Un viaggio appassionante, da Madrid a Stoccolma.
Intrecciando scienza, filosofia e letteratura, tra Borges e Italo Calvino, Telmo Pievani ci guida attraverso Babele per mostrarci quanto è vasto e sconosciuto il mondo del possibile che non si è ancora realizzato.
Che cosa sono io? A questa domanda inaggirabile cerca di rispondere da sempre l’antropologia filosofica, che si caratterizza per una vocazione all’universale: ambisce a dire dell’uomo qualcosa che non possa essere smentito, a prescindere dal tempo e dallo spazio. Da ciò scaturisce la tensione al trascendentale: l’essere umano è essenzialmente pensiero trascendentale e la dignità umana può essere affermata e custodita soltanto se l’infinito che ci definisce riesce a essere stabilmente riconosciuto. Attorno a questo argomento fondamentale si sviluppa il volume, allo scopo di sondarne la verità e di mostrare alcune delle implicazioni etiche che investono la dimensione ultima dell’umano.
Paolo Bettineschi insegna Filosofia morale, Antropologia filosofica e Bioetica presso l’Università degli Studi di Messina. Per Morcelliana ha pubblicato L’oggetto buono dell’Io. Etica e filosofia delle relazioni oggettuali (2022 2ed.); Tecnica, capitalismo, giustizia. Dieci lezioni su Severino (2022); Etica del riparare (2021).
Per quanto tu possa andare per deserti, per quanto tu possa perderti o fallire, c'è sempre una dimensione autentica e vera ad aspettarti. Puoi credere di essere solo, e al freddo, invece non lo sai ma c'è un abbraccio per te. Questa presenza di eternità nel mondo, questa promessa di compimento, si trova nell'eucarestia, in due brevi studi qui raccolti insieme.
Il male è comune, capillare, "umile", si insinua dappertutto, cambia aspetto nelle sue continue metamorfosi. Vuole essere allettante, sapendo di correre il rischio della illiceità. Questa triste verità devono aver trovato i prigionieri, in prossimità dei cancelli dei campi di concentramento, come ad Auschwitz, dopo lunghi viaggi sui vagoni piombati che li avrebbe accompagnati alla morte. Ma lo si nota pure negli ultimi giorni della guerra mondiale, quando i nazisti, sapendo dell'arrivo dei liberatori, si affrettarono a cancellare i segni della violenza dei lager, facendo saltare in aria le camere a gas e i forni crematori. Non si dovevano lasciare le tracce troppo compromettenti dei crimini commessi, L'operazione di rimozione era stata meditata da tempo. Il male tocca l'abisso poiché può contare su una buona dose di ignoranza e di prepotenza. Tutto ciò è voluto perfidamente. Il male è questo continuo, e seducente, allontanarsi dall'umano, che deve essere - e può essere - combattuto dal rispetto per l'altro, dalla riduzione del proprio egoismo a vantaggio dell'espansione amichevole e fraterna fra gli esseri umani.
La domanda sulle origini è ampia e profonda al contempo: affascina certamente, e talvolta spaventa per la sua radicalità. Questo volume intende affrontare la domanda sulle origini in maniera interdisciplinare, grazie a contributi di esperti provenienti da discipline quali: la matematica, la fisica, l'astronomia, l'ingegneria, la chimica, la storia delle religioni e la storia della scienza, la biologia, la filosofia e la teologia. Il volume ripercorre "per iscritto" il percorso interdisciplinare svolto lungo un triennio (quello 2020-2023, intitolato proprio come il presente volume) dei seminari della Scuola Internazionale Superiore per la Ricerca Interdisciplinare (SISRI), dedicata a giovani laureati, studiosi e professionisti, e promossa dal Centro di Ricerca DISF della Pontificia Università della Santa Croce, di Roma. Il lettore troverà, nell'insieme dei contributi che segue, un esempio concreto del modo in cui la SISRI affronta le grandi domande che, in fin dei conti, interpellano tutti: studenti e studiosi, intellettuali e scienziati, professionisti e docenti di scuola, persone che lavorano nelle istituzioni, chiunque rifletta sul proprio stare al mondo.
Com’è possibile che il cristianesimo sia davvero una religione universale? Quali sono i processi e gli stili dell’evangelizzazione? In modo pionieristico e profetico, nell’immediato secondo dopoguerra, il teologo parigino Jean Daniélou traccia in questo saggio orizzonti e criteri che mantengono intatta la loro attualità. Incarnazione e redenzione, Pentecoste e Parusia, storia e mistero e altre tensioni generative che innervano la storia della salvezza vengono esplorate con il piglio dell’intellettuale e con l’ardore del missionario. Una raccolta di meditazioni nate all’interno dell’esperienza del Circolo san Giovanni Battista, di cui Daniélou fu instancabile animatore per decenni. L’affresco di una teologia della missione che già all’epoca delineava il nascente volto di un cristianesimo in India, in Cina, in dialogo con religioni e culture mondiali.
Jean Daniélou (1905-1974), cardinale francese, è stato tra i maggiori teologi del Novecento. Nel catalogo Morcelliana ricordiamo, di Daniélou, Il mistero dell’avvento, I Vangeli dell’infanzia, Saggio sul mistero della storia e, di G. Pasquale, Jean Daniélou.
