
Perché siamo come siamo, noi italiani? Perché ci piacciamo sempre di meno e cominciamo a trovarci antipatici? Che cosa è accaduto nella nostra storia nazionale, da Porta Pia alle Veline, che ha fatto di noi quello che siamo diventati: rissosi, astiosi, perennemente arrabbiati contro gli altri e sfacciatamente ipocriti, capaci di celebrare il Family Day un giorno e di tradire la stessa Family il giorno dopo? Vittorio Zucconi sceglie, fra i tanti possibili, dieci eventi chiave della storia d'Italia - dalla presa di Roma alla Grande Guerra, dal fascismo al boom economico, da Tangentopoli a Berlusconi, passando per la tv di Mike Bongiorno, i furgoncini Ape e la "gioiosa macchina da guerra" post comunista - in cerca di quel "cromosoma storto" che non ha permesso di "fare gli italiani". Sì, perché l'homo italicus, incline a denigrarsi con passione, ha ormai maturato la certezza di non possedere un vero carattere nazionale, ma un caratteraccio. Prendendo spunto da un ciclo di "lezioni americane" tenute agli studenti di una prestigiosa università del Vermont, il Middlebury College, Zucconi mette da parte, rispettosamente, Boccaccio e Cavour per rivisitare, con la sua ironia affettuosa tessuta di esperienze personali e con la coscienza di rivolgersi non ad accademici, ma a chi dello storia italiana sa molto poco (cioè quasi tutti), pregiudizi e cliché sul dramma pirandelliano degli italiani in cerca di se stessi.
"È un privilegio o una condanna scoprirsi americani? Il paese delle mille contraddizioni, la nazione del melting pot, dove la geografia, ignorata a scuola, s'impara grazie alle tante guerre combattute, dal lontano Vietnam all'attuale Iraq, è ancora la migliore democrazia del mondo? Gli americani sono convinti di aver sempre ragione, per definizione, semplicemente perché loro sono americani e tu no. Meno sanno del mondo e più lo vogliono cambiare a propria immagine e somiglianza. Ma forse il segreto dell'America sta nel suo essere una nazione eccitante, un paese che non ti annoia mai, dove ciò che sembrava certo ieri diventa assurdo domani. L'America ti inganna, ti tradisce, ti diverte. Vittorio Zucconi, da molti anni corrispondente per la Repubblica dagli Stati Uniti, compie un viaggio fra i riti e i tic di questo immenso paese: dal McDonald al poker in tv, dalle devastazioni dell'uragano Katrina alla mania di grandezza dei grattacieli, che resiste anche dopo la tragedia dell'11 settembre 2001".
Le nostre vite sono segnate da oggetti che restano impressi nella memoria, come a scandirla con visioni e suoni che sembrano rimasti lì, a fissarci per sempre. Vittorio Zucconi affronta questo viaggio nel ricordo e ricuce i momenti di una vita popolata da personaggi straordinari. Così anche gli oggetti si animano e animano la scrittura: ci sono il ticchettio della Lettera 22 paterna a cadenzare le insonnie infantili e il videoregistratore Betamax, frutto dimenticato di anonimi ingegneri della Sony, per sfuggire alla noia asfissiante dei plumbei inverni sovietici. Ci sono i dibattiti metafisici sulla piadina perfetta di Milano Marittima e l'aereo scalcagnato della campagna presidenziale di Bush, che sembrava a ogni momento sul punto di schiantarsi ma offriva in cambio un posto in prima fila nello spettacolo della democrazia. E poi c'è l'ossessione ricorrente, la ricerca "illusoria e passeggera" per eccellenza, quella del lato fresco del cuscino. E può essere un ricordo di bambino - le vacanze in Romagna, l'afa dell'Adriatico e i letti intrisi di sudore - o l'alba della liberazione di Kuwait City, mentre in un albergo rovente di Dammam si cercava solo di dormire per non pensare alla "madre di tutte le guerre". Un viaggio nella memoria, una ricerca archeologica che diventa il romanzo di una vita, con quel poco di nostalgia che tutti ci possiamo concedere, ma qui ammaestrata dall'ironia del giornalista di razza.
