
I capitoli di questo volume costituiscono il fondamento dell'etica ambientale contemporanea come ambito nuovo e autonomo dell'indagine filosofica. Rivoluzionando l'orizzonte morale dominante, la proposta biocentrica di Paul W. Taylor, qui per la prima volta presentata al lettore italiano, invita ad accantonare l'antropocentrismo che a lungo ha prevalso nel pensiero occidentale, per estendere i confini dell'etica a tutte le forme di vita. Il bene dell'essere umano non ha valore maggiore di quello di altre creature e ciascun essere vivente, indipendentemente dalla specie a cui appartiene, merita di essere oggetto di considerazione morale e dunque di rispetto. Quest'etica incentrata sulla vita impone di ripensare alla radice la relazione tra l'uomo e l'ambiente. In un'epoca in cui la crisi ecologica è divenuta parte irrinunciabile della coscienza collettiva e del dibattito pubblico e la distruzione di interi ecosistemi minaccia le condizioni di possibilità della stessa vita umana, l'atteggiamento di rispetto per la natura delineato da Taylor si rivela non solo giusto, ma più che mai necessario.
Spirito indipendente e originale, Edgar Morin conserva un gusto e un piacere intatti per le cose della vita e gli oggetti del pensiero. Dall'eleganza del volo di una rondine all'umanesimo di Montaigne, dalla missione dell'intellettuale alla lotta delle donne iraniane, niente di ciò che è umano gli è estraneo. In questo insieme appassionante di testi personali, letterari, storici e filosofici, Edgar Morin sfrutta il suo immenso sapere, accumulato in un secolo di vita, per interrogare la complessità del reale e pensare il futuro della nostra società.
La storia e e l'eternità si passano accanto nell'incontro tra Pilato e e Gesù e nella domanda sospesa che dà il titolo all'edizione: Che cos è la verità?.
Nei racconti di due maestri del Novecento, Bulgakov e France, qui proposti con la prefazione Maurizio Botta, la grande storia di quest'incontro parla come mai prima al cuore dell'uomo moderno, ponendo domande fondamentali sulla giustizia e sul potere, sull'amore e sulla fede.
Uno dei problemi principali affrontati nel corso dei secoli dai filosofi politici è la differenza tra l'agire politico e l'agire in modo moralmente giusto. Per la filosofia politica contemporanea la giustizia globale è il principale rompicapo da risolvere, e il compito dei filosofi politici coincide con l'elaborazione di una teoria che tenga insieme le diverse esigenze. È un dovere tanto ineludibile quanto difficile. Serve una teoria che risponda alla domanda a proposito del 'mondo giusto' e che si misuri con l'ingiustizia della terra. Salvatore Veca, che è stato uno dei maggiori filosofi politici contemporanei, con questo libro ci offre una guida alla filosofia politica contemporanea.
Questo volume si presenta come una summa del pensiero di Alasdair MacIntyre. Il punto di partenza della riflessione etica è la situazione pratica del soggetto agente, nella quale si rivela la direzionalità verso un fine ultimo, un telos che si incarna parzialmente nell'esercizio delle virtù morali e razionali ed è comprensibile solo narrativamente. A un'analisi fenomenologica più approfondita l'esercizio delle virtù appare come attuazione della legge naturale. Tale esercizio tuttavia si rivela impossibile senza il possesso di un bene comune fondamentale, quello dell'amicizia, la quale fornisce all'agente quella distanza dai propri desideri necessaria per ordinare i beni nelle situazioni particolari. Il desiderio, in altri termini, non è un dato positivo immodificabile ma, in quanto proprium del soggetto, ne rivela l'intima natura appetitiva (e quindi teleologica) e razionale. Un proprium paradossale in quanto necessita dell'altro per potersi determinare in modo non reificante.
Le "Profezie dei filosofi pagani su Cristo" sono una raccolta anonima di scritti siriaci, risalente alla fine del sesto secolo o agli inizi del settimo. Si compone di ventidue profezie attribuite a filosofi della tradizione greca e di sette estratti provenienti dal profeta Baba di Harran, città siriaca di rilevanza non secondaria, oggi in Turchia. Le ventidue profezie sono dedicate alla Trinità; quelle tratte dall'opera di Baba vertono sul riconoscimento dell'apparizione del fuoco celeste (Cristo) sulla terra e sulla sorte di Harran. Agli abitanti della città si rivolge la raccolta, animata dall'intento esplicito di indurre i non cristiani alla conversione. Il legame intrinseco con Harran, centro urbano all'incrocio di vie carovaniere e sede di culti e tradizioni diverse, rende la raccolta di particolare interesse per i contenuti sia culturali sia documentari.
