
L'idea di "stato sociale" è una delle più controverse nella storia del pensiero politico contemporaneo. Il motivo dell'intervento dello stato nella vita economica, con scopi di consolidamento politico e di riequilibrio sociale, è stato oggetto di accese polemiche ideali fin dal suo affacciarsi, fra Sette e Ottocento, come possibile cura della povertà. Lo scontro tra fautori e oppositori delle politiche sociali si è poi ripresentato a proposito del formarsi dello stato sociale come strumento di integrazione del proletariato negli stati nazionali e come risposta ai diritti sociali connessi con la cittadinanza. E continua oggi, come riflesso culturale della crisi del Welfare e dell'offensiva ideologica neoliberista. Questo primo volume (dei due in cui l'opera è articolata) riattraversa i momenti più importanti della disputa nel secolo XIX, evocando temi come la formazione della cultura liberale e il suo confronto con la questione sociale, le varie ipotesi di protezione delle classi subalterne, le discussioni intorno all'emergere dei diritti sociali.
Adriano Ossicini offre in queste pagine una meditata riflessione sulla sua lunga esperienza politica e culturale. Il suo itinerario prende le mosse negli anni in cui il regime fascista cominciava a conoscere il suo lento, ma inesorabile declino. Egli matura, quindi, le sue scelte nel confronto con gli eventi del suo tempo, ma anche nel confronto con personalità di grande rilievo culturale, quali furono, fra gli altri, Giovanni Gentile, Guido Calogero e Don Giuseppe De Luca. Da Calogero, in particolare, egli sembra trovare conferma ai suoi orientamenti, all'idea che la laicità non sia "mancanza di fede, ma il modo di vivere una fede, un orientamento filosofico o ideale in termini non integralistici". La testimonianza ed il percorso politico documentati in queste pagine implicano, anche, un rifiuto delle ideologie, che l'autore interpreta come integralismi e come antitesi all'idea di laicità e di libertà. Egli conclude il suo itinerario sottolineando che la motivazione cristiana a fare politica mantiene ancora oggi un ruolo importante, perché legata ad una grande tradizione filosofica e politica, che si colloca al di sopra dei partiti.
Un esame dettagliato dei sistemi di scoring utilizzati per l'analisi delle storie prodotte al Thematic Apperception Test (TAT) rivela la natura intrinsecamente sociale dei suoi stimoli. La Social Cognition and Object Relations Scale è il sistema di scoring proposto da Drew Westen (1985) per la valutazione delle relazioni oggettuali e delle rappresentazioni sociali attraverso l'analisi delle storie TAT. La costruzione della SCORS può essere letta come il risultato dell'integrazione delle tendenze più attuali della psicoanalisi e della ricerca in psicologia. Essa nasce, infatti, da quello sforzo prezioso, ma non esente da rischi, che vede clinici e ricercatori impegnati nell'integrazione dei loro modelli. Con l'avvento della SCORS, l'utilità del TAT sembra dunque riemergere dopo essere stata sepolta sotto un gran numero di sistemi di scoring diversi, spesso ciechi di fronte alle originarie istruzioni del test e alle caratteristiche uniche del suo materiale-stimolo.
Rivoluzione, comunismo, utopia, tragedia, ma anche risate e satira. Dopo l'umorismo ebraico, Moni Ovadia racconta la grande epopea comunista attingendo al tesoro della diceria popolare, della canzonatura, dell'aneddoto, della storiella autodelatoria. La gigantesca macchina della retorica di regime mostra qui il suo volto irrimediabilmente patetico di fronte alla scheletrica guizzante intelligenza del motto di spirito.
Gli ebrei europei sanno che la Shoàh fu frutto della cultura di destra, razzista e nazionalista. Le cose si sono però modificate e complicate col tempo. Continua a esistere, drammatico, un antisemitismo di destra, ma è tornato in superficie anche un antisemitismo di sinistra, sul quale si sono innestati nuovi temi germogliati da vecchie radici, mai del tutto estirpate. Per capire quale linguaggio si carica di elementi di antisemitismo bisogna conoscere un po' di storia. Cosi come bisogna saper leggere il passato per capire le ragioni che ne hanno diffuso l'ombra anche tra chi è al di sopra di ogni sospetto. In cento pagine, Luzzatto Voghera affronta un tema di altissima complessità con un linguaggio limpido e appassionato.
La sacralizzazione della politica accade ogni volta che un'entità politica la nazione, la democrazia, lo Stato, la razza, la classe, il partito, il movimento - è trasformata in una entità sacra, in un oggetto di devozione e di culto, ed è collocata al centro di un sistema di credenze, di simboli e di riti. Nascono allora le religioni della politica, che non si identificano con un unico tipo di ideologia e di regime: esse possono sacralizzare la democrazia o l'autocrazia, l'eguaglianza o la disuguaglianza, la nazione o l'umanità.