Napoleona Elisa Baciocchi, figlia di Elisa Bonaparte, era già da bambina una miniatura dello zio Imperatore: stessi lineamenti, stesso carattere collerico e prepotente. Cresciuta nell'assoluta fedeltà al mito napoleonico, nel 1830 si fece coinvolgere in un complotto ordito dai cugini Bonaparte, che mirava ad insediare il duca di Reichstadt (il figlio di Napoleone) a capo di un futuro Regno d'Italia. Di temperamento inquieto e insofferente, spesso preda della smania di viaggiare e fare "affari", Madame Napoléon ebbe una vita errabonda e ricca di vicissitudini e contraddizioni. Quando nel 1848 Luigi Napoleone Bonaparte venne eletto presidente della Repubblica francese, per poi divenire imperatore con il nome di Napoleone III, lo raggiunse a Parigi, ma la vita di corte del Secondo Impero si rivelò inadatta a lei. Si ritirò allora nel Morbihan, in Bretagna, dove si dedicò con fervore a dissodare quelle terre desolate, e dove morì nel 1869, amata e rimpianta dalle popolazioni locali di cui era diventata un punto di riferimento. Tra le donne di casa Bonaparte spesso autoritarie, ma intelligenti e attive - Napoleona fu certamente una delle figure più forti e stravaganti: questo studio ne tratteggia la complessità e l'ambivalenza del carattere, oscillante tra arroganza e insicurezza, tra inconcludenza ed entusiasmo, fedele fino in fondo alla sua famiglia e al suo destino.
Il mondo dello spiritismo, del millenarismo, dell'ufologia e di tanti movimenti pseudoreligiosi viene ignorato dalla ragione che lo bolla come "luogo della superstizione" ma sta conquistando porzioni sempre più ampie della società senza trovare troppi ostacoli, nemmeno da parte degli uomini di religione. In perfetto equilibrio tra l'approccio "scientifico" e la divulgazione, questo libro racchiude gli scritti apparsi su una rubrica settimanale pubblicata da "Vita Apuana", organo della Diocesi di Massa Carrara-Pontremoli, perché i suoi lettori potessero velocemente e precisamente capire cosa si intende quando si parla di esoterismo e spiritismo.
Questo non è un manuale, ma uno scritto composto da semplici riflessioni riferite a esperienze di vita reale, raccolte nell'attività di sportello d'ascolto in scuole dell'infanzia, primarie e secondarie e nell'attività clinica presso un centro di psicoterapia. Incontri fugaci ma sempre intensi e profondi, con genitori e insegnanti, qualche volta anche con bambini e adolescenti. Incontri che talora hanno fatto la differenza, trasformando quello che sembrava un groviglio complicato in un legame più saldo e sicuro. I quattro fili dell'educazione proposti in queste pagine vogliono aiutare chi sta svolgendo il difficile e meraviglioso compito di essere vicino a bambini e ragazzi in formazione. Sono fili colorati e distinti, che a volte si attorcigliano. Spesso ci può sembrare di perdere il bandolo della matassa, ma nel momento in cui riusciamo a ritrovarlo, scopriamo di essere genitori e insegnanti unici e insuperabili, proprio quelli che i nostri bambini e ragazzi ci chiedono di essere.
Cosa sono i settimanali diocesani? Quando sono nati? Dove si leggono oggi? Quale la loro funzione? A queste e a molte altre domande intende dare risposta il volume. I settimanali diocesani in Italia sono una realtà che edita circa 800mila copie complessive, per un numero di lettori attorno ai 2.400.000. Questo ponderoso volume si propone come una fotografia dei settimanali esistenti e delle loro diverse tipologie, ne ripercorre la storia, la difficile situazione che caratterizza il presente e poi si volge in avanti per rispondere all'interrogativo se ci sia un futuro per la stampa. "Questo libro non vuole essere l'ultima fotografia di gruppo dei giornali delle Chiese italiane. Lo scrivo per ridare speranza e rilanciare la stampa diocesana annota l'autore nell'introduzione -. Ma per non scomparire è necessaria una svolta". Il volume si articola in sei parti. La prima fa rivivere la storia dei settimanali cattolici, partendo dalla proclamazione dell'unità d'Italia nel 1861, citando tra l'altro alcuni passaggi dell'enciclica Etsi Nos di Leone XIII, datata 1882, con i quali il Pontefice intende dare impulso alla stampa cattolica per avversare l'onda liberale, con l'invito esplicito a fondare giornali anche quotidiani per contrastare le idee e le testate degli anticlericali. I settimanali diocesani sono poi protagonisti della vivace stagione editoriale d'inizio XX secolo, mentre attraversano grandi difficoltà durante il ventennio fascista...