All'interno della monumentale Kirchliche Dogmatik, interamente fondata sull'evento della rivelazione di Dio in Gesù Cristo, Karl Barth discute il problema del tempo. Ritrattando quanto affermato nel commentario alla lettera ai Romani di san Paolo del 1922, il teologo vi afferma che Dio si rivela nella temporalità. La rivelazione non è un evento puntuale, come in precedenza suggeriva la metafora della retta tangente il cerchio, ma un vero e proprio tempo, dotato di un passato (il tempo dell'attesa) e di un futuro (il tempo del ricordo). La rivelazione è l'eterno presente di Cristo, già presente nella sua sospensione veterotestamentaria e ancor presente nel suo ricordo apostolico. Di più, il tempo della rivelazione è il tempo che Dio dona all'uomo; il tempo compiuto, che assume in sé e rigenera il tempo decaduto dell'uomo. Ne segue che il nostro tempo malato, corrotto ed esposto al nulla è stato guarito e superato dal tempo che Dio ci ha donato in Cristo. Ciò spiega anche lo scandalo della rivelazione per gli uomini, che non vogliono rinunciare al proprio tempo.
È da un inciampo che il filosofo Maurizio Ferraris parte per ragionare attorno all'esistenza, alla stratificazione di esperienze e memorie che sono il modo in cui ciascuno di noi impara a vivere. Vivere, sopravvivere, previvere, convivere sono le stazioni attraverso cui questo libro ci fa passare per riflettere su un mélange di argomenti che ruotano attorno alla vita e a come si possa imparare a vivere. Se lo spunto è una battuta d'arresto accidentale, capillare, profonda e non casuale è la considerazione della propria intera esistenza, della piega che ha preso nel tempo. Nel momento in cui ci si ferma, la galassia di sentimenti e risentimenti che emergono è fatta dalla memoria delle cose vissute nel passato, nel proprio intimo, attraverso gli altri, intrecciata alle cose apprese anche attraverso la vita scritta, i libri, la letteratura. Da Montaigne a Heidegger, da Nietzsche a Derrida, da Proust a Yourcenar, da Fitzgerald a Hemingway: tutto questo e altro ancora è precipitato in questo libro unico, emozionante e ricco di riflessioni.
In un'epoca sempre più votata alla robotizzazione della vita, elogiare l'inconscio è un atto di resistenza. Invenzione di Freud - secondo la radicale lettura di Massimo Recalcati -, l'inconscio è infatti il luogo in cui il desiderio del soggetto si manifesta nella sua irriducibile singolarità, ritagliando costantemente uno spazio creativo, eccentrico, anomalo che nessuna pianificazione educativa può addomesticare. L'inconscio non smette di destabilizzare il conformismo sociale, l'uniforme imposta da quel che Jacques Lacan chiamava il «discorso del capitalista». È l'unico vero antidoto alla concezione dell'uomo come macchina e al culto narcisistico dell'io-padrone. Riconoscere l'esistenza del soggetto dell'inconscio significa anche mettere in scacco l'ideale prestazionale di un'identità forte, deporre ogni forma di fanatismo o dogmatismo totalitario e «sviluppare, come si direbbe in politica, una democrazia interna più vitale e più interessante, dove i confini siano in grado di garantire transiti e incontri sorprendenti». Con questo elogio, oggi ripubblicato in versione aggiornata e con una nuova Introduzione, Recalcati ci ricorda che non esiste un modello uguale per tutti cui dovremmo conformare le nostre vite. «Non cedere sul proprio desiderio», come insegnava Lacan, è piuttosto un dovere etico che impegna ciascuno di noi, singolarmente, in una responsabilità radicale. A volte, persino quella di fare amicizia con il nostro peggio.
In questo dizionarietto, dalla particolare struttura tematica, la filosofia si confronta con i saperi e con le pratiche educative. Le quaranta voci sono raccolte in tre parti. La prima seleziona alcune linee del dibattito recente sull'educazione, individuando dieci approcci pedagogici (da quelli basati su capacità, complessità, dialogo alla prospettiva fenomenologica, della liberazione, pragmatista...) definiti "sistemi di cattura", perché intendono fare presa su soggetti, nella consapevolezza che qualcosa sfugga sempre, resti inafferrabile. La seconda parte ("Le maglie della rete") presenta una serie di coppie di termini - da "Affezione/Azione" a "Violenza/Potere" - per mettere in evidenza il particolare tipo di rapporto che li lega e la tensione che nasce dal loro accostamento. L'ultima parte ("Quel che non si lascia acchiappare") è dedicata a parole che indicano questioni fondamentali nel dibattito educativo - da "Alterità" a "Scarto". Termini aperti, che ci restituiscono il senso dell'azione educativa, costretta ad occuparsi di quello che non si lascia definire, ridurre, uniformare.
Cosa accade quando il metodo fenomenologico viene applicato nell'ambito del religioso? Il libro parte da alcuni problemi classici della filosofia della religione e impiega lo strumento della fenomenologia per trattarli in maniera feconda e farne emergere la rilevanza per il pensiero contemporaneo. Tali questioni sono espresse in sette "parole chiave" che danno il titolo ai capitoli. Si parte dal termine sacro, attorno all'esperienza del quale si costituisce fin dal suo sorgere la comprensione della religione, per poi passare all'espressione totalmente altro, che del sacro è una delle definizioni più fortunate. E si prosegue con miracolo, felix culpa, dialogo per poi esaminare la situazione del religioso nell'epoca del nichilismo, dal quale si origina la riflessione su vanità e sovrapposizione. Un alfabeto per pensare la religione oggi.