Da sempre la storia millenaria e la profonda spiritualità dell'India trovano in Europa e in Occidente un vasto movimento d'interesse: non altrettanto può dirsi della sua storia politico-istituzionale. Eppure, con la conquista dell'indipendenza (1947) e l'entrata in vigore (1952) di una costituzione democratica, proprio l'India si configura come la "democrazia più grande del mondo", nonostante le contraddizioni di una società multietnica, plurilinguistica e multireligiosa. Lo studio dell'ordinamento istituzionale indiano di oggi può offrire quindi un fondamentale contributo alla teoria democratica, evidenziando due aspetti di grande interesse: da un lato l'universalità dei valori democratici e la loro applicabilità ai contesti più disparati e apparentemente "incompatibili"; dall'altro la dimostrazione di come come la democrazia, lungi dal costituire un "monopolio dell'occidente", debba adattarsi ai contesti socioculturali dei popoli che, volontariamente, la scelgono.
Che cosa pensano e capiscono i bambini della pubblicità? Quanta ne vedono? Quali modelli sono rappresentati negli spot e come influenzano gli atteggiamenti e i comportamenti? Gli spot di giocattoli propongono immagini stereotipate di genere? Quelli di snack e merendine possono sollecitare comportamenti alimentari scorretti? Il volume risponde a queste domande approfondendo il problematico rapporto tra bambini e pubblicità nella società attuale e ponendo particolare attenzione al ruolo di mediazione della famiglia.
Quali e quante sono le trasformazioni del potere politico e sociale nella occidentale civiltà della produzione, dalla prima rivoluzione industriale fino alla recente stagione postindustriale? Si è forse vicini alla sostituzione della politica con una modalità manageriale e tecnocratica di guidare la società? Il volume, tentando un intreccio tra questi temi, ricostruisce le radici teoriche di impostazioni e fenomeni ricorrenti, precisando non solo le aree funzionali proprie della politica e dell'economia, ma soffermandosi sul ruolo della morale e della scienza nella determinazione delle scelte pubbliche.
Dipendenza: una parola inquietante, che evoca immagini e situazioni drammatiche, legate all'abuso degli stupefacenti. Ma se ci riflettiamo con attenzione, ci rendiamo facilmente conto che siamo dipendenti da tante cose, niente affatto negative: per esempio dall'aria, dall'acqua, dal cibo. Dunque è necessario distinguere tra la "dipendenza" intesa come la naturale attitudine del nostro organismo a mantenersi attivo e in forma, e l'effetto che alcune sostanze e alcune attività producono sul cervello, alterandone le risposte e inducendo comportamenti patologici. La scienza oggi definisce più correttamente addiction questa dipendenza "negativa" ed è in grado di tracciare con maggior precisione i contorni del problema: l'individuo dipendente non è vittima detta propria mancanza di volontà, ma soffre di una vera e propria malattia cronica, caratterizzata della perdita di controllo sull'uso delle sostanze e su determinati comportamenti. In questo volume, Maria Rita Parsi intervista Luigi Pulvirenti, uno dei più insigni studiosi mondiali di neurofarmacologia, sulle più scottanti tematiche legate al funzionamento del cervello: che cos'è il "cervello dipendente", cosa accade quando l'addiction non è causata da droghe ma da altre attività apparentemente innocue (il gioco d'azzardo, il cibo, l'attività fisica), come la scienza è in grado di aiutarci ad affrontare i problemi sociali e comportamentali connessi alta patologia dell'addiction.
Perché la filosofia, e più in generale l'attività intellettuale "ufficiale", sembra sempre meno capace di interpretare il nostro tempo? La nostra cultura è dominata da due diversi atteggiamenti, entrambi sbagliati: da una parte, c'è chi tende alla schematizzazione, col rischio di perdere la ricchezza del reale; dall'altro c'è la concretezza, l'attenzione al caso singolo, alla specificità di ogni situazione, col rischio di rinunciare a ogni possibilità di categorizzazione ma soprattutto col rischio di mitizzare l'autenticità. Il tao è il possibile strumento di mediazione fra questi due estremi. L'atteggiamento taoista è infatti un atteggiamento che privilegia la passività e la pazienza - l'una ci evita di sovrapporre alla realtà i nostri schemi interpretativi, annullandone la ricchezza, l'altra ci evita di cadere nel mito della felicità a buon mercato, dell'illuminazione subito, delle esperienze turistico-interiori della New Age ecc. ecc.