Quando fu liberata, con l’arrivo degli Alleati, Liliana Segre aveva 14 anni e pesava 32 kg. Come abbia potuto sopravvivere nell’inferno di Auschwitz in quelle condizioni, non sa spiegarselo ancora oggi. Non è mai più ritornata ad Auschwitz.
Dopo tanti anni di voluto silenzio, Liliana ha deciso di testimoniare per una serie di ragioni private e universali insieme: il debito verso i suoi cari scomparsi ad Auschwitz; la fede nel valore della memoria, e nella necessità di tenerla viva per tutti coloro che verranno dopo. L’esperienza inumana del periodo di deportazione, non ha condizionato la sua volontà di essere una donna di pace e di perdono.
E racconta soprattutto per i giovani e per gli adulti che si occupano di giovani. Per tutti è importante conoscere ciò che successe allora e ricordare… perché simili aberrazioni della storia non si ripetano più.
Quando fu liberata, con l'arrivo degli Alleati, Liliana Segre aveva 14 anni e pesava 32 kg. Come abbia potuto sopravvivere nell'inferno di Auschwitz in quelle condizioni, non sa spiegarselo ancora oggi. Non è mai più ritornata ad Auschwitz. Dopo tanti anni di voluto silenzio, Liliana ha deciso di testimoniare per una serie di ragioni private e universali insieme: il debito verso i suoi cari scomparsi ad Auschwitz; la fede nel valore della memoria, e nella necessità di tenerla viva per tutti coloro che verranno dopo. L'esperienza inumana del periodo di deportazione, non ha condizionato la sua volontà di essere una donna di pace e di perdono. E racconta soprattutto per i giovani e per gli adulti che si occupano di giovani. Per tutti è importante conoscere ciò che successe allora e ricordare... perché simili aberrazioni della storia non si ripetano più.
Voci fuori dal coro, voci di donne. Caparbie, coraggiose anche quando fragili, capaci di restituirci un esempio di resistenza, di ottimismo, di speranza.
In un libro scritto tra reportage giornalistico, cronaca e profondo colloquio intimo, le protagoniste mettono a nudo la loro esperienza toccando i nodi più cruciali dei diritti femminili violati.
Hope, Agnèse, Patrizia e le altre ci parlano di subalternità di genere, di stupri di guerra, di maltrattamenti domestici, di traffico di bambine, di mutilazioni genitali, di morte sociale dopo un abuso sessuale. Ma raccontano anche e soprattutto di gesti eroici, piccoli o immensi, privati o ampiamente comunitari, compiuti da queste donne con un’ostinazione che rende i loro vissuti speciali e d’ispirazione per tutte coloro che non vogliono arrendersi alle ingiustizie e alla violenza.
“Questo libro non è un inno alla fragilità e non è un elenco di vittime. È un modo di raccontare la storia. E la storia, qui, non è quella delle grandi imprese dei libri di scuola o delle prime pagine dei giornali, ma quella di una parte del mondo che fa poco rumore e spesso rimane in un cono d’ombra. È una storia trasversale”. (Simona Ghizzoni)
Storia e cronaca della ‘ndrangheta a Reggio Calabria e nella Locride, attraverso il racconto personale di Rosy Canale. Nata a Reggio, imprenditrice, vittima della mafia calabrese e viva per miracolo, si ritrova a San Luca, il paesino dell’Aspromonte ombelico della ‘ndrangheta, ad avviare un’attività di volontariato con le donne. Qui il suo racconto si intreccia con quello delle donne del posto, madri delle vittime di Duisburg, sorelle di altre vittime e carnefici di una faida senza fine.
