
Non si può comprendere Barack Obama senza il suo rapporto con la fede. Il libro offre un contributo di informazione su un aspetto determinante della vita e della politica di Obama e, dunque, degli Stati Uniti del nostro tempo. Storia di un presidente americano alla ricerca di un terreno comune, dal Cairo al Vaticano.
Il libro ripercorre le azioni, le richieste di chiarimento, i limiti e le riserve sollevate nel corso di questi sedici anni dal Consiglio consultivo degli utenti, dal Garante per l'editoria, dal Codacons, dall'Istat, dal Governo; testimonia i reiterati rifiuti da parte dell'Auditel a garantire maggior trasparenza; sottolinea i dubbi, le denunce e i silenzi di molti operatori; propone le sconcertanti testimonianze delle poche famiglie Auditel uscite allo scoperto. Il risultato della ricerca è quello di uno strumento imperfetto, macchinoso da utilizzare, rifiutato da nove famiglie su dieci, mirato a monitorare più i consumatori che i telespettatori.
Donne provenienti da Paesi stranieri, che appartengono alla prima, seconda o terza generazione di immigrati o che sono approdate in Italia per studiare, lavorare o per amore. Figlie, nipoti o protagoniste dell'avventura del viaggio verso un futuro nuovo, che hanno saputo inserirsi nella società italiana, delineando nuovi modelli di integrazione. Un libro dedicato alle donne che in diversi contesti hanno saputo essere ponte tra culture diverse, incarnando i valori migliori di quella di origine e di quella di approdo, diventando loro stesse volano dei mutamenti della società italiana. Sono loro le protagoniste di questo libro che vuole essere un omaggio alle tantissime donne con nomi e cognomi stranieri, con tratti somatici esotici e carnagioni diverse e che pure sono italiane, anche quando ancora aspettano un passaporto che lo certifichi. Sono loro una parte importante del capitale umano di questo nostro Paese. Una scommessa di futuro che sta diventando sempre più presente nel nostro quotidiano.
Efratia, la madre di Amos Gitai, nasce all'inizio del '900 ai piedi del Monte Carmelo ma presto lascia Israele, per andare a studiare in Europa, in Austria. Da lì, va in Germania, dove resta fino a quando i discorsi di Hitler non iniziano a spaventarla, facendola tornare in Israele. Nel frattempo sposa l'architetto Munio Weinraub-Gitai e ha due figli; un altro muore. Per reagire al dolore, dopo pochi anni decide di tornare in Europa per studiare psicologia. Amos, che ha 10 anni, viene spedito in un kibbutz. Nelle lettere che gli scrive, si rivolge a lui come fosse un adulto, parlandogli dei suoi problemi e chiedendogli il permesso di restare lontano. Nelle sue risposte, Amos le racconta la vita nel kibbutz e quanto lei gli manchi. Attraverso le lettere che Efratia scrive al figlio e al marito, il ritratto di una donna autonoma, ribelle, insofferente verso ogni forma di dipendenza - perfino la dipendenza dai suoi affetti più cari.
Il Sistina è sempre stato, dalla sua inaugurazione, il teatro numero uno della capitale. Si sono esibiti, in questi settanta anni, i più grandi artisti del mondo, che hanno avuto modo di portare a Roma gli spettacoli più famosi del loro repertorio; sono transitati compagnie e gruppi, cantanti, strumentisti, fantasisti ed artisti di ogni genere conosciuti in tutti i continenti. Sontuoso palcoscenico della rivista, del varietà, del musical è diventato ben presto il tempio della commedia musicale, soprattutto per opera di Garinei e Giovannini, che lo hanno gestito fino al 2006. Il Sistina è oggi diretto dal Maestro Massimo Romeo Piparo, affermato artista e regista, che produce già da alcuni anni i suoi spettacoli o presenta repliche di classici nazionali ed internazionali, ma consente anche l’utilizzo del teatro ad artisti e compagnie che desiderano portare a Roma le loro rappresentazioni; ha assunto quindi una connotazione molto simile a quella dell’Olympia di Parigi e del Palladium di Londra. Questo volume, con la prefazione del Professor Umberto Broccoli, comprende la storia della costruzione del Palazzo Sistina, una biografia degli autori Garinei e Giovannini, una sintetica presentazione delle loro circa cento opere, tra riviste e commedie e di tutti gli altri spettacoli che vi hanno trovato posto in questi settanta anni. Il testo è corredato da 283 foto in bianco e nero e a colori. La maggior parte del volume contiene la raccolta di 80 interviste di personaggi che hanno reso celebre questo teatro o questo teatro ha reso celebri loro.