«Siccome l’importanza della Sacra Scrittura è di essere per gli uomini un interprete del divino e la sua esigenza è di voler insegnare al credente tutto dall’inizio, è ovvio che i suoi termini ed espressioni risuonino ripetutamente nei luoghi sacri. Ma pure nei discorsi quotidiani e profani si ode talvolta un’espressione biblica che dal sacro si è smarrita nel mondo – smarrita perché il modo in cui viene usata mostra a sufficienza che non ha lasciato volontariamente casa sua, bensì che è stata rapita. Chi la impiega non è commosso dall’espressione biblica, non risale indietro col pensiero per trovare il suo luogo serio nel contesto sacro, non atterrisce all’idea che è un sacrilegio usare in questo modo l’espressione anche se l’uso, lungi dall’essere un’impudenza, è agli occhi degli uomini soltanto una leggerezza perdonabile». Questo incipit di uno dei discorsi edificanti vale anche per gli altri diciassette pubblicati da Soren Kierkegaard a suo nome tra il 1843 e il 1844 – qui per la prima volta tutti tradotti in italiano –; e ancor più vale quanto posto in premessa a spiegazione del titolo: «Discorsi, non prediche, poiché il suo autore non ha autorità per predicare; Discorsi edificanti, non discorsi di edificazione, poiché il parlante non presume affatto di essere maestro». Con questo spirito Kierkegaard, il quale si era prefisso nella vita «una cosa sola, rendere attenti alla dimensione cristiana», li compose in controcanto alle contemporanee opere pseudonime – le celebri Enten - Eller, Timore e tremore, Il concetto di angoscia, per citarne alcune –, che vengono così illuminate di luce nuova.
«Quale bellezza salverà il mondo?», si chiede Dostoevskij nell'Idiota. Attraversando la storia dell'estetica dalla sua concezione antica e testimoniandola nella nostra contemporaneità questo libro giunge alle conclusioni che furono di Charles Moeller in Saggezza greca e paradosso cristiano: la bellezza dell'arte su questa Terra è superata dalla bellezza dei santi, quindi dell'uomo, che di Dio è immagine. «La gloria di Dio è l'uomo vivente», aveva affermato prima di lui icasticamente sant'Ireneo. Il percorso del volume investe i campi artistici letterario, figurativo e quello filosofico sorpresi sotto la luce portata dall'avvenimento cristiano.
I testi qui per la prima volta raccolti rientrano nell'ampia ricerca che Ricoeur svolge su questioni di filosofia politica, dove la disamina del concetto di tolleranza (e dei suoi opposti) è condotta secondo la dialettica dell'et et: mostrare affinità e differenze tra i concetti e gli slittamenti di significato nei diversi piani del discorso. La tolleranza ha tre giustificazioni - politico-giuridica, culturale e teologica - e nasce come contingenza propria dell'età moderna, per poi diventare condizione di possibilità di una vita giusta. Nell'età post-moderna l'esito inatteso: la tolleranza rischia di scivolare nell'indifferenza. Di qui l'intollerabile, «ultimo rifugio di tolleranza pensata e voluta», paradossalmente esso stesso intollerante quando si erga a giustiziere dell'immoralità degli altri. La stessa indignazione necessita quindi di prudenza e mitezza: è un invito all'etica di compromessi ragionevoli. La tolleranza, in tal senso, resta una virtù incompiuta, un compito senza fine.
Il volume ripropone nella nostra lingua, in edizione critica appoggiata sui manoscritti originali, due saggi brevi del conte Joseph de Maistre (1753-1821). Lo scrittore savoiardo, diplomatico al servizio del re di Sardegna, ha vissuto integralmente il periodo rivoluzionario e napoleonico di cui è testimone diretto. Dallo stile letterario asciutto e pregnante, è uno dei capostipiti della scuola di pensiero cattolica controrivoluzionaria. Il suo testo più noto è Considerazioni sulla Francia, del 1796, che apre il grande filone della critica alla Rivoluzione francese. Il primo saggio del volume, del 1798, è dedicato a una analisi religiosa e politica del protestantesimo; il secondo, del 1794 circa, alla messa a fuoco della nozione di "stato di natura" non poco distorta dal naturalismo filosofico sei-settecentesco, in particolare dagli illuministi e da Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), sul quale ultimo la critica demestriana è non poco contundente.
Che cos'è la persona? Cos'è la coscienza? Esiste l'anima? Siamo eterni o la morte segna la fine della nostra esistenza? Un saggio filosofico sulla metafisica della persona a partire dal problema degli universali, la questione dei particolari concreti, la persistenza delle entità nel tempo e il problema dell'identità. Tutte questioni che includono la domanda su cosa sia una persona e cosa garantisca la sua persistenza nel tempo. Il libro accende poi un faro sulle principali teorie relative all'identità personale, vale a dire: la visione biologica, la visione psicologica, la visione costituzionale, la visione ilemorfica e altre posizioni importanti nel dibattito contemporaneo.
Franz Kafka è uno degli autori più citati, più complessi da circoscrivere e più straordinari del '900. Le sue narrazioni più famose, dalla Metamorfosi al Processo, però non lo racchiudono pienamente. C'è tutto un mondo aforistico, poco noto, che lo propone anche come uno dei filosofi più profondi e meno sistematici che si possano immaginare. Ogni sua parola è, in qualche modo, l'inizio di un percorso e, attraverso le parole, egli ci incita a metterci sulle sue stesse tracce, per sfuggire al labirinto del quale ci sentiamo prigionieri. C'è un minotauro ad attenderci? O c'è Dio stesso, in qualche sua forma, accogliente o terribile? Kafka non può svelarlo, ma sa di potersi e poterci avvicinare alla risoluzione dell'enigma dell'esistenza, là dove ciò che non si vede è però sempre presente. Una raccolta sorprendente, dedicata a tutti quelli che non hanno mai finito di cercare.