Prima parte: Era tutto bianco. Dalla visione del primo morto ammazzato sotto casa, fino all’aggressione che quasi la uccide. Rosy Canale racconta l’adolescenza a Reggio Calabria durante la cosiddetta seconda guerra di ‘ndrangheta, i suoi incontri con i boss, le vecchie conoscenze di famiglia che sono pezzi di storia della ‘ndrangheta, le minacce, la tragedia. E, in mezzo, l’amore, la figlia, il ritratto di una società malata dal quale emergono tanti perché sulla nascita e l’affermazione della ‘ndrangheta.
Seconda parte: Donne in Aspromonte. Rosy va a San Luca, a fare volontariato nelle scuole: l’unico modo per curarsi dopo il trauma. La vita di paese, i ritratti delle donne che si riuniscono attorno a lei, le tradizioni, l’odio atavico per i carabinieri, la storia del Movimento Donne di San Luca fino all’assegnazione di un bene confiscato alla ‘ndrangheta per farlo rivivere con progetti sociali.
Terza parte: Dimenticare Duisburg. I progetti del Movimento donne di San Luca, dalla creazione di una ludoteca per i ragazzi del paese fino alla mostra fotografica allestita a New York. L’analisi della strage di Duisburg, ancora oscura nelle sue motivazioni, e dell’ascesa criminale della ‘ndrangheta a livello internazionale. Le testimonianze dirette delle madri di due vittime di Duisburg. Il libro si conclude con il pellegrinaggio al santuario di Polsi, nel cuore dell’Aspromonte, dove c’è quella che è stata definita “la Madonna della ‘ndrangheta”, muta guardiana di tanti summit criminali.
Il lieto fine non c’è.
Punti Forti
• È la prima volta che si racconta San luca, “la mamma” della ‘ndrangheta, dall’interno e con una prospettiva al femminile. Tentando di capire come possa l’organizzazione criminale più sofisticata e potente al mondo essere nata in un luogo tanto arcaico e sigillato al cambiamento.
• La narrazione è dinamica, alternando un ritmo serrato e scarno quando si parla di fatti di cronaca ad atmosfere più morbide, talvolta paradossalmente ironiche, nel riportare aneddoti personali e riflessioni intime.
• La parte giornalistica è trattata con precisione e il libro contiene alcune interviste esclusive.
• Non c’è condanna né assoluzione delle donne di ‘ndrangheta, non c’è moralismo né sentimentalismo. Il tentativo è quello di capire perché, a certe latitudini, la criminalità organizzata trovi un terreno umano e sociale tanto fertile per prosperare. La disoccupazione e la povertà non sono le uniche risposte. Anche questa, una prospettiva nuova.
Autrici
Emanuela Zuccalà, 39 anni, è giornalista di Io Donna (settimanale del Corriere della Sera), dove si occupa di inchieste sociali e reportage internazionali. Nel 2009 ha vinto il prestigioso premio giornalistico Enzo Baldoni con un articolo sugli stupri di guerra in Congo; nel 2007 il premio Sodalitas Giornalismo per il Sociale con un’inchiesta sul manicomio criminale di Barcellona Pozzo di Gotto, in Sicilia; nel 2011 è stata finalista al Mediterranean Journalist Award della Anna Lindh Foundation con un reportage sui giovani rivoluzionari della Striscia di Gaza. Ha pubblicato i libri Risvegliato dai lupi, un viaggio nelle carceri italiane, e Sopravvissuta ad Auschwitz, la storia di Liliana Segre, fra le ultime superstiti italiane della Shoah ebraica (entrambi edizioni Paoline), e scritto i testi del volume fotografico La ruota che gira (ed. Contrasto) sull’infanzia in Cambogia.
Rosy Canale, 40 anni, è presidente del Movimento Donne di San Luca e della Locride, un’associazione che tenta di creare opportunità lavorative e culturali in un territorio ad altissima penetrazione mafiosa. Nel 2008 ha vinto il Premio per la Legalità del Comune di Locri. Alla sua storia (mai raccontata per intero come in questo libro) si sono interessati anche il Los Angeles Times, nel 2008, e la rivista svedese Dagens Nyheter (allegata al maggior quotidiano del Paese), che le ha dedicato un servizio di 16 pagine nel novembre del 2011.