Esiste una cultura di destra? Quali sono i suoi riferimenti? Ha ancora senso in un'epoca post ideologica come quella attuale parlare di una categoria come la destra seppur in ambito culturale? Sono alcune delle domande a cui Francesco Giubilei risponde in questo saggio che colma una lacuna editoriale: ad oggi non esiste uno studio divulgativo che organicizzi pensatori, scrittori, giornalisti, editori, intellettuali italiani dal dopoguerra ai nostri giorni ascrivibili a quest'area di pensiero pur con le rispettive di differenze. Una mancanza dovuta al tentativo di imporre un'egemonia culturale da parte del mondo progressista a discapito del pensiero conservatore, tradizionalista, cattolico, più in generale non conforme, poiché, data l'eterogeneità che caratterizza la destra italiana, sarebbe più corretto parlare di "cultura delle destre". Un'opera che si sofferma anche sulle critiche, i tentativi di boicottaggio e addirittura di negazione di un'area di pensiero che raccoglie alcune delle voci più autorevoli della cultura italiana: da Leo Longanesi a Giuseppe Prezzolini, da Indro Montanelli a Giovanni Volpe.
Negli ultimi anni in Europa è avvenuta una crescita esponenziale del consenso dei partiti e movimenti sovranisti. Il termine sovranismo è stato utilizzato sempre più di frequente nel dibattito pubblico, a volte con cognizione di causa ma spesso erroneamente come sinonimo di populismo o per screditare i leader e le forze che appartengono a quest'area politico-culturale. L'Italia, con il governo Lega-M5S, rappresenta un laboratorio politico grazie all'alleanza tra un partito sovranista e un movimento populista, ma a livello europeo sta nascendo un'internazionale sovranista che raccoglie le principali forze anti-establishment del continente. L'autore analizza la linea politica e l'ideologia dei partiti sovranisti europei sottolineando i punti in comune ma anche i particolarismi e le differenze che caratterizzano una galassia in forte espansione.
Confuso con il reazionario o con il liberale, il conservatore viene associato al mondo anglosassone, eppure esiste un'importante tradizione di conservatorismo italiano con una propria identità. Francesco Giubilei traccia la storia del conservatorismo italiano individuandone la genesi già nell'antica Roma e riscontrando nel cattolicesimo, nel Medioevo, nell'esperienza della Serenissima e nel contrasto alle derive giacobine della Rivoluzione francese i suoi tratti salienti. Da Catone il Censore e Cicerone a Giambattista Vico, da Vincenzo Cuoco e Giacomo Leopardi fino a Giuseppe Prezzolini arrivando a Leo Longanesi e Indro Montanelli, l'autore individua le figure ascrivibili a una tradizione di conservatorismo italiano e si sofferma sulle cause della mancanza nel Novecento di un grande partito conservatore italiano arrivando, infine, alla nascita del governo guidato da Giorgia Meloni, il primo Presidente del Consiglio a definirsi conservatore.
In queste pagine Gennaro Giudetti, operatore umanitario, racconta in prima persona il viaggio che da quattordici anni ha scelto di compiere ogni giorno, vivendo a fianco di chi è considerato ultimo. Un viaggio che comincia in mare, con i salvataggi dei migranti, e prosegue nei campi profughi della Libia e in Colombia, in Ucraina e negli ospedali di Codogno e dello Yemen, durante l'emergenza Covid, e in Kenya tra gli ultimi degli ultimi, dove chi non rispetta le regole viene bruciato vivo nei copertoni abbandonati delle auto. Storie che parlano di possibilità, di assenza di pregiudizi, di desiderio di comprendere, vivendo con loro, come loro, nei campi profughi, sotto le bombe della guerra, nelle case famiglia. Storie vere, vissute dal protagonista sulla propria pelle.
Ogni giorno decine di migliaia di persone abbandonano il loro paese, in fuga da conflitti, guerre civili, scontri etnici o religiosi, da condizioni di vita insostenibili. Partono da città e villaggi dell'Africa e del Medioriente, da luoghi così remoti che non sono neanche segnalati sulle carte geografiche. Vanno a ingrossare il flusso dei migranti che si riversa nel Mediterraneo, diretto verso un futuro diverso e, forse, migliore. In questo esodo, le coste della Sicilia costituiscono uno snodo per il traffico di esseri umani, gestito da organizzazioni criminali senza scrupoli. Una volta raggiunta l'Italia via mare, su barconi fatiscenti o gommoni, i migranti verranno poi ceduti ad altri trafficanti, i cosiddetti scafisti di terra, per raggiungere i paesi ricchi del Nord Europa, la meta più ambita. Di questa realtà complessa e sotterranea a noi arriva solo una minima parte, attraverso le immagini tragiche che quasi ogni giorno invadono i servizi dei telegiornali e le pagine dei quotidiani. E la liturgia mediatica, quasi sempre la stessa, fa sì che le scene degli sbarchi e dei naufragi si assomiglino tutte, così come ogni nuova strage (a Lampedusa, Pozzallo, Porto Empedocle, Catania...) assomiglia alle precedenti e ne cancella il ricordo. Ma che cos'è che non vediamo? Che cosa succede dopo i salvataggi e gli atti di eroismo dei militari di Marina militare e Guardia costiera, che sottraggono i migranti al mare e alla morte?
La questione del rapporto tra Chiesa cattolica e mafia è una ferita aperta. E non è non parlandone o minimizzandola che se ne può guarire. La posta in gioco, scrive Rosario Giuè, è la stessa credibilità della Chiesa italiana nell'annuncio del Vangelo nel Paese. Per questo è necessario indagare su quale è stato l'atteggiamento dell'Episcopato italiano, massima istituzione ecclesiale italiana, di fronte al potere mafioso in vista di una generosa testimonianza, come direbbe papa Francesco, di "Chiesa in uscita".
Si chiamano Rome, Milan, Naples, Venice, Florence, Palermo, Verona, Genoa. Sono otto città americane, in otto Stati diversi: da Ovest a Est, da Nord a Sud. Sono le protagoniste di "Un'altra America", un "giro d'Italia" dentro i confini statunitensi. Sono punti sulla mappa che, uniti, disegnano una realtà sconosciuta, con le sue ansie, i suoi simboli, le sue ambizioni, le sue frustrazioni. L'America che suona e quella che cerca di scrollarsi di dosso il titolo di "patria del cibo spazzatura". L'America che porta i figli a sparare con i fucili e quella che cava milioni di dollari dalle start up tecnologiche e dal petrolio. Storie, paesaggi, leggende, personaggi di posti quasi del tutto fuori dalle rotte turistiche tradizionali. In alcuni casi hanno molto in comune con l'Italia. Come Rome, in Georgia, che sorge su sette colli, è attraversata da tre fiumi e sfoggia, davanti al municipio, una copia in bronzo della "Lupa capitolina". Qui, in una terra tutta "Dio, pistole e football americano", un manager italiano guida la fabbrica della Pirelli, la principale di tutto il Continente. In altri casi, invece, la somiglianza con il Belpaese è più dura da trovare. Come a Palermo, in North Dakota, a un passo dal confine con il Canada: una realtà fantasma di neanche cento abitanti al centro di un'area che negli ultimi anni, fino a quando non è calato il prezzo del petrolio, è diventata terra di conquista. Luoghi diversi tra loro, più o meno lontani dalle metropoli: piccoli come villaggi o grandi come città.